Creato da Illywirin il 21/09/2010

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Messaggi di Febbraio 2013

La scelta di Groucky

Post n°360 pubblicato il 22 Febbraio 2013 da Illywirin

 

 

"Nessuno saprà mai come il maresciallo Groucky, con 34.000 uomini 

e 108 cannoni,riuscì a non trovarsi, quel mattino del 18, nè sul campo di battaglia

di St.Jean, nè su quello di Wavre(...)La sua condotta fu incomprensibile:

fu come se il suo esercito fosse improvvisamente sprofondato a causa

del terremoto".

Con queste parole si espresse Napoleone a S.Elena,

ricordando Waterloo.

In effetti i 34.000  soldati di Groucky erano una fetta consistente

dell'armee du Nord.

E' probabile che se il maresciallo fosse riuscito a intercettare

i prussiani impegnandoli in combattimento,

la battaglia di Waterloo avrebbe avuto esiti diversi.

Molti storici hanno accettato come un dogma che la sconfitta di Waterloo

sia da attribuire all'incapacità di Grouchy

a entrare in contatto coi prussiani.

Egli aveva ricevuto da Napoleone ordini precisi,

dirigersi verso Wawre.

Bisogna dire che non lo fece con molta celerità,

convinto che Blucker fosse lì ad attenderlo.

Avendo udito colpi di cannone verso mezzogiorno  

il valente Gerard lo spingeva ad andare in quella direzione,

dove si trovava Napoleone, ma egli

si mise tranquillamente a pranzare.

 

Fu solo verso le 18 che un ordine di Napoleone gli disse

di raggiungerlo al più presto....ma ciò comportava un ritardo di sei ore,

moltiplicato per due, che fu fatale.

A quel punto le sue truppe si trovavano a 24 km

dall'imperatore, mentre i prussiani gli erano

parecchi chilometri più vicini.

Mancò al maresciallo l'elasticità di prendere decisioni autonome,

ma il percorso assegnatogli da Napoleone lo allontanò

di fatto dal campo di battaglia.

In guerra bisogna prendere decisioni rapide.

Dunque la sconfitta va attribuita ad entrambi.

certo, se il comando l'avesse avuto il suo subordinato Gerard..chissà...

 
 
 

L'importanza del vuoto

Post n°359 pubblicato il 15 Febbraio 2013 da Illywirin

 

 

La meditazione è vuoto.

L'utilità del vuoto sta nel suo non-essere.

Come può essere utile il non essere?

Interessa di più la struttura del vaso,

o invece ciò che può contenere?

Ma a parte i vasi 

a scopo decorativo,l'importanza

del vaso non sta nel corpo che ha,

ma nella sua cavità,

in ciò che dentro di lei è vuoto.

Conta ciò che è,

o ciò che è utile?

L'apparenza o la sostanza?

 

 
 
 

San Valentino

Post n°358 pubblicato il 14 Febbraio 2013 da Illywirin

 

AUGURI A TUTTI I VALENTINI...

E A TUTTI GLI INNAMORATI...

 

CHISSA' PERCHE' ASSOCIO

SAN VALENTINO..AL CIOCCOLATO

UUMMM

 

 
 
 

Porsenna contro Olta...misteri etruschi

Post n°357 pubblicato il 10 Febbraio 2013 da Illywirin

 

 

Sono stato a Volterra anni fa, e ho visitato l'interessante

museo etrusco.

Sull'origine controversa degli etruschi,

io penso che arrivino dall'asia minore,

sia per la scrittura (da destra a sinistra),

che per alcuni aspetti della cultura.

Era il periodo Pasqua, ricordo faceva freddo.

Ero con mia moglie e una coppia di amici.

Dopo aver visitato Firenze e Siena,

dovevamo andare verso Pisa, ma su insistenza

dell'amica ci dirigemmo invece verso Volterra.

Qui arrivati, dopo aver addentato un panino,

cominciammo la visita al  museo etrusco.

Le donne furono interessate

soprattutto ai monili, io invece

come al solito (!) alle antiche iscrizioni.

Fu Annamaria a fare per prima l' osservazione

sulla lingua etrusca, cioè il fatto

che veniva scritta da destra

a sinistra, come si usa nei paesi d' oriente.

La lingua etrusca non è stata completamente

tradotta, ma comunque nella maggior parte dei casi

si riesce a fare una buona traduzione.

Questa iscrizione riguardo al mostro Olta,

attirò la mia attenzione.

 

 

Un'iscrizione di un vaso parla dell'apparizione del mostro Olta Uomo con testa di lupo che esce da un pozzo, creando scompiglio tra un gruppo di guerrieri, alla presenza di un demone femminile. Contro di lui, che devastava i campi e minacciava la città, il re di Chiusi Porsenna aveva invocato il fulmine.

 

 


Plinio il Vecchio, nel descriverci il leggendario mausoleo del sovrano chiama Porsenna non re di Chiusi ma “Re d’Etruria” (Nat. Hist. XXXVI) ed, infine, nel riportare una storia etrusca secondo la quale un fulmine fu evocato da Porsenna per distruggere il mostro Olta che minacciava la città di Volsinii, indica Porsenna come re di Volsinii (Nat. Hist. II, 140).

secondo la leggenda romana, assediò Roma, ma, pieno di ammirazione per gli atti di valore di Orazio Coclite, di Muzio Scevola e di Clelia, desistette dal conquistarla, ritornando a Chiusi. La leggenda è stata probabilmente creata ad arte dagli storici romani dell'età imperiale, Tito Livio e Tacito, per nascondere la disfatta romana contro gli etruschi di Porsenna; infatti secondo un'altra versione, più attendibile, egli invece occupò Roma e la dominò a lungo, secondo molti storiografi, il lucumone etrusco, pur non infierendo, costrinse la città a scendere a patti e non riconsegnò il trono a Tarquinio. Da Plutarco veniamo a sapere che a Porsenna fu eretta una statua di rame in prossimità del senato e che la città dovette pagare decime per molti anni. Anche Plinio il Vecchio lascia intendere, in Historia Naturalis XXXIV (“… in foedere quod expulsis regibus populo romano dedit Porsena, nominatium comprehensum invenimus, ne ferro nisi in agro culturam uterentur.”), che Porsenna proibì ai romani l’uso del ferro se non in agricoltura.

 

 

 

 

 
 
 

Il senso della sofferenza

Post n°356 pubblicato il 06 Febbraio 2013 da Illywirin

 

Cari amici, vorrei

trattare con voi di questo argomento,

prendendo spunto

da alcune riflessioni

prese dal web

e che qui riporto.

Qualcuno ha detto che la sofferenza...

fa male e basta,

voi che ne pensate.

 

 

 

 

Tutti noi vorremmo evitare il più possibile la sofferenza e quando essa giunge, fisica o psicologica che sia, speriamo che passi il più velocemente possibile. Tuttavia il dolore non è solo qualcosa di spiacevole da subire, ma anche una opportunità per mettere a nudo certe dimensioni esistenziali che altrimenti andrebbero disperse, una occasione per approfondire certi significati della vita e del vivere. Bisogna lasciarsi guidare dal dolore, seguirlo, viverlo e non subirlo con reazioni di paura o ribellione irrazionale. Il dolore infatti è spesso un segnale che ci comunica che qualcosa non va nel nostro corpo (se è un dolore fisico) o nella nostra vita relazionale (se è un dolore emozionale). E un po' come la luce-spia che si accende sul cruscotto della nostra autovettura: non dobbiamo arrabbiarci con essa ma anzi ringraziarla perchè ci segnala la presenza di un guasto prima che sia troppo tardi. Se ci fermiamo per tempo i guai sono contenuti, se aspettiamo troppo potremmo rovinare irrimediabilmente l'auto o peggio avere un incidente. E lo stesso accade nella vita, se non ci fermiamo ai primi segnali di sofferenza la situazione si aggrava e sarà più difficile e doloroso risolverla. Se sentiamo dolore (per la solitudine, per una relazione insoddisfacente o per qualsiasi altro motivo) la prima cosa saggia è fermarsi - fino a che non ci fermiamo come facciamo a fare un esame interiore, a capire che cos'è che non va e perché non va per il verso giusto, e a tentare di risolverlo, anche chiedendo eventualmente aiuto a un amico, a uno psicologo, o a un religioso?

Spesso il dolore deriva dal fatto che la nostra vita va in una direzione che non ci realizza, e anzi ci fa star male, e tuttavia ci ostiniamo a proseguire in quella direzione, vuoi per paura di cambiare, vuoi per un malinteso senso del dovere, che ci fa agire in modo contrario al nostro sentire. Pertanto, il senso del dolore svolge un importante funzione di feedback che dovrebbe aiutare l'individuo a dirigere il proprio agire e a governare nel modo migliore la propria vita, purché naturalmente egli sia in grado di sentire i segnali e di interpretarne correttamente il significato.

Così come il dolore ha lo scopo di segnalare che stiamo sbagliando qualcosa, che la strada intrapresa non è positiva per noi, il piacere ha - o dovrebbe avere - la funzione inversa, cioè di confermare e rinforzare determinati comportamenti, scelte, pensieri che vanno bene per noi. Purtroppo, il piacere è stato fortemente stigmatizzato e colpevolizzato dalla cultura cristiana (e anche da molte altre culture) e si è persa in gran parte la sua preziosa valenza di orientamento, non solo nel senso che le persone raramente sanno seguirne le benefiche indicazioni, ma anzi in alcuni casi le rifuggono come malvagie. Stravolto nel suo significato profondo, in un mondo contrassegnato da repressioni e distorsioni che hanno generato ogni tipo di perversione, il piacere ha perso del tutto la bussola in certe persone. Ma la colpa non è del piacere, bensì di coloro che lo hanno demonizzato, così come hanno demonizzato tutto ciò che di buono la dimensione materiale e corporea offre all'umanità. Certo, dobbiamo sempre chiederci se ciò che facciamo (o omettiamo di fare) può danneggiare qualcuno o anche noi stessi, ma se così non è, possiamo tranquillamente goderci il piacere e seguirne le indicazioni.

                                                   

Si pone, qui, il problema di che cosa voglia dire "fare del male a qualcuno": un genitore punendo il figlio lo fa soffrire ma lo fa (spesso, non sempre) per il suo bene; un figlio che se ne va di casa fa soffrire i genitori, ma la colpa può non essere sua, bensì dei genitori troppo assillanti che pretendevano di possederlo e controllarlo; analogamente, chi si separa dal coniuge, fa soffrire il partner e i figli, ma spesso non ha alternative e applica il principio "meglio una fine sofferta che una sofferenza senza fine". Dobbiamo quindi saper distinguere i vari casi, tenendo inoltre presente che non sempre la vittima è innocente come sembra, e può anzi aver iniziato lei stessa l'escalation che poi porta l'altro (il presunto persecutore) ad agire in un certo modo portatore di dolore. Teniamo altresì presente che vi sono vari livelli di piacere: il piacere fisico, quello emozionale, quello mentale e quello spirituale. Sviluppando la propria sensibilità e sensitività le sensazioni di piacere saranno avvertibili in modo più nitido, come pure quelle di dolore, e sarà più agevole orientarsi, cercando di evitare le strade portatrici di dolore e seguire quelle portatrici di piacere, gioia, armonia o qualsiasi altro nome si voglia dare alle sensazioni piacevoli.

Per concludere, possiamo dire che la capacità di sentire il dolore e il piacere è una funzione da riabilitare e comprendere; una funzione indispensabile per tutti coloro che vogliono essere se stessi e saper individuare la propria vera strada.

 

 
 
 

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