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Basta, non compro più niente

Post n°459 pubblicato il 02 Gennaio 2012 da Fratus

di Debora Billi

Fonte: petrolio.blogosfere

Mi vien da ridere quando si profetizza un prossimo futuro di scarpe rotte e cappotti rattoppati: con le scarpe, i cappotti, i vestiti, gli elettrodomestici, i mobili che abbiamo ammucchiati in casa potremmo andare avanti vent’anni.
Con l’arrivo del nuovo anno, in genere, ci si impegna in buoni propositi. Il mio è il seguente: basta, non compro più nulla. Nulla, se non cibo (buono) e rimpiazzo per cose davvero indispensabili.
Protesta contro le cattive multinazionali, gli invadenti centri commerciali, gli avidi negozianti? Neanche per sogno. Crisi economica, risparmio forzato, decrescita felice? Ma figuriamoci.
Semplicemente sono stufa di farmi fregare. Ho capito (si, ci ho messo parecchio) che scambio il mio denaro per pura e semplice monnezza. Robaccia che non vale nulla, che si rompe, si guasta, non fa ciò che deve fare, si tiene insieme con lo sputo. Schifezze fatte per non durare, che non valgono neppure la benzina per andarle a comprare. Sto regalando il mio lavoro quotidiano in cambio di vera immondizia. Vale così poco?
Tutto quello che è in vendita è porcheria. Ho acquistato una borsa, carina e di marca, per 80 euro: dopo dieci usi si è staccata la tracolla e rotta la cerniera. Se volessi una borsa che fa bene il suo lavoro dovrei spendere 300 euro. No, grazie. Mi tengo le borse che ho da dieci o vent’anni, che non hanno intenzione di rompersi e vanno ancora benissimo.
Così per tutto il resto. Mi vien da ridere quando qualcuno profetizza un prossimo futuro di scarpe rotte e cappotti rattoppati: con le scarpe, i cappotti, i vestiti, gli elettrodomestici, i mobili che abbiamo ammucchiati in casa potremmo andare avanti vent’anni senza rattoppare nulla. Sono piena di roba. Ho cose sufficienti per un esercito, come chiunque di noi: anche il più “povero” ha più scarpe di quante ne avesse mia nonna sessant’anni fa.
Ho deciso che acquistare cianfrusaglie non significa “togliermi qualche soddisfazione”. Tanti poveri cristi usano questa misera giustificazione. Le mie soddisfazioni sono altre, che buttare i miei soldi per oggetti che nascono già pronti per la discarica.
Non contate su di me, insomma, per “far riprendere l’economia”. L’economia si riprenderà quando decideranno di produrre e vendere cose decenti, e smetteranno di truffare il prossimo.
Mi dispiace, ma io a questo giochino scemo non partecipo più.
(Fregate una donna su una borsa, e avrete creato una rivoluzionaria.)

 
 
 
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