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Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 19 Marzo 2007 da narrarebellezza
 

LA MADRE DEL SIGNORE «ARCHETIPO» DELLA CHIESA

 

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Per approfondire l'intima natura della Chiesa, quale Corpo di Cristo e sua Sposa «santa e immacolata» (Ef 5,27), può essere ancora di grande aiuto la riflessione mariologica, ossia la contemplazione di Maria, Vergine e Madre, immagine esemplare della Chiesa, suo volto «mariano», modello compiuto della imitazione di Cristo. [1]

Concludendo, si possono precisare due termini che sono essenziali per meglio mettere in luce non solo la connessione stretta tra mariologia ed ecclesiologia, ma anche per comprendere più adeguatamente in che senso la Vergine Madre è l'anima ecclesiastica, e quindi perché la Chiesa nella sua natura più intima non può non essere «mariana» unitamente alla sua forma «petrina» (gerarchica). Questi due concetti, che abbracciano entrambi la esemplarità ecclesiale di Maria, sono quelli di «archetipo» e quello della ancilla Domini. Maria, la nuova figlia di Sion, «è già in anticipo anche l'essenza genuina della Chiesa futura che nasce dal Corpo e dallo Spirito di Cristo».[7] Ora, il rapporto fisico tra Maria e Gesù, tra la Madre e il Bambino, realizzato col concepimento verginale ad opera dello Spirito Santo, «trasforma in un problema nuovo il rapporto tra l'esperienza di Maria, l'esperienza della Chiesa e l'esperienza del singolo credente. [...] L'esperienza archetipa si trasfonde ormai col il suo flusso in quella imitativa. In primo luogo, perché la fede di Maria, che sta a fondamento della sua esperienza di maternità, è la stessa della fede di Abramo e della fede di ogni cristiano. In secondo luogo, perché Maria, portando e partorendo il Figlio e il Capo della Chiesa, porta in sé e fa uscire da sé i cristiani assieme alla loro fede alla loro esperienza di fede. L'archetipo stesso qui ha la forma materna e abbraccia nel suo mantello protettore coloro che nel futuro lo imiteranno. Qui raggiunge il suo vertice ultimo anche la dimensione prolettica di tutta l'esperienza veterotestamentaria, l'esperienza fisico-personale che Maria ebbe del Bambino, che è suo Dio e Salvatore, è aperta senza riserve alla cristianità. Essa è tutta, fin dal principio e in maniera sempre più forte, esperienza per gli altri, per tutti, esperienza espropriata a favore della universalità, esperienza che si fa non solo nella perdita del Bambino (dal dodicenne fino alla vita pubblica e alla passione, fino alla fondazione della Chiesa), ma nel sottrarsi progressivo dell'esperienza stessa, come se la Madre dovesse progressivamente rinunciare ad ogni dimensione vitale-personale a favore della Chiesa e restare alla fine come un albero spogliato con la sola fede («Ecco tuo figlio!»), ogni colore intimo e personale le viene progressivamente sottratto a favore della Chiesa e dei cristiani, per essere accordato loro assieme alla grazia di Cristo che è divino-umana, una grazia che è quindi piena dell'esperienza umana di Dio in Cristo».[8] 

Dopo questa pagina esemplare sulla funzione ecclesiologica di Maria, si può concludere ricordando l'altra immagine mariana, anch'essa densa di implicazioni per la ecclesiologia e per la vita cristiana. Si tratta della stessa auto­designazione della Vergine di Nazaret davanti all'annuncio dell'angelo e più esattamene davanti alla parola di Dio che la interpella, che la chiama alla collaborazione: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,39). Pronunciando con prontezza il suo ecce ancilla Domini, Maria mostra tutta la sua disponibilità attiva; essa è come «l'argilla umida nella quale soltanto si lascia imprimere la forma di Cristo (Christusgestalt)».[9] In primo luogo, è da rilevare che nella «cooperazione» tra Dio e la creatura, come anche tra Cristo e i suoi, mai l'immagine di Cristo viene impressa ad opera dell'uomo, così come in nessun uomo essa può essere impressa senza la sua libera volontà e la sua collaborazione. In secondo luogo, Dio e l'uomo non operano o collaborano sullo stesso piano, così come può accadere in un'opera d'arte che il maestro progetta ed esegue nelle sue parti principali, lasciando poi ai discepoli di completarla nelle parti meno importanti. Anzitutto, «il mariano ecce ancilla Domini rimanda alla distanza tra il Signore e la serva. Questa distanza si manifesta nel fatto che il Signore comanda in tutto e la serva obbedisce in tutto. Quest'obbedienza creaturale e cristiana caratterizza tutta l'esistenza. Essa arriva fino alla morte, anzi fino alla morte in croce, rinuncia a tutte le proprie idee e obiezioni, accetta dal Signore tutto il piano di lavoro e mette a disposizione di questo piano tutte le proprie forze, fisiche e spirituali. In questo essa è l'opposto di una passività che rinuncia alla cooperazione e lascia che Dio «faccia ciò che vuole». L'ancella è piuttosto nell'atteggiamento di un'attenzione continua al cenno della padrona (cf Sal 122,2); con tutte le sue forze disponibili essa è pronta a balzare, così o in un'altra maniera, o anche, se questa fosse la volontà del Signore, ad essere saltata, dimenticata, messa da parte. Il suo atteggiamento è un essere tesa alla venuta del Signore».[10]  Ed è con tale atteggiamento di disponibilità attiva o sponsale al primato della parola di Dio che Maria ha potuto ricevere in sé il Verbo della vita, lasciandosi plasmare nell'anima e nel corpo dalla forza creatrice dello Spirito Santo, per diventare, a seguito del suo «sì» (fiat) a Dio, il grembo verginale del Figlio di Dio fatto uomo, la cellula primigenia della Chiesa, la madre “tutta bella” dei credenti in Cristo Gesù.

Nell'ottica teologica di von Balthasar il punto nodale per cogliere il cuore del rapporto tra mariologia ed ecclesiologia è costituito dal passo paolino di Ef 5,25-27. Esso è appunto come la terra madre della contemplazione di Maria nella sua identità di «Vergine Madre, figlia del tuo Figlio», e della Chiesa, la Sposa che Cristo «ha amato e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef 5,25-27).[2] La meditazione mariologica che von Balthasar fa già nel primo volume della sua Estetica teologica porta anzitutto a precisare che «la figura di Maria non sostituisce la figura di Cristo, ma la rivela nell'imitazione come l'archetipo, con la sua specificità quindi e con la sua forza di impressione divina». Nello stesso tempo la figura di Maria non può essere isolata dai credenti, «in quanto essa è proprio il modello della nostra "conformità a Cristo" (Rm 8,29; Ef 3,10.21). La sua immagine sta e deve stare quindi davanti agli occhi dei cristiani quando si tratta di esaminare le condizioni di questa conformazione».[3] Questa esemplarità di Maria è fondata sul fatto che essa porta impressa (eingeprägt) la potenza di incisione di Dio (Prägekraft Gottes), realizzata in lei da Cristo e dal suo Spirito.[4] In altre parole, Maria è «la piena di grazia», com'è stata salutata nell'annunciazione (cf Lc 1,28). Nella Vergine e Madre, commenta von Balthasar, si rendono visibili due cose: «che qui è presente l'immagine esemplare (Urbild) della Chiesa cristiforme, e che la santità cristiana è l'essere e la vita in cui Cristo è portato (das christophore Wesen und Leben)».[5]  [6]Tale riflessione porta a due implicazioni e applicazioni di ampia portata a livello sia della ecclesiologia sia dell'intera vita cristiana: «Nella misura in cui la Chiesa è mariana, essa è figura pura (reine Gestalt) e senz'altro leggibile e comprensibile; nella misura in cui l'uomo diventa mariano (oppure, ciò che è la stessa cosa, cristoforo) la dimensione cristiana diventa in lui leggibile in modo altrettanto comprensibile. Nel modello mariano (marianisches Modell) si manifesta sia la possibilità di trasporre la figura di Cristo, sia il modo della stessa trasposizione». 
Giuseppe Lipari

[1] Cf Paolo VI, MC 37; G. LIPARI, La Beata Vergine Maria modello compiuto del discepolo del Signore, Tesi di Magistero in Scienze Religiose, A.A. 2001-2002, 1-159.

[2] Per il commento ecclesiologico a questo testo paolino, cf VON BALTHASAR, Gloria, vol. VII: Nuovo Patto, 429-433 («Nuzialità»).

[3] H.U.VON BALTHASAR, Herrlichkeit, Bd. I: Schau der Gestalt, 541.

[4] Ivi, 540.

[5] Ivi, 541s.

[6] Ivi, 539-541.

[7] Cf G. LIPARI, La Teologia della figlia di Sion, Chiesa nel progetto del Padre, Tesi di Baccellierato, A.A. 2006-2007 (in fase di conclusione).

[8] Ivi, 327s (cf trad. it. Gloria, vol. VII: Nuovo Patto, 313).

[9] IDEM, Herrlichkeit, Bd. I: Schau der Gestalt, 542.

[10] Ivi.

 

 

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Pocket07
Pocket07 il 24/05/07 alle 10:18 via WEB
Un caro saluto alla Vergine Benedetta ed a te fratello....ginè
 
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