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Il cielo non ha confini, se non quelli del tuo pensiero.

 

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Messaggi di Agosto 2013

Il paradosso di S.Agostino

Post n°385 pubblicato il 28 Agosto 2013 da Illywirin

 
 

(…) non bisogna considerare che cosa fa l’uomo ma con quale animo e con quale volontà lo faccia. (…)
Una volta per tutte dunque ti viene imposto un breve precetto:
ama e fa’ ciò che vuoi;
sia che tu taccia, taci per amore;
sia che tu parli, parla per amore;
sia che tu corregga, correggi per amore;
sia che perdoni, perdona per amore;
sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene.

S. Agostino

Tutti conosciamo la frase

di S.agostino :Ama e fa ciò che vuoi.

Ma chi ama è libero di fare ciò che gli pare, oppure no?

L'amore è relazione con l'altro e quindi tiene conto

dell'esistenza dell'altro e vuole il suo bene.

La sua libertà dunque non può prescindere

da questo rapporto con l'altro.

Il rapporto con l'altro anzi può aumentare

il nostro spazio di libertà,

se grazie all'altro possiamo

fare cose che prima da soli non potevamo.

poniamo per esempio che l'altra persona

 abbia competenze

che noi non avevamo,

questo non allarga forse

le nostre scelte e la nostra libertà?

Veniamo al concetto di libertà.

Un conto è la libertà teorica di fare tutto.

teorica appunto, perché nella pratica

diverse cose non possiamo farle.

Non c'è dubbio però che l'amore

ci ponga dei limiti

relativi al rispetto dell'altro

e al conseguimento della sua felicità,

perché amare è cercare di fare felice

l'altra persona e senza chiudersi al mondo;

 

 

 

 

 

 
 
 

L'imperativo di Kant

Post n°384 pubblicato il 09 Agosto 2013 da Illywirin

 

Diamo per ipotesi di lavoro che il singolo uomo abbia il libero arbitrio e che possa liberamente scegliere, entro il quadro dei contesti e condizionamenti biologici e sociologici in cui cresce. Come la sua scelta può essere valutata buona o cattiva? Come entra la morale, come si incastra con questo discorso del libero arbitrio?

L’uomo, in qualsiasi cultura viva, sa cos’è il bene e cos’è il male; lo sa in relazione  al  quadro di regole proprie della sua società. Queste regole sono variabili e originano una morale del tutto relativa, in quanto legata a un  contesto e a un modello di vita circoscritto e preciso. Monogamia e poligamia rientrano in questi contesti culturali, così come i riti alimentari e certe costumanze sessuali e tribali. Per un ebreo è sacrilego lavorare il sabato, per un cattolico mangiare carne in tempo di digiuno quaresimale, per un musulmano   non rispettare il Ramadan e così via. Fino al vero e proprio conflitto tra regole e riti di culture diverse.

Ma noi dobbiamo porci la domanda: al di là di questa morale contestuale e relativa, esiste nell’uomo una regola morale inscritta, “naturale” (espressione impropria), universale, che orienta la sua libertà verso il bene o verso il male, con il conseguente peso della responsabilità individuale?   Le religioni storiche dicono di sì, l’introspezione filosofica ne riconosce il fondamento: esiste – dentro l’uomo – un ordine morale.

E qui c'è la soluzione kantiana: semplice e lineare. Fondativa. Senza perplessità.

L’imperativo categorico: “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto  a te” e “considera l’uomo sempre come fine delle tue azioni, mai come mezzo”. In questo imperativo categorico c’è il principio-fondamento del patto sociale che lega gli uomini fra di loro. La morale è regola delle relazioni; la morale obbliga al rispetto dell’uomo verso l’uomo e soprattutto ne vieta lo sfruttamento e la sopraffazione utilitaristica; la morale è laica, perché presente nell’uomo e senza alcun bisogno di Dio o di fedi religiose che ne legittimino l’esistenza e l’orientamento al bene.

Si osservi bene come da questi due semplici principi scaturisca la vera morale. Fare il bene significa orientarsi alla giustizia sociale e al rispetto altrui. Il male come offesa fatta all’uomo, alla sua dignità.

Ma questo fondamento mirabile e “eterno” svela anche tutta l’ipocrisia morale costruita nei secoli – anche all’interno delle religioni: lo sfruttamento schiavistico; i massacri delle guerre all’ombra di vessilli con la croce; la persecuzione del libero pensiero; la riduzione delle donne in  condizione di inferiorità; la disuguaglianza sociale perseguita quasi come una “volontà divina”.

“Considera l’uomo sempre come fine, mai come mezzo”.

Non è difficile mostrare la sintonia del pensiero laico illuministico kantiano con il Vangelo di Gesù  (checchè ne dica la Chiesa). Gesù ha detto “la verità vi farà liberi” e “ama il prossimo tuo come te stesso”. E ha detto anche “non potestis servire deo et mammonae”. Cioè non potete servire la causa di Dio (bene e giustizia) e la causa del denaro (successo, potere). C’è una profonda antitesi tra il bene e la giustizia e la persecuzione di obiettivi come l’accumulo di denaro, di potere e di successo.

La morale quindi soprattutto come “ordine e giustizia sociale” come rispetto dell’uomo verso l’uomo, come evitamento di ogni forma di sopraffazione e di sfruttamento.


Se ne deduce che il “crimine” vero, ciò che perseguono i malvagi (coloro che agiscono volutamente e pervicacemente il male) è qui: è il disordine sociale, la diversità, la prevaricazione, la violenza sull’uomo, la guerra. E tutto ciò che porta a questi crimini.


E’ il “peccato dell’uomo contro l’uomo”: una morale che si apre e si chiude all’interno della relazione umana. E che dice come – nei secoli – l’umanità sia vissuta per lo più amoralmente o immoralmente. Con buona pace dei simbolismi e delle speculazioni religiose.

 
 
 

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