Creato da lapresenzterzapagina il 13/04/2010
di Roberto Sinico

La mia formazione

1 Crepet

2 Corona

3 Vattimo

4 Strada

5 Totò

6 Hack

7 Bozzi

8 Bergoglio

9 Cacciari

10 Baglioni

11 Albanese

 

La Scuola è il centro del mondo

Lo Stato stesso subordina la società dello scritto alla società della parola. Esiste un'istituzione che è al di là delle istituzioni: laddove si impara a leggere gli scritti e in cui il rapporto orale appare come la condizione degli scritti: la Scuola. È qui che il mondo della storia è sospeso al logos. È qui che si realizza la condizione trascendentale di ogni storia - la luce in cui vedo la luce - la parola dal maestro all'allievo. Carlyle ha definito la Scuola - anche superiore - come il luogo in cui si impara a leggere.

Emmanuel Levinas  (1906-1995

 

Techne et Auctoritas

La Tecnica che uccide

Dopo la Natura matrigna la Tecnica maligna

          di Roberto Sinico

 

Suocere arcigne affamate di potere

La famigerata famiglia

     Papa Wojtyla in una ricerca sociologica : la famiglia muore per l'arcigno potere delle suocere Papa

     La famigerata famiglia avrà pure delle ragioni intrinseche per la sua crisi. Una di queste può essere individuata nella localizzazione del potere mondiale. Più si astrae sovraentizzandosi quello militare ed economico, più si concentra quello inter-umano nell'istituzione più cellulare, nella famiglia. Qui impera, nelle situazioni normali la sucocera. Infatti papa Wojtyla aveva coommissionato un'indagine scientifica, pubblicando i risultati sul Corriere della Sera, prontamente tolto dal giro mediatico informativo dalle gerarchie ecclesiali. Questo era l'esito del lavoro accademico: nel 90 per cento dei casi la famiglia si dissolve per colpa della suocera

 

 

 

 

Letteratura prossima

Trovato l'antidoto alla morte : riderle in faccia

Superato il pessimismo cosmico di Leopardi: la natura matrigna non può fare più tutto quello che vuole

 

Il tradimento come passatempo: la coppia fissa e' una noia

 

 

La Fame nel Mondo

Fame

 

 

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Il ritorno del Realismo

Post n°4 pubblicato il 27 Ottobre 2012 da lapresenzterzapagina

 
L’addio al pensiero debole che divide i filosofi

Ferraris e Vattimo discutono il manifesto del "New Realism" che propone di riportare i fatti concreti al centro della riflessione
Maurizio Ferraris, La Repubblica, 19 agosto 2011

Piedi

Siamo ancora postmoderni o stiamo per diventare "neo realisti", ritornando al pensiero forte? Il dibattito filosofico è aperto. Grazie anche al convegno che si terrà a Bonn il prossimo anno sul "New Realism" a cui parteciperanno, fra gli altri, Umberto Eco e John Searle. Il dialogo con Vattimo (che lanciò in Italia il pensiero debole con un´antologia curata con Pier Aldo Rovatti e uscita nel 1983 dove si guardava al postmoderno come ad una chiave per la democratizzazione della società, diffondendo pluralismo e tolleranza) cerca di affrontare i punti principali della questione.

FERRARIS Gli ultimi anni hanno insegnato, mi pare, una amara verità. E cioè che il primato delle interpretazioni sopra i fatti, il superamento del mito della oggettività, non ha avuto gli esiti di emancipazione che si immaginavano illustri filosofi postmoderni come Richard Rorty o tu stesso. Non è successo, cioè, quello che annunciavi trentacinque anni fa nelle tue bellissime lezioni su Nietzsche e il "divenir favola" del "mondo vero": la liberazione dai vincoli di una realtà troppo monolitica, compatta, perentoria, una moltiplicazione e decostruzione delle prospettive che sembrava riprodurre, nel mondo sociale, la moltiplicazione e la radicale liberalizzazione (credevamo allora) dei canali televisivi. Il mondo vero certo è diventato una favola, anzi è diventato un reality, ma il risultato è il populismo mediatico, dove (purché se ne abbia il potere) si può pretendere di far credere qualsiasi cosa. Questo, purtroppo, è un fatto, anche se entrambi vorremmo che fosse una interpretazione. O sbaglio?

VATTIMO Che cos’è la "realtà" che smentisce le illusioni post-moderniste? Undici anni fa il mio aureo libretto su La società trasparente ha avuto una seconda edizione con un capitolo aggiuntivo scritto dopo la vittoria di Berlusconi alle elezioni. Prendevo già atto della "delusione" di cui tu parli; e riconoscevo che se non si verificava quel venir meno della perentorietà del reale che era promessa dal mondo della comunicazione e dei mass media contro la rigidità della società tradizionale, era per l’appunto a causa di una permanente resistenza della "realtà", però appunto nella forma del dominio di poteri forti – economici, mediatici, ecc. Dunque, tutta la faccenda della "smentita" delle illusioni post-moderniste è solo un affare di potere. La trasformazione post-moderna realisticamente attesa da chi guardava alle nuove possibilità tecniche non è riuscita. Da questo "fatto", pare a me, non devo imparare che il post-modernismo è una balla; ma che siamo in balia di poteri che non vogliono la trasformazione possibile. Come sperare nella trasformazione, però, se i poteri che vi si oppongono sono così forti?

FERRARIS Per come la metti tu il potere, anzi la prepotenza, è la sola cosa reale al mondo, e tutto il resto è illusione. Ti proporrei una visione meno disperata: se il potere è menzogna e sortilegio ("un milione di posti di lavoro", "mai le mani nelle tasche degli italiani" ecc.), il realismo è contropotere: "il milione di posti di lavoro non si è visto", "le mani nelle tasche degli italiani sono state messe eccome". È per questo che, vent’anni fa, quando il postmoderno celebrava i suoi fasti, e il populismo si scaldava i muscoli ai bordi del campo, ho maturato la mia svolta verso il realismo (quello che adesso chiamo "New Realism"), posizione all’epoca totalmente minoritaria. Ti ricorderai che mi hai detto: "Chi te lo fa fare?". Bene, semplicemente la presa d’atto di un fatto vero.

VATTIMO Se si può parlare di un nuovo realismo questo, almeno nella mia esperienza di (pseudo)filosofo e (pseudo)politico, consiste nel prender atto che la cosiddetta verità è un affare di potere. Per questo ho osato dire che chi parla della verità oggettiva è un servo del capitale. Devo sempre domandare "chi lo dice", e non fidarmi della "informazione" sia essa giornalistico-televisiva o anche "clandestina", sia essa "scientifica" (non c’è mai La scienza, ci sono Le scienze, e gli scienziati, che alle volte hanno interessi in gioco). Ma allora, di chi mi fiderò? Per poter vivere decentemente al mondo devo cercare di costruire una rete di "compagni" – sì, lo dico senza pudore – con cui condivido progetti e ideali. Cercandoli dove? Là dove c’è resistenza: i no-Tav, la flottiglia per Gaza, i sindacati anti-Marchionne. So che non è un verosimile programma politico, e nemmeno una posizione filosofica "presentabile" in congressi e convegni. Ma ormai sono "emerito".

FERRARIS Per essere un resistente, sia pure emerito, la tua tesi secondo cui "la verità è una questione di potere", mi sembra una affermazione molto rassegnata: "la ragione del più forte è sempre la migliore". Personalmente sono convinto che proprio la realtà, per esempio il fatto che è vero che il lupo sta a monte e l’agnello sta a valle, dunque non può intorbidargli l´acqua, sia la base per ristabilire la giustizia.

VATTIMO Io direi piuttosto: prendiamo atto del fallimento, pratico, delle speranze post-moderniste. Ma certo non nel senso di tornare "realisti" pensando che la verità accertata (da chi? mai che un realista se lo domandi) ci salverà, dopo la sbornia ideal-ermeneutica-nichilista.

FERRARIS Non si tratta di tornare realisti, ma di diventarlo una buona volta. In Italia il mainstream filosofico è sempre stato idealista, come sai bene. Quanto all’accertamento della verità, oggi c’è un sole leggermente velato dalle nuvole, e questo lo accerto con i miei occhi. È il 15 agosto 2011, e questo me lo dice il calendario del computer. E il 15 agosto del 1977 Herbert Kappler, responsabile della strage delle fosse Ardeatine, è fuggito dal Celio, questo me lo dice Wikipedia. Ora, poniamo che incominciassi a chiedermi "sarà poi vero? chi me lo prova?". Darei avvio a un processo che dalla negazione della fuga arriverebbe alla negazione della strage, e poi di tutto quanto, sino alla Shoah. Milioni di esseri umani uccisi, e io garrulamente a chiedermi "chi lo accerta?".

VATTIMO È ovvio (vero? Bah) che per smentire una bugia devo avere un riferimento altro. Ma tu ti sei mai domandato dove stia questo riferimento? In ciò che "vedi con i tuoi occhi"? Sì, andrà bene per capire se piove; ma per dire in che direzione vogliamo guidare la nostra esistenza individuale o sociale?

FERRARIS Ovviamente no. Ma nemmeno dire che "la cosiddetta verità è un affare di potere" mi dice niente in questa direzione, al massimo mi suggerisce di non aprire più un libro. Ci vuole un doppio movimento. Il primo, appunto, è lo smascheramento, "il re è nudo"; ed è vero che il re è nudo, altrimenti sono parole al vento. Il secondo è l’uscita dell’uomo dall’infanzia, l’emancipazione attraverso la critica e il sapere (caratteristicamente il populismo è a dir poco insofferente nei confronti dell’università).

VATTIMO Chi dice che "c’è" la verità deve sempre indicare una autorità che la sancisce. Non credo che tu ti accontenti ormai del tribunale della Ragione, con cui i potenti di tutti i tempi ci hanno abbindolato. E che talvolta, lo ammetto, è servito anche ai deboli per ribellarsi, solo in attesa, però, di instaurare un nuovo ordine dove la Ragione è ridiventata strumento di oppressione. Insomma, se "c’è" qualcosa come ciò che tu chiami verità è solo o decisione di una auctoritas, o, nei casi migliori, risultato di un negoziato. Io non pretendo di avere la verità vera; so che devo render conto delle mie interpretazioni a coloro che stanno "dalla mia parte" (che non sono un gruppo necessariamente chiuso e fanatico; solo non sono mai il "noi" del fantasma metafisico). Sul piovere o non piovere, e anche sul funzionamento del motore dell’aereo su cui viaggio, posso anche essere d´accordo con Bush; sul verso dove cercare di dirigere le trasformazioni che la post-modernità rende possibili non saremo d’accordo, e nessuna constatazione dei "fatti" ci darà una risposta esauriente.

FERRARIS Se l’ideologia del postmoderno e del populismo è la confusione tra fatti e interpretazioni, non c´è dubbio che nel confronto tra un postmoderno e un populista sarà ben difficile constatare dei fatti. Ma c'è da sperare, molti segni lo lasciano presagire, che questa stagione volga al termine. Anche l’esperienza delle guerre perse, e poi di questa crisi economica, credo che possa costituire una severa lezione. E con quella che affermo apertamente essere una interpretazione, mi auguro che l’umanità abbia sempre meno bisogno di sottomettersi alle "autorità", appunto perché è uscita dall’infanzia. Se non è in base a questa speranza, che cosa stiamo a fare qui? Se diciamo che "la cosiddetta verità è un affare di potere" perché abbiamo fatto i filosofi invece che i maghi?

VATTIMO Dici assai poco su dove cavare le norme dell’agire, essendo il modello della verità sempre quello del dato obiettivo. Non hai nessun dubbio su "chi lo dice", sempre l’idea che magicamente i fatti si presentino da sé. La questione della auctoritas che sancisce la veritas dovresti prenderla più sul serio; forse io ho torto a parlare di compagni, ma tu credi davvero di parlare from nowhere?

 
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La crisi della Veritas e della Fides

Dall' Auctoritas della Chiesa all'Auctoritas della Tecnica

                         di Roberto Sinico

 

La crisi delle Verità, demolite e decostruite nel corso dell XX secolo, ha prodotto un vacillante disorientamento della Polis Occidentale. L'uomo si è posto al centro motore della nuova verità con il pragmatismo americano e l'idealismo europeo. Ma, nel concatenarsi degli eventi storici, la fiducia in questo uomo forte ed autosufficiente nell'Universo, è venuta meno. Al suo posto ha trovato spazio un'altra forma di autorità: la tecnica, fine a se stessa, e, come la natura, crudele, non curante degli uomini.

 

Frasi Storiche

Quando nell'Inghilterra no c'è Lineker, l'Inghilterra, o non segna o segna uno che non è Lineker.

               Giorgio Martino

 

Nuove frontiere nella scienza

L'evoluzione consumistica della natura: Basta studiare la vita, ora tocca alla morte

Intervista al prof. Paolo Caldi Sanpinatti

Natura Morta

Di cosa si occupa prof. Caldi Sanpinatti? Mi occupo di cellule morte e studio il motivo per il quale la natura in questo caso sembra assumere un'economia di tipo consumistico piuttosto che un'economia naturale. strong> Che cosa ci trova nelle cellule morte? Non possiamo banalizzare la questione, pensi alla luna, lei la crede viva o morta? Vede, l'intuizione di fondo sta nell'osservazione di alcune costanti nella vita che non si trovano nella morte.

 

Vita maestra, natura matrigna

di Gianfilippa Broddi Scarpetta

     Quando Giacomo Leopardi avvertì nel suo intimo pensare, l'affiorare di di un rigurgito ostile alla sua esistenza, scaraventò la sua rabbia contro la natura che definì matrigna.

 
 

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