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Una "mano invisibile" aleggia su Washington

Post n°213 pubblicato il 14 Novembre 2008 da adamsmith76
 

Arriva dal Canada la “mano invisibile” al vertice del G20 di Washington. Sfidando  il keynesianesimo isterico di questi tempi il premier canadese Stephen Harper proporrà ai suoi colleghi una ricetta controcorrente, «degna di Adam Smith» hanno rimarcato i principali commentatori politici del Canada: il modo migliore per far fronte alla crisi attuale è quello di non far niente o quasi. Mentre i governi americani ed europei erano impegnati a salvare le banche Harper faceva il minimo indispensabile rilevando mutui a rischio per 25 miliardi di dollari e varando un fondo di garanzia per i prestiti interbancari al quale finora nessuno ha fatto ricorso, per il resto ha invitato le banche a cavarsela da sole con fusioni e aumenti di capitale. Il risultato è stato più che soddisfacente tanto che nell’ultimo numero di Time si invitavano i lettori ad investire i loro risparmi nelle banche torontine “ le uniche a non aver bisogno di essere salvate”. Unico problema le case automobilistiche americane che hanno impianti in Canada come la General  Motors e Ford.

 

Case automobilistiche americane che sono sull’orlo del collasso e si comincia a pensare che forse non è il caso di salvare la General  Motors il cui fallimento può essere più benefico di un assegno in bianco ( già nel 1980 il governo intervenne per salvare Chrysler ed oggi siamo di nuovo allo stesso punto)

 

D’altra parte è illuminante il pensiero di Vernon Smith, ospite lunedì sera dell’Istituto Bruno Leoni di Milano: «Le bolle e le crisi che seguono non sono sempre negative: se qualcuno non resiste e fallisce vuol dire che non aveva le carte in regola per stare in un determinato business. È successo nel campo automobilistico ai primi del Novecento e con la new economy all’inizio di questo secolo. Ma chi è rimasto ha fatto fortuna».

 

Però più che una “mano” sarà una proposta invisibile; ormai il pensiero prevalente è che bisogna “riscrivere le regole”, una nuova Bretton Woods. Senza Keynes ma con Tremonti

 
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