Si è chiusa quest'oggi -posto che fosse mai cominciata- l'esperienza politica di AN che confluirà assieme a Forza Italia ed ad altri soggetti politici nel Popolo delle Libertà nel prossimo congresso di costituzione già convocato per la settimana prossima. Si chiude, peraltro, nello stesso modo in cui era cominciata in quel di Fiuggi nel gennaio 1995: un congresso preconfezionato il cui unico scopo era quello di ratificare una decisione già presa. Anzi, almeno quando si abbandonòlacasadelPadre una parvenza di opposizione interna c'era: si stimava che Rauti avesse dalla sua parte il 15-20% dei delegati mentre oggi non uno dei presenti in sala ha fatto mancare il suo applauso convinto alla terza carica dello stato. Su quanto è accaduto oggi non c'è molto da dire: il solito minestrone di slogan che da sempre fa da sottofondo ai congressi di scioglimento o di scissione (èunnuovoinizio, unpuntodipartenza, sichiudeunafasestoricaseneapreunaltra...), mentre è senza dubbio più interessante fare un bilancio di questi 14 anni di AN e del suo -absit iniuria verbis- indiscusso Duce. AN, infatti, fece la sua comparsa sulle schede elettorali nel novembre 1993 quando tutta l'attenzione era puntata sulla elezione del sindaco delle più importanti città italiane: con tangentopoli che infuriava e con la nuova legge che obbligava tutti i partiti ad alleanze per amore o per forza, quella tornata elettorale si profilava decisiva. In quel di Trieste, l'allora MSI-DN puntava alla vittoria appoggiando la candidatura del sindaco uscente: il comandante Giulio Staffieri che, per ottenere la conferma, doveva vedersela con il candidato del centrosinistra Riccardo Illy. Per raccogliere il maggior sostegno possibile attorno alla candidatura di Staffieri, i dirigenti locali missini, allora guidati da Roberto Menia, decisero di rinunciare alla presentazione del proprio simbolo in favore di un altro che potesse meglio rappresentare l'intera coalizione: vennero scelte le frecce tricolori mentre lo schieramento comprendente il MSI-DN venne ribattezzato Alleanza Nazionale. Staffieri, ça va sans dire, perse... ma il danno ormai era fatto. Tutta l'attenzione mediatica, tuttavia, si concentrò nei ballottaggi delle grandi città dove la sfida viveva ovunque del medesimo leit-motiv: da una parte il candidato appestato (leghista al nord, missino al sud), dall'altra quello bello, buono e progressista con il centro, tagliato fuori al primo turno, schierato compattamente a favore di quest'ultimo. Il centrosinistra fece cappotto vincendo a Torino (derby sinistro Castellani vs Novelli), Genova (Sansa vs Serra), Venezia (Cacciari vs Mariconda), Roma (Rutelli vs Fini), Napoli (Bassolino vs Mussolini), Palermo (Orlando Cascio al primo turno) relegando la Lega Nord in quel di Milano (Formentini vs Dalla Chiesa) ed il MSI-DN in realtà di secondo piano come Chieti o Benevento. L'analisi dei risultati del voto fatta dalla leadership missina fu che vinceva chi sapeva andare oltre il rispettivo schieramento e la difficoltà nel trovare alleanze al di fuori del proprio partito doveva essere risolta ad ogni costo. Il progetto triestino per "andare oltre" venne, pertanto, rilanciato nella speranza di aggregare il maggior numero possibile di italiani che, pur essendo di destra, non si potevano/volevano riconoscere nel MSI-DN che altro non sarebbe stato che un soggetto primus inter pares fra tutti quelli che avrebbero aderito. Fin qua poteva dirsi una sostanziale riedizione anni '90 dell'apertura almirantiana di venti anni prima e che era valso al MSI-DN il suo miglior risultato di sempre conseguito alle elezioni politiche del 1972. Troppo impegnati ad esaminare il responso numerico, Fini ed il suo entourage, finirono per tralasciare del tutto gli aspetti politici: il dato che che il MSI-DN fosse divenuto il primo partito a Roma, Napoli, Trieste, Bolzano e Catania passò del tutto inosservato. Tangentopoli aveva spazzato via partiti che, complessivamente, rappresentavano il 55% dell'elettorato italiano, ma il committente politico di quella rivoluzione colorata ante litteram fu il meno premiato dalla successiva ripartizione dei voti. Gli onnicomprensivi schieramenti che sostenevano i candidati di centrosinistra erano praticamente ovunque delle GrosseKoalition in sedicesima che, in qualsiasi altro stato europeo, avrebbero rappresentato l'80%-85% del corpo elettorale e che invece, nelle città italiane, partorirono un'affermazione di stretta misura. Il caso più emblematico vide protagonista proprio GianFranco Fini che, nel ballottaggio per il Campidoglio, affrontò l'allora Verde-Arcobaleno nonché ex-radicale Francesco Rutelli, sostenuto dalla quercia e dai suoi cespugli a cui si unirono Rifondazione Comunista e PPI che, nel primo turno, avevano presentato candidati di bandiera. Il larghissimo schieramento che lo sosteneva obbligò Rutelli a non profferire verbo in campagna elettorale perchè qualsiasi cosa avesse detto avrebbe scontentato qualcuno dei suoi numerosissimi sostenitori, consolandosi con la certezza che la vittoria non avrebbe potuto sfuggirgli. Tale impressione venne largamente confermata dall'esito del primo turno che gli consegnò un discreto margine sul secondo e l'avversario apparentemente più comodo. Sul suo carro, già sovraffollato come quello di ogni vincitore annunciato, saltarono anche l'estrema sinistra ed il centro dilatando vieppiù l'area politica da lui rappresentata: ciò lo obbligò a parlare unicamente di fascismo e di antifascismo l'unico argomento in grado di mettere d'accordo il caravanserraglio da lui guidato. Le uniche varianti sul tema (cumulo di cariche con la segreteria missina e le precedenti infelici esperienze del suo avversario in altri consigli comunali come quello bresciano con tanto di immediate dimissioni dopo il buon risultato elettorale) furono accantonate per parlare solo della contrapposizione fascismo-antifascismo cioè dell'unico argomento che potesse tenere coeso lo schieramento da lui guidato, maanche (lo so, si è dimesso ma qualcosa in me è rimasto) l'unico argomento in cui il leader di via della Scrofa fosse realmente preparato. Mentre Rutelli gli sciorinava la solita solfa dell'armamentario resistenziale ("Con che faccia andrai alle Fosse Ardeatine?" era il suo refrain durante il ballottaggio) Fini faceva a pezzi le sue pseudo-argomentazioni sotto gli occhi di decine di milioni di italiani, alla fine, dalle urne, arrivò un importante verdetto: le scelte di voto degli elettori italiani non erano condizionabili dalle argomentazioni antifasciste. Prevalsero, in sede di analisi, considerazioni di tutt'altro tipo nonostante, nel frattempo, la discesaincampo avesse risolto il problema delle alleanze elettorali oltre alla banale considerazione che, nelle elezioni politiche, non fosse previsto il secondo turno (MSI-DN e Lega Nord erano i partiti più votati al primo turno in tutte le città più importanti). Il gradimento personale riscosso dal pubblico televisivo stuzzicò il mai nascosto arrivismo personale del leader (che già aveva avuto modo di manifestarsi in più di un'occasione) che non ci mise molto ad autoconvincersi di quali magnifiche sorti e progressive lo avessero atteso se non fosse stato per quel passato e per quel partito. Il partito, o quel che ne restava, verrà sistemato nel gennaio 1995 con un congresso che aveva lo scopo di provocare una scissione alla propria destra per accreditarsi agli occhi dei moderati mentre sul proprio passato verrà fatta ottima ed abbondante autocritica: la sua prima frase -un po' criptica- è del 1994 ("Sull'Opera Omnia nella nostra sede ci sono 2 dita di polvere", traducibile come un "Da noi Mussolini non se lo fila più nessuno") detto forse per saggiare i riflessi della sua base per poi giungere alla sublimazione una decina di anni dopo in un liberatorio "Fascismo male assoluto". A fargli compagnia prima, durante e dopo le sue abiure politiche e non (quell'anno Gianfri passò dal tifare Bologna al tifare Lazio con la prima appena retrocessa in C1 e la seconda ad ingaggiare giocatori prestigiosi e, più recentemente, ha mollato la sua compagna -absit iniuria verbis- Daniela Di Sotto per una sciacquetta TV di un -absit iniuria verbis- ventennio più giovane) i "Colonnelli" del suo stato maggiore e quel fottutissimo 12% incubo di ogni tornata elettorale. Se Almirante aveva le sue colonne d'Ercole in politica, il suo successore le ebbe nelle urne: un non plus ultra che nessuna posizione politica, comprese le più eccentriche ed improbabili, è mai riuscita a scalfire. Cittadinanza e diritto di voto per gli immigrati, corano nelle scuole, liberi tutti eugenetico ed altre amenità uscite dal suo cappello non hanno avuto impatto alcuno nelle urne: nessun voto perso da elettori nauseati della vecchia guardia e nessun voto guadagnato da potenziali simpatizzanti che hanno continuato a votare per il loro vecchio partito. Stando alla fredda realtà dei numeri, gli elettori italiani non devono averlo preso troppo sul serio nonostante le sue continue capriole storico-ideologiche, o forse proprio per questo. Siamo all'oggi e, mentre si prepara a compiere la prima cosa sensata da quando è in politica, ed AN -sia pure con 14 anni di ritardo- chiude finalmente bottega rimane il dubbio di sempre: il tourbillon di abiure è stato realmente una sua scelta fallimentare o piuttosto non abbia semplicemente inteso coprire in questo modo il vuoto pneumatico che il suo ventennio -absit injuria verbis- da leader della destra italiana ha impietosamente evidenziato? Come dire dal male assoluto al nulla assoluto anche se, ad onor del vero, un risultato concreto la sua brillante strategia l'ha comunque conseguito: dopo tante abiure fatte, il nostro ne dovette incassare, a sua volta, un paio niente male. La prima è datata agosto 2002, allorquando si vide recapitare un'assegno di 52 € ed una lettera firmata Umberto Scaroni (Vicepresidente dell’Unione Nazionale Combattenti della R.S.I) che così gli scriveva: "Avendo appreso dall’ultimo numero della nostra rivista l’importo del contributo di Euro 52,00 da voi inviato all’Associazione Famiglie Caduti e Dispersi della RSI, a salvaguardia della memoria dei nostri gloriosi Caduti e a nome dei superstiti Combattenti della Repubblica Sociale provvedo a restituirVi detta somma che, se accettata, suonerebbe offesa per i Soldati dell’Onore da ella misconosciuti e condannati." L'altra circa un anno dopo quando, durante il suo soggiorno in Israele, telefonò a sua madre per dirle orgoglioso: "Tutti i più importanti giornali del mondo parlano di me" e questa gli rispose: "Se tuo padre fosse ancora vivo ti sputerebbe in faccia". Così gli parlò, per l'ultima volta, Erminia Marani figlia di Antonio, aiutante di campo di Italo Balbo, a nome di Argenio Fini volontario nella divisione San Marco della RSI.
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