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Messaggi del 28/05/2006
Post n°140 pubblicato il 28 Maggio 2006 da fra.gas
Nulla potrà giustificare quel che è successo in quei mesi: gli arresti, la gogna, il cinismo di quelli che magari sarebbero stati coinvolti qualche giorno dopo, il burocratico distacco di altri, lo spettacolo penoso delle istituzioni allo sbando. Ma soprattutto, le vittime. Certo non i peggiori, qualche volta quelli che avevano più sensibilità e senso della dignità personale. Ecco le ultime lettere di due compagni ed amici: Gabriele Cagliari e Sandro Moroni. http://www.ossimoro.it/massacro.htm L'ultima lettera di Sergio Moroni 20 luglio: Gabriele Cagliari, ex presidente dell'Eni, si toglie la vita a San Vittore dopo 133 giorni di carcere e dopo aver cominciato a collaborare con i magistrati. Il suicidio lacera i magistrati: il pool di "Mani pulite" aveva dato il via libera alla scarcerazione, già concessa dal gip Ghitti, ma bloccata dal no del pm De Pasquale per il caso Eni-Sai. Nella lettera di addio alla moglie denuncia un meccanismo "atto ad annichilire e a distruggere la persona, non a fare giustizia". Durante i processi Enimont ed Eni-Sai, la stessa consorte risarcisce 12 miliardi sequestrati per rogatoria sul conto svizzero a lei intestato. Lettera di Gabriele Cagliari http://www.socialisti.net/SOCIALISTI/cagliari.htm Miei carissimi Bruna, Stefano, Silvano, Francesco, Ghiti: Da: GIUSEPPE PALESE L'uomo ferito e spogliato di tutto,fuorche' dell'onore,il ricettacolo di un'intima intangibilita',quella che nessuna convenzione sociale,comunque "normata",puo' mai scassinare,il distillato purissimo di cio' che residua del vivere,quando,scarnificato fino all'osso,ti si para davanti,un giorno,questuando la testimonianza dell'atto estremo di liberta',nella coartazione estrema. Una vita che cappotta,la morte che forse un giorno l'occhiolino te l'ha gia' fatto,quando indaffarato, le hai indirizzato nulla piu' che uno sguardo distratto,senza che ti desse neanche il tempo di riconoscerla,che adesso invece ti taglia la strada,appena voltato l'angolo, e ti ferma e, chiamandoti per nome,incomincia a parlarti di se',chiedendoti se l'hai riconosciuta,se ti ricordi proprio di quell'occhiata furtivamente lanciatale una volta,per riceverne un inaspettato,inspiegabile ammiccamento. Ed ecco che dalle segrete di un passato scivolatoti troppo in fretta tra le dita di un perenne presente, la rimembranza di quell'istantaneo e casuale incontro fa incursione,e, in una nemesi che reclama da tempo i suoi diritti,inchioda il presente al muro del passato. Quante volte hai fatto spallucce davanti alle scorciatoie che un Kratos senza ethos,estraneo e nemico, ti ha imposto per non farti guardare in faccia la vita per quello che in fondo e',costringendoti a fare appello,per riceverne scontato conforto,all'impossibilita' di aver vittoria sulla piu' grande e piu' potente delle tirannidi che mai sia dato all'uomo di fronteggiare,la perentoria immutabilita' di quel che gia' e' stato e piu' non puo' essere. Il fu,che non e', ora intreccia una grottesca danza,proprio davanti ai tuoi occhi, con quello che piu' mai sara'.I due macabri danzatori della tua ultima ora rendono cosi' pan per focaccia ad un presente, che il branco dei potenti,tendendoti un giorno la piu' tragica delle imboscate,volle farti credere in tuo pieno ed assoluto dominio. Un sacchetto di spazzatura le loro blandizie,un vile sacchetto di plastica ad accogliere una testa pensante,una bocca mai aperta all'infamia. Raskolnikov di un delitto mai perpretato,di un castigo senza riparo. MORONI: L’atto d’accusa del deputato Psi Da: La Redazione Il 17 giugno 1992 il segretario del Psi di Lodi Renato Amorese si suicida dopo aver ricevuto un avviso di garanzia. Il 2 settembre è la volta del deputato socialista Sergio Moroni. Sono i primi due casi. I più famosi avvengono quasi un anno dopo. Il 20 luglio 1993 Gabriele Cagliari viene trovato morto nella sua cella del carcere di San Vittore a Milano, dove era rinchiuso da 134 giorni. Tre giorni dopo Raul Gardini si uccide sparandosi un colpo di pistola alla testa. Sergio Moroni, coinvolto nelle tangenti sui rifiuti, si spara un colpo di fucile nella sua casa di Brescia, mentre parte la richiesta di autorizzazione a procedere. In una lettera al presidente della Camera Napolitano, Moroni accusa magistrati, politici e giornalisti di aver creato «un clima da pogrom». Il testo della lettere di Sergio è da anni on-line alla pagina:
Post n°139 pubblicato il 28 Maggio 2006 da fra.gas
LA SCHEDA MILANO - Il suicidio di Alessandro Bassi scuote l'inchiesta Parmalat e riporta inevitabilmente alla memoria altri drammatici episodi analoghi che hanno contraddistinto il periodo della tangentopoli milanese e del lavoro dei magistrati di 'Mani Pulite'. Nomi illustri hanno segnato, con il suicidio, quell' inchiesta. Da Gabriele Cagliari, ex presidente dell'Eni, a Raul Gardini, il padre di Enimont, a Sergio Moroni, deputato socialista. (23 gennaio 2004) http://www.repubblica.it/2004/a/sezioni/economia/parmalat7/tange/tange.html
ENIGMA Era il 23 luglio del 1993 quando fu trovato il corpo senza vita di Raul Gardini, l’uomo che diceva: “la chimica italiana sono io”. Dai vertici della finanza alla morte in seguito alla tempesta di Tangentopoli. Suicidio fu il verdetto. Ma ne siamo proprio sicuri? Perché tante ombre su quella morte? A chi poteva far comodo una fine così inaspettata? http://www.enigma.rai.it/R3_popup_articolofoglia/0,6844,110^4077,00.html GARDINI - SUICIDIO - LUGLIO 1993 http://www.cronologia.it/storia/a1986.htm Perchè si è ucciso? Nel pomeriggio dello stesso giorno vengono arrestati i Richiamandosi alle sue imprese marinare, la rivista americana Time commenterà L'ex presidente dell'ENI, nominato al vertice nel 1989, su designazione di E' l'undicesimo suicidio di Tangentopoli. I potenti -va dicendo qualche psichiatra, psicologo, sociologo- non sanno ANNO 1986 . MESE DI OTTOBRE RAUL GARDINI fino ad ora leader del maggior gruppo alimentare d'Italia - E' il primo passo verso la grande scalata che lo porterà - con un discreto Il suo obiettivo è di creare un unico polo italiano della chimica. E giunto a Ma si scatenano in Italia le polemiche e si manifestano le due scuole di Fra tanta demagogia e ipocrisia, tutti sanno che in questa operazione stanno Gardini vuole alla fine mollare tutto. Vuole (o è sollecitato a farlo, visto Finita una polemica (il boicottaggio che sembra dunque riuscito), ne inizia Proprio a fine anno 1990, la vicenda si chiude con la cessione della quota di Tutta la vicenda finirà in un tribunale nel 1993, nel primo grande processo di Ma a chi sono andati questi soldi? Carlo Sama, vicepresidente della Montedison di Gardini, e marito di Alessandra In pratica nel trasferimento allo Stato, venne gonfiato il prezzo, onde A conclusione del processo - terminato con la condanna di Sergio Cusani - i Da: La Nazione di Giovanni Morandi ROMA — «Tangentopoli? Tanto rumore per nulla, un'occasione che, se parliamo di moralità, non ha cambiato niente in meglio», sentenzia Carlo Sama, 53 anni, delfino di Gardini ed ex principe ereditario dei Ferruzzi, gruppo da 50 mila miliardi, affondato da Tangentopoli. Praticamente un' Atlandite. E' rimasta solo la leggenda. A Sama è rimasta anche questa bella villa sull'Appia Antica, che fu del dittatore filippino Marcos. La moglie Alessandra e i figli sono a Montecarlo, dove hanno l'altra casa. Dottor Sama, di che cosa si occupa oggi? «Seguo le attività agroalimentari e zootecniche, che abbiamo in Sudamerica. E in Italia collaboro con la federazione italiana comunità terapeutiche, per la quale ho fondato il mensile Progetto uomo». La posizione giudiziaria sua qual è? «Ho pagato il mio debito». Che era di? «Sono stato condannato a tre anni nel processo Enimont». In totale quante imputazioni ha avuto? «146» Con quale esito? «A parte la condanna che dicevo, tutte le altre imputazioni contestate a me e a mia moglie nelle inchieste di Ravenna sono state giudicate insussistenti». Povere vittime… «Non vedo in quale altro modo definirci, visto che il Pm sequestrò parte delle azioni di famiglia e nominò una sorta di custode giudiziario, che esercitava poteri di socio, consentendo una vera e propria gestione giudiziaria del gruppo. Un fatto devastante». Questa è la prima intervista che rilascia dopo dieci anni. Perché ha accettato di rompere il silenzio? «Penso sia arrivato il momento di raccontare quella verità che ho taciuto finora». Si giri indietro. Che cosa vede nel passato? «Vedo un gruppo industriale straordinario fatto di leadership, di quote di mercato mondiale, che aveva avuto come attore protagonista mio cognato Raul Gardini, che aveva saputo interpretare gli anni Ottanta e aveva capito, come diceva lui, da dove si sarebbe alzato il vento. La Ferruzzi, prima delle vicende giudiziarie, era l'unico gruppo sano di questo paese. Si è sempre parlato a torto di un indebitamento di oltre 30 mila miliardi, non ne sono mai stato convinto, è stato strumentale, l'indebitamento era inferiore. Con la prima banca di affari del mondo, la Goldman Sachs, avevamo messo a punto un progetto di ricapitalizzazione e di ristrutturazione del gruppo. Ci è mancato il tempo e la possibilità, perché le banche hanno bloccato gli affidamenti, anche se erano nei limiti consentiti. E così si arrivò all'esproprio del Gruppo Ferruzzi». Un complotto? «Non parlerei di complotto ma di risultato. Il gruppo Ferruzzi ci è stato tolto per un pugno di soldi». Ma i magistrati che ruolo avrebbero avuto? «Di sicuro c'è stato un intreccio tra nuova dirigenza del gruppo, magistratura e società di revisione, che svolgeva un doppio ruolo di consulente del pm e consulente del gruppo». La politica stava a guardare? «Assolutamente no». Che faceva? «Come famiglia fummo trascinati nello scontro tra i partiti della maggioranza e quello dell'opposizione». Berlusconi ha detto che il partito comunista infiltrò suoi uomini nella magistratura per arrivare a Tangentopoli. Condivide? «In questi anni mi sono reso conto che non tutti i giudici sono sereni e terzi». Sono stati usati due pesi e due misure? «Certamente sì». La mano leggera con chi è stata usata? «Con un'infinità di industriali, con i ds ma non solo. Per me vale di discorso del 1992 di Bettino Craxi: chi non ha utilizzato queste forme di finanziamento si alzi in piedi. Non si alzò in piedi nessuno». Nell'aula dove venne celebrato il processo Enimont oggi è in corso il processo Sme. Quello di Milano è un tribunale normale o un tribunale speciale? «Una superprocura». Com'è la giustizia in Italia? «Una cosa di cui avere terrore». Come mettere fine al terrore, imbavagliando i giudici? «No, ma portando un clima più sereno nella magistratura e attuando la riforma della giustizia». Non le sembra che la giustizia interessi troppo al presidente del consiglio? «Mi pare di no, io sono un berlusconiano convinto. Berlusconi è l'unico imprenditore di questo paese, che da imprenditore mi ha telefonato nei momenti di difficoltà, che mi onora ancora della sua amicizia, è nato il 29 di settembre, giorno dedicato a San Michele Arcangelo, che è il santo di cui siamo devoti in famiglia. Elementi che fanno sì che io sarò berlusconiano a vita». Stessa simpatia per Di Pietro? «Esattamente il contrario». Che uomo era Raul Gardini? «Straordinario. E' la persona che più mi manca». C'è chi sospetta sia stato ucciso. «Una sciocchezza». Ravenna è la sua città ma dicono che lei si tenga alla larga. «Diceva Ferrari che la provincia non perdona il successo altrui. Il gruppo Ferruzzi era un patrimonio dei miei concittadini ed avrebbero dovuto difenderlo come fece monsignor Bettazzi, vescovo di Ivrea, che riferendosi alle vicende giudiziarie di De Benedetti parlò di finanziamenti benedetti, perché assicuravano posti di lavoro. A Ravenna tanti erano fieri di lavorare nel gruppo ma ci furono anche altri che in televisione dissero che si vergognavano di lavorare per noi. La città ha perso una grande occasione». Progetti. «Continuare a vivere. Appartengo solo a mia moglie e ai miei figli. Il mio progetto è quello di accompagnare e di aiutare i miei figli a crescere bene. Non ho altre ambizioni. Tutto quello che pensavo di non potere avere nella vita l'ho avuto». Errori fatti? «Tanti». Quali? «Affari miei». In questa storia chi è l'assassino? «Raul direbbe: un uomo in guanti bianchi». Lei ne conosce il nome? «Certo». Secondo la sentenza Enimont, Gardini, dopo aver versato 8 miliardi ai due maggiori partiti di maggioranza, mise a disposizione denaro anche del maggior partito di opposizione ma non è stato individato il soggetto che ricevette la somma. Ne sa nulla? «La sentenza dice che quel miliardo è stato consegnato». A chi? «La sentenza non l'ha stabilito». Si mette a ridere. Perché ride? «Lasciamo perdere».
Post n°138 pubblicato il 28 Maggio 2006 da fra.gas
Tag: POLITICA Ho un sogno, sì, assomiglia al PARTITO DEMOCRATICO ITALIANO, ma, molto poco. Non lo è perché non parte da ragioni elettoralistiche, perché non è quello pensato da Prodi ed, in minor misura, da Fassino. E’ un partito Laburista Italiano, è un partito Socialista Democratico: Libertario e Popolare! Un partito Laico che però riconosca, valorizzi e difenda la cultura Cattolica, la Storia del Partito Popolare da don Sturzo ad oggi. Un partito che a partire da una dura autocritica di tutti superi, anzi azzeri il congresso di Livorno, lavi l’onta dell’espulsione di Turati, cacciata a mio modesto avviso responsabile di non poco conto dell’avvento del Fascismo, avvenuto nel terrore piccolo borghese per il Bolscevismo. Che lavi l’onta dei martiri che hanno costellato la storia del ‘900 italiano, da Matteotti e Don Minzoni, passando per i fratelli Cervi e Marzabotto, per le Foibe, per il triangolo della morte, fino ai suicidi di mani pulite! Non posso che ricordare i 250 milioni di morti delle aberrazioni dello scorso secolo: però seguendo il mio ragionamento essi sono tutti legati da un filo rosso ed uno nero dipanati dalle tragiche scelte che spaccarono il movimento operaio e popolare ai primi del ‘900. Una piena riconciliazione tra i movimenti dei lavoratori: Socialisti e Cattolici! Sulla base del reciproco riconoscimento dei valori Culturali e Sociali del Cristianesimo, rifuggendo però dal confessionalismo, da rispettarsi e praticare ma non da dogmatizzare. Sulla base del riconoscimento dei valori comuni Culturali e Sociali dell’ età dei Lumi, dei fermenti alimentati dalle rivoluzioni settecentesche, borghesi e popolari: Francese ed Americana che portarono ai movimenti Liberali, Radicali e Socialisti dell’800, dilaniati, come ricordato dalle catastrofi del XX secolo! Un Partito Europeo che riparta dagli errori economicistici dell’Euro, a cui si sono sacrificati troppi principi di Libertà e di Solidarietà! Come superare il dilemma tra Eurosocialisti ed Europopolari? Francamente non lo so, ma pur rifuggendo dai concetti di partito unico, mi auguro possa divenire l’ultimo dei problemi! Mi auguro per l’Europa intera un fermento Culturale, come nella prima metà dell’800, ma senza quelle violenze: che porti a nuovi movimenti, nuove idee e che scateni le energie necessarie per creare un modello Europeo allo sviluppo che coniughi Libero Mercato e Welfare su basi nuove, che superi gli squilibri interni all’Europa Allargata ed affronti costruttivamente i gravi problemi posti dalla globalizzazione dei mercati, ma non certo delle idee, delle culture, delle fedi, politiche e religiose! Mi auguro un fermento Culturale che unifichi l’Europa vera, che valorizzi i fattori comuni, ma al contempo aiuti a crescere verso un maggiore riconoscimento ed una conoscenza reciproci le Culture Regionali, Regioni Europee più ma forse meno, coincidenti con gli attuali Stati, certo coincidenti con le Nazioni. I temi sono tanti, i problemi sono enormi, ma a mio modesto avviso questa è l’unica via da intraprendere.
Bologna, 28 maggio 2006 Contributo di F. Gasparini al convegno: verso un Partito Democratico Italiano?
Post n°137 pubblicato il 28 Maggio 2006 da fra.gas
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. http://it.wikipedia.org/wiki/Giacomo_Matteotti . Giacomo Matteotti (Fratta Polesine (Rovigo), 22 maggio 1885 - Roma, 11 giugno 1924), è stato un uomo politico italiano. Nato da una famiglia benestante Matteotti si laureò in giurisprudenza all'Università di Bologna ed entrò in contatto con i movimenti socialisti, dei quali divenne ben presto una figura di spicco. Durante la prima guerra mondiale si dimostrò un convinto sostenitore della neutralità italiana e questa sua posizione gli costò l'internamento in Sicilia. Matteotti fu il capo del Partito Socialista Unitario alla Camera dei Deputati. Prese posizione contro il Fascismo e contro Benito Mussolini; per un certo tempo fu il capo della ridotta opposizione parlamentare che si contrappose al Partito Nazionale Fascista. Il 30 maggio 1924 Matteotti prese la parola alla camera per contestare le elezioni tenutesi il precedente 6 aprile. Mentre dai banchi fascisti scaturivano urla e risate, Matteotti incalzava con un discorso che sarebbe rimasto famoso: «Contestiamo in questo luogo e in tronco la validità delle elezioni della maggioranza. L'elezione secondo noi è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni.»Matteotti continuò, elencando tutte le illegalità e gli abusi commessi dai fascisti per riuscire a vincere le elezioni. Al termine del discorso, dopo le congratulazioni dei suoi compagni rispose loro dicendo: "Io il mio discorso l'ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me". Il 10 giugno fu rapito a Roma. Il suo corpo fu ritrovato in stato di decomposizione il 16 agosto alla macchia della Quartarella, un bosco nel comune di Riano a 25 km da Roma. Pietro Nenni, suo caro amico, molto tempo dopo ebbe a dire di lui: "Un socialista e, come tale, un uomo". [modifica] L'omicidioA tutt'oggi il rapimento e il successivo assassinio presentano numerosi lati misteriosi. Per quanto se ne è potuto ricostruire, ma non senza che residuino aspetti lacunosi, la meccanica dovrebbe essere stata la seguente: alle 4 del pomeriggio del 10 giugno Matteotti uscì di casa a piedi per dirigersi verso Montecitorio prendendo per il lungotevere Arnaldo da Brescia. Sotto i platani era ferma un'auto con a bordo alcuni elementi della polizia politica: Amerigo Dumini, Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveromo, i quali, appena videro passare il parlamentare socialista, scesero dall'auto, gli balzarono addosso e lo caricarono velocemente a bordo. Matteotti riuscì nelle fasi convulse della lotta a gettare in terra la tessera da parlamentare, nella speranza che qualcuno vedendola potesse lanciare l'allarme. In macchina nel frattempo i sicari fascisti avrebbero sottoposto Matteotti ad un pestaggio. Il Viola, dopo qualche tempo, estrasse un coltello e colpì la vittima sotto l'ascella e al torace uccidendola. Per sbarazzarsi del corpo i 5 girovagarono per la campagna romana fino a raggiungere, verso sera, la macchia della Quartarella, a 25 km da Roma. Qui, servendosi del cric dell'auto, seppellirono il cadavere piegato in due. Quasi tutti gli storici sono concordi nell'affermare che non fu Mussolini a dare esplicitamente l'ordine di uccidere Matteotti. Pare che il futuro Duce rientrato a palazzo Chigi dopo il famoso discorso del deputato socialista si sia rivolto a Giovanni Marinelli (capo della polizia segreta fascista) urlandogli: "Cosa fa questa Ceka? Cosa fa Dumini? Quell´uomo dopo quel discorso non dovrebbe più circolare...". Questo sarebbe bastato a Marinelli per ordinare al suo sicario Dumini di uccidere Matteotti. Fu lo stesso Marinelli ad ammetterlo a Cianetti e Pareschi vent'anni più tardi quando si trovò con loro e gli altri traditori del 25 luglio 1943 nel carcere di Verona per essere processato. Il corpo di Matteotti fu ritrovato da un cane di guardiacaccia il 16 agosto. Dal 16 marzo al 24 marzo 1926 si tenne il processo contro i suoi assassini che si concluse con 3 assoluzioni (per Panzeri, che non partecipò attivamente al rapimento, Malacria e Viola) e tre condanne a cinque anni, undici mesi e venti giorni di carcere per Dumini, Volpi e Poveromo. Mussolini, in un noto discorso tenuto alla Camera il 3 gennaio 1925, si assunse direttamente e personalmente le responsabilità delle violenze che si susseguivano in quegli anni ed in particolare, pur senza fare esplicite ammissioni, del delitto Matteotti. «Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere!»STORIA DEL PARTITO SOCIALISTA ITALIANO Clicca qui:
Post n°136 pubblicato il 28 Maggio 2006 da fra.gas
FONDAZIONE DI STUDI STORICI “FILIPPO TURATI” - VIA M. BUONARROTI, 13 – 50122 FIRENZE. TEL +39 055.243123 – FAX +39 055.2008280 – E-MAIL: fondazione.turati@pertini.it http://www.pertini.it/turati/pdf/a_turati.pdf Archivio Fondazione di Studi Storici “Filippo Turati” – I Fondi FILIPPO TURATI (1857-1932) Bb. 14, fotografie 300, opuscoli 16, volantini 3, bobine 43 (1866-1932, con documenti posteriori). Inventario a stampa a cura di Antonio Dentoni Litta. Biografia Filippo Turati nacque a Canzo (Como) il 26 novembre 1857. Compì gli studi liceali a Cremona, dove conobbe Leonida Bissolati, e quelli universitari a Pavia ed a Bologna, dove si laureò in Giurisprudenza nel 1877. Stabilitosi a Milano, collaborò alle riviste della scapigliatura e della sinistra democratica antitrasformista. Fondamentali per la sua formazione furono i rapporti col filosofo positivista Roberto Ardigò e col repubblicano Arcangelo Ghisleri. Nel 1882 si avvicinò al dibattito politico e sociale, affrontando criticamente le teorie lombrosiane sulla questione penale, nella rivista "La Plebe" di Ettore Bignami. Nel 1885 accettò l'incarico di coordinare in Toscana e in Campania l'inchiesta di Agostino Bertani sulle condizioni sanitarie delle popolazioni agricole. A Napoli conobbe la rivoluzionaria russa Anna Kuliscioff, con la quale nacque un sodalizio intellettuale, politico ed affettivo che durò per tutta la vita. Nel 1889 fondò la Lega socialista milanese e nel gennaio 1891 iniziò la pubblicazione di "Critica sociale" (scaturita dalla trasformazione di "Cuore e critica"), che divenne il più autorevole organo teorico e politico del socialismo italiano prefascista. Nel 1892 diede vita, a Genova, al Partito dei lavoratori italiani. Nel 1893 guidò la delegazione italiana al congresso dell'Internazionale socialista a Zurigo, dove conobbe Engels. Nel 1896 fu eletto deputato nel V collegio a Milano. Durante la repressione politica del 1898, il 9 maggio fu arrestato, privato dell'immunità parlamentare e condannato a dodici anni di reclusione; venne liberato per indulto il 4 giugno 1899. Con l'eccezione degli anni 1904-1906, pur senza rivestire alcuna carica particolare, Turati fu il vero leader del Psi dal 1900 al 1912, quando in seguito alla guerra libica la sinistra conquistò la direzione del partito. Allo scoppio del conflitto mondiale, Turati prese posizione contro la guerra e contro l'intervento dell'Italia. Rimasto alla testa della minoranza riformista, Turati partecipò nel giugno 1922 alle consultazioni del re, aperte dopo la caduta del primo governo Luigi Facta. Tale gesto portò, durante il XIX congresso del Psi, all'espulsione della sua corrente, che diede vita, insieme ai gruppi staccatisi dai massimalisti, al Partito socialista unitario. Oppositore intransigente del fascismo, dopo l'assassinio di Matteotti nel 1924 divenne il capo morale delle opposizioni unite nell'Aventino. Dopo la morte della Kuliscioff, il 29 dicembre 1925, e la promulgazione, da parte del regime fascista, delle leggi eccezionali nel 1926, Turati affrontò la dura scelta dell'esilio. Nel dicembre di quell'anno, con l'aiuto di Carlo Rosselli, Ferruccio Parri e Sandro Pertini, Italo Oxilia, riuscì a fuggire in Corsica, da dove raggiunse la Francia. Stabilitosi a Parigi, continuò attivamente la lotta politica, promuovendo nel 1927 la nascita della Concentrazione antifascista, del bollettino "Italia" e del settimanale "La Libertà" e favorendo la riunificazione dei due tronconi del socialismo italiano, che si verificò nel congresso del 1930, sotto la direzione di Pietro Nenni. Particolarmente intenso e significativo fu il suo impegno nella denuncia della minaccia fascista, attraverso la stampa, i comizi e nelle riunioni dell'Internazionale socialista. Morì a Parigi il 29 marzo 1932. Le sue ceneri furono traslate a Milano nel 1948. Biografie http://www.romacivica.net/anpiroma/antifascismo/biografie%20antifascisti29.html Filippo Turati Nato a Canzo (Como) nel 1857. Di famiglia altoborghese e conservatrice, laureatosi in legge e accostatosi agli ambienti della democrazia radicale, nel 1884 a Napoli conobbe Anna Kuliscioff, allora moglie di Andrea Costa, con cui legò sentimentalmente e intellettualmente. Spinto da lei allo studio del marxismo e al socialismo, nell'estate del 1889 costituì la Lega socialista milanese con l'intento di porre fine all'isolamento della classe operaia e di dar vita a un nuovo partito. Fondata, quindi, la rivista Critica sociale (1891), nel 1892 fu - insieme a Costa - tra i promotori del congresso di Genova che portò alla nascita del Partito dei Lavoratori Italiani (dal 1895 - al congresso clandestino di Parma - Partito Socialista Italiano) attraverso la scissione dall'anarchismo e dal radicalismo borghese. Persuaso però che la difesa delle libertà fondamentali e l'evoluzione in senso democratico dello Stato fossero la prima condizione per la sopravvivenza e lo sviluppo del movimento operaio tornò a favorire stretti legami operativi con le forze radicali e repubblicane sia in Parlamento sia nel Paese. Sarebbe stato la mente e poi il simbolo del socialismo italiano dall'inizio del secolo ai primi anni di Mussolini. Socialismo riformista, ovvero, nella prassi: primato della forza parlamentare rispetto a ogni iniziativa "spontaneista", affermazione di un partito di classe aperto, sviluppo del socialismo a fianco e dentro l'economia borghese. Insomma, insieme a Turati, un nucleo di liberi pensatori, di deputati, di amministratori comunali: capifila, Giuseppe Emanuele Modigliani, fratello del pittore, e Claudio Treves. E poi, la compagna: Anna Kuliscioff, russa, ebrea, viveva con lui dal 1885, non si sarebbero mai sposati; era stata bakuniniana, era vissuta con Andrea Costa, aveva studiato medicina in Svizzera, aveva teorizzato le prime lotte per i diritti sociali delle donne. Eletto deputato nel 1896, nel 1898 fu condannato a dodici anni di reclusione in occasione dei "moti del pane" di Milano, repressi nel sangue da Bava Beccaris, ma fu amnistiato l'anno successivo e il 4 giugno venne liberato. Nel 1901 appoggiò il Ministero Zanardelli e quindi stabilì una sorta di tacita collaborazione con Giolitti che gli attirò l'accusa di riformismo. Antimilitarista convinto si oppose alla campagna alla guerra italo-turca (1911) e all'entrata nella prima guerra mondiale nel 1915, svolgendo un'intensa campagna contro l'intervento in guerra. Aderì, tuttavia, alla mobilitazione patriottica successiva alla rotta di Caporetto. Dopo il 1918 tentò ancora una volta di favorire i legami tra i partiti di democrazia laica e progressista e il movimento operaio. Massimo esponente dei riformisti nella lotta contro i massimalisti all'interno del partito, percepì con ritardo l'avvento del fascismo ma fu uno dei pochi disposti ad agire ("ogni quarto d'ora perduto è un tradimento"). Dopo la scissione di Livorno, da cui nacque il PCI (1921), messo in minoranza, fu espulso dal PSI e diede vita al Partito socialista unitario (1922). Dopo il delitto Matteotti (1924) prese parte alla secessione dell'Aventino. Morta nel '25 Anna Kuliscioff, in seguito alle leggi speciali del 1926 dovette fuggire in motoscafo in Francia, attraverso la Corsica, grazie all'aiuto di Parri, Pertini e Carlo Rosselli. Qui si adoperò per la nascita della concentrazione antifascista (1927), per la riunificazione del partito insieme a Nenni (1930-31) e per una strenua attività di denuncia della dittatura mussoliniana. Morì a Parigi nel 1932. Filippo Turati (Canzo, 26 novembre 1857 - Parigi, 29 marzo 1932) fu un avvocato, uomo politico, giornalista e letterato italiano. Collaborò con varie riviste d'orientamento democratico e radicale. La sua linea politica fu determinata molto dalle idee marxiste della compagna russa Anna Kuliscioff e dallo stretto rapporto con gli ambienti operai milanesi. Nel 1886 sostenne apertamente il Partito Operaio Italiano (fondato a Milano nel 1882 dagli artigiani Giuseppe Croce e Costantino Lazzari) per poi fondare, nel 1889, la "Lega Socialista Milanese", ispirata ad un marxismo non dogmatico, che rifiutava apertamente l'anarchia. Dal 1891 diresse la rivista Critica sociale. Penso' ad un organo in cui confluissero tutte le organizzazioni popolari, operaie e contadine e queste sue idee furono accolte nel congresso di Genova (1892), in cui nacque il Partito dei Lavoratori Italiani, divenuto nel 1895 Partito Socialista Italiano, d'impronta riformista, che utilizzava la lotta parlamentare per soddisfare le aspirazioni sindacali. Nonostante Francesco Crispi tentasse di bandire tutte le organizzazioni di sinistra, Turati fu eletto deputato nel 1896 e da tale fu fautore di un'apertura all'area repubblicana mazziniana ed a quella radicale, nel tentativo di dare una svolta democratica al governo. Nel 1898 fu messo agli arresti, con l'accusa d'aver guidato le sollevazioni popolari di Milano, ma fu liberato l'anno dopo tramite indulto e fece ostruzionismo contro il governo reazionario di Luigi Pelloux. Nel 1901, in sintonia con le sue istanze "minimaliste" (il cosiddetto "programma minimo", che si poneva come obbiettivi parziali riforme, che i socialisti riformisti intendevano concordare con le forze politiche moderate o realizzare direttamente se al governo), Turati appoggiò prima il governo liberale moderato presieduto da Giuseppe Zanardelli e successivamente (1903) quello di Giovanni Giolitti, che nel 1904 approvò importanti provvedimenti di "legislazione sociale" (leggi sulla tutela del lavoro delle donne e dei bambini, infortuni, invalidità e vecchiaia, comitati consuntivi per il lavoro, apertura verso le cooperative). A causa, però, della strategia politica messa in atto dallo stesso Giolitti, che eliminava la fazione massimalista (capeggiata da Arturo Labriola ed Enrico Ferri) del P.S.I, nel congresso di Bologna dello stesso anno, la "corrente" di Turati fu messa in minoranza e nel 1922 egli fu espulso dal partito e diede vita al Partito Socialista Unitario. Fu favorevole all'interventismo, dopo la disfatta di Caporetto del 1917, convinto che in quel momento la difesa della patria in pericolo fosse piu importante della lotta di classe. A seguito del delitto Matteotti partecipò alla secessione dell'Aventino, e nel 1926 a causa delle persecuzioni del regime fascista, fu costretto a fuggire in Francia (con l'aiuto di Carlo Rosselli e Sandro Pertini), e qui svolse un'intensa attività antifascista. Nel 1930 collaboro' con Pietro Nenni per la riunificazione del P.S.I. http://it.wikipedia.org/wiki/Filippo_Turati
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