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Un blog creato da a_tiv il 28/10/2006

Il Libero Pensiero

Il blog di Vito Schepisi

 
 
 

10 DICEMBRE: GIORNATA MONDIALE DEI DIRITTI UMANI

Il 10 dicembre del 1948 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamava la Giornata Mondiale per i Diritti Umani

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI


http://www.unhchr.ch/udhr/lang/itn.htm

 

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CONDANNA DEL COMUNISMO

Risoluzione del Consiglio di Europa  n.1481 del 25 gennaio 2006 - Condanna del Comunismo

Il 25 gennaio 2006 l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa approva la Risoluzione n. 1481, che condanna i crimini dei regimi comunisti

europei.http://www.democraticicristiani.it/europa/ris_1481.html

 
 

 

Europa, Grecia, Italia ... un'Unione senza ideali

Post n°560 pubblicato il 08 Luglio 2015 da a_tiv
 
Foto di a_tiv

Troppi entusiasmi, troppi equivoci, troppa confusione.
Il referendum di domenica in Grecia è stato un inutile passaggio.
Ci ha rilasciato un responso scontato. Non ha risolto niente.
E’ servito solo a Tsipras e al suo funambolico ex ministro dell’Economia Varoufakis per dribblare l’ostacolo della scelta.
Una furbizia, insomma.
Nessuno, neanche a referendum passato, ci ha saputo dire contro cosa o per che cosa si votava.
Le cose sono rimaste esattamente come prima, con in più qualche miliardo di Euro sprecato in perdite di capitalizzazione dei mercati azionari, con qualche miliardo ancora di Euro persi per l’aumento dei costi degli interessi sui debiti sovrani (della Grecia compresi).
Dicono che Tsipras (la sinistra) abbia vinto perché si è schierato per il “NO” (61% dei voti). La stessa cosa, però, ha fatto l’estrema destra di Alba Dorata.
Ma ha vinto cosa? Ma per cosa si votata? Non lo sappiamo in Italia, e ci può anche stare, ma non lo sapevano neanche gli elettori e non lo rivelavano gli organi d’informazione della Grecia.
Si sapeva che il premier greco si era schierato per il “NO” e che dalla sua parte stavano tutti i movimenti della sinistra e della destra alternativa in Grecia ed in Europa (Grillo, Salvini e Meloni compresi), mentre per il SI era schierata la Merkel e un po’ tutti i governi ed i partiti di maggioranza d’Europa (Renzi e PD compresi).
Al “NO” o al “SI” non era collegata, però, nessuna precisa scelta. Non c’era la bocciatura o l’approvazione di una precisa proposta.
In soldoni, il quesito referendario greco poneva agli elettori la seguente domanda: siete d’accordo a pagare i debiti del vostro paese?
La risposta è sembrata persino scontata. I greci, infatti, in gran quantità hanno risposto di no.
Questa vicenda nel suo insieme, però, deve far riflettere. Questa Europa è rimasta senza idee. Un progetto di unione che ha perso per strada la coscienza d’esser stato pensato e voluto per i popoli liberi europei.
L’Europa che passa dall’unione dei popoli a quella burocratica delle banche e dei “club” riservati ha clamorosamente fallito il suo scopo.
La Comunità Europea non fa naufragio solo nel Mediterraneo, facendo prevalere gli egoismi e le furbizie di quanti, elargendo qualche elemosina, si lavano le mani dai problemi dell’accoglienza e della solidarietà. Sta naufragando nel suo significato politico. Si è disperso il sogno di quanti pensavano al coronamento di una storia di sofferenze e di sacrifici per quei popoli che avevano lottato per la libertà, per l’indipendenza e per la democrazia.
L’oppressione dei regimi autoritari, sostituita dall’oppressione delle lobbies finanziarie non è la soluzione per il futuro di una società libera che sottoscrive il trattato di Schengen.
Ha fallito l’Europa dei popoli che voleva vincere i bisogni, che voleva affrontare questioni importanti come l’alimentazione e l’ambiente, che voleva esportare cultura e solidarietà, dialogare con civiltà differenti, affermare i valori della libertà e della dignità umana, assicurare benessere, tutele e sicurezza, impegnarsi a stabilire con responsabilità e autonomia le scelte politiche del mondo.
La fierezza di far parte del popolo europeo al momento non esiste. Forse non è mai esistita, perché in Europa sono emerse mentalità e sensibilità diverse, perché sono comparsi interessi diversi. Forse anche culture diverse.
Non esiste un riferimento a una comune radice, per quanto si sia provato nell’atto costitutivo europeo a farla risalire a quella giudaico-cristiana.
Se si pensasse agli USA e alla sua moneta, Il Dollaro, su cui domina la scritta “In God We Trust” forse la risposta arriva da sola.
Vito Schepisi
Su EPolis Bari 8 luglio 2015

 
 
 

Senza speranze

Post n°559 pubblicato il 21 Maggio 2015 da a_tiv
 
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Ai burocrati europei interessa solo un'Italia che si piega

In questi anni sono aumentate tantissimo le tasse locali e di pari passo sono diminuiti i trasferimenti dello Stato alle amministrazioni del Territorio. Il risultato è stato che i servizi sono diventati più scadenti, o tagliati del tutto, e lo Stato come o più di prima non garantisce nulla di efficiente: né lavoro, né sicurezza, né servizi, né coperture previdenziali ai lavoratori in quiescenza.
Da questa mannaia pubblica che si abbatte sulla testa dei più deboli (lavoratori, pensionati, commercianti e piccole imprese) si tirano fuori solo le caste che non pagano mai (magistrati, politici, burocrati, manager pubblici e tutto quell'esercito di figli, nipoti, amichette e amici inseriti (dire che lavorano sarebbe dir troppo) nei carrozzoni degli enti pubblici e delle Istituzioni.
Tutto ciò che incassa lo Stato sembra che vada a finire in un buco nero senza fondo da cui esce solo un nauseabondo puzzo di corruzione e di sperperi.
In queste condizioni aumentano tutti i fattori negativi legati all’economia e alla finanza. Il debito pubblico sale. La disoccupazione crea disagio sociale. La pressione fiscale scoraggia l’iniziativa. Una volta c'era l'avanzo primario, ora neanche più quello. E dire che l’Italia, grazie ai vari interventi delle BCE sul costo del denaro e soprattutto grazie all’alleggerimento quantitativo (Quantitative Easing) di Draghi, può giovarsi di una fase finanziaria positiva per il costo basissimo degli interessi sul debito pubblico ma, con la spesa pubblica che aumenta, anche questi vantaggi finanziari servono a poco.
Con le politiche correnti non ne usciremo mai per due ragioni:
1) l'aumento della pressione fiscale drena risorse che altrimenti impiegate favorirebbero l'aumento dei consumi e quindi della domanda interna, trasformandosi in maggior produzione, in investimenti e quindi in occupazione. Gli investimenti, la produzione e l'occupazione consentirebbero, infatti, allo Stato di incassare più tasse senza il ricorso al maggior prelievo fiscale sui contribuenti. A parità di gettito si potrebbero ottenere maggior occupazione e meno carico fiscale, quindi minori disagi e meno spesa sociale. Bisognerebbe, però, capirlo e forse soprattutto volerlo. Oggi, al contrario, prevale più l’idea punitiva della ricchezza che la lotta al bisogno. Viene in mente l’aforisma di Montanelli: “i comunisti amano così tanto i poveri, che quando vanno al governo li aumentano”;
2) è evidente che la spesa pubblica in Italia sia eccessiva e mal riposta. Mentre si parla, ad esempio, di perequazione al costo della vita per i pensionati da 3 volte in su il minimo sociale, c'è chi percepisce o percepirà pensioni che non hanno nessun rapporto con i contributi versati. C'è chi percepisce 2 o 3 o 4 assegni di quiescenza come se la sua vita abbia avuto 2 o 3 o 4 interi cicli di lavoro. Ci sono manager, dirigenti, burocrati e membri delle Istituzioni che percepiscono in un mese quanto un professore di scuola in 3 anni. E poi ci sono i costi di gestione dei ministeri, degli uffici pubblici, degli enti, ci sono le manutenzioni, gli appalti, le forniture, i consumi. Ci sono i lavori pubblici in cui assistiamo a filiere intere di taglieggiamenti e di “mance” a spese della collettività.
Si vuole parlare anche di chi percepisce uno stipendio senza prestare alcun servizio utile? Ma se parlassimo di tutto, non basterebbero i forestali della Regione Siciliana per trarci fuori dalla giungla di fitta vegetazione che si andrebbe ad intrecciare.
Servirebbe prendere atto che l’Italia così non ha speranze. Se si potesse si dovrebbe ricominciare tutto da capo. Non è, però, possibile e stando così le cose, con questa Italia, senza una classe dirigente con le idee chiare, con questo governo, con questa opposizione e con questi italiani non abbiamo speranze.
Vito Schepisi
su EPolis Bari del 21 maggio 2015

 
 
 

Non si può pagare due volte la TARSU

Post n°558 pubblicato il 25 Marzo 2015 da a_tiv
 
Foto di a_tiv

L’anno era il 2012 ed il mese quello di agosto. Basta poco per rovinare una giornata d’estate: qualche volta una lettera del Comune che ti chiede di pagare un’imposta.
Quella mattina la lettera aveva per oggetto: Tassa per lo smaltimento dei rifiuti soldi urbani (TARSU) anno 2012. La Giunta Comunale aveva aumentato l’imposta del 30%. Una bella mazzata c’era da pagare 498,00 Euro.
Nel 2012 c’era Monti al Governo ed Emiliano era Sindaco. Era l’anno in cui gli italiani si sono giocati 7 anni di lavoro in più prima di andare in pensione, i risparmi impiegati nell’acquisto di immobili crollati di valore, parte dello stipendio per pagare le tasse. In quello stesso anno gli italiani hanno salutato gli scatti di anzianità e l’adeguamento della pensione. Gli unici che non ci hanno rimesso sono stati i boiardi di Stato, i politici ed i magistrati, grazie all’intervento dei guardiani della Costituzione più bella del mondo.
I giornali dicevano che al Governo c’era un uomo che stava salvando l’Italia. Imperava in tv la retorica del migliore, come se fosse tornato l’Istituto Luce (L’Unione Cinematografica Educativa): il più grosso strumento di propaganda dell’era fascista. L’enfasi e il reiterato richiamo alla nostra felicità per il vantaggio d’avere un premier che pensava alla salvezza degli italiani, però, non ci faceva essere più arrendevoli dinanzi alla mappata di tasse che ci piovevano addosso.
Non si poteva far altro, però, che frenare la rabbia e pagare, anche se qualche imprecazione, magari in silenzio, te la facevano passare. Nella mia, Monti ed Emiliano, erano accumunati nel tragitto verso un’unica meta. Ho pagato “on line”, apprezzando la tecnologia, senza far file alla banca o all’ufficio postale. Ho trasmesso un bonifico rispettando le istruzioni e controllando con cura l’IBAN. Ho copiato diligentemente la causale, il mio numero contribuente, il mio nome e cognome. Ci ho tenuto ad essere preciso. Con questa gente non si sa mai!
Pagare una volta la Tarsu ci può anche stare, s’impreca e si paga, ma pagarla due volte no. Siamo nel 2015 ed il mese è quello di marzo. Basta poco per rovinare il primo giorno lavorativo di primavera: al tempo piovoso s’è aggiunto il ritiro di una raccomandata.
La fila. Il mio turno. Una stanza con scatoloni zeppi di lettere tutte uguali alla mia. Tutte inviate dal Comune – Ripartizione Tributi. Ho pensato: è una strage.
Apro la lettera. OGGETTO: Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) 2012 – sollecito di pagamento.
Quando accadono cose del genere le pensi tutte, anche che qualcuno si sia fregato i tuoi soldi, anche che il Comune ci provi. Quella tassa l’ho già pagata. Imprecando, ma l’ho pagata.
Perdo una mattinata tra il cercare le carte (trovo la copia dell’ordine di bonifico) e l’andare in banca per controllare che il mio bonifico sia andato a buon fine. Tutto era a posto. La tassa l’avevo pagata. La tappa successiva, per far valere le mie ragioni, è all’Ufficio Ripartizione Tributi del Comune di Bari, il giorno successivo, cioè oggi.
Per evitare lunghe code, ci arrivo mezz’ora prima dell’orario di apertura al pubblico. Ne esco vittorioso con un timbro e la firma di un funzionario della Ripartizione Tributi sotto la scritta “sollecito annullato”.
Mi chiedo, però, cosa sarebbe successo se avessi perso la copia del bonifico? E quanti baresi per evitare l’accertamento, le sanzioni (maggiorazione del 30%) e la mora, come scritto nella lettera di sollecito, pagheranno due volte?
Vito Schepisi
Su Epolis Bari del 25 marzo 2015

 
 
 

Una mezza figura sarebbe ancor peggio di una figura ostile

Post n°557 pubblicato il 26 Gennaio 2015 da a_tiv
 
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(lettera aperta al Presidente Berlusconi)
Illustrissimo Signor Presidente,
le elezioni in Grecia hanno premiato il movimento che si è opposto con più coerenza alle politiche del “male minore” su cui, invece, puntavano i moderati di Nuova Democrazia.
Ritrovarsi a difendere la “normalizzazione” voluta dai tecnocrati dell’Unione Europea non solo non ha pagato, ma ha esposto il paese ellenico ad un periodo di grande incertezza per il futuro della Grecia e dell’Europa.
La vittoria di Syriza è arrivata da un voto trasversale di donne e uomini che chiedevano coraggio, protesta e orgoglio.
C’è uno spazio enorme in Italia che chiede altrettanto.
Lei che fa? Lo lascia a Grillo e Salvini? Lo abbandona?
Il Patto del Nazareno non va nella direzione della chiarezza e della volontà degli elettori italiani.
La stagione delle riforme non si può ridurre in patteggiamenti, scambi e promesse.
Non crede che invece sia il caso di ritornare a parlare ed agire per la RIVOLUZIONE LIBERALE in Italia?
Mentre il Parlamento ancora discute sulla riforma elettorale, sono evidenti le mancanze di scelte orientate all’interesse del Paese, che non possono essere le risultanti degli interessi delle persone, dei partiti, degli equilibri di potere e dei mille ricatti.
Lei sa bene che c’è una Nazione che non si riconosce negli schemi dell’appartenenza e che giudica gli uomini e le politiche dai comportamenti e dai fatti.
Questa Italia non approva.
Non ci sta.
Non andrà mai al Nazareno.
Quella d’avere un Presidente della Repubblica che sia meno indisposto verso il centrodestra non è questione sufficiente. Non cambierebbe nulla e non sarebbe affidabile.
Una mezza figura è ancor peggio di una figura ostile.
In un Paese in cui:
- la Presidenza del Senato è affidata ad un magistrato eletto nel PD;
- la Presidenza della Camera è affidata ad una signora orgogliosamente estremista e presa dalle sue convinzioni ideologiche;
- la Corte Costituzionale mostra cedimenti di parte, fino a paralizzare le attività di maggioranze diverse da quelle in cui prevalgono le opzioni corporative e politiche di chi ne ha determinato le nomine;
- nel CSM prevalgono le correnti più politicizzate dei magistrati;
- la Rai, anziché un servizio pubblico, è più un supporto politico nelle mani di amministratori che la usano come strumento di orientamento;
- una rete di interessi economici si srotola attraverso il sistema dei servizi (nazionali e locali), con affidamenti di commesse e appalti a organismi che uniscono privilegi fiscali a finanziamenti pubblici, generando speculazioni, corruzione e infiltrazioni mafiose;
- la burocrazia affossa le iniziative dei privati, mortifica i diritti dei cittadini, assorbe risorse e blocca la ripresa economica;
- c’è una casta che si è allargata all’interno dei partiti che blocca le riforme e l’innovazione, creando ingiustizie, sperperi e interessi di parte;
- il sistema fiscale assorbe i risparmi delle famiglie, penalizzando i consumi e la crescita;
- la vecchia immagine di sicurezza sociale di un bene (l'immobile) che si rivalutava nel tempo, è stata sostituita dall’angoscia di chi ha visto deprezzare il frutto dei sacrifici della propria famiglia, di chi non riesce più a vendere il proprio bene e di chi deve sopportarne un grave peso fiscale;
- la criminalità piccola e grande è sempre più spavalda e impunita, le città sono insicure, la gente ha paura, l’immigrazione dilaga, si fa strada il pericolo terrorismo, la violenza è costantemente dietro l’angolo;
- la Giustizia è lenta, tortuosa, disattenta, faziosa, disinteressata, inadatta, sbilanciata, bizantina e incomprensibile;
- il 44% dei giovani in Italia non trova lavoro, le imprese chiudono, la disoccupazione è in aumento ed i redditi delle famiglie sono precari;

in un siffatto Paese, occorre un grande impegno politico per ricreare già dalle Istituzioni, ad iniziare dalla carica più alta dello Stato, il senso della fiducia e della volontà di cambiamento.
Lei Presidente deve farsi portavoce di chi vorrebbe un Garante che sia espressione di tutto il Paese e che nel contempo sia un esempio di rettitudine e competenza.
Non ci serve un Presidente al ribasso che sia il frutto di compromessi e di “contabilità politiche” sulle spalle del Popolo Italiano.
Agli italiani servirebbe un uomo libero. Autenticamente libero. Un uomo capace di avere voce in Italia, in Europa e nel Mondo, per ritornare a rilanciare l’ingegno, la qualità, l’arte e la cultura e tutto ciò che ha fatto grande l’Italia in passato.
Lei Presidente deve chiedere e proporre una figura di prestigio che sia espressione dell’Italia liberale e che sia in grado di far riaprire il dialogo tra i diversi sentimenti politici del Paese, senza pregiudizi e senza accordi al ribasso.
Lasci perdere Renzi con le sue promesse e le sue chiacchiere.
Ha 40 anni l'attuale leader PD, ma è già un vecchio arnese della partitocrazia con sulle spalle tutte le contraddizioni di un partito strutturato come una rete di affari.
E non c’è niente di peggio di un giovane già da rottamare.
Vito Schepisi

PS: Signor Presidente, Le ricordo che i numeri dei "grandi elettori" che voteranno per il nuovo Presidente della Repubblica non sono "legittimi" e non corrispondono alla rappresentanza degli elettori italiani.
La Consulta, infatti, ha stabilito l'incostituzionalità della Legge Elettorale che ha attribuito il premio di maggioranza (in questo caso oltre il 25% in più) alla coalizione PD-SEL che aveva appena ricevuto meno del 30% dei consensi elettorali, e per di più con un’alta astensione. Esca, pertanto, dal mazzo del conformismo e dichiari apertamente che: senza un Presidente di alto profilo e di grande equilibrio, disconosce da subito un Presidente di parte.
Chiunque esso sia.

 
 
 

Vicini ai loro valori, ma nei loro paesi

Foto di a_tiv

C’è qualcosa che accosta quanto sostenuto da Papa Francesco “se offendi mia madre aspettati un pugno” e quanto sostengono gli integralisti islamici.
I gruppi jihadisti replicano all’indignazione dell’Europa e del Mondo sostenendo che le stragi contro i cristiani in Africa e gli attentati terroristici in Europa siano le risposte alle offese che l’Occidente rivolge contro l’Islam. Un’offesa, un pugno.
Sarà! L’occidente, però, non ha modificato di recente le sue idee sulle libertà di pensiero e di parola, compresa la libertà di satira che per sua natura è scherzosamente offensiva.
Sebbene trasformata - una volta arma dei deboli contro la stupidità del potere, oggi spesso strumento del potere per ledere la credibilità degli avversari - la satira è rimasta ciò che trasforma in farsa gli atteggiamenti e i pensieri controversi.
C’è sempre stata, ed è sempre stata irriverente. Solo i tiranni hanno provato a reprimerla.
Cosa è cambiato? Papa Bergoglio ha rimarcato le distanze della Chiesa dalla violenza, ha stigmatizzato la sproporzione della reazione terroristica a Parigi ed ha esaltato il valore della vita umana, ma ha anche innescato nuovi dubbi. Non più “porgi l’altra guancia”, ma “aspettati un pugno in faccia”?
Papa Bergoglio condanna l’offesa, come è giusto, ma ne allarga i confini alla satira sulle scelte religiose.
Ma ironizzare sul pensiero religioso è davvero blasfemo?
Ben altra storia rispetto a Ratisbona e alle citazioni di Papa Ratzinger dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo.
Una gaffe di Papa Bergoglio? La sua voglia di sdrammatizzare in un momento difficile? O un invito alla resa, cioè un passo indietro rispetto al nostro modello di civiltà?
Nella Città di Parigi, duramente colpita, al Pantheon, sulla tomba di François-Marie Arouet, conosciuto come Voltaire, si può ancora riflettere sulla tolleranza. Se deve essere intesa alla stregua di un principio pedagogico sui buoni propositi, o rappresentare ancora la ratio di un modello di democrazia liberale su cui radicare le regole della convivenza dei popoli.
Nessuno scontro di civiltà, ma neanche abbandonare le conquiste di civiltà, cedendo all’idea astratta del multiculturalismo e alla mal interpretata richiesta di integrazione di culture diverse.
L’idea laica della libertà di avere un’idea e di esprimerla sulla base delle percezioni e delle conoscenze acquisite non è emendabile.
Inquietano così le accuse di islamofobia (Oriana Fallaci ne è stata vittima al pari della rivista satirica Charlie Hebdo) e le richieste di leggi speciali contro il libero pensiero.
Una fobia è una patologia. E’ un turbamento psicologico. Chi ha un atteggiamento fobico contro qualcosa desidera evitare le situazioni che originano il proprio timore.
Si vuol reprimere per legge una patologia?
Per il rispetto di ogni individuo ci sono le leggi che tutelano, in modo uguale per tutti, la dignità e l’integrità delle persone. Il resto sarebbe un limite alla libertà di pensiero.
In Europa gli islamici hanno trovato tutto ciò che non avevano nei loro paesi, ma non hanno trovato le limitazioni alle libertà individuali che avevano. E nel mentre si sono ubriacati di diritti e tutele, non tollerano le nostre usanze, temono l’integrazione delle loro donne con i costumi e le libertà delle nostre e ci considerano infedeli.
E bastano piccoli stimoli integralisti a creare pericolosi scompensi.
La soluzione è solo nel loro diritto di stare in Italia nel rispetto delle nostre leggi e del nostro modello di vita, altrimenti nessuno li privi della libertà di star vicini ai loro valori, ma nei loro paesi.
Vito Schepisi 

 
 
 
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UNDICI SETTEMBRE

Crono 911: tutto su l'11 set 2001  a  N.Y.

Storia, Documenti e perizie ufficiali

su

http://nuke.crono911.org/

 

LA GIORNATA DEL RICORDO

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Il ricordo dei martiri delle foibe e dell’esodo dei 350.000 italiani, giuliani, istriani e dalmati

 

GIORNATA DELLA MEMORIA

27 gennaio 2007 Il giorno della memoria

Per non dimenticare

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Dove eravamo?

Li ho rivisti ieri sera, in bianco e nero, anime tragiche, tragici volti stupiti, adunati come gregge sperduto, chiuso tra cani pastori con sembianze d'uomo.
Latrati incomprensibili davano tremito nascosto alle loro membra, al loro il cuore; la loro anima immobile di terrore, i loro pensieri mortificati da abusi su corpi e anime.
 

Era sempre inverno in quegli anni, anche in primavera e in autunno e in estate.
Dov'eravamo noi, allora?
 

Conducevamo quei treni, tragici forzieri d'umano carico, o li aspettavamo tra la neve, quei convogli? 

Li ho rivisti ieri sera, in bianco e nero, e un attimo eterno di disperazione mi ha investita.
Disarmata e impotente ho sparso inutili lacrime nel guardarli, e ho chiesto un inutile perdono alla vita, per me e per tutti coloro che, allora, calpestarono esistenze innocenti con gli occhi dell'anima bendati.

Ringrazio sentitamente una mia cara e sensibile amica, autrice delle parole. Parole che ho condiviso e chiesto di rendermele disponibili.

 

GRIDO DI LIBERTÀ

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"Signor Presidente, lei si vanta di aver dato al nostro paese una libertà della quale non ha mai goduto, mentre l'unica libertà che ancora non ci è stata tolta è quella di respirare e camminare, per il resto non abbiamo mai vissuto in una situazione peggiore per quanto concerne le libertà individuali e collettive.

Probabilmente non condividiamo il significato della parola libertà.

In una società libera gli studenti non sono cacciati dalle università in quanto dissidenti, non sono pestati regolarmente dai suoi sostenitori perché contrari al suo governo, non si vedono negare il diritto a organizzarsi in associazioni o a pubblicare riviste.

Lei ci ha accusato di essere agenti di potenze straniere, se riuscirà a dimostrare questa sua accusa ci autoimpiccheremo per aver tradito il nostro paese.

Quelle grida che lei ha ascoltato lunedì, non erano voci individuali, era la voce di un popolo che chiede libertà, democrazia e giustizia.

Impari ad ascoltarla."

Lettera scritta dagli studenti dell'Università di Teheran al Presidente Ahmanidenejad  - Teheran dicembre 2006

 

ICH BIN EIN BERLINER! (J. F. KENNEDY 26.6.1963)

Durante la sua visita a Berlino del 26 giugno 1963, il presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy pronunciò un discorso toccante. Il suo discorso sarebbe divenuto simbolo della Guerra Fredda:


«Ci sono molte persone al mondo
che non comprendono, o non sanno,
quale sia il grande problema tra
il mondo libero e il mondo comunista.
Lasciateli venire a Berlino!
Ci sono alcuni che dicono che
il comunismo è l'onda del futuro.
Lasciateli venire a Berlino!
Ci sono alcuni che dicono che,
in Europa e da altre parti,
possiamo lavorare con i comunisti.
Lasciateli venire a Berlino!
E ci sono anche quei pochi che
dicono che è vero che
il comunismo è un sistema maligno,
ma ci permette di fare progressi economici.
Lasst sie nach Berlin kommen!
Lasciateli venire a Berlino! [...]
Tutti gli uomini liberi,
ovunque essi vivano,
sono cittadini di Berlino,
e quindi, come uomo libero,
sono orgoglioso di dire,
Ich bin ein Berliner! (sono un Berlinese).»

* * *

A berlino ci sono andato nell'agosto del 1971.

Dopo 10 anni dalla realizzazione del "muro" nella notte tra il 12 ed il 13 agosto del 1961.

Il 12 ed il 13 agosto del 1971 ero a Berlino.

Mi sono recato nella parte est della città il giorno 12, con un permesso che mi scadeva a mezzanotte, ho rischiato la chiusura del varco per una sfilata militare che m'impediva l'accesso alla Friederich strasse, unico passaggio per turisti e stranieri.

Il 13 agosto la Berlino comunista celebrava la separazione della città con una parata militare oceanica: celebrava il muro.

Ero là anche il 13 agosto mattina ad assistere.

Honeker sul palco nella Under Der Linden che arringava la folla.

La sua voce severa, dura, autoritaria.

Non avevo mai visto e sentito niente di simile dal vero.

Non capivo le parole ma ne interpretavo la violenza.

Mi sono sentito berlinese anch'io.


Vito Schepisi
 

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