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Il cielo sotto Pechino

Post n°70 pubblicato il 19 Agosto 2009 da MagoGandalf2006
 
Tag: Sport
Foto di MagoGandalf2006

Le banche lo dicono alla fine, io, a scanso di equivoci, lo scrivo all'inizio: il sottoscritto è in doppio conflitto d'interesse tifando Genoa ed essendo possessore di azioni Lazio sulle cui prospettive già scrissi.

 

 

Si è giocata, una decina di giorni fà in quel di Pechino, la finale di SuperCoppa italiana e sapete già com'è andata a finire: molto più di una partita ma, su questo, in ciò che è stato scritto prima e dopo il match non vi è traccia.
Al Bird Nest si scontravano 2 filosofie sportive: da una parte l'opulenza morattiana che ha messo insieme fuoriclasse veri e presunti provenienti dai 4 angoli buoni del pianeta (tranne l'Italia) tutti pagati a peso di platino e coperti d'oro dal munifico presidentissimo nerazzurro; dall'altra l'armata BrancaLeone biancoceleste fatta con gli scarti delle altre squadre più qualche giovane di più o meno belle speranze.
Agli antipodi, fra i 2 massimi dirigenti, non c'è solo il budget maanche il rapporto con i propri tesserati: tanto indulgente e paternalistico il patron di via Durini sempre pronto a perdonare tutto ai suoi ragazzi, a concedere aumenti di stipendio, a farsi riscrivere i contratti dai procuratori o ad esaudire i capricci del mister di turno mentre vige una situazione opposta in casa biancoceleste dove disciplina dentro e fuori dal campo e senso di appartenenza sono qualità imprescindibili, a giocatori ed allenatori basta pochissimo per finire epurati o esonerati ed i procuratori a Formello sono visti come i mercanti nel Tempio.
Diverso anche l'approccio con i media perchè Massimo Moratti vive braccato da una torma di giornalisti appostati all'ingresso della SARAS cui concede interviste, battute e quant'altro mentre Claudio Lotito ha un rapporto decisamente più conflittuale con gli organi d'informazione: delle mille radio romane che vivono di calcio il 99% si trova sotto embargo mentre l'unica emittente che ha ancora accesso al Lotito-pensiero (Radio Radio) è costretta a sorbirsi gli interminabili pistolotti del presidentissimo biancazzurro che poco o punto c'entrano con la domanda fattagli dal giornalista di turno.
Anche i mister ricalcano le differenze esistenti a livello presidenziale: tanto è ciarliero lo Special One quanto è schivo Ballardini che succede all'altrettanto impacciato Delio Rossi.
Venendo ad aspetti più tecnici è clamoroso come sia passato in cavalleria un dato che il campo di Pechino ha ineccepibilmente confermato: la Lazio si presentava estremamente atta a questo tipo di appuntamento avendo battuto in partite secche sia il Milan che la Juve; squadre contro le quali, in campionato, avrebbe rimediato un solo punto ed una decina di goal al passivo.
Il fatto che l'eliminazione del Milan, maturata 2-1 ai supplementari in quel di San Siro, sia avvenuta in un momento della stagione in cui la Coppa Italia non aveva grosso significato per il club di via Turati e che quella della Juve in semifinale, anche qui un 2-1 esterno, sia maturata in un clima di sfascio in casa bianconera sono stati presi a pretesto dagli influenti organi di informazione vicini ai 2 club più blasonati, per sminuire i meriti mostrati dai biancocelesti in quei 2 match.
La Lazio, paralizzata sul mercato dalla vicenda dei dissidenti, si presentava a Pechino con un unica novità i campo rispetto alla scorsa stagione: il centrocampista Baronio rientrato dal prestito al Brescia e rinunciava, per scelta societaria, a 3 fra i suoi elementi migliori che avevano espresso l'intenzione di andarsene (Pandev, Ledesma e De Silvestri).
Gli unici sforzi economici laziali sono stati i riscatti di 2 giocatori, Zarate e Matuzalem, già in forza all'organico biancazzurro nella scorsa stagione.
L'Inter, dal canto suo, era reduce da un mercato che gli addetti ai lavori giudicavano fra i migliori della serie "A": l'ingaggio di Thiago Motta e Milito, reduci da una formidabile stagione con la maglia del Genoa, colpo di mercato con cui la società nerazzurra si è privata di 3-4 grandi promesse in cambio di 2 giocatori stagionati e sui quali sussistono dubbi sulla tenuta fisica (entrambi, al momento di essere ingaggiati dal Genoa, erano reduci da gravi infortuni) e lo scambio Ibrahimovic-Eto'o con il Barcellona visto come un grande affare più per la valigia da 45 milioni che il camerunense ha portato con sé dalla Catalogna che per le qualità dell'attaccante africano.
In realtà, visto il contratto che ha firmato, quella valigia è roba sua: anzi, basterà sì e no per i primi 2 anni di contratto ed al resto dovrà pensarci Moratti.
Se la partenza del bosgnacco è stata digerita senza problemi dalla tifoseria, non altrettanto si può dire per Mourinho che, privato del suo terminale offensivo, doveva rinunciare al suo unico -tanto banale quanto efficace- schema: lancio lungo per Ibra con gli altri 10 giocatori rigorosamente dietro alla linea della palla e speriamo in bene.
Fin qua, il mister portoghese, aveva dato il meglio di sé in sala stampa davanti a taccuini e microfoni piuttosto che ad Appiano Gentile davanti alla lavagna in questo senso l'inserimento di un centravanti con le caratteristiche di Eto'o obbligava il mister da 10 milioni a stagione a ripensare da zero la sua squadra con trame di gioco palla a terra che avrebbero preso il posto dei lanci lunghi cui, sia Mancini che il suo successore, si erano -non senza costrutto- affidati finora.
Pertanto anche il fatto che l'Inter potesse giocare meglio del solito ed offrire qualcosa in più del triennale One-Man-Show era ampiamente prevedibile; così come era da mettere nel conto che la precisione sottoporta non si sarebbe giovata del cambio estivo.
A conti fatti, l'unica cosa che non si poteva prevedere è il comportamento della Dea bendata che, fino a Pechino, raramente aveva fatto mancare il proprio sostegno alla truppa di Moratti o quello arbitrale dove un paio di decisioni (il primo goal di Matuzalem e quello annullato a Milito) hanno preso unapiega sfavorevole ai colori nerazzurri.
Che si tratti di decisioni giuste conta poco: fino a poco tempo fà il goal di Matuzalem, regolare o no, non sarebbe stato certo convalidato mentre quello di Milito non sarebbe stato annullato sol perchè Eto'si trovava sulla traiettoria di tiro a mezzo metro di distanza dal portiere avversario.
Sono, al contrario, i peggiori campanelli d'allarme che potessero risuonare in casa nerazzurra visto che non vincere le partite che si dominano non è catalogabile come un episodio sfortunato ma è un limite preciso ed in campionato saranno tante le squadre provinciali che affronteranno l'Inter con la medesima tattica lasciando ai nerazzurri il 70% del possesso palla per ritagliarsi velenosi contropiede; Mourinho, l'uomo che inventò il calcio, ne dovrebbe conoscere almeno la prima infallibile legge: chi sbaglia troppo, paga. Sempre.
Per averne conferma può sempre chiedere a Balotelli della semifinale Under '21 contro la Germania.
La fortuna e gli arbitri, peraltro, sono componenti chiave di ogni gioco che si rispetti, finora l'Inter li ha avuti dalla sua parte: la fortuna aiuta gli audaci ma non ha mai disdegnato i potenti in quanto agli arbitri si sono velocemente e di buon grado adeguati al nuovo potere dopo il vecchio era stato spazzato via da CalcioPoli ma ora, ai piani alti, potrebbero aver deciso che 3 anni di Inter possono bastare.
Ibra-Sorte-Arbitri le 3 ragioni della tripla vittoria consecutiva in campionato non ci sono più; a ciò si aggiunga un Milan privato del suo giocatore migliore e mai visto così dimesso nei 20 anni dell'era Berlusconi, una Juve dalla campagna acquisti potenzialmente dannosa (Diego potrebbe dare luogo a grane di spogliatoio con un Del Piero che non vuole passare la mano e tarpare definitivamente le ali a Giovinco) ed una Roma ostaggio del debito ItalPetroli.
Uno scenario che apre possibilità impensabili in precedenza per quelle squadre che sapranno approfittarne: sono in molte ad avere le carte in regola (ne indicherei -previa grattatina d'obbligo- un paio: Lazio e, soprattutto visto che al cuor non si comanda, Genoa) per un campionato che potrebbe rivelare un finale diverso da quello più ovvio e scontato: esattamente come a Pechino.

 
 
 
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