Creato da Fratus il 08/08/2006
Commentiamo la società
 

 

W LA RECESSIONE, W L’EUROPA DELLA FINANZA

Post n°453 pubblicato il 12 Dicembre 2011 da Fratus

E’ una manovra necessaria… così ci è stato raccontato in questi giorni, e ora abbiamo la nostra manovra, la 2° o la 3° di quest’anno? Una manovra tutta di tipo “recessivo” come nel resto d’Europa, sembra quasi che la BCE voglia la recessione nei paesi europei… la manovra verrà votata da tutti e approvata, il motivo l’ho spiegato in un precedente commento, tutti i partiti vogliono essere accettati dai poteri forti, sia mai che poi si vincano le elezioni ma non si abbia la possibilità di governare perché i mercati finanziari sono ostili; immaginate un centrodestra che vince le elezioni ma non ha sostenuto questo governo? I mercati lo attaccherebbero subito e la stessa cosa avverrebbe con il centro sinistra. Quindi l’Italia è tenuta per le pa_e. La strada da seguire, per coloro che guardano al futuro e non agli interessi di pochi, è quella del fallimento e di un ritorno ad una economia responsabile, come viene definita, non soggetta a meccanismi finanziari e basata sulla reale capacità della nazione, della sua forza lavoro, della sua capacità di produrre ricchezza vera e non fittizia.
C’è da dire che i professori non si sono impegnati molto, hanno tagliato e aumentato le tasse, niente di più. Non hanno pensato a nessun meccanismo per dare fiducia, per creare speranza nei giovani e nel futuro, non hanno pensato che se “ammazzano” i consumi, come questa manovra farà e lo vedremo con il Natale alle porte, domani avremo un ulteriore difficoltà, meno consumi, meno entrate con l’iva, meno soldi allo stato… etc. etc… è una catena. Quale famiglia spenderà oggi visto la massiccia manovra che colpisce mediamente, si dice, per oltre 600 euro ogni famiglia?

Senza consumi chiuderanno altri negozi nelle città e fabbriche nelle periferie. Una manovra necessaria, ci dicevano, ma è così difficile comprendere che il lavoro deve essere dato ai giovani che spendono molto di piu’ e quindi riattivano i consumi?

Che forse nel discorso pensioni si deve lanciare un patto tra coloro che entrano nel mondo del lavoro, coloro che escono, le aziende e lo stato? Trovare un meccanismo con cui si dia fiducia alla popolazione? Se si allunga l’età per andare in pensione quando entrano a lavorare i ragazzi? Oggi un lavoro quasi stabile, per i più fortunati, lo si trova verso i 32 anni… domani verso i 35?

La manovra poteva essere più equa, si dice. Altro che dirlo, si deve imporre. Ma come è possibile che il governo non ha aumentato l’Irpef ai redditi alti? Al contrario si è colpito i pensionati con appena 1000 euro lordi colpiti con Imu, Iva e accise varie…

Siamo il paese con la maggiore diseguaglianza tra i redditi, basta vedere quanto prende un operaio italiano e uno tedesco, ci sono piu’ di mille euro di differenza. Negli ultimi 20 anni la politica è stata ferma. A governare l’Italia si sono susseguiti uomini dell’economia, non politici: Maccanico, Ciampi, Prodi, Dini, Berlusconi… la classe politica è stata inefficiente, dei veri e propri incapaci che hanno pensato solo ai loro interessi.

 
 
 

Il ritorno del darwinismo sociale

Post n°452 pubblicato il 09 Dicembre 2011 da Fratus

InformazioneDI ROBERT REICH
Huffingtonpost.com

Esattamente, che tipo di società vogliono i Repubblicani di oggi? Ho ascoltato i candidati repubblicani nel tentativo di percepire una filosofia generale, una prospettiva largamente condivisa, un’immagine ideale dell’America.

Dicono di volere un governo più snello, ma non può trattarsi di questo. La maggior parte chiede una difesa nazionale più ampia e una più vigorosa sicurezza della patria. Quasi tutti vogliono ampliare i poteri del governo in materia di indagine e vigilanza all’interno degli Stati Uniti: debellare eventuali terroristi, annientare gli immigrati clandestini, “proteggere” i confini della nazione. Vogliono condanne penali più rigide, tra le quali una più estesa applicazione della pena di morte. Molti vogliono anche che il governo si intrometta negli aspetti più intimi della vita privata. 

Si chiamano conservatori, ma non si tratta neanche di questo. Non vogliono conservare ciò che abbiamo adesso. Preferirebbero portare indietro il paese, prima degli anni 60 e 70, prima della Legge sulla protezione dell’ambiente, prima di Medicare e Medicaid [entrambi piani federali di assistenza medica per soggetti in difficoltà, NdT], prima del New Deal e delle sue misure finalizzate alla protezione sociale, prima dell’assicurazione contro la disoccupazione, della settimana lavorativa di quaranta ore, delle leggi contro il lavoro minorile e del riconoscimento ufficiale dei sindacati. Persino prima dell’epoca progressista e della prima imposta nazionale sui redditi, delle leggi antitrust e della Federal Reserve.

Non sono conservatori. Sono “regressori”. E l’America che cercano è quella vissuta nell’epoca dorata di fine Ottocento.

Era un periodo in cui la nazione era incantata dalla dottrina della libertà d’impresa, ma nel quale, a dire il vero, pochi americani hanno goduto di un’ampia libertà. Baroni da rapina come il finanziere Jay Gould, il magnate delle ferrovie Cornelius Vanderbilt e quello del petrolio John D. Rockefeller, controllavano gran parte dell’industria americana. Il divario tra ricchi e poveri divenne un abisso. Le baraccopoli urbane marcivano, bambini lavoravano ore e ore nelle fabbriche, le donne non potevano votare, mentre i neri americani subivano l’umiliazione di Jim Crow [personaggio di colore di una ironica canzone popolare ottocentesca, ad esempio, la discriminazione razziale. NdT]. E i portaborse dei ricchi letteralmente posavano sacchi di soldi sul tavolo di docili legislatori.

Il periodo più eloquente è stato quello in cui le idee di William Graham Sumner, un professore di scienze politiche e sociali a Yale, dominavano il pensiero sociale americano. Sumner portò Charles Darwin in America e lo intrecciò con una teoria adatta all’epoca.

Tra gli americani di oggi, pochi hanno letto gli scritti di Sumner, ma questi hanno avuto un effetto galvanizzante sull’America degli ultimi tre decenni dell’Ottocento.

Per Sumner e i suoi seguaci la vita era una lotta competitiva nella quale solo il più idoneo poteva sopravvivere, e attraverso questa lotta i gruppi sociali diventavano nel tempo più forti. Assimilabile a questo è il principio per cui il governo dovrebbe fare poco o nulla per chi si trova in ristrettezze, in quanto ciò interferirebbe con la selezione naturale.

Ascoltate i dibattiti repubblicani di oggi e sentirete un continuo rigurgito di Sumner. “La civiltà ha una semplice alternativa”, scrisse Sumner negli anni ‘80 dell’Ottocento. O è “libertà, disuguaglianza, sopravvivenza del più adatto”, oppure è “non libertà, uguaglianza, sopravvivenza dell’inadatto. I primi termini fanno progredire la società e favoriscono tutti i suoi membri migliori, i secondi la fanno sprofondare e favoriscono tutti i suoi membri peggiori.”

Sembra una cosa familiare?

Newt Ginrich non soltanto richiama il pensiero di Sumner, ma ne scimmiotta la nota arroganza. Ginrich dice che dobbiamo premiare gli “imprenditori” (intendendo chiunque abbia fatto un mucchio di soldi) e ci avverte di non “coccolare” la gente che si trova nel bisogno. Egli definisce le leggi contro il lavoro minorile “veramente stupide” e dice che i bambini poveri dovrebbero prestare servizio come bidelli nelle loro scuole. Ginrich si oppone a una proroga dell’assicurazione contro la disoccupazione, perché, come dice “sono contrario a dare soldi alla gente per non fare nulla”.

Analogamente, Sumner metteva in guardia dal fare l’elemosina a gente che definiva “negligente, incapace, inefficiente, sciocca e avventata”.

Mitt Romney vuole che il governo non dia alcuna importanza alla disoccupazione. Ed è nettamente contrario all’aumento delle tasse ai milionari, basandosi sul modello di logica repubblicano, secondo il quale i milionari creano lavoro.

Ecco Sumner, più di un secolo fa: “I milionari sono il prodotto della selezione naturale, la quale ha effetto sull’intero complesso degli uomini per scegliere coloro in grado di soddisfare l’esigenza che talune opere siano compiute […].Grazie al fatto di essere stati selezionati, la ricchezza si accumula pertanto sia nelle loro mani, che in quelle di coloro i quali si affidano a essi. Costoro possono essere ragionevolmente considerati i rappresentanti della società selezionati naturalmente.” Anche se vivono nel lusso, “è comunque una buona occasione per la società”.

Anche altri promettenti Repubblicani si conformano alla stessa impronta di Sumner. Al dibattito repubblicano di settembre è stato chiesto a Ron Paul, favorevole all’abrogazione del piano sanitario di Obama, quale dichiarazione medica avrebbe suggerito se un giovane che avesse deciso di non acquistare l’assicurazione sanitaria fosse entrato in coma. La risposta di Paul: “Ecco cosa significa libertà: correre i propri rischi.” La folla dei Repubblicani applaudì.

In altri termini, se il giovane fosse morto per assenza di assicurazione sanitaria, ne sarebbe stato responsabile il giovane stesso.

Il darwinismo sociale ha offerto una giustificazione morale alle barbare ingiustizie e crudeltà sociali della fine del XIX secolo. Ad esempio, ha consentito a John D. Rockefeller di rivendicare il fatto che la fortuna accumulata mediante il suo gigantesco consorzio monopolistico Standard Oil fosse “semplicemente la sopravvivenza del più adatto”. È stata, ribadì, “l’elaborazione di una legge di natura e di Dio”.

Il darwinismo sociale, all’epoca ha anche minato ogni sforzo per costruire una nazione con un’ampia base di agiatezza, come pure di salvare la nostra democrazia dalla salda presa di pochissimi al vertice. È stato utilizzato dai privilegiati e dai potenti per convincere tutti gli altri che il governo non dovrebbe avere molta importanza.

Solo nel XX secolo l’America ha veramente respinto il darwinismo sociale. Si è creato l’esteso ceto medio, diventato il centro della nostra economia e della nostra democrazia. Abbiamo costruito reti di sicurezza per salvare gli americani caduti verso il basso per colpe non loro. Abbiamo ideato controlli diretti a tutelare contro gli inevitabili eccessi di avidità del libero mercato. Abbiamo tassato i ricchi e investito in opere pubbliche – scuole pubbliche, università pubbliche, trasporti pubblici, parchi pubblici, sanità pubblica- il che è stato per noi un bene.

Insomma, abbiamo respinto l’idea che ognuno di noi venga lasciato solo in un una competitiva corsa per la sopravvivenza.

Ma non facciamo errori: se qualcuno dell’attuale gruppo di aspiranti Repubblicani diventasse presidente, e se i repubblicani “regressori” prendessero il controllo di Camera o Senato, sarebbe il ritorno del darwinismo sociale.

 

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Fonte: The Rebirth of Social Darwinism

01.12.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GABRIELE PICELLI


 
 
 

Decreto Monti: volontà di distruzione e lacrime di coccodrillo

Post n°451 pubblicato il 06 Dicembre 2011 da Fratus

di Marco Della Luna

Indimenticabili, le lacrime di coccodrillo della ministra Fornero che annuncia l’infame blocco dell’adeguamento delle misere pensioni (adeguamento già più che dimezzato, rispetto alla reale dinamica del caro vita) mentre il governo non tocca la Casta, né i grandi sprechi e gli stipendi parassitari, né i privilegi fiscali delle proprietà ed attività commerciali degli enti “religiosi”, che ci costano 8 miliardi l’anno, oltre a permettere una forte concorrenza sleale soprattutto in campo alberghiero.

Ma abbiamo scoperto ben altro, sulla strategia distruttiva del governo dei banchieri: abbiamo la confessione di un intento, di un vero piano anti-sociale di coercizione oligarchica sulle nazioni. E proprio per bocca del Monti.

Vi raccomando molto di visionare l’intervista a questo link, in cui Mario Monti sostiene che “abbiamo bisogno delle crisi” e delle angosce collettive da esse causate, per far accettare ai popoli e alla politica le riforme che dall’alto si è deciso di imporre – che il cartello monopolista della moneta e del credito ha deciso di imporre:

http://oknotizie.virgilio.it/go.php?us=1b190309063811a

Guardate anche la versione completa dell’intervista, che compare dopo quella breve.

E’ la perfetta conferma di quanto esposto nel libro mio e di Paolo Cioni Neuroschiavi, sulla manipolazione mentale collettiva e individuale.

In una situazione di generale illiquidità e di recessione (insolvenza, disinvestimenti, disoccupazione etc.), la manovra di Monti è selettivamente mirata a produrre un aggravamento di questa illiquidità (v. anche gli articoli di P. Krugman), quando al contrario il sistema economico ha disperato bisogno di iniezioni di liquidità mirate all’attivazione dei fattori di produzione e del consumo. Monti fa il salasso a un paziente che agonizza per anemia.

Mentre le misure per lo sviluppo sono semplicemente derisorie e vergognose, i tagli alle pensioni e l’aumento dell’Iva colpiscono la domanda interna, assieme al nuovo redditometro che disincentiva gli acquisti di molti articoli non di lusso e di servizi come l’istruzione. Le nuove tasse sugli immobili ( aumento del 60% del moltiplicatore dei valori catastali, aumento delle aliquote ici, ici sulla prima casa), tagliano le gambe all’edilizia, che è il settore economico che innesca le riprese generali dell’economia – quando cresce – e pure le recessioni – quando cala. Attualmente questo settore è in gravissima crisi. Il siluro del governo Monti, quindi, previene la ripresa e stabilizza il trend depressivo.

Quelli sinora adottati sono interventi scientificamente mirati a produrre una stabile depressione e un drammatico avvitamento fiscale. Monti agisce mettendo toppe alla finanza pubblica a spese dell’economia reale, che viene sempre più sgretolata. Salva le apparenze a spese della sostanza. Adesso avremo, nel brevissimo termine, un plauso dell’”Europa” e di chi muove le asticelle degli spread – la medesima mano che ha messo lì il Monti in Italia e il Papademos in Grecia, e altri altrove. Ma presto la recessione, la disoccupazione, la moria di imprese, il credit crunch, il declino industriale, le tensioni sociali, si faranno sentire in modo insostenibile.

Nel parlamento dei nominati, per assicurare la legittimazione parlamentare, il voto di fiducia dei partiti a questo governo dei banchieri mai eletto e a questo leader mai scelto dal popolo, quindi esposto a contestazioni di non-democraticità e non-rappresentatività, basta riempire alla partitocrazia la greppia della spesa pubblica coi soldi delle nuove tasse spremute ai cittadini. E rispettarne privilegi e prebende. Anche Berlusconi col suo PDL ha convenienza ad allinearsi, se non vuole esporre le aziende di famiglia a rischi più che ovvi.

Oggettivamente, dunque, l’obiettivo del governo dei banchieri pare sia produrre, certo non solo in Italia, una grave e durevole depressione, in linea con quanto Monti spiega nel filmato linkato sopra, ossia che bisogna spaventare la gente per renderla malleabile e remissiva alle riforme decise dall’alto: è la shock—and – awe policy, la shock economy di Naomi Klein.

Diversi sono gli scopi possibili di questa strategia:

-svalutare gli asset per poterne fare incetta a costi stracciati col denaro prodotto da banche centrali e dark pool (il circuito delle grandi banche mondiali che controllano anche la Fed e che ha lasciato recentemente a secco le banche italiane, come strumento di pressione o meglio coercizione politica);

-impadronirsi di tutto il reddito disponibile;

-rendere la popolazione docile e sottomessa;

-piegarla a un nuovo assetto politico, fiscale, sociale, con cessione della gestione del bilancio e del fisco a organismi europei a guida tecno-tedesca (Italia colonia);

-indurre un calo forte, rapido e costante dei consumi, quindi dell’inquinamento e dello sfruttamento della materie prime, per proteggere la biosfera e prevenire un imminente tracollo ecologico.

 
 
 

La trappola della modernità

Post n°450 pubblicato il 06 Dicembre 2011 da Fratus

di Massimiliano Viviani

 

 

La modernità è un’anomalia. Lo percepiamo quotidianamente nel disumano rapporto con la produzione e col lavoro meccanizzato, lo vediamo negli strappi dovuti all’innovazione tecnologica, lo ravvisiamo intuitivamente nel confronto con la natura e nella frattura evidente che separa questa dalla cosiddetta “civiltà”. E’ chiaro del resto che un’anomalia è tale solo rispetto a qualcos’altro, e trattando della modernità può essere utile individuare il termine di paragone rispetto al quale essa si misura. Non è del resto una questione di poco conto, perchè sappiamo che la modernità si spande ovunque e ingloba ogni cosa, cosicchè c’è il rischio di pensare in termini moderni anche per chi dalla modernità vorrebbe uscire. E’ bene quindi soffermarci un po’ più da vicino sul significato che riveste il concetto di “anomalia” in questo contesto.
L’atteggiamento più comune è quello di considerare la modernità come un’anomalia sì, ma rispetto a un proprio sentimento, a un proprio ideale, a un metro morale che si sente dentro e che si percepisce come più giusto e più umano. Si concepisce un mondo migliore, un mondo più vivibile. Si lavora e ci si impegna per farlo funzionare meglio, senza intoppi, per lenire le sofferenze che questa società provoca ed eliminare per quanto è possibile le ingiustizie che essa stessa produce.
E’ comprensibile un simile atteggiamento, ma è altrettanto facile constatare che l’aspirazione ad un mondo migliore rientra in pieno nelle caratteristiche della modernità. Se prendiamo, per fare un esempio, i due sistemi ideologici che ne costituiscono le colonne portanti in campo sociale ed economico, ossia il liberalismo e il socialismo, vediamo che per vie diverse e per molti versi opposte, entrambi si sono presentati come i veri modelli “naturali” per l’uomo e la collettività, modelli che dopo un passato di errori e di ignoranza avrebbero finalmente svelato la natura autentica dell’uomo, individuale e contrattualista per gli uni, collettiva e solidale per gli altri, al fine di creare una società buona, migliore di quelle passate, più giusta e più ricca, per il benessere di tutti.
Le aspirazioni a migliorare la società in cui viviamo non derivano da altro che dalla modernità stessa. Esse sono figlie della modernità, della sua tensione all’utopia, al pensiero astratto, alle dinamiche universali e illimitate, anche se nascono nell’animo umano in apparente armonia e concordia con la sua natura. Perchè la modernità non è costituita solo dalla realtà del capitalismo che tutto divora per il profitto. Essa è costituita anche da ciò che dal capitalismo è periodicamente inglobato e assorbito, dalle direttive che lo guidano anche se in apparenza o momentaneamente sono in contrasto con esso: sono le tensioni al miglioramento -sociale, economico, tecnico, scientifico, filosofico- prospettive che non si sono mai realizzate così come sono state concepite, ma che per così dire fanno da traino, e vengono puntualmente assorbite dalla realtà dominante. E se essa permane con tutti i suoi difetti e le sue aberrazioni, non lo si deve imputare a errori o a disfunzioni accidentali, tecniche o morali (per esempio per la mentalità egoista di certi uomini) che ne rallentano il procedimento, ma perchè semplicemente la natura imperfetta e imprevedibile del mondo materiale fa sì che ogni miglioramento che si realizza non sia mai netto, ma sempre accompagnato da zone d’ombra che spesso giungono ad offuscarne o annullarne i vantaggi.
Esiste però anche un secondo tipo di reazione a cui può portare la ribellione al mondo moderno, ossia considerare la modernità sempre come un’anomalia, ma non rispetto a qualcosa che l’uomo desidererebbe, bensì verso qualcosa di realmente esistito. Infondate sarebbero, in questo caso, eventuali accuse di “passatismo”, ossia di una romantica quanto sterile nostalgia verso il passato: il passato serve per delineare un ideale, un riferimento, e non certo per definire, per esempio, un programma di azione, nel qual caso sì tali accuse sarebbero giustificate. Ma per chi veramente vuole dirsi antimoderno, vuole avere una visione siffatta della realtà, deve costituirsi un limite, un confine storico e culturale oltre il quale il mondo ha rappresentato un’anomalìa: sia esso la rivoluzione industriale, il cristianesimo, la nascita della scrittura o qualunque altro. Perchè antimodernità significa innanzitutto identificare un mondo autentico, realmente esistito.
Se questo è un atteggiamento certamente più corretto del precedente in seno all’antimodernità, nemmeno questo è esente da rischi. Infatti nel prendere in considerazione il passato c’è il rischio di proiettarvi le proprie aspirazioni, i propri desideri, in modo che il passato che ne viene fuori sia in fondo una sorta di “utopia al contrario”, perchè concepisce un mondo mai realizzato se non nella propria immaginazione. Basti pensare a tutti coloro che vagheggiano nelle realtà tribali e primitive il realizzarsi di aspirazioni egualitarie, solidaristiche, umanistiche, che costituiscano il fondamento di una società giusta, priva di ineguaglianze e nel contempo rispettosa del singolo e delle sue libertà fondamentali. E’ chiaro che realtà del genere non sono mai esistite: basterebbe leggere la grande antropologia culturale degli ultimi due secoli, da Malinowskij a Lévi-Strauss, per rendersi conto di quanto questa visione sia debitrice della sensibilità moderna.
Analogo il rischio di dipingere nel passato epoche eroiche in cui l’uomo vivesse felice realizzando se stesso con imprese straordinarie, oppure in una comunione con il divino che ne compisse lo stato di beatitudine. E’ pur vero che le antiche mitologie indicavano una remota Età dell’oro con caratteristiche di felicità, ma noi figli della modernità non sappiamo se dette epoche fossero esistite veramente o rivestivano solo un significato simbolico. E in ogni caso, seguendo anche la mentalità degli antichi che nello svolgersi delle quattro età credevano fermamente, essi tuttavia sapevano bene che dette epoche sarebbero tornate solo con una rigenerazione cosmica, ossia tramite intervento divino e non certo per merito degli uomini. La cui attività, più o meno frenetica, è sempre preceduta dal benestare dei mondi superiori, come la marionetta che agisce solo se mossa dai fili che portano in alto.
Ma allora, dove sta l’autentica reazione antimoderna individuale, se non è impegnarsi a creare un futuro a immagine e somiglianza dei desideri dell’uomo, nè sperare di recuperare un passato che per il momento non può tornare? Se è vero che antimodernità significa concepire un mondo autentico, e se è vero che il mondo autentico nasce dal nostro coraggio e dalla nostra fermezza, vuol dire che “antimodernità” è vivere qui e ora in un mondo che non si può condividere, ma che si deve accettare nel suo ineluttabile e drammatico destino. Perchè se antimodernità significa vivere autenticamente il mondo, paradossalmente la sua non-accettazione, in qualsiasi direzione essa sia, nel passato o nel futuro, rappresenterebbe una fuga. E fuggire il mondo è un tipico atteggiamento moderno.
Se la società moderna spinge continuamente i suoi figli a fuggire dal presente “verso un futuro orgiastico che è sempre di là da venire”, come dice Massimo Fini, è anche vero che ostinarsi a non accettare l’epoca che viviamo rappresenta un fuga ulteriore. Perchè l’era delle macchine e del materialismo, in quanto epoca dell’oblìo del divino, è stata ampiamente prevista dai testi più antichi delle grandi religioni del mondo, che siano i Visnu Purana in ambito brahmanico o il Libro di Daniele in quello ebraico. Essa è così e non può che essere così. Ha un suo senso preciso che risiede in Dio (o nel Destino, nel Fato o che dir si voglia) ma che comunque a noi comuni mortali è precluso.
E’ lecito lavorare per un mondo più umano nella misura in cui questo è realistico, ci si può impegnare per mitigare le asprezze delle tenebre, ma non facciamoci illusioni: solo un dio può cambiare il destino del mondo! Per ora, possiamo solo stare certi che nessuna crisi, nè una catastrofe ecologica, nè un collasso finanziario, nè una qualunque guerra potranno invertire la rotta che l’epoca della tecnica ha preso da più di due secoli. Certo il sistema attuale potrà crollare, potremo concepire un’epoca diversa, per molti aspetti forse più umana. Ma di sicuro per il momento, l’unica cosa antimoderna che possiamo fare, ciascuno di noi, è di non cascare nella paradossale trappola della modernità, quella che ci allontana dall’equilibrio interiore di chi, pur non condividendo, accetta e vive pienamente. Perchè colui il quale riesce a comprendere che anche l’era della tecnica, per quanto assurda e terribile, non è per caso, e che riesce ad accettarla nella sua necessità, realizza il più profondo e pieno significato dello spirito antimoderno.

http://iltalebano.wordpress.com/

 
 
 

MASSIMO FINI A MILANO

Post n°449 pubblicato il 29 Novembre 2011 da Fratus
 

VISTO IL TRAGICO MOMENTO IN CUI LA NAZIONE ITALIA RIVERSA E’ MOLTO IMPORTANTE CONOSCERE RETROSCENA E PARTICOLARI SITUAZIONI IN CUI IL SISTEMA CAPITALISTA RIVERSA.

MASSIMO FINI, GIORNALISTA E SAGGISTA DAL PENSIERO ANTICONFORMISTA PARLERA’ PRESSO IL PRESIDIO MILANO GIVOEDI’ 15 DICEMBRE ALLE ORE 21.30 (PIAZZA ASPROMONTE, 31).

NON MANCARE, E’ L’OCCASIONE GIUSTA PER COMPRENDERE COME IL SISTEMA FINANZIARIO FREGA LA GENTE, COME LA MONETA E IL DENARO SONO UNA TRUFFA, COME IL SIG. MARIO MONTI RISPONDE A POTERI INTERNAZIONALI, COME… VIENI ANCHE TU ALL’INCONTRO PUBBLICO.

FUORI DAGLI SCHEMI PER UNA NUOVA SOCIETA’, PER LA DECRESCITA IN FAVORE DEL COMUNITARISMO.

 
 
 

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