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Intorno al Castagno

Post n°287 pubblicato il 29 Novembre 2012 da marialberta2004.1
 

 

Intorno al castagno

La passione letteraria sostenuta dall’ampia cultura naturalistica consente a DanieleBoldrini di esprimere con inesauribile stupore poetico uno spettacolo centenario (o millenario?) della natura, quello dei suoi venerati alberi.

L’esigenza poetica (di poesia) detta la scelta di aggettivi, nomi e verbi (azioni) che,

con belle assonanze interne, sono capaci di creare nuove associazioni di immagini calde e originali, al tempo stesso universali, proprie della poesia. E sono immagini che si stagliano nella consuetudine annuale del ciclo vitale, evitando così in modo naturale frasi fatte, slogan, luoghi comuni, e riguardano l’eternità di un albero e del suo

frutto.

 

Daniele BoldriniIntorno al castagno

 

Mi son dato questo arduo compito, di figurare in brevi spazi, a mo' d'epitome, e di sperabile poesia, l'albero del castagno, e quel ch'esso spreme d'amido nei frutti, alle genti venerato grumo di dolcezza, lor antico e ancor oggi nutrimento.

Questo han dato, lungo i secoli, prima ancor che delizia, all'uomo i castagni.

E dura tutt'oggi, ov'è solitaria d'alberi specie o ad altre nei suoi boschi commista,che son querce, càrpini e noci, il donarsi fuor di limite di cotesti frutti che riccio spinoso cela e protegge, e che verran posti alla brace perchè li faccia eduli e di odoroso impasto, ovvero le “bruciate”, o diretti sopra la fiamma, mercè il girevole cestello.

Tanto è incline a magnificenza il nostro castagno, per sue doti

 (e un tronco il più grosso tra gli altri esistenti in Italia) che scienza ha tutte spiegate, ma anche tradizione e leggenda, ch'esso può credersi non più semplice albero ma come vi albergasse una più spaziante vita, la quale gli discende dalla fronda verde fin giù al ceppo cui s'aduna intorno la terra, al sottobosco che 

altro verde concede se non già coperto dalle foglie secche d'un marroncino giallo 

alle volte corrusco alle volte fosco.

E il sottobosco, qui scarso d'intrighi, fatto per solito dalle sole piante cui l'albero,

 lor sovrastando, consente vegetare, e ce n'è pur tante, di multiforme aspetto, recanti al suolo morbidezza (quando non vi abbian spine!) e copertura,giunta l'attesa maturata stagione, s'arricchisse dei passi e degli schiamazzi dei coglitori, che si dan voce a riferirsi dei luoghi 

a più fitte castagne, lì tutti affannati a voler piena la saccoccia,

 incuranti dei ricci pungenti e del pendio che dà scivolo al piede sicchè il corpo ondeggia e muove l'aria a cercarvi appiglio (so bene quel che dico, essendovi passato),

intanto che i rami bassi fan da spettatori, a vedersi portar via le sue sferiche gemme: 

poi che queste, a mo' di schiusa liberanti gli acheni, 

dapprima penzolan tra il fogliame, vanno ora a cadersi a terra, pure non precipitandovi,

 ma come se l'albero ve le appoggiasse giù pian piano.

E in siffatto quieto silente cascar di future prelibatezza al suolo,

 che certo l'albero metà per se stesso, come comandato, governa, metà per rinnovato incontro 

con l'umano genere, cui vetustà di moti insondabili avvicina, 

ecco si ripete all'occhio autunnale, 

siccome invece a tarda primavera vince il profumar dei fiori l'olfatto, 

la magia a mezz'aria sospesa d'un verde color castagno 

venato dall'oscuro marrone della sua scorza, 

che par che si stampi, se pur freme a minimo vento,

 tra l'alto aereo della cupola fogliare e il basso terrestre 

che accoglie ciò che l'albero, da sè produce e scrolla.

Ch'è semplicemente, volto il suo stesso nome al femminile, 

d'ognun dei frutti,“castagna”, ove in più grosse dimensioni e in certe cultivar 

(di creduto maggior pregio) chiamasi “marrone”. 

Famosi marroni son quelli di Marradi che ogni anno celebra, 

intitolata a loro, una sagra paesana,

 ed è patria nativa del poeta Dino Campana. 

 
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