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Tai Chi Chuan: l’equilibrio nel movimento

Il benessere psicofisico si cela nel naturale fluire delle cose.


La leggenda racconta che l’Imperatore Giallo, Huang Ti, che governò la Cina dal 2.697 al 2.597 a.C., praticasse degli esercizi per prolungare la vita chiamati: Tao Yin dove, la parola Tao vuol dire “guida”, mentre Yin significa “condurre”. Era già insita nel nome un’idea di movimento guidato del corpo e degli arti finalizzato ad un migliore funzionamento e mantenimento degli stessi, il tutto combinato con la respirazione, “un’alchimia benefica per la salute”.
Un giorno Huang Ti salì sulla montagna K’ung Tung dove incontrò l’immortale Kuang Cheng-Tze che gli consigliò, per preservare la sua vita, di stare molto attento a non stimolare eccessivamente passioni ed emozioni, ma di sedersi spesso, in tranquillità, per calmare la mente. Seguendo queste tecniche, l’Imperatore Giallo condusse una vita eccezionale governando per un secolo. Ebbe più di cento mogli e divenuto immortale, volò in cielo sul dorso di un drago, ma quando il suo popolo lo vide allontanarsi lo implorò di restare, tanto era l’amore per il proprio sovrano che non volevano lasciare andare. L’imperatore, allora, come suo ultimo dono lasciò cadere le sue scarpe che si ritiene siano custodite in una tomba nella provincia dello Shanxi. Narra la leggenda che proprio dall’Imperatore Giallo prenda origine il Tai Ji Quan.

Maestro An Zuò cosa è oggi il Tai Ji Quan e cosa sta a significare letteralmente?
Il Tai Ji Quan è un sistema di esercizi, o meglio, un’arte di vita che permette di raggiungere un equilibrio fisico, mentale e spirituale. Tai vuol dire “il più grande”, Ji “la sommità, l’apice” mentre, Quan vuol dire “combattimento, pugno, movimento”. In pratica il miglior metodo per ottenere il massimo beneficio dell’unità corpo-mente-spirito attraverso le forme del Tai Ji.

Una forma di meditazione ma anche un modo per tenersi in forma?
Certamente, possiamo definire il Tai Ji Quan, una sorta di meditazione in movimento. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) lo definisce una meditazione attiva il cui fine è quello di mettere l’individuo in rapporto con l’universo, concertando e regolando il flusso del Qi (energia vitale). Una delle tante teorie sulle origini del Tai Ji Quan, ha per protagonista il monaco taoista Zhang San Feng vissuto nel XIII secolo. Diplomato al monastero Shaolin, San Feng praticava le arti marziali su una delle montagne sacre al taoismo: Wudang. Si narra che un giorno San Feng fu testimone di un combattimento tra un gru e un serpente, da allora accantonò i metodi estremi modificando il Kung Fu Shaolin, troppo duro, in una pratica più morbida, questo nuovo stile, in seguito, divenne il Tai Ji Quan. I grandi maestri hanno indirizzato il Tai Ji in una direzione opposta a quella delle arti marziali. Degni di grande rispetto, i maestri, venivano considerati detentori di un’arte suprema della vita, tanto che il loro operato si espandeva nelle arti, nella giustizia, nella medicina tanto da essere definiti “Santi” ma con un significato diverso da quello occidentale.

Il Tai Ji Quan s’ispira alla filosofia del Tao con cui condivide molti aspetti in comune.
Quando ho iniziato il primo corso di Tai Ji Quan non pensavo di imbattermi in una materia così complessa ed affascinante. Come il Tao, anche il Tai Ji Quan, ha come punto di riferimento l’alternanza tra le due forze originarie uguali ed opposte: Yin e Yang che interagiscono dando forma alle manifestazioni della vita. Altro punto di riferimento è il Qi Hai (mare di energia) che si trova circa tre centimetri sotto l’ombellico, il baricentro fisico del corpo, conosciuto anche come Dantian dove dipartono tutti i movimenti del Tai Ji. Tale concentrazione permette movimenti armoniosi, lenti o rapidi senza perdere la stabilità fisica. Ancora importante è la centratura o allineamento, ovvero la preparazione del corpo e della mente che implica una serie di comportamenti che, con la pratica, si effettuano contemporaneamente in pochi minuti. Consistono nello stare in piedi completamente rilassati, con le gambe divaricate alla stessa larghezza delle anche, ginocchia leggermente piegate verso l’esterno, punte dei piedi dirette di poco verso l’interno, bacino ruotato muovendo in avanti la zona pelvica per l’allineamento della colonna, peso del corpo spostato sugli avampiedi. Le braccia sono distese lungo i fianchi lasciando uno spazio naturale dal corpo, la sommità della testa come sospesa verso l’alto, il mento appena piegato verso il torace, gli occhi guardano senza vedere in quanto lo “sguardo” è rivolto verso l’interno, così come le orecchie ascoltano i suoni interiori, la lingua è a contatto con il palato, le labbra morbide ed i denti si toccano appena. Lo stato mentale è quello della calma mentre, la respirazione assume un ritmo lento, uniforme, naturale e profondo. Tradizionalmente le forme si iniziano orientandosi verso Nord. Per aiutare il principiante nell’assumere la posizione base, gli si chiede di immaginare un filo invisibile che lo tiri alla sommità del capo, un altro che dal perineo si diparte fino al suolo ed infine, un altro ancora che percorre tutto il corpo unendosi ai primi due fili per formare una perfetta linea retta che rappresenta l’energia dell’uomo ed è nel Dantian dove avviene la sintesi energetica Terra/Cielo.

La postura del Tai Ji Quan è lontana dalla posizione atletica occidentale.
Si, guardando un praticante nella posizione del TaiJi, come quella precedentemente descritta con gli occhi persi nel vuoto e lo sguardo semi addormentato, siamo lontani dalla postura atletica moderna caratterizzata dalla la pancia in dentro, il petto in fuori e lo sguardo dritto. Eppure il TaiJi è oggi di gran moda, non tanto per le applicazioni marziali, quanto per il benessere psicofisico che ne deriva. L’equilibrio fisico e mentale permette di realizzare la “non azione” intesa non come staticità o passività, ma come non agire contro l’andamento naturale delle cose. Lo stile di vita diviene quindi quello dell’armonia che, a sua volta, presuppone l’accettazione degli eventi sapendo che tutto è sempre in continuo movimento e trasformazione. Questa fluidità si trasferisce nel corpo (nelle articolazioni, nei muscoli, nei tendini, nella circolazione e qualità del sangue, nel rinvigorimento degli organi interni), nella mente (tranquillità, gioia di vivere, capacità di accettazione e di risposta creativa), e nello spirito (sentirsi parte della creazione, dell’universo).


(intervista dal web)

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