Creato da Fratus il 08/08/2006
Commentiamo la società
 

 

Celent’ano

Post n°468 pubblicato il 16 Febbraio 2012 da Fratus

Iniziando dal secondo quesito direi, poco, forse nulla.

Un radical chic che solitamente si sgola a favore della libertà di parola e invoca la chiusura di due giornali, sembra un po’ contradditorio. Oh, no, sbaglio io. Libertà di parola sottintende la locuzione “per la sinistra e basta, laddove per sinistra si intende chi abita in centro ha il suv manda i figli alla scuola privata ma compra eco chic e legge Repubblica”. Riguardo la prima domanda direi che ne sa meno che pochissimo.

Come può parlare del fatto che i preti dovrebbero parlare di paradiso e non di politica, quando per Chiesa cita i due principali giornali cattolici, quelli che vuole bandire? Solo un ignorante all’ennesima potenza può lasciarsi andare con tanta leggerezza…. la Chiesa si sa, è politica. Da sempre. Si afferma come movimento politico, vive come movimento politico, lo Stato della Chiesa, oggi Stato del Vaticano, è uno Stato autonomo che batte moneta e legifera e muove pure le guerre. Di crociate, Celentano, saprà che ce ne sono state diverse? Io mi sono fermata alla settima, la più importante è stata la quarta, ufficialmente ce ne sono state nove, escluse quelle mosse dai Bush. Quindi, come Stato, è giusto che parli di politica. Di paradiso ne dovrebbero parlare i preti, nelle parrocchie, nelle diocesi, nel quartierino, come nella realtà fanno. E dovrebbero parlarne i professori di religione che la sinistra radical chic di cui sopra vuole abolire assieme ai crocefissi, e dovrebbero parlarne le famiglie, tra una partita alla playstation e una rincorsa all’ultimo saldo.

Il potere, viene fatto dire da una comparsa munita di vocabolario, appartiene al popolo sovrano. Il quale, esercita il suo potere liberamente tramite un coro che sembra un belato.
Esistono i giusti ed esistono gli sbagliati; contro ogni relativismo e relatività che vorrebbero come unico sbagliato un cocktail che ben si addice ad ogni situazione.
Ed ecco che la Rai di Minzolini detta lezioni di Democrazia.
Capito Pericle? Impara.

 
 
 

E' sparito il nemico Berlusconi Spuntano i fascisti immaginari

Post n°467 pubblicato il 06 Febbraio 2012 da Fratus

L’eterno spauracchio. Per rimpiazzare l’ossessione anti-Cav, adesso i giornali riesumano l’armata degli uomini neri

Avanti di questo passo e finirà che qualcuno, al ristorante, si metterà a gridare: «Cameriere, presto, c’è un fascista nella mia minestra». Pare infatti – leggendo i giornali – che negli ultimi tempi spuntino uomini neri un po’ dappertutto: l’Europa intera e l’Italia soprattutto sembrano  colpite da un’epidemia antidemocratica, con contorno di scarponi chiodati. Ieri Sette, il settimanale del Corriere della Sera, sparava in copertina un titolo inquietante: «L’orda nera», illustrato da una foto di due neonazisti americani a braccio teso e bandierona con la svastica. Che c’entrassero non si capisce bene, visto che il servizio – firmato da Ferruccio Pinotti – si riferiva al Vecchio Continente, ma tant’è. L’importante era comunicare al popolo italico che «l’internazionale di destra, complice la crisi dell’Euro, sta crescendo» e «si appoggia a una misteriosa struttura europea». Le ginocchia già tremano al pensiero della Spectre cameratesca, di cui Sette sunteggia il programma, il quale «spazia dal rifiuto dell’immigrazione alla lotta contro l’espansione dell’islam; dal recupero della tradizione cattolica (…) fino alla lotta contro le liberalizzazioni del governo Monti, facendosi carico delle istanze popolari». Se  l’Internazionale nera si presentasse con un programma del genere probabilmente farebbe il pieno di voti.

L’articolo tuttavia veleggiava su toni ansiogeni, mischiando in un unico calderone legami tra post fascisti e  camorra, «intrecci tra estremismo nero, banda della Magliana e finanza sporca». Seguiva un profluvio di  nomi e cognomi, cioè il solito elenco di ex estremisti neri (da Delfo Zorzi a Roberto Fiore), un bel rimpastone di ciò che da anni si legge sull’argomento «rigurgito fascista». Spuntava perfino  Licio Gelli.   A completare il quadretto, ecco la foto dell’ennesimo ciccione americano in tenuta nazistoide e un articolo su Casa Pound in cui il cronista scrive terrorizzato: «Non mi capita spesso, ma lo confesso: ho paura», perché ha visto due militanti stringersi gli avambracci nel saluto del legionario.

LE ARMATE DEL FASCIO
Da due giorni a questa parte, poi, il Fatto quotidiano mette in guardia a proposito del ritorno delle «Ombre nere», riesumando una vicenda del 2009 in cui sarebbe coinvolto il figlio di Gianni Alemanno (allora 14enne). Il giornale travagliesco dedica pagine intere a una spaventevole «aggressione fascista», in cui furono coinvolti «13enni e 14enni» e forse un paio di  quasi maggiorenni. Insomma, ci sono armate del fascio ovunque. C’erano, scriveva ieri Vito Mancuso su  Repubblica, fuori dal teatro Franco Parenti di Milano a manifestare contro lo spettacolo di Romeo Castellucci Sul concetto di volto nel Figlio di Dio. Ci sono «dietro» il movimento dei Forconi.    Secondo l’Unità «a cavalcare la rabbia sono anche esponenti di Forza Nuova»; per il solito Fatto «dietro» la protesta ci sono «estrema destra, mafia e massoneria».  Con tutta ’sta gente dietro i tir, sfido che si creano le code.     Tutto fa brodo per sostenere che il fascismo è alle porte: dai saluti romani a un concerto del console  Mario Vattani alle lamentele dei tassisti romani (di cui si ricordano le braccia tese a favore di Alemanno). A che pro sventolare lo spauracchio dei camerati? Semplice, caduto Silvio e sepolto – almeno per ora – l’antiberlusconismo, è indispensabile costruire un nuovo nemico.

Con poca fantasia, si va dunque a pescare nella galassia destroide italiana e non, senza distinguo alcuno. Si leggono, per esempio, cose orribili sulla destra ungherese: beh, ne abbiamo lette di  peggiori a proposito di Berlusconi. La creazione del nemico procede così: per stereotipi e sentito dire. È curioso notare, poi, come il Cavaliere venisse accusato di aver resuscitato il fascismo, sdoganando i «neri» (come sostiene un libro appena uscito: Ripuliti, di Davide Nalbone e Giacomo Russo Spena). Ma  se il fascismo era già risorto con lui, come fa a risorgere pure oggi a causa del governo Monti? Misteri della dietrologia. Attenti, dunque, i camerati sono ovunque: sul camion, in taxi, per strada, ovunque c’è caos. E se i vostri figlioletti mettono a soqquadro la camera, occhio: potrebbero essere fasci pure loro.

di Francesco Borgonovo (LIBERO quotidiano)

 
 
 

“IL LERCIO”, IRVINE WELSH

Post n°466 pubblicato il 30 Gennaio 2012 da Fratus

Robbo Robertson è un cinico, violento e corrotto sergente della polizia di Edinburgo, un uomo squalificato che vive a cocaina, prostitute, birra, whiskey nelle situazioni più degradanti. Non ha rispetto per nulla è un umiliatore e tradisce anche gli amici. Ma nel suo reparto è considerato un vincente, un uomo di successo che sa come gira la vita e come si trattano le persone. Ha successo ed è molto stimato.

 

La storia gira intorno alla sua indagine relativa all’assassinio di un negro… ma in realtà Robbo Robertson, per qualche motivo, non indaga per niente, se ne va in giro a farsi i fatti suoi, in vacanza ad Amsterdam, a ubriacarsi con gli amici e tutto questo mentre un “verme solitario” diviene la sua…

 

Il romanzo, dal titolo il Lercio ((tit. orig. Filth) è del famoso Irvin Welsh, capofila della cosiddetta “chemical generation”, pubblicato nel 1998 è sicuramente un libro divertente che introduce ogni lettore in quel percorso che conduce all’analisi del proprio io, scoprendo che le proprie interpretazioni soggettive possono essere, in realtà, scelte tragiche per se stessi e gli altri. Gli egoismi e la mancanza di responsabilità sostenute dalla normale giustificazione che ogni uomo si dà davanti alle sue colpe per Robbo sono “la regola”. Il protagonista ci spiega che nella vita ci sono delle regole e le regole, giuste o sbagliate che siano vanno seguite a discapito del più debole esercitando il proprio potere senza nessuna remore… Ma tale considerazione non è vera e Welsh riesce a farcelo capire raccontando una storia tragica e allo stesso tempo coinvolgente. A metà libro non preoccupatevi per la sensazione che il libro sia faticoso, rindondante è l’autore che vi condurrà appositamente in questa anticamera della noia per prepararvi ad un finale esaltante ed inaspettato. Da leggere assolutamente.

Fabrizio Fratus

 
 
 

Monti scippa i fondi alle Ong

Post n°465 pubblicato il 30 Gennaio 2012 da Fratus

Dirottati i fondi per usi diversi da quelli previsti dalla legge 222/85

Dovranno abbandonare i progetti di cooperazione internazionale

E ci risiamo, cambiano i governi ma non la sostanza, si cerca sempre di fare i furbetti. Il governo Monti ha deciso di dirottare i fondi disponibili (145 milioni) per usi diversi da quelli previsti per legge. Da subito le organizzazioni e le federazioni Ong, insieme alle associazioni, si sono subito attivate per criticare questa scelta dell’esecutivo che va proprio nella direzione opposta ai presupposti presentati all’insediamento del governo stesso, cioè quelli di rilanciare la cooperazione internazionale.

La risposta del governo è quanto meno pretestuosa, come si fa ad affiancare cooperazione internazionale ai problemi della protezione civile e delle carceri? Inoltre i conti non tornano, mancano all’appello 24 milioni di euro in quanto alla protezione civile sono stati devoluti 64 milioni e 57 alle carceri.

La ripartizione dei fondi si basa sulla legge 222/85 e le organizzazioni non profit, a causa di questa decisione da parte del Governo, dovranno abbandonare migliaia di progetti recando un danno incredibile al terzo mondo e anche alle associazioni che hanno sviluppato lavoro di progettazione, delle aspettative nei beneficiari che non potranno essere soddisfatte. Tutto viene cancellato a prescindere da leggi e regole. Così non si dà un bell’esempio al cittadino; uno Stato che non è in grado di operare con le sue leggi è già fallito.
Su Twitter, oggi stesso, è cominciata una petizione che dice:

“Chiediamo al governo di fissare regole certe per la ripartizione dell’8×1000 a diretta gestione statale. Anche quest’anno infatti i 145 Milioni disponibili sono stati utilizzati a piacimento dal governo senza tenere fede agli scopi previsti della legge 222/85 (fame nel mondo, beni culturali, assistenza rifugiati, calamità naturali). Chiediamo che entro il 15 marzo (data di scadenza per la presentazione dei nuovi progetti) vengano date certezze alle organizzazioni e agli enti che possono accedere alla ripartizione dei fondi attraverso bando pubblico”.

Attendiamo che il buon senso, il rispetto del lavoro e delle regole faccia parte di questo nostro Paese.

Fabrizio Fratus
Tratto da: http://www.voceditalia.it/articolo.asp?id=76674&titolo=Monti%20scippa%20i%20fondi%20alle%20Ong&imm=0
 
 
 

Schettino e De Falco di Massimo Fini

Post n°464 pubblicato il 30 Gennaio 2012 da Fratus

La cosa più rabbrividente nella tragedia della Concordia non è il naufragio col suo strascico di morti e di dispersi, ma la telefonata fra il capitano di Fregata Gregorio De Falco, a capo della Capitaneria di Livorno, e il comandante Francesco Schettino. Perché non c’è spettacolo più osceno, pornografico di un uomo, di qualsiasi uomo, ma in particolare di un comandante di nave, ‘secondo solo a Dio’ quando è in plancia, che, per paura, di colpo si smaschera, si cala le braghe e si umilia e si fa umiliare in quel modo, davanti al mondo intero.

Gli errori, l’imprudenza, la leggerezza del comandante Schettino appaiono evidenti. Ma l’errore, cioè una valutazione sbagliata, proprio perché tale va al di là della volontà di chi lo compie, anche se poi dovrà pagarne giustamente tutte le conseguenze legali. Ma non è necessariamente un’onta. Ci sono stati assi del volante che, per un eccesso di spericolatezza, hanno ucciso degli spettatori (penso, per esempio, a una Mille Miglia di tanti anni fa), ma non per questo sul loro nome è rimasta l’ombra della vergogna. La colpa veramente imperdonabile del comandante Schettino è un’altra: aver abbandonato la nave prima che tutti i passeggeri – quelli almeno per i quali si poteva fare ancora qualcosa – fossero stati tratti in salvo. Perché questa è una decisione che è dipesa solo dalla sua volontà, non da un’errata valutazione, sempre possibile. Prima della legge un codice d’onore antichissimo, ancestrale, e l’intera storia della navigazione dicono che il comandante deve essere l’ultimo ad abbandonare la nave che affonda e, se del caso, inabissarsi con essa (e, a volte, anche se non è il caso, come fece il comandante del Titanic, Edward Smith, che rifiutò di essere tratto in salvo, e che ne seguì l’inevitabile sorte – ma erano altri tempi, altra gente, altre tempre, altra classe: dopo il mayday, e non è leggenda, non è film, è storia, l’orchestra continuò a suonare e i passeggeri a ballare).

Con quell’abbandono Francesco Schettino non ha perso solo gli alamari del comandante, ha perso la faccia, ha perso la dignità, ha perso l’onore. E l’onta indelebile di quell’abbandono lo seguirà per tutta la vita. Non potrà più guardare in faccia nessuno senza avvertirne il disprezzo. Ma non mi ha convinto nemmeno l’atteggiamento del capitano De Falco. De Falco, standosene seduto in capitaneria (giustamente il comandante Amato, che ebbe Schettino come ottimo primo ufficiale, ha ricordato un vecchio detto: “I marittimi si dividono in due categorie: quelli che vanno per mare e rischiano e quelli che stanno a terra e giudicano”), maramaldeggia sadicamente su un uomo finito. De Falco, si scrive, non vuole passare da eroe. Non si fa vedere in televisione, non parla. In compenso fa parlare la moglie che dichiara all’inviato del Corriere della Sera: “Sa qual è la cosa più preoccupante? Che in Italia chi fa semplicemente il proprio dovere, come ha fatto mio marito, diventa un eroe”. Ma questa è l’apoteosi dell’autoesaltazione, espressa in termini retorici, dell’eroismo.

Perché non esiste solo una retorica della grandezza, esiste anche una retorica della modestia o piuttosto della falsa modestia. E la retorica, di cui i media italiani hanno fatto in questi giorni uso a piene mani (soprattutto la retorica dei ‘buoni sentimenti’), come avvertiva Alberto Savinio in un preveggente e prezioso libretto, “Sorte dell’Europa” del 1943, “è un male endemico nel nostro paese, è il male che inquina la nostra vita, la nostra politica, la nostra letteratura e una delle cause principali, se non addirittura la principale, delle nostre sciagure”.

Massimo Fini

 
 
 

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