Creato da maredinverno0 il 02/10/2007
emozioni e sensazioni forti con il profumo del mare

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Post molto profondo...le onde hanno il movimento...
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Il pescatore delle anime bianche

Post n°33 pubblicato il 16 Settembre 2008 da maredinverno0

Damiano era seduto in riva al mare e guardava le onde infrangersi sugli scogni

La spiaggia era ormai deserta.

Gli ultimi bagnanti avevano, infatti, lasciato i loro ombrelloni
colorati di azzurro a causa di un improvviso temporale che si era
abbattuto sulle loro teste fumanti.

Il cielo grigio, e carico di nuvole minacciose, annunciava la fine
dell’estate anche sul volto di Damiano, che non sembrava però accusare
nessun segno di insofferenza per quel repentino cambiamento climatico e
rimaneva lì imperterrito, con lo sguardo fisso verso quell’immenso
specchio d’acqua, spettinato qua e là da folate di vento caldo. 

Aveva altro a cui pensare.

Erano passate dodici ore da quando si era seduto sopra quelle
pietre gelide e informi, e aveva dato inizio ad un lungo viaggio nella
memoria, ed era ormai giunto ad un’unica, inevitabile conclusione:
niente è come sembra se non conosci fino in fondo anche la tua ombra,
il tuo lato oscuro, quella parte di te che rimane sempre nascosta
dietro ad un finto schermo di gioia e pazienza.

Continuava a pensare a quello che gli era accaduto la notte
scorsa, durante lo svolgimento dell’ultimo falò, organizzato come tutti
gli anni, insieme ai soliti vecchi amici d’infanzia, per dare l’addio
alla Signora Estate. Damiano, per tradizione, si occupava della
“bevitoria” e dell’animazione canora e musicale della serata.

 

Gli amici, infatti, affidavano sempre a lui il compito di
acquistare birra e superalcolici, confidando nella sua innata capacità
di scelta del prodotto più consono all’abbattimento del “muro di gomma”
che le ragazze di turno erigevano, ogni anno, davanti agli occhi dei
suoi amici imbranati e stralunati. Inoltre, Damiano sapeva che il colpo
di grazia avrebbe potuto inferirlo solo lui, perché in possesso di un
arma unica nel suo genere: quella cassa di vino dei Castelli di Francia
che i genitori della sua ragazza lontana (che, tra parentesi, nessuno
aveva mai visto) producevano personalmente a loro uso e consumo.
Bastavano, infatti, due bicchieri di quel nettare color rubino per
sciogliere finanche il sangue di San Gennaro.

Ed era allora che Damiano incominciava il suo “show” solitario. Si
accomodava sulla sua stuoia sdrucita, prendeva un bottiglia di vino (la
migliore, perché questa, a differenza delle altre, era l’unica ad
essere dolce e frizzante) dal suo zaino, la stappava con disinvoltura,
e ne beveva un sorso, giusto per bagnarsi le labbra.

Terminato questo sorta di rito preparatorio, imbracciava la sua
chitarra “da battaglia” ed iniziava a saccheggiare il suo classico
repertorio da spiaggia: principalmente Battisti e Ligabue, con
l’aggiunta delle canzoni del momento, che però venivano stravolte
nell’interpretazione, tanto da risultare irriconoscibili al primo
ascolto.

Di solito, dopo pochi minuti, gli astanti cominciavano a dare
segni di insofferenza, un po’ per la fame, che iniziava a farsi
sentire, un po’ perché Damiano, come al solito aveva iniziato ad
intervallare brani famosi ad altri mai sentiti prima. Erano le sue
canzoni. Esse erano talmente intrise di malinconia e di tristezza che
erano potenzialmente capaci di far calare il buio anche al centro del
Sole.

Damiano, però, non si curava di nulla, e continuava, imperterrito,
a dialogare con la sua chitarra bianca. Quel colore rappresentava in
pieno ciò che lui era veramente: un puro, un candido, una palla di neve
che non si sporca rotolando giù per la montagna incantata della vita,
un filo argenteo avvolto attorno ad un cuore di latte.

Perché Damiano era il bianco.

 

Su di lui, a dir la verità, non si erano mai addossate quelle nubi
cariche di insinuazioni pretestuose che, per i suoi compagni,
rappresentavano il sale delle giornate estive, trascorse a spettegolare
su tutto e su tutti ogni volta che se ne presentasse l’occasione buona.

A nessuno dei suoi amici era mai capitato di vederlo mandare
sguardi ambigui alle tante ragazze che in quegli anni erano passate su
quella spiaggia. Mai un’occhiata d’intesa che potesse far presumere un
desiderio latente di un tenero abbraccio che non fosse quello della sua
ragazza lontana. Eppure, se solo avesse voluto, avrebbe potuto averne a
decine di storie occasionali e senza impegno.

Che stupido, pensavano molti dei suoi amici-rivali; che persona seria, pensavano, invece, le sue amiche più care.

Eppure, la notte scorsa qualcosa doveva essergli successo qualcosa di imprevedibile. Non si spiegherebbe altrimenti  
un comportamento così strano ed insolito. Perché trascorrere tutta la
notte, e una parte del successivo giorno davanti al mare, quel mare che
lo separava dalla sua ragazza lontana, e che ogni mattina gli
rammentava quella assenza, sotto la forma nostalgica di quegli stormi
di gabbiani che volteggiavano sopra le teste dei bagnanti di turno, a
pochi metri dalla spiaggia?

I pensieri di Damiano erano tutti rivolti a ciò che gli era accaduto la sera prima, durante quel maledetto falò di fine estate.

Ricordava solo il momento esatto in cui aveva fatto la sua
comparsa, davanti al fuoco ardente, una meravigliosa figura femminile,
una “pantera nera” che, in un istante durato quanto un battito di
ciglia, lo aveva avvinto a sé e portato in riva al mare. Aveva, senza
esitazione, abbandonato la sua chitarra bianca, senza riporla nemmeno
nella custodia. Non si era curato nemmeno degli sguardi assonnati dei
presenti, che, in verità, avevano altro a cui pensare, essendo ormai
diventati preda sicura del dio Bacco.

Da quel punto in poi, la sua mente era diventata tabula rasa, non possedeva più un immagine, anche sfocata, delle ore successive.

Le sue certezze erano crollate sotto i bagliori di una luna
inesistente, silente. Stava lì, inchiodato su quel tappeto di pietre
bagnate, da troppe ore. Doveva muoversi, decidere cosa fare, cosa dire,
come comportarsi con chiunque gli avesse chiesto spiegazioni riguardo
alla sua sparizione improvvisa da quell’ultima festa di fine estate.

Forse non era più il bianco; forse aveva tradito la sua ragazza
lontana; forse, più semplicemente, era un essere umano come tanti, ed
era caduto anche lui nella rete dell’invisibile ed invincibile
pescatore di anime bianche.

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Commenti al Post:
potilla73
potilla73 il 17/09/08 alle 13:36 via WEB
un bacio per augurarti una buona giornata...dolce peste...
 
SabbianelDesert0
SabbianelDesert0 il 29/09/08 alle 21:49 via WEB
accadano spesso cose che vanno aldilà di cosa siamo o di cosa abbiamo sempre pensato d'essere....hai descritto la possibilità di vivere un momento magico in un modo molto intenso... Saluti e grazie per la tua visita
 
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