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Post N° 119

Post n°119 pubblicato il 24 Febbraio 2008 da deontologiaetica
 

Medici verso il rinvio a giudizio per gli aborti con la Ru486

Alle donne è stata garantita una tutela completa”: l’inchiesta della procura di Torino sulla sperimentazione della pillola abortiva RU486 si avvicina a grandi passi verso il processo in tribunale, ma il ginecologo Silvio Viale, la figura centrale della vicenda, si dice “tranquillo e a posto in scienza e coscienza”.
Il nuovo farmaco venne provato su 332 pazienti fra l’agosto del 2005 e il luglio del 2006 - con un paio di sospensioni - al presidio del Sant’Anna: per interrompere la gravidanza bisognava prendere una prima pillola (misosterione) e tre giorni dopo una seconda (misoprostolo). Ma come ha ricostruito il pm Sara Panelli, in 38 hanno abortito fuori dalle mura ospedaliere, in anticipo sui tempi previsti, e questo - secondo il magistrato - comporta la violazione della legge 194 del 1978.

“Ero sola in casa”, ha raccontato una ragazza, “quando, all’improvviso, mi è arrivata un’emorragia. Non sapevo comportarmi e ho dovuto chiamare un’amica prima di precipitarmi in ospedale”. Molte hanno spiegato che il medico diceva loro di continuare tranquillamente le loro attività: una ballerina di tango ha persino sostenuto uno spettacolo, per poi abortire qualche ora dopo. “L’Emea, l’Agenzia europea del farmaco, non prevede il ricovero”, ribatte Viale, “e nel corso della sperimentazione della RU486 tutti gli atti volontari per interrompere la gravidanza sono stati praticati in ospedale. Se per usare la RU486 la donna deve essere ricoverata per diversi giorni, si avrà una forte limitazione, se non addirittura il divieto, dell’uso della pillola nelle nostre strutture”.

L’avviso di chiusura indagini (atto che anticipa la richiesta di rinvio a giudizio) è stato spedito a Viale, al primario, Mario Campogrande, al professore universitario Marco Massobrio e al direttore generale dell’epoca, Gian Luigi Boveri. Ma è solo Viale che risponde degli episodi avvenuti per l’intero arco della sperimentazione. Gli altri, che ritengono di non aver violato nessuna norma, sono indagati solo per il primo periodo (l’estate del 2005). Si parla di una violazione dei protocolli e, per Viale, di una tentata truffa alla Regione legata a irregolarità, che potevano costare un esborso, nel rilascio di 289 permessi di uscita temporanea. “È solo un equivoco”, spiega il ginecologo. La Regione, comunque, non si costituirà parte civile.

Viale ha incassato la solidarietà dei radicali: la segretaria del partito, Rita Bernardini, spiega che nelle carte dell’indagine “non si configurano reati” e torna a chiedere che la registrazione in Italia della RU486 venga effettuata nel più breve tempo possibile. Contrari il giornalista Giuliano Ferrara (”è un veleno farmacologico che ripristinerà la solitudine degli aborti clandestini”) e il senatore leghista Massimo Polledri (”la pillola è la nuova mammana”), mentre l’associazione di consumatori Aduc ribadisce che il prodotto “è legale da anni in quasi ogni Paese occidentale, è raccomandato dall’Oms e approvato dalle agenzie del farmaco Usa e Ue. E praticamente ovunque lo si assume fuori dal regime di ricovero”.

 
 
 
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