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Maria Alberta Faggioli Saletti clicca sull'immagine: Controfacciata, Enrico Scrovegni offre alla Madonna il "modellino" della Cappella. ▪La Cappella degli Scrovegni (1303-1306) - Edificazione e architettura. 2 La Cappella con gli affreschi di Giotto (1303-1306) viene considerata il massimo capolavoro dell’arte occidentale. L’edificio (il Palazzo e la Cappella di famiglia), voluto, come atto di penitenza, dal ricchissimo usuraio padovano Enrico Scrovegni, sorge nel terreno dell’originaria Arena (l’antico Anfiteatro romano di Padova) che conserva i suoi primitivi resti. Il Palazzo imponente e fastoso oggi non è più esistente. La Cappella, esempio mirabile di architettura religiosa, Oratorio di famiglia e futuro Mausoleo, è intitolata a Maria Vergine Annunziata, perché la sua prima consacrazione è avvenuta nel 1303, il 25 marzo, Festa dell’Annunciazione. La Cappella è intitolata anche a Santa Maria della Carità dell’Arena (così è citata nel testamento di Enrico Scrovegni, riportato da Chiara Frugoni[1]), titolo che svela il senso del ciclo pittorico di Giotto permettendo di coglierne il lato simbolico e di apprezzarne la profondità interpretativa delle Storie dei Vangeli. L’architettura della Cappella è costituita da una Navata unica (lunga m. 20,88, larga m. 8,41, alta m. 12,65) con la Volta a botte e conclusa da un’Abside poligonale stretta e profonda che un grande Arco trionfale separa dalla Navata di cui diremo in seguito. Nell’Abside sono presenti varie opere d’arte: il gruppo scultoreo di Giovanni Pisano la Madonna con il Bambino tra due Angeli, in marmo bianco (probabilmente eseguito dopo la conclusione degli affreschi); è inoltre contenuto il monumento funebre in marmo di Enrico Scrovegni morto nel 1336 (è attribuita ad Andriolo De Santis di Venezia, 1340 ca.) e, sotto quella del marito, la tomba della sua seconda moglie, Iacopina d’Este. Nell’Abside, c’è anche la data del 1881, quando, con un atto notarile, la Cappella fu acquistata dal Comune di Padova. Tra gli affreschi dell’Abside, spiccano le sei grandi scene che rappresentano gli ultimi giorni di vita della Madonna, a completamento del ciclo di affreschi di Giotto. Essi sono stati eseguiti da un ignoto pittore, il Maestro del Coro Scrovegni, una ventina d’anni dopo la conclusione del lavoro di Giotto. Il grande Arco trionfale che separa l’Abside dalla Navata, ha due superfici, quella verso l’Abside attribuita al citato Maestro del Coro Scrovegni che, come detto, ha operato una ventina di anni dopo Giotto, e quella verso la Navata. Ai lati dell’Arco trionfale, nella superficie verso la Navata, sono dipinte due finestre (due “coretti”) che il grande critico Roberto Longhi definisce “illusione giottesca”: spazio reale, profondità e punto di fuga.[2]
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