CONTRO LA MAFIA!
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CASABLANCA-GIORNALE ANTIMAFIA
Giornalisti scomodi | | |
Minacce di morte a un collaboratore di left, autore di inchieste sulla mafia. Mentre si scopre che Cosa nostra vuole assoldare i giornalisti per controllare l’informazione
di Paola Pentimella Testa A
qualcuno hanno bruciato l’auto. Ad altri hanno fatto una telefonata.
Una settimana fa a un nostro collaboratore gli hanno mandato una
lettera, un foglietto con quattro parole: «Sei morto Gianni Lannes».
Gianni
è di quei cronisti impavidi che ficcano il naso dappertutto. Anche dove
per qualcuno non si dovrebbe mai, tra le pieghe della criminalità
organizzata o in quella zona grigia fatta di colletti bianchi al
servizio di uomini dal grilletto facile. In Puglia, come in Sicilia o
in Campania. In più, Gianni Lannes ha il brutto vizio di dare lezioni
sul giornalismo antimafia per conto di Libera, l’associazione di don
Luigi Ciotti diventata l’emblema della lotta alle mafie. Quelle,
appunto, di cui si occupa ostinatamente Gianni Lannes, anche per left.
Servizi pesanti, che sono ora al vaglio dei magistrati di Bari, che
hanno raccolto la sua denuncia. “Puglia, morire di lavoro. La mafia
dei cantieri”, “La mafia degli incendi boschivi”, sono solo due dei
tanti titoli delle inchieste che Lannes ha fatto per il nostro
settimanale. Servizi che ora gli impediscono di tornare a casa. Negli
ultimi tempi segnali di insofferenza nei confronti dei cronisti ce ne
sono stati tanti. È noto, oltre che logico, che la mafia non ami le
luci dell’informazione. Roberto Saviano, ad esempio, sta ancora facendo
i conti con la criminalità organizzata campana per quanto scritto in Gomorra.
E non riesce più ad avere una vita “normale”, da cronista-scrittore
che deve andare in giro a raccogliere storie per poterle raccontare.
Nella
terra dove sono stati assassinati otto giornalisti, la Sicilia, lo
scorso 19 marzo i soliti ignoti avevano la necessità di andare a
controllare direttamente nella redazione del mensile Casablanca
cosa avessero in mente i direttori Riccardo Orioles e Graziella Proto,
due recidivi dell’informazione antimafia, già cronisti de I Siciliani
di Pippo Fava, ucciso dalla mafia nel 1985. Il 26 luglio, sempre in
Sicilia, è stata scelta una via sbrigativa per far sapere al direttore
della locale Tv7, Federico Orlando, che il suo telegiornale non era
gradito: gli hanno cosparso l’auto di liquido corrosivo e gli hanno
tagliato le gomme. Chi l’ha fatto sapeva bene che il giornalista si era
trasferito da due mesi a Cinisi, il paese di Peppino Impastato, ucciso
dalla mafia nel 1978. Il 29 gennaio 2006, a Corleone, prima che
Bernardo Provenzano venisse arrestato, anche l’auto di Dino
Paternostro, corrispondente de La Sicilia e segretario della Camera del Lavoro è stata presa di mira: gli hanno dato fuoco.
È
di questi giorni la notizia della riesumazione a Conflenti (Catanzaro)
dei resti del boss Domenico Belvedere, che secondo alcuni pentiti
apparterrebbero invece al giornalista de L’Ora di Palermo
Mauro De Mauro, scomparso nel 1970, morto probabilmente per mano di
mafia perché sapeva troppo sulla fine di Enrico Mattei o sul golpe
Borghese. Recentemente è stato preso di mira il giornalista Lirio
Abbate per aver pubblicato pochi mesi fa, assieme a Peter Gomez, uno
straordinario libro-documento, I complici, che analizza
l’evoluzione del sistema criminale, in cui l’organizzazione mafiosa è
il centro-motore di una complessa galassia, dove attorno ai padrini
vecchi e nuovi si intrecciano poteri legali e istituzionali, politici
ai vari livelli, imprenditori, funzionari e tecnici, banchieri e
professionisti. Insomma, i colletti bianchi, quella borghesia mafiosa
di cui fanno parte anche i giornalisti. È di appena dieci giorni fa la
notizia che Cosa nostra si starebbe muovendo nel sottobosco delle
redazioni per assoldare giornalisti. Manovre di avvicinamento, allo
scopo di esercitare pressioni e condizionare così l’informazione. Una
strategia, non nuova per la verità, che sarebbe saltata fuori da alcune
intercettazioni. Quanto basta per riunire d’urgenza i vertici
dell’Ordine siciliano dei giornalisti, che hanno reagito con un
durissimo documento in cui, oltre a stigmatizzare la faccenda, invitano
i giornalisti a rispettare le regole deontologiche, con dignità e
trasparenza. Che tanto spaventano e fanno saltare i nervi alle mafie.
28 settembre 2007
Inviato da: LadyDarkMetal
il 30/03/2009 alle 14:36
Inviato da: Frozen.Countess
il 18/07/2008 alle 18:06
Inviato da: angelo.senza.veli
il 09/06/2008 alle 05:01
Inviato da: Anonimo
il 20/04/2008 alle 10:11
Inviato da: kaos666hoe
il 17/04/2008 alle 22:26