Creato da liberemanuele il 26/01/2009

Catallaxy

ordine spontaneo vs ingegneria sociale

 

 

« Sulle tasse.Chi comanda. »

Tutti vogliono fare qualcosa.

Post n°22 pubblicato il 25 Marzo 2009 da liberemanuele
 

 Tornato a casa, questa sera sono incappato in una delle tante trasmissioni "inutili": "Ballarò". Il giornalista che la conduce, Floris, di per se è un buon diavolo: preparato, attento, acuto, ma gl'invitati sono sempre più o meno gli stessi, e sempre impegnati ad urlarsi addosso la solita minestra tra retorica e propaganda:

... "Bisogna fare di più per loro!" ... "Ma in realtà non si è fatto mai niente per questi!!" ... "E chi si è mai curato di quest'altri invece!?!" ..."Ci vuole ben altro!" ...

In tempi di crisi poi, come ho già scritto, la politica è presa dall'opera di lifting facciale e quindi è facile ritrovarsi discorsi infarciti di "bene comune" o di sacrifici per il paese e via dicendo con i soliti slogan. L'opposizione poi sembra aver ritrovato alcuni motti, tipo "tassare i ricchi per dare ai poveri" - il precipitato del principio "meglio avere meno, ma per  tutti" - che sembra portarla indietro di più di vent'anni.
 Ma verità vuole che all'aumentare delle tasse, non corrisponde un accrescimento o un miglioramento dei servizi.

 Lo Stato è una macchina complessa e troppo grossa per beneficiare di effetti diretti e proporzionali: ci vorrebbero tasse altissime, oltre il settanta per cento del PIL per poter mantenere le promesse politiche (e già ad oggi ne viene usato metà per far fronte alla spesa pubblica). Ma con una tassazione del genere, sparirebbero dal territorio nazionale le aziende e le imprese di qualsiasi tipo, con il risultato che non ci sarebbe più chi crea ricchezza e mancherebbero le opportunità per chi rimane. Ne viene che lo Stato crollerebbe.

La politica non ha etica; la politica vive per se stessa, quindi può dire quello che vuole per difendere il suo ruolo di pianificatrice della società.

Sono gli uomini che devono ragionare razionalmente per vivere; la politica afferma "dogmi", che oggi hanno la forma dello slogan e si pregiano artificiosamente della parola "sociale".
 Aristotele ha giustamente classificato l'uomo come animale sociale, ma abbiamo commesso l'errore di identificare "sociale" con "statale".
 La "ragione" vorrebbe infatti che non bisogna impoverire alcuni per far star meglio altri, ma bisogna creare le condizioni per cui anche gli altri possano arricchirsi. E questo vuol dire prima di tutto far fare un passo in dietro allo Stato: deregolamentare le attività economiche e la loro impresa, abolire gli ordini professionali e il valore legale dei titoli scolastici, infine detassare i redditi e il lavoro. Insomma lasciar spazio all' "azione umana".  

Non è il sacrificio, ma la "felicità"; non l'abnegazione, ma  la realizzazione di sé.

 Non è lo Stato, ma siamo noi che possiamo salvarci dalla crisi. Tutte le crisi economiche sono terminate non per l'intervento statale - che ne ha allungato e peggiorato gli effetti -, ma perché sono le aziende e gli uomini che ricominciano ad arricchirsi grazie al loro ingegno, alle loro passioni e la loro volontà.

"Ritengo l'azione del Governo e quella volontaria del mercato diametralmente opposta. La prima implica necessariamente la violenza, l'aggressione e lo sfruttamento. La seconda è per propria natura armoniosa, pacifica e mutualmente benefica per tutti".

Murray N. Rothbard

Dopo analisi quanto più fredde, razionali e specifiche - sempre nella limitatezza delle mie conoscenze ed interessi -, ho sentito la necessità di un di un post più "romantico", ispirato anche da un articolo apparso nel sito dell' IBL sull'attualità del pensiero di Ayn Rand, scrittrice appassionante, che mi ha tenuto in ostaggio con le sue letture per quasi un mese. Parlerò - spero - in futuro di questa magnifica autrice; per ora dico che in mezzo a tanta retorica del "tutti insieme", sento l'esigenza dell'affermazione dell'uomo come individuo capace e pensante, che credo sia l'unica e autentica "etica" per poter uscire da questo periodaccio: quella della"libertà".  

 

 
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