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« SINTESI E STRANI RAGAZZICOME SOPRAVVIVONO LE FALSITA’ »

Seconda parte

Post n°175 pubblicato il 30 Aprile 2009 da Fratus

Sembrano tutti uguali: omologia fra gli arti  dei vertebrati

 

La maggior parte dei testi introduttivi di biologia riportano immagini di arti di vertebrati che mostrano somiglianze nella struttura ossea. I biologi prima di Darwin avevano notato questa specie di somiglianza e la chiamavano «omologia», attribuendola ad un comune archetipo o design. Però nell’ Origine delle specie Darwin sosteneva che  la spiegazione migliore per l’omologia fosse la discendenza con delle modifiche, e la considerava una prova per la sua teoria.

I seguaci di Darwin si affidavano alle omologie per sistemare i fossili in alberi ramificati che dovevano mostrare relazioni di tipo antenato-discendente. Il biologo Tim Berra nel suo libro del 1990 L’evoluzione e il mito del creazionismo ha rapportato reperti fossili a una serie di modelli di Corvette: «Se se si mettono a confronto un modello Corvette del 1953 e uno del 1954, uno accanto all’altro, poi uno del 1954 e uno del 1955, e così via, la discendenza con modificazioni è assolutamente ovvia». Ma Berra ha scordato di considerare un punto ovvio e cruciale: le Corvette finora, come altri sono stati in grado di determinare, non hanno dato vita a piccole Corvette. Queste, come tutte le automobili, sono progettate da persone che lavorano per le industrie automobilistiche. In altre parole, un’intelligenza esterna. Quindi, sebbene Berra fosse convinto di sostenere l’evoluzione darwiniana e non una spiegazione pre-darwiniana, senza volerlo dimostrava che la prova fossile è compatibile con entrambe. Il professore di diritto (e critico di Darwin) Phillip E. Johnson l’ha definito «l’abbaglio di Berra».

La lezione dell’abbaglio di Berra è che dobbiamo specificare un meccanismo naturale prima di poter escludere scientificamente una costruzione progettata come la causa dell’omologia. I biologi darwiniani hanno proposto due meccanismi: la via dello sviluppo e i programmi genetici. Secondo il primo i caratteri omologhi nascono da cellule simili e si trasformano nell’embrione; secondo l’ altro i caratteri omologhi sono programmati da geni simili. Ma i biologi sanno da un centinaio d’anni che le strutture omologhe spesso non sono prodotte da vie di sviluppo tradizionali, e sanno da 30 anni che spesso non sono prodotti da geni simili. Quindi non c’è nessun meccanismo empiricamente dimostrato per stabilire che le omologie sono dovute ad antenati comuni piuttosto che a un design comune.

Senza un meccanismo i moderni darwiniani hanno definito l’omologia semplicemente per designare la somiglianza dovuta ad un comune antenato. Secondo Ernst Mayr, uno dei principali architetti del moderno neo darwinismo: «Dopo il 1859 c’è stata solo una definizione di omologo che ha senso: gli attributi di due organismi sono omologhi quando derivano da una caratteristica equivalente dell’antenato comune».

Questo è il classico caso di un ragionamento circolare. Darwin considerava l’evoluzione una teoria e l’omologia la sua prova. I seguaci di Darwin ritengono che l’evoluzione si sia avuta in modo indipendente e che l’omologia ne sia il risultato. Ma allora non si può usare l’omologia come prova dell’evoluzione se non si ragiona in modo circolare: la somiglianza dovuta ad un antenato comune dimostra un antenato comune.

I filosofi della biologia criticano questo approccio da decenni. Come Ronald Brady scrisse nel 1985: «Trasformando la nostra spiegazione in una definizione che possa essere spiegata, noi non esprimiamo ipotesi scientifiche ma credenze. Siamo così sicuri che la nostra spiegazione sia vera che non abbiamo più la necessità di distinguerla dalla situazione che stavamo cercando di spiegare. Sforzi dogmatici di questo tipo alla fine devono lasciare il campo della scienza».

Quindi, come trattano questa faccenda i libri di testo? Ancora una volta la ignorano. Infatti agli studenti danno l’impressione che abbia senso definire l’omologia in termini di antenati comuni, per poi girarci intorno e usarla come prova per un antenato comune. E questa la chiamano «scienza».

 

Basta fissare con un po’ di colla: la falena punteggiata

 

Darwin era convinto che nel corso dell’evoluzione «la selezione naturale era stata la più importante ma non l’unico modo in cui erano avvenute le modificazioni», però non ne aveva prova diretta. La cosa migliore che poté fare ne L’origine delle specie era dare «una o due illustrazioni immaginarie».

Negli anni ’50 il fisico inglese Bernard Kettlewell fornì quella che sembrava essere la prova definitiva della selezione naturale. Nel secolo precedente in Inghilterra le falene punteggiate erano passate dall’essere predominante di colore chiaro al colore scuro. Si pensò che questo cambiamento fosse avvenuto perché le falene scure si mimetizzavano meglio sui tronchi degli alberi scuriti dall’inquinamento, e quindi era meno probabile che potessero essere mangiate dagli uccelli predatori.

Per testare questa ipotesi in modo sperimentale Kettelwell liberò delle falene chiare e scure su alberi in zone inquinate e non, e poi osservò quali falene erano mangiate maggiormente. Come ci si aspettava gli uccelli mangiarono più falene chiare in zone inquinate, e più falene scure in zone non inquinate. In un articolo per Scientific American Kettelwell la definì «la prova che mancava a Darwin». Le falene punteggiate divennero l’esempio classico della selezione naturale in atto e questa storia è ancora raccontata nella maggior parte dei testi introduttivi di biologia, accompagnata da foto delle falene sugli alberi. Negli anni ’80 però i ricercatori trovarono la prova che la versione ufficiale si stava incrinando –incluso il fatto che normalmente le falene non si riposano sui tronchi degli alberi. Queste, infatti, di notte volano e di giorno si nascondono fra i rami più alti. Liberando le falene di giorno sugli alberi nelle vicinanze Kettelwell aveva creato una situazione artificiale che non esiste in natura. Adesso molti biologi considerano i suoi risultati non validi, e alcuni si chiedono perfino se la selezione naturale sia davvero responsabile dei cambiamenti osservati.

Allora da dove provengono tutte le foto delle falene sui tronchi d’albero dei libri di testo? Sono tutte una messa in scena. Per facilitare le cose alcuni fotografi hanno perfino incollato sugli alberi delle falene morte. Naturalmente le persone che hanno fatto queste contraffazioni prima degli anni ’80 pensavano di  rappresentare la verità dei fatti, mentre adesso sappiamo che stavano sbagliando. Eppure un’occhiata a quasi tutti i testi in uso di biologia rivelano che quelle foto sono ancora usate come prova della selezione naturale.

Nel 1999 uno scrittore di libri di testo canadese giustificava così quella consuetudine «si deve considerare il pubblico. Quanto la vuoi far difficile per un principiante?». Bob Ritter fu citato per aver detto sull’ Alberta Report  Newsmagazine (aprile 1999) che gli studenti delle superiori «sono ancora molto concreti nel modo di imparare. Noi vogliamo far capire l’idea dell’adattamento selettivo. In seguito potranno guardare il lavoro in modo critico».

Quel «in seguito» deve significare molto più tardi. Quando il Professore Jerry Coyne dell’università di Chicago ha scoperto la verità era nel pieno della sua carriera di biologo evoluzionista. La sua esperienza mostra quanto siano insidiose le icone dell’evoluzione perché fuorvianti per esperti e principianti.

 

Becchi e uccelli: i cardellini di Darwin

 

Un quarto di secolo prima che Darwin pubblicasse L’origine delle specie egli andava formulando le proprie idee di naturalista sulla nave inglese per rilievi H. M. S. Beagle. Quando la Beagle visitò le isole Galapagos nel 1853 Darwin raccolse campioni naturali del luogo inclusi alcuni cardellini. Sebbene i cardellini abbiano poco a che fare con lo sviluppo della teoria dell’evoluzione, questi hanno attratto l’attenzione di alcuni moderni biologi evoluzionisti come ulteriore prova della selezione naturale. Negli anni ’70 Peter e Rosemary Grant e i loro colleghi notarono un aumento del 5% nella dimensione del becco dopo una grave siccità poiché ai cardellini erano rimasti solo dei semi duri da rompere. Il cambiamento anche se significativo era piccolo, eppure alcuni darwiniani dicono che ciò spiega come ebbe origine la specie dei cardellini.

Un libretto del 1999 pubblicato dall’Accademia Americana di Scienze descrive i cardellini di Darwin come «un esempio particolarmente importante» sull’origine delle specie. Il libretto cita il lavoro di Grant e spiega come «un solo anno di siccità nelle isole possa favorire cambiamenti evolutivi nei cardellini». Il libretto calcola anche che «se ci fossero siccità ogni 10 anni, in solo 200 anni si avrebbe una nuova specie».

 Ma il libretto ha sbagliato nel non dire che i becchi sono tornati normali quando sono ritornate le piogge. Non si è avuto nessuna evoluzione netta. Infatti ora molte specie di cardellini si sono unite attraverso l’ibridazione e non si sono diversificate attraverso l’evoluzione naturale come richiede la teoria di Darwin.

Celare le prove per dar l’impressione che i cardellini di Darwin confermano la teoria evolutiva sconfina nella disonestà scientifica. Secondo il biologo di Harvard Luis Guenin (che ha scritto in Nature nel 1999)  le leggi sulla sicurezza americana «sono la migliore fonte di guida basata sull’esperienza» nel definire ciò che costituisce una cattiva condotta scientifica. Eppure un promotore finanziario che dice a un cliente che certe azioni raddoppieranno il loro valore in 20 anni perché sono salite del 5% nel 1998, e nasconde il fatto che le stesse azioni sono scese del 55 nel 1999, potrebbe essere accusato di frode. Come il Professore di diritto Phillip E. Johnson  scrisse  nel Wall Street Journal nel 1999: «Quando i nostri maggiori scienziati devono ricorrere alle distorsioni che porterebbero in prigione un agente di borsa, capite che sono nei guai».

 

Dalle scimmie agli umani

 

La teoria di Darwin ottiene il merito che le spetta quando è applicata alle origini umane.

Questo tema è appena accennato ne L’origine delle specie, ma in seguito è ampiamente trattato in L’origine dell’uomo. «Il mio obiettivo, - spiegò - è dimostrare che non c’è una differenza fondamentale fra l’uomo e gli animali che posseggono elevate facoltà mentali», perfino la morale e la religione. Secondo Darwin la tendenza dei cani a immaginare un ente nascosto nelle cose mosse dal vento «può facilmente passare nell’idea dell’esistenza di un o più dei».

Naturalmente la consapevolezza che il corpo umano è parte della natura esisteva già prima di Darwin. Ma Darwin stava affermando molto di più. Come i filosofi materialisti dell’antica Grecia, Darwin credeva che gli esseri umani non sono niente più che animali.

Darwin però aveva bisogno di prove per confermare la sua congettura. Sebbene gli uomini di Neanderthal fossero già stati scoperti, questi non venivano considerati progenitori degli uomini, quindi Darwin non aveva prove fossili per le sue idee. Fu solo nel 1912 che il paleontologo Charles Dawson annunciò di aver scoperto ciò che i darwiniani stavano cercando, in una buca di ghiaia a Piltdown in Inghilterra.

Dawson aveva trovato una parte di cranio umano e parte di una mascella inferiore simile a quella di una scimmia con due denti. Solo 40 anni dopo un gruppo di scienziati dimostrò che il cranio di Piltdown, anche se vecchio di migliaia di anni, apparteneva ad un uomo moderno, mentre il frammento di mascella era più recente e apparteneva ad un orango. La mascella era stata trattata chimicamente per farla sembrare un fossile e i denti erano stati deliberatamente limati per farli sembrare umani. L’uomo di Piltdown era una falsificazione.

La maggior parte dei moderni libri di testo neppure citano Piltdown. Quando i critici di Darwin lo fanno di solito gli viene risposto che l’incidente dimostra solamente che la scienza si autocorregge. E così è stato in questo caso, anche se ci sono voluti 40 anni. Ma la lezione più interessante da imparare da Piltdown è che gli scienziati, come tutte le altre persone, possono sbagliare se vedono quello che vogliono vedere.

La stessa soggettività che preparò la strada a Piltdown continua a condannare la ricerca sulle origini dell’uomo. Secondo il paleoantropologo  Misia Landau  le teorie sulle origini umane «superano di gran lunga ciò che si può desumere dallo studio dei soli fossili, e in effetti danno a questi un pesante fardello di interpretazioni – un fardello che si può alleggerire ponendo i fossili in preesistenti strutture narrative».

Nel 1996 il curatore del museo americano di storia naturale Ian Tattersall riconobbe che «nella paleoantropologia i modelli che percepiamo probabilmente derivano tanto dai nostri schemi mentali inconsci, quanto dalle prove. L’antropologo Geoffrey Clark dell’università statale dell’Arizona riaffermò questo concetto nel 1997 quando scrisse «Noi selezioniamo fra serie di conclusioni di ricerche a seconda delle nostre inclinazioni e concezioni». Clark suggerì che «la paleoantropologia ha la forma ma non la sostanza della scienza».

Gli studenti di biologia ed il pubblico raramente sono informati della profonda incertezza sull’origine umana che si riflette nelle affermazioni di questi esperti di scienze, invece, vengono semplicemente «nutriti» con le ultime speculazioni come se fossero fatti. E le speculazioni vengono illustrate con fantasiosi disegni di uomini delle caverne, o foto di attori pesantemente truccati.

 

Che cosa sta succedendo?

 

La maggior parte di noi pensa che ciò che sentiamo dagli scienziati sia degno di fiducia. I politici possono distorcere la verità o modificarla per sostenere un ordine del giorno prestabilito, ma gli scienziati, ci viene detto, trattano i fatti. Sicuramente qualche volta possono sbagliare ma la bellezza della scienza è che è empiricamente verificabile. Se una teoria è sbagliata questo verrà scoperto da altri scienziati che fanno esperimenti in modo indipendente per replicare o confutare  i loro risultati. In questo modo i dati sono costantemente rivisti e le ipotesi diventano teorie ampiamente accettate. Allora come spieghiamo una distorsione così invasiva e duratura dei fatti specifici usati per sostenere la teoria evolutiva? Forse l’evoluzione di Darwin ha assunto un significato nella nostra cultura che ha poco a che fare col suo valore scientifico. Un’indicazione di ciò si è vista nella reazione quasi universale e ipercritica alla decisione del consiglio della Kansas School di dar spazio al dissenso nell’insegnamento standard dell’evoluzione (molto del quale, abbiamo visto, è sbagliato).

Secondo le notizie dei media solo i fondamentalisti religiosi fanno obiezioni all’evoluzione  di Darwin. Le persone che la criticano, ci viene detto, vogliono far precipitare la scienza all’età della pietra e sostituirla con la Bibbia. Le prove scientifiche sempre maggiori che contraddicono le affermazioni di Darwin sono comunque ignorate. Quando il biochimico Michael Behe l’anno scorso dichiarò al The New York Times che la prova degli embrioni è un fallimento, il darwiniano di Harvard Stehen Jay Gould ammise di saperlo da decenni (come già detto prima) ma accusò Behe di essere un creazionista per averlo detto. Ora, sebbene Behe sostenga l’idea  che alcune caratteristiche degli esseri viventi siano spiegati meglio attraverso il disegno intelligente (intelligent design), lui non è un creazionista come la parola normalmente sottintende. Behe è un biologo molecolare la cui opera scientifica lo ha convinto che la teoria di Darwin non si conforma alle osservazioni e prove sperimentali. Perché Gould che sa che i disegni di Haeckel sono falsi ha liquidato Behe definendolo un creazionista? Suppongo ci sia in atto un processo che non è scientifico. La mia prova è il messaggio materialistico più o meno esplicito che si trova nei libri di testo. La biologia evolutiva di Futuyma ne è un esempio poichè informa gli studenti che «è stata la teoria evolutiva di Darwin, insieme alla teoria storica di Marx e la teoria della natura umana di Freud, a fornire l’asse portante della piattaforma della tecnica e del materialismo che è il palcoscenico della maggior parte del pensiero occidentale». Un libro di testo cita Gould che dichiara apertamente che gli uomini non furono creati ma sono semplicemente ramoscelli fortuiti sull’albero contingente (cioè accidentale) della vita.  Il darwinista di Oxford Richard Dawkins, anche se non ha scritto un libro di testo, dichiara in modo anche più ottuso «Darwin ha reso possibile essere un ateo intellettualmente compiuto».

Ovviamente queste sono opinioni più filosofiche che scientifiche. Futuyma, Gould e Dawkins hanno il diritto di avere le loro idee filosofiche, ma non hanno il diritto di insegnarle come se fossero scienza. Nella scienza tutte le teorie, inclusa l’evoluzione di Darwin, devono essere testate tramite delle prove.

Poiché Gould sa che la prova embriologica contraddice i disegni falsi nei testi di biologia, perché non assume un ruolo più attivo nel ripulire l’educazione scientifica? Le mistificazioni e omissioni che ho esaminato qui sono solo un piccolo campione. Ce ne sono molte altre. Per troppo tempo il dibattito sull’evoluzione ha assunto fatti che non sono veri. E’ tempo di eliminare le bugie che limitano la discussione popolare sull’evoluzione ed insistere sul fatto che le teorie devono conformarsi alle prove. In altre parole, è tempo di fare scienza come si suppone si debba fare.

Jonathan Wells

University of California, Berkeley

 

(Traduzione di Andrea Bartelloni, autorizzata dall’autore, dall’originale «Survival of the fakest», American Spectator, 1 gennaio 2001 )

 
 
 
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