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« FICAROLO NELLE FONTI MEDIEVALIMessaggio #264 »

FICAROLO NELLE FONTI MEDIEVALI

Post n°263 pubblicato il 07 Gennaio 2011 da marialberta2004.1
 

Maria Alberta Faggioli Saletti

clicca TAG, Pigaiani Luciano, in alto a sinistra;

clicca sull'immagine 

 

Luciano Pigaiani, Il Territorio della Pieve di Santa Maria in Trenta e il castello di Ficarolo nelle Fonti Medievali, Ferrara, Nuovecarte 2010.  

INCIPIT

Situato nella parte sud occidentale del Veneto, ai confini con Lombardia ed Emilia, il territorio altopolesano come oggi noi lo conosciamo non è rimasto immutabile nei secoli, ma nel tempo ha subito continue trasformazioni sia naturali che antropiche. Fattore ricorrente nella storia di questa terra è il ruolo esercitato dalle acque nei confronti dell’uomo, che di volta in volta è stato costretto a subirne l’impeto e a regolarne i corsi con continui e pressanti interventi. In particolare è stato il basso corso del Po che ha vincolato profondamente il territorio polesano.

EXPLICIT                                                                                                               “Ficarolo, per la sua stessa posizione topografica, diveniva così oggettivamente un nodo strategico di primaria importanza, per cui i castelli di Stellata e di Ficarolo rappresentarono, almeno dal XII° al XIV° secolo, la difesa più imponente del territorio ferrarese verso monte, ossia dovevano impedire il transito di navi nemiche dal Po Grande o di Venezia nel Po di Ferrara. Il castello di Stellata – chiamata in origine Goltarasa dalla fossa omonima attestata già dall’XI secolo – fu detto poi Roccapossente dopo l’intervento di Nicolò II, detto lo Zoppo, nel 1362. Rinforzato da Nicolò III nel 1433, venne chiamato Stellata, termine che non aveva alcuna relazione con la forma della costruzione, ma indicava invece una struttura lignea, ossia una palancata. Qui il Po era sbarrato da una lunga e grossa catena di ferro che arrivava all’opposto forte di Ficarolo. Tramite un documento del 1399 conosciamo esattamente la sua consistenza: quatrigentorum pedum longitudinis, seu sexcentorum anulorum [di quattrocento piedi di lunghezza, o meglio di seicento anelli], ognuno ponderis XVI, seu XVII librarum tutta de ferro bono de mujeta 265 [del peso di sedici, oppure diciassette libbre di buon ferro]”.

 
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giorgio.2007
giorgio.2007 il 23/01/11 alle 19:11 via WEB
Ficarolo nelle fonti medievali – (commento) Ieri sera in un locale della chiesa di Ficarolo ho assistito alla presentazione del bel libro di Pigaiani. Il pubblico era numeroso. L’autore e la professoressa Maria Alberta Saletti Faggioli, vivacemente alternandosi, hanno letto brani del libro concernenti antichi documenti, contratti agrari siglati da un notaio del nono secolo ed altri dei secoli successivi, hanno illustrato carte topografiche di epoche antichissime che sorprendentemente contengono numerosi nomi che si sono conservati in località tuttora esistenti. Così, davanti ai cittadini di Ficarolo presenti, è passata la grande storia che si è occupata anche della loro località: l’Impero romano di occidente, quello di oriente, il vescovo di Ravenna, la contessa Matilde di Canossa, le Signorie di Ferrara, di Mantova, di Venezia e L’imperatore del Sacro Romano Impero. Ritengo,tuttavia, che a colpire maggiormente i presenti sia stata la cosi detta storia minore. Essa trattando di contratti agrari, con terre da arare, vigneti da curare, galline, uova, conigli e di determinate parti dei prodotti da conferire al proprietario come affitto, ha fatto si che la maggior parte dei presenti si sentisse partecipe di vicende che, pur ultra millenarie, venivano percepite come familiari. Suggestiva poi l’elencazione dei nomi degli antichi abitatori di Ficarolo. In particolare dei primi, una coppia di coniugi, contenuti in una richiesta di concessione agraria: lui con un nome latino e lei, con un nome longobardo, e, dati i tempi, di probabile recente immigrazione. Grazie all'efficacissima presentazione sono passati nelle menti dei presenti mille anni di abitatori di Ficarolo mentre conficcano pali per proteggere le rive, arano e coltivavano i terreni, liberno le rive dagli arbusti per permettere ai cavalli di trainare le barche contro corrente, firmno contratti agrari per se e per i propri figli in cui i nomi, pur antichi, risultano vivissimi e quasi presenti, ( non come quelli delle lapidi mortuarie che, anche se altrettanto antichi, mettono comunque malinconia). Ebbene ritengo che i presenti abbiano, in tutti quei personaggi che per oltre mille anni hanno vissuto e lavorato su quelle terre e su quelle rive, riconosciuto se stessi: in quanto quelle terre e quelle rive continuno ad essere ancora le loro. Ringrazio per la bella serata.
(Rispondi)
 
marialberta2004.1
marialberta2004.1 il 23/01/11 alle 19:51 via WEB
Grazie, caro Giorgio,dell'esauriente e vivo commento. Le tue parole mi fanno capire quanto hai apprezzato lo stile dell'esposizione di argomenti specialistici ardui, ma seducenti per i presenti che si riconoscevano nei contenuti trattati. Cordialità e complimenti Maria Alberta
(Rispondi)
 
Shishismv
Shishismv il 03/02/11 alle 15:36 via WEB
Il lavoro storico dalle qualità certosine pubblicato nel Gennaio 2011 di Luciano Pigaiani, “Il territorio della pieve di Santa Maria in Trenta e il castello di Ficarolo” ha trovato la sua presentazione ideale nella serata organizzata a Ficarolo (RO) alla presenza delle autorità locali e provinciali, coadiuvata dalla bella introduzione della Professoressa Maria Alberta Faggioli Saletti, con la quale l'autore durante l'evento ha instaurato un gioco di rimbalzi, di vicendevoli agganci che hanno trasformato la conferenza di lancio dell'opera in un divertissement erudito, in un viaggio a ritroso nel tempo che ha coinvolto felicemente la platea, offrendo squisiti dati tecnici, spunti di riflessione e motivi di meraviglia fruibili ad ogni livello dagli spettatori e instillando la sana curiosità per gli eventi che solo i veri amanti della Storia sanno infondere agli altri. Termini latini, moderne riprese satellitari, analisi sul campo, toponomastica di ieri e di oggi, indagini il cui raggio d'azione si è esteso lambendo più regioni italiane e più etnie, popolazioni e lingue hanno concorso nel saggio di Pigaiani a rendere un'immagine vivace degli uomini e delle donne vissuti nel territorio in esame, un territorio di confine, di mescolanze, crogiuolo di antiche nazioni e passaggio obbligato sulla via maestra fluviale di comunicazione e commercio, il Grande Fiume. Partendo dal dato tecnico, dalla ricerca quasi maniacale dell'autenticità delle fonti, remoti manoscritti custoditi in biblioteche clericali incrociati con certezze storiche, placiti firmati da mani vive e palpitanti come quelle dei moderni mezzadri e redatti da antichi notai tornano a narrare non solo di limiti geografici ma anche di storia sociale, di necessità, di bisogni e di problemi della vita; gli antichi nomi delle strade, dei quartieri fanno nascere una nuova identità nelle moderne vie, nei paesi vicini, una consapevolezza perduta che torna alla luce, fatta di strade percorse dagli uomini del XIV secolo come le percorrono ora quelli del XXI, della stessa terra lavorata e rivoltata centinaia di anni fa come lo è oggi. Nella ricerca delle informazioni confortanti le teorie di Pigaiani sulla Pieve che dà il titolo al libro, vengono alla luce vere e proprie scoperte storiche di importanza capitale per la storiografia locale quali il divampare di un incendio che in periodo basso medievale ridusse in cenere il villaggio circostante e ne causò la dislocazione; informazione persa negli archivi e non riportata dai cronisti che acquista d'improvviso attendibilità e si incastra alla perfezione nel complesso puzzle composto dall'autore, andando a formare un affresco diacronico e sincronico della storia di un gruppo di paesi dell'alto Polesine e della loro gente, persone con nomi propri e con storie personali non dissimili da quelle attuali; il sipario nebuloso del Tempo si apre e lascia intravedere nelle sue profondità cronologiche chiese battesimali edificate in legno, fondi medievali costruiti su ancora più antiche centuriazioni romane, oratori di silenti frati che si susseguono e si moltiplicano nei territori circostanti, e, di lontano, la potente voce degli alti prelati in città remote riecheggiante nei manoscritti ufficiali. Il volume di Pigaiani, tramite una originale tecnica espositiva che pone il focus su precisi argomenti trattati di volta in volta, presenta uno scheletro di rigorosa indagine storica sul quale si costruiscono ipotesi ardite e che ospita informazioni di natura sociale, economica, toponomastica, etnica, definitivamente umana. Dott. Edoardo Malavasi
(Rispondi)
 
 
marialberta2004.1
marialberta2004.1 il 03/02/11 alle 16:58 via WEB
Caro Edoardo,mi ha fatto un piacere profondo leggere i tuoi pensieri e le tue parole affabili e coltissimi. Sono convinta infatti che aiutino a far comprendere come uno studio di per sè minuzioso, quale è questo di Pigaiani, possa piacere a tante persone ed aiutare la nascita e la crescita di una cultura spessa che richiede testa, impegno e sacrificio. Grazie di cuore maria alberta
(Rispondi)
 
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