Marvelius
Elrond lands :dove il mito e la fiaba, la realtà e la fantasia si incontrano al crocicchio del vento
"Hic lapis est subtuste, supra te,
erga te et circa te"
L'ETERNITA' E' UN FUOCO CHE CONSUMA E CONSUMANDO VIVE
TASFORMANDO IL SOFFIO IN UN ALITO IMMORTALE...
MARVELIUS...
LE PAROLE SONO NOTE SULLE ALI DEL VENTO
SONO TRATTI DI LACRIME E APOSTROFI D'AMORE
STILLE DI MELOGRANO COME LUCE DI LUNA
IN UN POZZO D'EMOZIONE...
M.LIUS
Leggere uno scritto è un esercizio di fede,
il difficile tentativo di sfiorare l'animo dell'autore,
e il senso nascosto delle sue parole
Solo attraverso la musica trovo la chiave
per penetrare in esse
filtrando dalle dita su un foglio bianco
o dalle nere consistenze
di questo spazio virtuale...
buona lettura e buon ascolto
M.lius
La sapienza è il giaco che respinge
vili metalli
è lo splendore che rende giustizia
al saggio e all'umile pastore
che dellapropria ignoranza fa tesoro
indagando prima se stesso...
M.LIUS
Sono qui come un randagio
tra la radura del bosco,
come falco sul cipiglio di una sporgenza
ad ammirare ciò che lo circonda.
Annuso l'odore della sera
e le parole della gente,
come il profumo dei fiori
nell'afrore del mattino
Scrivo d' emozioni che si svestono
nell'ora tarda della sera.
Sogni rapiti tra tenebre nascoste
e ombre vacillanti di demoni rapaci
agli occhi del cuore.
Oscure pergamene
stillate da gocce a gocce
nell' inchiostro della carne.
Non cerco altro in queste terre,
ne asilo in altre lande,
sarò lieto del vostro passo,
delle orme che qui deciderete se lasciare,
dei rumori e dell'eco di vostri cenni,
delle parole che qui pianterete
come virgulti e teneri germogli ...
Al Cuore prestai sempre Fede
come alla Ragione il Lume
e al Corpo ignudo lo Scudo
che tenne fiero e indomito
il Sigillo della mia
Anima...
MARVELIUS
Marvelius
è il mio nome
scritto nelle rughe
di una roccia
Marvelius
è il segno di un
libero pensare
la mano che vi
invita a entrare
la voce che vi
sussurra i lemmi
di un dolce sentire...
Marvelius
I MIEI LINK PREFERITI
LE MIE POESIE XASCOLTARE CLICCA LINK AUDIOPOESIE
1 Nel silenzio
00:00 01:50
|
|
2 Nel bacio dell'inverno
00:00 00:46
|
|
3 Frammenti
00:00 01:16
|
|
4 Rosse zolle
00:00 00:59
|
|
5 Romeo and Juliet
00:00 02:20
|
|
6 Tra le stelle
00:00 01:03
|
|
7 I bianchi scogli
00:00 01:51
|
LE MIE AUDIOPOESIE 2 CLICCA X ASCOLTARE SUL LINK
1 Fonde rughe
10 Nero fumigar d'incenso
11 Nelle briciole del tempo
12 Rossosangue
13 Frozen
2 Satori
3 I navigli della
memoria
4 Il fauno
5 Nella luce dei
suoi occhi
6 Nel bosco di
Lhorienell
7 Angel
8 Le storpie guance
9 L'ultimo eroe
MENU
AREA PERSONALE
I MIEI BLOG AMICI
- ricomincio da qui...lascrivana
- Un anima a nudo...
- OLTREICONFINI
- Dolce_eternity
- I VIALI DELLA VITA
- PENSIERI IN VIAGGIO...Hollyanna
- mantis religiosa...Klintdanae
- Relativa_mente...Alexandra
- Fenice_Angela
- LABIRINTO
- Brain damage:Duochrome
- Le Mie Emozioni...Donadam68
- IO CON ME....Elektra
- Tunes...Neimieipassi
- IL CUORE DI ANGEL...Angel Heart
- Angela....La Fenice
- Battito rubato....xzukkerinax
DORIAN II
Era al culmine del suo potere, quel potere che tanto è cercato da ogni uomo, da un umanità sempre in bilico tra i principi, che come paletti guidano l’etica e la morale pur tra le eccezioni che ne scalfiscono la corazza, e le deviazioni che li portano sul quel terreno incognito che è terra di nessuno. Debole è la carne, debole la mente, fragile il corpo che unisce l’anima all’involucro che è destinato a frantumarsi sugli scogli del tempo, ma in questa fragilità quanta grandezza si erge sui bastioni di questo mondo che instancabile ruota macinando i grani di clessidre sempre uguali a se stesse. Era all’apice del successo, quel successo che lo poneva sul piedistallo della fama sotto il quale una moltitudine di uomini lo invidiava, altri, pochi, lo ammiravano, i più lo odiavano aspettando che da quel piedistallo un giorno potesse scivolare finendo nella polvere. Ma lui era il falco che volava al di sopra delle sue sventure, l’astore solitario che amava rifuggire dalla compagnia dei suoi simili, il rapace che quegli stessi uomini avrebbe divorato sulla sua strada, percorsa sempre alla ricerca di un traguardo che lo poneva al di sopra di tutto. Ma questa meta cosi ardentemente desiderata, questa ricerca strenuamente cercata, non era soltanto frutto di un volere banale che lo ponesse al comando degli altri, ne la vanità frivola di potersi sentire al vertice di una piramide di consenso e di potere . No, egli non era il vuoto plutocrate che si sarebbe seduto sullo scanno soddisfatto di vedere il mondo prostrato ai suoi piedi, non era il despota che traeva soddisfazione e compiacimento nel sentirsi servito, quasi fosse un divino dispensatore di fortune e di condanne. Piuttosto quel suo continuo varcare la soglia delle conoscenze era il prezzo che pagava all’ansia di una curiosità che gli bruciava dentro, quel suo impeto, quasi irrazionale, di confrontarsi coi suoi simili nella corsa per il dominio e il controllo, era l’obolo che pagava alla insoddisfatta consapevolezza dei suoi limiti, al continuo misurare se stesso più che il valore degli altri, i quali rimanevano solo il mezzo, in mancanza di altro, per soppesare le sue virtù. Ma solitario restava, e la solitudine era il solo conforto, l’unica amante con cui amava restare solo, la sola a cui consentiva di dare un giudizio su se stesso col suo silenzio che spesso diveniva nelle sue riflessioni notturne un giudice impietoso, un boia cinico e feroce. Eppure era stato bambino, e di quella sua prima giovinezza ricordava ancora quanto era stata felice, quanta gioia c’era stata nelle sue giornate, quanta pace lo aveva accompagnato nelle sue ore tra i giochi e la compagnia di altri giovani come lui. Poi tutto era finito in quel giorno maledetto, tutto si era frantumato in quell’attimo che rintanato nell’ombra a volte emerge dal buio come un lampo nel cuore della notte per bruciare ogni cosa e infine inghiottire per sempre il futuro con le sue speranze. Era oramai incapace di tornare indietro e quella incapacità era ben presente nella sua consapevolezza, simile alla volontà di percorrere una via che si sa irta e difficile se ne stava acquattata nella sua mente, ma nella sua testa una volontà più forte lo irretiva allontanando questa scelta e tutto rimaneva confinato nella sua indolenza come una scelta possibile ma improbabile sullo scacchiere delle sue azioni. Sapeva di quanto feroce poteva essere e di quanto lo era nell’affrontare le sue imprese, di quanto essenziale si circondava e quanto quella sua essenzialità aveva eretto a dimora del suo spirito. Conosceva bene quanto implacabile fosse con i suoi avversari e ancor più quanto fosse letale con i suoi nemici. Dentro di lui la fiammella del perdono non si era spenta ma ardeva come il brillio di una stella lontana, eppure nella sua infinita distanza quella luce era quella di una stella, un immensa nebulosa, pulsante di vita e di grazia. A volte se ne stava seduto per ore sulla sua poltrona verde, fino a che quella pelle scarabeo si confondeva con la sua pelle, fondendosi come una corazza a protezione della sua intimità e delle piccole fessure che si aprivano lungo le pareti del suo cuore pietrificato. Si immergeva nelle sue ansie con la tenerezza di un bambino, fuoriusciva dal suo corpo col pensiero e si rivedeva fanciullo, così in questo suo viaggiare i suoi occhi si annacquavano nel silenzio dei suoi ricordi. Il bicchiere di sidro gli scivolava a terra mentre il sigaro lentamente si spegneva ma il suo viaggio continuava fuori dal suo corpo e il pulsare del suo cuore scalfiva il clipeo che lo avvolgeva. Ricordava la gioia nel tornare a casa quando ad aprire il portone di casa era suo padre che sorridendogli gli scombinava i capelli e ponendogli una mano sulla spalla si piegava per guardarlo negli occhi ricordandogli di quanto fiero fosse di lui. Una lacrima si staccò dai greppi delle ciglia e scivolò veloce sul viso ma fu come se una carezza lo sfiorasse dolce, e in quella dolcezza che lui assaporava lasciandosene penetrare si alzò. Dentro di lui in quei momenti era come se qualcosa si spezzasse e l’uomo tenace e inafferrabile per ogni donna, così feroce e impenetrabile per ogni uomo, fosse d’un tratto diviso, come due tronchi di uno stesso albero, l’uno proteso al sole del comando e l’altro all’abisso della disperazione. Erano i suoi momenti di solitudine che lo rapivano nell’ estasi fatta di un estrema desolante mietitura di se stesso. Serrato nelle sue catene si contorceva non per liberarsene ma per sentire il freddo del metallo entrargli nelle carni, mentre si perdeva nei suoi deserti col desiderio di non ritrovarsi e in queste lande amava errare come sterpaglia rotolante nel vento. Ancora una volta la mente percorse circoli che lui conosceva bene, sentieri seminati di spine che lo facevano sanguinare. Rivide gli occhi di sua madre e i suoi, verdi trasparenze fondersi come mare in burrasca. La voce di lei scaldargli il petto e la voglia soddisfatta di un fanciullo di cadere nelle sue braccia, come una nave nel porto di un mare in tempesta al riparo dalle sferzate del vento e degli scogli aguzzi. Quando il ricordo divenne insopportabile si riscosse ricomponendosi sulla sua poltrona, raccolse il bicchiere da terra come se nulla fosse accaduto, ma sapeva bene quanto dura fosse stata la sua lotta. Si riaccese il sigaro e tirò forte per sentire il tabacco rosolarsi nella fiamma, ma stette ancora seduto nel silenzio come a far evaporare gli ultimi scampoli dei suoi ricordi, infine si alzò con una lentezza che non gli apparteneva e si diresse al piano che stava addossato a una parete della sua camera come un rapace dalla nera livrea. Si aprì la giacca e appoggiò le sue mani sulla tastiera, ma non suonò come se temesse che le note che avrebbe suonato lo riportassero ancora una volta indietro nel tempo o che lo spogliassero di più e ancora del suo carapace . Si volse indietro con lo sguardo allontanando le mani dai tasti e guardò la sua stanza così magnifica e teatrale, pareti rosse e tende di damasco, mobili pregiati e quadri di una bellezza mozzafiato. Ma non volle contemplare oltre tutte le altre ricchezze che aveva accumulato in quel sala a cui solo un trono mancava, se ancora qualcosa potesse mancare, così ritornò a posare le mani sui tasti e chiudendo gli occhi diede agio alle sue dita di amare l’avorio e l’onice del suo pianoforte, la vita e la morte della sua anima. E dentro di lui furono mille battaglie, mille altri ricordi fino a che davanti a Dorian apparve lei … e la musica si fece rimpianto e il rimpianto si trasformò lentamente in rimorso per quell’amore che non aveva saputo trattenere. Lasciò che il dolore lo pervadesse in ogni suo canto e le note si trasformassero in aghi lacerandogli l’anima, il cuore libero dai cardini sanguinò, mentre una lacrima di sangue sgorgando dal petto scivolò a terra . Marvelius
|
Se ne stava seduto su una poltrona di cuoio verde scarabeo, una gamba accavallata sul bracciolo e l'altra lasciata scivolare a terra,
Tra le dita un
Un impettito e superbo suono si
Invano avrebbero percorso quelle sale
Si cambiò di abito quasi volesse mutar pelle, Poi ,con passi I capelli sciolti, i visi tirati
Si morse MARVELIUS
|
(Post "Il Fabbro dei Sogni II° ",scisso in tre parti: A-B-C, e che segue il post precedente " Il Fabbro dei Sogni I°)
PARTE A E il Fabbro dei sogni si sedette a pensare sul tavolo della speranza, con le mani impastò lieviti di cuore e sale di lacrime, segnò i sentieri di un incontro che sembrava impossibile realizzare e si commosse leggendo l'animo ferito di quell' uomo e quello disperato della donna. Poi alitò sulla speranza e lascio che il vento del mattino la conducesse lontano, la dove tutto può essere e ogni cosa può accadere se lo spirito della verità si condensa nella volontà di tornare a essere vento di passione e di unione perfetta.
Un lieve borbottio d'acqua rendeva quei momenti come tratti dal silenzio, rotti dallo stallo di una natura rigogliosa ma stanca di rumori, così quelle piccole cascatelle tra i bordi e le anse del fiume parlavano alle pietre su cui scivolavano eterne. Lui se ne stava seduto sulle gambe a guardare la corrente perdersi lungo il greto del fiume, il gorgoglio lo incuriosiva e gli destava una curiosità infantile, quella che cattura gli occhi oltre il flusso per immergersi in esso in cerca di tesori e di misteri . Così, lentamente, lo sguardo si perse oltre le linfe, si incuneò nei greppi tra piccole bordure di muschio e licheni fino a gemere nell'acqua fredda tra le profondità del torrente. Nel preciso momento in cui ogni cosa sembrò smarrirsi, in quelle profondità oscure ogni rumore si spense e tutto divenne ovattato. La memoria vagò nel limbo della mente scavò nei cassetti dei suoi armadi, si infilò dentro a ogni cubicolo tenuto gelosamente al riparo dai dubbi, dal rimorso e dal rimpianto. Un freddo bruciante lo percorse lungo la schiena come un brivido urticante, fino a quando una luce sembrò attenderlo oltre il lungo corridoio che stava percorrendo. Così il ricordo di lei si fece chiaro, prima un alone indistinto poi pian piano tutto si schiarì, i contorni presero forma distaccandosi dal nero caliginoso delle ombre, e il volto di lei gli apparve come l'aveva lasciato molto tempo prima. Si mostrò con la sua fluente coda di un rosso sfolgorante, lei la sciolse con le dita dal piccolo cerchietto di stoffa che ne richiudeva i lunghi e lisci capelli facendoli ricadere sul petto e lungo la schiena.
Era magnifico il viso suo, un ovale ben disegnato su cui la bocca perfetta si plasmava su bianchi denti . Il labbro superiore si arricciava leggermente in una piega sensuale che nelle foto creava una leggera ombra, lui sorrise nel ricordare la stessa battuta che le ripeteva sempre nel guardarle "Sembra che hai i baffetti lassù Lilith" e lei sempre a caderci nella provocazione gli rispondeva imbronciando la voce e, con un irritazione che andava via spegnendosi, a ripetere che non era vero,e in effetti la sua era una bocca così perfetta che lui mai ne aveva potuto sigillarne i contorni con le dita, le labbra e gli occhi in una finitudine umana ma gli appariva come il lascito di una dea, come del resto tutto di lei sembrava richiamare una natura divina. "Non ho i baffetti, non li ho mai avuti, ma che dici" Lui se ne stava un pò in silenzio a ridacchiare sotto i suoi di baffi fino a quando ritornava a prenderla in giro in un gioco che piaceva a entrambi " Non sono troppo lunghi i tuoi capelli? Sei alta ok ma fino alle fossette della schiena non ti sembrano un po' troppo da ragazzina Lily " "Uffa ma la smetti, sempre a darmi addosso, prima i baffetti proprio a me che non ho peli da nessuna parte ok?" e arrossiva un po' nel dirlo, quasi fosse un adolescente, ma in fondo tra di loro vi era ben più che una manciata di anni . "E ora la storia dei capelli lunghi ... a me piacciono come sono, fatteli piacere anche a te, tanto so che li adori, sciolti, a treccia, raccolti o stretti sotto un cappellino ... tu ami tutto di me e non puoi nasconderlo " Eh si lei era proprio così, con un carattere deciso e suscettibile, si accendeva subito e quando lo faceva a lui bastava poco per renderla ancora più vulnerabile al suo arco che scoccava frecce incendiarie sulla sua stizzosa permalosità "Stai bruciando Lilith, o meglio dovrei chiamarti neurina, non ti accorgi che alzi quella tua voce calda che riscalda i tuoi neuroni e acceca l'amore che porti per me ... lo rendi incandescente, cosi rovente che mi bruceresti senza nemmeno accorgerti che lo stai facendo" Queste parole l'infiammavano di una rabbia dolce, quella che si strugge nella schermaglia tra innamorati, che cercano la guerra per avere la pace, che il più delle volte dal vivo si conduce tra le lenzuola di un letto come su un campo di battaglia, in notti lunghe che lasciano senza forze, col cuore calmo e la mente appagata, libera di vagare oltre le consistenze terrene. Lui sapeva come farla spegnere e riaccendere di passione ma anche lui aveva il suo carattere indomito e guai a stuzzicarlo se non si avevano armi altrettanto buone nel tenere una discussione, lavorare di cesello con l'ironia o a spegnere i fuochi della sua personalità sempre armata di una spada fiammeggiante e lei ... beh lei aveva quasi tutte queste qualità, le doti giuste per un uomo come lui e poi ne possedeva una che era stato difficile trovare per molto tempo in altre donne. (clicca sul video sottoper continuare ad ascoltare la musica) Aveva il dono di una concupiscente passione, la grazia di una dolcezza senza fine, le fiamme di una libidine che lo plasmavano rendendolo pazzo di lei. Ricordò molto di quella donna, gli occhi trasparenti rapiti al mare, la voce calda e sensuale, quelle note rauche a volte che lo facevano vibrare, e la risata smorzata quasi rotta a volte dalla sincerità di ciò che la colpiva. Era sicuro del suo amore, del trasporto nato poco per volta, della sincerità con cui lei era stata capace di avvolgerlo . Eppure non era stato un rapporto facile, sin dall'inizio si erano subito affrontati guardinghi, la differenza di età li aveva confinati su rive opposte, lui l'aveva respinta con una malcelata indifferenza e lei a disagio per un avversione tanto immotivata se n'era andata compunta. Ma erano fatti l'uno per l'altra e quel seme che era stato gettato nel loro limo era via via attecchito in un richiamo che li avrebbe fatti ritrovare per sempre. Si erano legati con un filo che lui aveva riavvolto pian piano mentre lei si era lasciata andare alla sua deriva consapevole che avrebbe perso tutto pur di affidare la sua anima a quell'uomo che aveva saputo allontanarla tanto quanto aveva saputo circondarla di attenzioni e carezze . Erano stati onesti in tutto quel tempo, onesti e leali come due colombe nel volare lungo quel tratto d'orizzonte. Avevano attraversato difficoltà, gelosie, incomprensione ed equivoci che li avevano portati spesso a interrompere il sentiero che li stava conducendo ad altezze vertiginose. Erano scesi negli inferi, navigato su acque torbide e scure, viaggiato su percorsi impervi e nuotato in acque gelide e profonde, ma sempre erano tornati in superficie, guadato fiumi burrascosi, approdando su rive candide e in acque calde e ferme. Sempre oltre le anse di sentieri tortuosi avevano ritrovato la strada dritta e illuminata dal sole o dalla luna splendente per tornare a baciarsi. Sempre era tornato il sole e il vento li accompagnava gonfiando le vele del loro meraviglioso naviglio. Ma il giorno della sconfitta era giunto anche per loro, il nero mantello della disillusione era calato sul loro tempo che, breve, aveva cessato d'un tratto di scorrere come le nubi su un firmamento di stelle. Il giorno dell'inganno era calato dal nord gelando tutte le acque, piegando gli steli dei fiori appena sbocciati. MARVELIUS (segue sotto parte B)
|
(Post "Il Fabbro dei Sogni II°", scisso in tre parti: A-B-C che segue il post precedente "Il Fabbro dei Sogni I°") PARTE B Le bugie si erano dischiuse come
E lei, come su una barchetta tratta a riva nel mezzo di una burrasca rispose Le parole di lui erano piene di risentimento, scorticato dalla rabbia ma piene d' amarezza che lo accompagnava come un ombra.
"Tante sono state le mie bugie e molte le dovuto sfiorarti ti ha roso come un tarlo Entrò nell'acqua e vi si immerse la veste. (segue sotto la parte C) MARVELIUS |
(Post "Il Fabbro dei Sogni II°, scisso in tre parti: A-B-C e che segue il post precedente "Il Fabbro dei Sogni I°") PARTE C Anche sotto l'onda della rabbia e del provava un misto di dolore Lo riportò alla realtà il salto di uno (clicca sul video per continuare ad ascoltare)
"Cosa resta di noi Lilith? Cosa resta E tenendola per mano si avviarono MARVELIUS |
Credeva che i sogni fossero il prologo di un racconto non scritto, la sintesi di una vita non ancora vissuta, il filo su un baratro non ancora dipinto. Così nascevano nella testa quelle celle di silicio bianco infuse di emozioni, dimoravano nel suo cuore e si affacciavano sull'uscio delle labbra come navigli sui greppi di una vertigine d' acque. sospiri nel suo atanor di sogni, le impastava col lievito di emozioni di svelate , le irrorava con assenzio e mandragola e leggere nebulose d'oro gravitanti con piccoli grani d'argento fumosi, affumicati su graticci d'ere agonizzanti e quando il peso dei suoi ricordi diventava un macigno che non poteva più trattenere li filtrava con le speranze levigate su grandi lastroni di basalto miste a bianche cortecce d'alberi mai morti, oscure presenze irte nei laghi di abissi profondi dove svettavano cime innevate e ghiacciai perenni. di brillare e fiumi di lava incandescente ribollivano, mentre una musica tintinnava tra le squille argentine d'acqua mai imbrigliata e si incuneava tra le loriche di foreste vetuste e i nodi contorti di ulivi secolari. le parole e quanto vuoto in esse riempisse gli spazi come una verticale che vacilla o un incudine che attende il colpo di un maglio senza cuore. creazioni oniriche su cui infondeva la sua verità come un verbo che non teme le crepe del dubbio, un sigillo di fuoco che lasciava dietro di sé una densa spirale di fumo. Eppure bastava avere un briciolo di fiducia, leggere con attenzione tra le labbra e nello sguardo che si fa strada nel buio delle ombre per comprendere l'essenza delle cose. sera scivola tra le case del borgo o all'alba sibila tra gli anfratti delle linfe di piccoli torrenti, di specchi di gore stagnanti. Era il rumore molesto della corrente tra il greto affiorante, il frusciare delle foglie ai primi raggi del sole quando tutto si risveglia dal grigio pennello di una notte agonizzante. sogni e come fumo di torba salivano in alto come bistro fumigato di graticci sbuffanti per poi precipitare, nere di caligine e pesanti dal troppo peregrinare. chiusa nel suo mantello di pensieri. La caverna era un luogo inospitale così piena di ampolle e fumi maleodoranti, ricchi fastigi di un epoca trapassata l'adombravano come grandi tende di fumo su cui erano scritte storie andate perdute, arazzi di china volteggiavano su soffitti di madreperla dove sostavano, incaute, speranze imberbi. tremante, e nel dire quelle semplici parole chinava lievemente il capo arrossendo un po', ma quel rossore sembrò fuoco che usciva dalle viscere della terra, fiamme guizzanti di un vivo tremante .
Gli occhi erano di un azzurro penetrante che nelle giornate d'inverno divenivano di un grigio trasparente. Il corpo era velato d'aria e foglie e il vento la copriva e la carezzava on refoli profumati d'oltremare. Il crine raccolto e composto in una treccia che le ricadeva su un lato del collo fino a sfiorarle il ventre era di un mogano che sfumava in cupi riflessi di un nero ramato e in quel contrasto con la pelle eburnea finanche la luna e la notte se ne ingelosivano, amareggiandosi come il mare che dei suoi occhi si sentiva defraudato. la mia dimora ...Nessuno da un era è più giunto su questa vetta, dimmi cosa cerchi da un vecchio che vive solitario tra fusti avvizziti d'alberi silenti e rocce scure ammorbate da infusi che più neanche distinguo". del ghiaccio, mentre il viso rubizzo sembrava scolpito nella pietra, poi aggiunse con un tono più lieve che dorme per non sentire i miei lamenti, uomo che aprì lo scrigno dei sogni fui e che materializza i suoi pensieri da epoche perdute nel tempo" .
La donna prese coraggio e traendo un profondo respiro chiuse gli occhi per un istante poi guardando l'Uomo Eterno, cercando dentro di sé una calma che non possedeva, chiese mettendo nella voce tutta la volontà che le rimaneva speranza , cerco i sogni che ho perduto da tempo, la forza di una speranza consumata tra la cenere del fuoco che ardeva un tempo" parole e una lieve smorfia gli stirò le labbra, un piccolo segno di un dolore appena avvertito lo colse nei pensieri andanti, poi chiuse gli occhi e in quell'attimo di eterna fusione colse dalla sua memoria i fiori di un giardino eliso, i profumi di un prato fiorito che anelava sospiri al vento tremulo della sera. d' avorio le sue ali si chiusero raccogliendo il vento dei ricordi e i grani del tempo precipitarono nella clessidra di sabbie giovani riavvolte nel soffio di un respiro appena sussurrato ed esclamò con voce dura ma che nulla aveva del rimprovero ne una scorza di giudizio
che pennellano il cielo con la luce scintillante del mattino e speranze che muoiono con essi dopo un fugace battito di ciglia, come una lama che affonda nel petto del cosmo esse pugnalano il crepuscolo con rossi squarci di inconsistenza versando sangue dagli acini di ciò che più non sarà". congiunte al suo petto in attesa di parole che le dessero speranza, i suoi occhi erano lucidi e il cuore palpitava ma dentro di lei si faceva strada il buio della notte e le ombre della sua disillusione presero ad allungarsi lungo il cammino che la conduceva all'oblio. e colse nel suo sguardo un intenzione che morì sul nascere, la voglia di chiedere oltre quell'incompresa ragione, così le donò altro di un vaticinio che nulla aveva della speranza se non la morte stessa di quel delirio tanto agognato. "I tuoi desideri li hai sacrificati da tempo Lilith, i tuoi sogni li hai barattati sull'ara dell'orgoglio, le tue speranze erano flebili fili d'erba che il vento ha strappato dai crinali dei monti trascinandoli negli angoli di gore putrescenti, come mulinelli di foglie rinsecchite il flusso delle acque le ha portate via con sé dove esse più non sono che tenere inconsistenze ." La donna piegò il capo e comprese quanta verità ci fosse in quelle parole e cedette sotto il peso del rimorso che le serrò la gola mentre il rimpianto per ciò che poteva e non era stato le divorava il ventre come una fiammella divora il buio della notte. Quando l'Illusionista tornò a parlare di lei
MARVELIUS |
Nessuna porta è mai cosi assolutamente chiusa, cosi definitivamente serrata da non aver chiavi per aprirla e quand'anche esse siano perdute il vento troverà il modo per renderla violata, come la luce degli occhi saprà sempre attraversarla, come il pensiero saprà fonderla e il cuore sempre trovarne il calco ...
erano sbarrate da ampi grovigli di rovi...
Ebbe d'un tratto timore di doversi arrendere, cedere alla lusinga della rinuncia ma non si arrese alla sconfitta, avanzando col sole che ormai alle sue spalle declinava oltre le cime dei monti oscuri e quando giunse ai cancelli del bosco un ombra lo scavalcò come il buio che arranca e tutto copre con un velo d'organza. Poi trovò un varco come seguitar d'un segugio scaltro e senza pensare oltre passò la soglia che più non si torna affondando d'incestua lena come una lama nel cremoso sodalizio della carne. Ed ebbe sorpresa nel cingere i fianchi d'alberi dalla chioma larga e folti ciuffi di achemille e cesti di viole grondanti effluvi d'oltremare, gli slarghi delle radure bordurati d'acanti e gli ampi corsi d'acque cristalline...fino a che la luce argentata d'una marmorea stella lo inondò di fasci di polvere cangiante .
Ecco dunque, era nel mezzo della foresta antica ma invero era giunto nel cuore d'una donna... Eppure il suo richiamo s'infranse sui bastioni del petto come le onde sui bianchi scogli. Ecco la sua isola circondata dall'azzurro del mare, tra verdi distese di caule filute e ciuffi di asfodeli lungo i rigogliosi prateggi, tenere giunchiglie tra le anse di fiumi serpentini e le bordure dei boschi. Avvertì il profumo penetrare le narici e farsi largo tra la carne tremula nel soffio caldo, tra gli odori di viole che stordiscono i sensi . Ebbro di effluvi di un eliso giardino si addentrò nei labirinti della mente e con dita tremanti sfiorò ciuffi di achillea tra la terra smossa, su prati di foglie carnose di ligustro e aghi di agrifoglio nel pungente timbro di resina d'ambra. Piccoli steli affusolati di fiordaliso bianco danzarono nelle corolle lattee tra spire di vento rarefatto, mentre petali schiusi di un fiore candido stillarono terse lattiginose dall'odore pungente. "Carnale è la mia Isola"
pensò tra sé col cuore madido di pene, ventre grumido di rocce sgorgate dal mare, intreccio di lamine nel fertile solco; ne sentiva il pungente ancoraggio di radici di faggio, le spinte poderose dei bastioni lungo le pareti dei monti come abissi languidi e mortali ... Eppure in quell'acqua quieta avevano sostato e nel tumulto delle onde generato turgide zolle e al sole del mattino, emerse nell' eco di un vagito che aveva scosso le fondamenta della terra.
Gemettero le acque d' un fiume di voglie, schiumando, ridendo, godendo e gorgogliando tra i duri sassi nel solco delle faglie. Lunghe vesti gli cingsero i fianchi tra fruscii di veli che molestavano il corpo, bianche le gote come nivei nembi e rosse le sue labbra come fico divelto nel gravido vento tra l'erba dei campi come seme germogliante la nuda terra. Così ancora una volta ricordò quel segno,
perle saettarono come verde baleno,
resinosi carezzando i solchi e la crosta
Cosi il ricordo giunse sulle ali del tempo e colmò sull'uscio l'ora che tutto arresta, il vespro che offusca la luce col drappo c'appressa la notte con le amiche ombre così il partire fu lesto come dolce il naufragare ....
Marvelius
|
Post n°112 pubblicato il 13 Ottobre 2016 da Marvelius
Ti rivedrò Fratello ... Is not goodbye John
|
Ma la tristezza non lo avvolse come il vento le
loriche degli alberi.
Solo un velo di nostalgia lo sfiorò per ciò che era
stato un tempo per lui felice, piccoli riflessi di
rugiada su ombre mescolate ai profumi dell'estate
si librarono tra le nebbie dei pensieri.
Così si volse per un attimo verso la finestra che
dava sul giardino mentre sui vetri
scivolavano gocce di pioggia , un lieve alone le
rendeva opache di un grigio ferro mentre gli
alberi di la da essa ondeggiavano colpiti dal vento. Così si rivide in un altro tempo a danzare con lei come foglie d'albero nel tintinnio delle acque
L'ago dei ricordi si fece tremolante come la luce
della candela che anelava alla notte.
Morbide ombre plasmate sulle pareti tinte a calce
si mescolavano agli oggetti semplici che ricoprivano
le mensole vicino al camino. Spigoli di una memoria
ardita tra le colonne di quel tempio che andava
ricostruendo nel viso suo piccoli tasselli di colori
ritrovati, una tela che mieteva immagini tra le
sabbie di una clessidra che sgranava gli attimi come
chicchi informi di un rosario su cui erano impresse le
loro voci lontane.
Era cambiato in quegli anni , era mutato il suo viso,
la voce era divenuta più calda, forse un po più
profonda, come le parole che nuotavano nel fondo
dell' animo, troppo spesso annidato in una
regione difficile da raggiungere. Non aveva lacrime
ne sorrisi da pescare nel lago del suo spirito duro
come scorza di bosso, ne quelle lamine dorate che
un tempo disegnavano riccioli felici ai lati della
bocca.
Era semplice ora come lo sbuffo di una nuvola ,
glaciale come un granito di ghiaccio, ma sapeva
che dietro quella maschera restava più fragile,
che nella roccia profonde ferite minavano una
solidità perduta.
Il suo carattere si era ingentilito tra le pieghe del
silenzio ed era divenuto un cristallo levigato tra
i pensieri della notte che, come una compagna,
lo attendeva sul finire del giorno, quando il sole
morente si dava commiato sulle brulle montagne
e si inabissava nel lago a ovest dei verdi campi
di Gared.
Un tempo non troppo lontano aveva combattuto
per quelle terre , aveva mostrato alla sua gente la
testarda irruenza della sua razza, l'inviolata cuspide
della sua indipendenza. Come un castellare di pietra
si ergeva al di sopra delle sue debolezze per
ubriacarsi nell'orgoglio e nella saggia visione del
suo tempo, giungendo la dove gli altri si erano
arresi.
Ora che la visione della sua ninfa sfumava tra i
contorni del suo essere sentiva il peso della sua
mancanza, come se il sapore della sua vita si fosse
d'un tratto ritratto del sale. Sentiva che il lievito
di cui era impastata la sua anima stentava a
crescere e come un mare senza onde si ritraeva
oltre le rive d'un tempo, lasciando dietro di sé
solo l'opaco ricordo di antiche meraviglie.
Era biglia di vetro senza i colori del suo interno,
sterile trasparenza senza inganni rotolava lungo
il pendio dei suoi anni prossimi al traguardo di un
nuovo inizio che non catturava più la sua curiosità.
Raccolse tra le mani la spilla di elettro che lei
teneva tra i capelli , ne seguì il profilo con le dita
e chiuse gli occhi per farne coriandoli di poesia ,
stelle cadenti di un firmamento di luci che
popolavano i suoi silenzi.
Poi apparve ... oltre la cortina del nero caliginoso
in un raggio di fuoco, e il suo odore di muschio
e sandalo si impresse nella stanza come olio
fumigato, il crogiolo della memoria fu aperto
e i suoi occhi la videro entrare su un carro
trainato da leoni di un bianco sfolgorante.
Il nero crine smosso dalla brezza calda di una notte
che profumava di fiori di arancio si tese come vele
sgualcite di una nave che solca le tempeste,
poi la ninfa parlò e l'incanto di quella visione si
fece meraviglia .
"Non ti ho mai lasciato Fatuus ... mai nelle mie notti
d'esilio, sul limbo tenero di questo mio essere altro."
E i suoi occhi vibrarono di un intensità sconosciuta,
il verde brillìo delle sue iridi irradiò la stanza di una
luce mistica mentre la sua voce la riscaldava come
il fuoco di cento camini.
Resta Eco ... resta in questa casa da troppo tempo abbandonata persino dall'aria , dove il mattino non osa entrare ed 'è rifugio d'ombra e silenzio ... entra mia regina per mai più ripartire"" e dicendo queste
parole Fatuus si alzò dal suo giaciglio con occhi pieni di
speranza e allungando una mano cercò di sfiorare
le sue trasparenze.
Ma la sua mano penetrò il velo d'aria ricamata
di polvere di stelle e nel freddo incedere di quella
sostanza sentì il suo cuore riempirsi del sangue di Lei mentre la guardava come in un tempo ritrovato.
"Vorrei restare tra queste mura, dalle tue braccia
che non posso toccare farmi cingere come rami
d'acanto ... ma non mi è permesso sostare più del
tempo di un batter di ciglia ... ma sempre resterò
vicino a te quando la luna assisa in cielo si
ammanterà di luce tra le nubi trasportate dal vento,
nel cuore della foresta cercami, nella radura dove
danzavamo trovami , lungo il fiume dove mi hai
amato ritornerò a te, nell'aria che si scalda
dell'algore sarò per sempre la tua sposa ... per
sempre come la pioggia che si scioglie nella terra".
Pian piano tra quelle ultime parole sospese
l'immagine sfumò e si disperse come pulviscolo
nel vento sul tratto d'orizzonte.
Restò il profumo del suo passaggio e il calore
della sua presenza nel cuore di Fatuus che si
lasciò cadere sul pagliericcio accanto alla
finestra aperta, tra il rumore della pioggia e
l'odore di terra che impregnava l' aria nella
notte.
I suoi occhi si serrarono come i suoi pugni
mentre il suo animo chiuse le porte alla
tristezza lasciando un piccolo spiraglio alla
speranza e adagiandosi sul suo giaciglio si
abbandonò al sonno popolato di sogni
mentre ai lati della bocca due piccoli riccioli disegnarono un lieve sorriso ...
Marvelius
|
Marvelius |
TAG
REGOLE DI CIVILE CONVIVENZA
Questo blog non può intendersi come ovvio come prodotto editoriale
Le foto e i video di questo Blog e del relativo Profilo e/o Sito sono state reperite in gran parte sul web.
Ove fosse stato violato il diritto di copyright, prego i proprietari di darmene avviso, per la relativa immediata rimozione.
Ogni testo, scritto, pensiero poesia qui riportato, è di mia proprietà e non può essere copiato o riprodotto in altre piattaforme, siti o blog , senza mia espressa autorizzazione o senza citazione scritta della fonte, ai sensi della normativa n.29 del 2001.
R.B alias Marvelius