" Facendo leva sul braccio, si teneva sollevato sopra di lei. Per
permetterle di accarezzarsi e per toccarla anche lui. Lei voleva
che l’uomo aspettasse e che giocasse fra le sue gambe col
suo sesso duro. Lui spingeva e premeva senza affondare, accarezzava,
si muoveva, ondeggiava e strusciava, godendosi la
morbidezza umida e il calore della carne di lei. Alla donna
piaceva il languore del desiderio che cresceva fino a diventare
così intenso da confondersi col dolore e si crogiolava. E si
perdeva nella voglia. Le piaceva aspettare e ascoltare il respiro
di tutti e due diventare più concitato. Le piaceva respirare
nella bocca di lui. Lei diventava lui, poi riprendeva il possesso
del suo corpo e ancora era di nuovo lui. Lei era il suo
sesso, ma anche quello dell’uomo che aveva sopra di lei e la
voglia che lui aveva di entrare in lei le apparteneva come se
fosse stata la sua.
L’uomo si nutriva di ogni suo brivido e la aiutava a far crescere il desiderio. E la sentiva. Sentiva il sessodi lei indurirsi e gonfiarsi, sentiva nel cuore, nella mente,
nel ventre tutto quello che provava la donna e percepiva come
fossero stati suoi quei frammenti di oblio che affioravano
nella carne di lei. L’uomo aveva occhi liquidi che si appannavano
sempre più, man mano che lui e lei si perdevano uno
nell’altro. Lei, invece, gli occhi a tratti li chiudeva. E immaginava,
e si perdeva in un sogno così intenso da diventare
realtà, colore, suono, materia, profumo. La donna vedeva,
sentiva, annusava: era in una grotta buia, tiepida e umida, e
subito dopo si lasciava scivolare, trascinata nel tunnel di
un’onda rischiarato dalla luce calda del sole e mille gocce di
schiuma di mare la spruzzavano e la rinfrescavano. Poi, riapriva
gli occhi e si rituffava in quelli verdi di lui che non la
abbandonavano neppure per un secondo, neppure per l’istante
di un battito di ciglia. E anche quando abbassava le
palpebre, lui la tratteneva e lei si arrendeva a quel piacere che
continuava a crescere, perché la calamita dello sguardo di lui
le impediva di allontanarsi. E il piacere saliva: ecco, era arrivato
il momento. Era pronta. Poteva dirglielo senza parole?
Lui avrebbe capito? Aprì gli occhi e lo fissò, come a chiedere
aiuto. L’uomo la vide farsi cedevole e vulnerabile. Occhi di
velluto e di fuoco, arresi. Capì e affondò finalmente dentro di
lei, seguendo l’onda delle sue contrazioni e dei suoi singhiozzi.
Rallentò, si fermò e restò immobile e poi, ma solo
poi, attento anche al più piccolo sussulto degli spasmi di lei,
ricominciò, col respiro che diventava sempre più irregolare.
E cercava. Cercava i punti dove riprendere il piacere di lei e
rigiocarci, come solo lui sapeva fare. La donna si aggrappava
come un naufrago alle sue spalle larghe, alle sue braccia dai
muscoli tesi. E accarezzava il suo collo forte, guardava l’ombra
dorata che la barba appena accennata gli dipingeva sulle
guance. Si ancorava a lui con la disperazione di chi sta per
perdersi, confondeva le sue labbra con quelle dell’uomo e
cercava nella bocca di lui il suo stesso respiro, come se solo
così potesse continuare a vivere. E si scioglieva ancora nei
suoi occhi verdi, da felino, magnifici, fieri, occhi da guerriero.
E da predatore. Occhi da vincitore. Occhi che guardando
la donna dicevano, con un linguaggio a cui non servivano
parole: «Siamo io e te. E noi, io e te assieme, possiamo conquistare
il mondo, perché nessuno ci può sconfiggere».
L’uomo trovò ancora una volta il punto dove le difese di
lei si abbassavano e la donna ricominciò a sospirare più forte.
Lui si addolcì in un sorriso e sussurrò con la sua voce roca,
sfiorandole il collo con un bacio umido: «Amore, ti sento,
ci sei. Ancora, ancora, so che puoi, che sei capace. Piccola,
lasciati andare in me. Sentimi, senti me, senti te. Non c’è
nient’altro. Solo io e te. Solo noi». E continuò. Continuò.
Continuò. Continuò. Lei sussultava, e lui, col sorriso del piacere
e dell’orgoglio, contava, pianissimo, sussurrando sempre
più dolcemente, mentre lei singhiozzava ancora una volta.E
poi ancora e ancora. Lei non avrebbe mai potuto contare,
persa nei misteri del suo corpo che mai nessuno, neanche lei
stessa, aveva conosciuto così bene. L’uomo, quando scherzava,
le diceva: «Sei la mia mappa geografica: di te conosco anche
i sentieri più nascosti».
Poteva portarla ovunque, la donna avrebbe potuto fare
qualunque cosa con lui al fianco: non le sarebbe successo
niente di male. Lui era la sua rete di protezione. La sua era
una vita in bilico, ma anche se fosse caduta, si sarebbe salvata:
c’era lui. Se fosse fuggita, lui l’avrebbe ripresa. Lui sapeva
come fare. Lui era la forza, lui era l’Uomo. Lei lo
guardò. Lo voleva, voleva sentirlo e in un soffio: «Lasciati
andare, ora, adesso, amore, lasciati andare, puoi, voglio.
Adesso, ti voglio…»
Lui intensificò i colpi, che divennero sempre più forti,
ravvicinati, profondi. Lei si sentiva morire. Quando faceva
l’amore diventava acqua. Una cascata scrosciante, impetuosa e inarrestabile.
Il cuore in gola, il respiro che manca. I sussulti
di tutti e due. E finalmente lui si rilassò. Lei anche, e lasciò
il suo corpo, vinta. E lui e lei ripresero a respirare e ritornarono
al mondo.
«Schiacciami, schiacciami, lascia le braccia, stammi addosso
», disse lei in un bisbiglio.
Quanto le piaceva, dopo, sentire il corpo grande e imponente
di lui, sentirlo abbandonato sopra di sé e fare un poco
di fatica a respirare. Neppure un filo d’aria avrebbe trovato
spazio fra le loro carni incollate. In quel momento la donna lo
amava. Sentiva che l’uomo era a casa e che lei era il suo porto,
il suo rifugio. Lui era arrivato alla meta. Che cosa impediva
a quell’attimo di durare in eterno? Quello era il momento
perfetto in cui niente poteva spaventarla. Né fermarla.
Invece, fuori dal letto, tutto di quell’uomo le faceva paura. "
Erica Arosio
L’uomo sbagliato
Alle donne che almeno una volta nella vita
si sono innamorate dell’uomo sbagliato. Tutte
E' il solo aspetto che ci accomuni. Tutte.