Marvelius
Elrond lands :dove il mito e la fiaba, la realtà e la fantasia si incontrano al crocicchio del vento
"Hic lapis est subtuste, supra te,
erga te et circa te"
L'ETERNITA' E' UN FUOCO CHE CONSUMA E CONSUMANDO VIVE
TASFORMANDO IL SOFFIO IN UN ALITO IMMORTALE...
MARVELIUS...
LE PAROLE SONO NOTE SULLE ALI DEL VENTO
SONO TRATTI DI LACRIME E APOSTROFI D'AMORE
STILLE DI MELOGRANO COME LUCE DI LUNA
IN UN POZZO D'EMOZIONE...
M.LIUS
Leggere uno scritto è un esercizio di fede,
il difficile tentativo di sfiorare l'animo dell'autore,
e il senso nascosto delle sue parole
Solo attraverso la musica trovo la chiave
per penetrare in esse
filtrando dalle dita su un foglio bianco
o dalle nere consistenze
di questo spazio virtuale...
buona lettura e buon ascolto
M.lius
La sapienza è il giaco che respinge
vili metalli
è lo splendore che rende giustizia
al saggio e all'umile pastore
che dellapropria ignoranza fa tesoro
indagando prima se stesso...
M.LIUS
Sono qui come un randagio
tra la radura del bosco,
come falco sul cipiglio di una sporgenza
ad ammirare ciò che lo circonda.
Annuso l'odore della sera
e le parole della gente,
come il profumo dei fiori
nell'afrore del mattino
Scrivo d' emozioni che si svestono
nell'ora tarda della sera.
Sogni rapiti tra tenebre nascoste
e ombre vacillanti di demoni rapaci
agli occhi del cuore.
Oscure pergamene
stillate da gocce a gocce
nell' inchiostro della carne.
Non cerco altro in queste terre,
ne asilo in altre lande,
sarò lieto del vostro passo,
delle orme che qui deciderete se lasciare,
dei rumori e dell'eco di vostri cenni,
delle parole che qui pianterete
come virgulti e teneri germogli ...
Al Cuore prestai sempre Fede
come alla Ragione il Lume
e al Corpo ignudo lo Scudo
che tenne fiero e indomito
il Sigillo della mia
Anima...
MARVELIUS
Marvelius
è il mio nome
scritto nelle rughe
di una roccia
Marvelius
è il segno di un
libero pensare
la mano che vi
invita a entrare
la voce che vi
sussurra i lemmi
di un dolce sentire...
Marvelius
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Mi incamminai sul far della sera percorrendo un paesaggio
opprimente e desolato ma sapevo che
in prossimita del castello del Conte
il panorama sarebbe mutato e il terreno brullo e
ciottoloso avrebbe via via lasciato il posto a una
maestosa e impenetrabile selva .
Avevo la certezza che tutto in quella notte
sarebbe mutato, la mia vita legata a ciò
che sarebbe successo di li a poco, agli eventi che sentivo
precipitare come un masso giù per il pendio
senza che nulla e nessuno avrebbe potuto opporre la
minima resistenza .
Lui sarebbe stato nel cuore del suo regno e nel fulgore
delle sue forze, io solo un fuscello senza nessuna speranza,
nell’attesa di una tempesta d’orrore che mi avrebbe
spazzato via come un granello di polvere nella furia
del vento.
La carrozza giunse puntuale al rintocco di mezzanottte
Un elegante cocchio scuro come la pece si fermò
dinnanzi alle scale di un marmo bianco come
pelle di luna.
L’uomo di corvette stette immobile nel suo silenzio
stringendo le redini tra le mani smunte
mentre i cavalli che fino ad allora avevano
galoppato come se il Demonio li stesse inseguendo …
oh stolto uomo che sono …anche le mie parole si vestono di
un abito d’ironia e di tragica disperazione … quei cavalli
lo trasportavano davvero un Demonio, un Alichino potente,
un Barbagrigia invitto il cui profumo d’orgoglio e
e di forza ammantava quelle bestie facendole volare
nella notte merlettata d’ombra e follia.
Nascosto tra le siepi a ridosso del muro del castello
riparato nel cono d’ombra dei cespugli trattenni il respiro
e col cuore a mille sperai che non potessero sentirmi,
che a Lui sfuggisse il mio odore e la mia paura
materializzata nel battito furente del mio cuore
e dai rivoli della mia fronte imperlata di sudore.
Per un attimo temetti di essere stato scoperto …
l’uomo a cassetta che fino ad allora era restato
immobile nel suo silenzio si era voltato verso di me .
Vidi il guizzo dei suoi occhi scintillare nella notte,
due puntini di un giallo vivo penetrarono nel
verde che mi prestava riparo ed io chiusi gli occhi per istinto
per non essere trafitto da quello sguardo amaro e cacciatore.
Era un uomo … in realtà dovrei indugiare e non poco
su questa definizione, ma non ho altri termini che possano
definirne i tratti e contemplarne la sostanza…
non so se avesse un anima o conservasse i lineamenti
di un umano alla cui specie un tempo doveva appartenere
ma come tale mi sentii di pensarlo almeno per un attimo,
per un abitudine alla forma , per una indefinito alibi
di speranza sul proseguo del mio destino.
Aveva un cappello a tre punte, una specie di tricorno scuro
come il mantello che lo avvolgeva fin sotto il naso adunco,
zigomi sporgenti e due occhi … due occhi come un gatto
selvatico , famelico e diffidente.
Si mosse con gesti misurati e una certa lena che lo faceva
apparire deciso e mosso da un unico scopo … una fedele
volontà di servire il suo Padrone.
Scese dalla carrozza dal lato dell’ingresso al castello e
si fermò dinnanzi alla posterla come ad attendere un comando.
Sembrò freddo, glaciale, premuroso … una certa aspra
sottomissione lo rendeva bizzarro ma non privo di orgoglio
che mostrava alla notte col suo portamento eretto
e il suo sguardo penetrante.
Le nuvole scorrevano con una velocità inverosimile e
la luna si mantenne schiva nei cumuli alti del suo cielo.
Poi l’uomo si mosse come sotto il timbro di un comando
e aprì la porta della carrozza … fu come se il vento,
prima serrato dentro di essa come in un otre che tutti li
racchiude, si liberasse di colpo e un soffio caldo si sparse lungo
lo spiazzo, un odore di viole tinse l’aria di quel dolce effluvio
che mi pervase togliendomi le forze.
Caddi sulle ginocchia confuso, la testa prese a girarmi
come sotto l’effetto di una droga ma fu un attimo e in
quell’attimo cercai con forza e ostinazione di rimanere vigile,
mi pizzicati più volte sulle gambe e sulle braccia, mi morsi la
lingua fino a lacrimare ma con l’accortezza di non sanguinare.
Poi nell’oscurità della carrozza vidi brillare i Suoi occhi,
due punti fissi di un rosso carminio, ancora una volta tremai
e mi ritrassi tra le foglie, sentivo il Suo sguardo sopra di me,
intorno a me … e liquido e pungente dentro di me .
Erano occhi di una potenza senza eguali che scandagliavano
in ogni dove come la vista di un aquila affamata nel folto
della foresta.
Pregai che quello sguardo formidabile e quella mente
che bussava alla mia porta come un araldo che annuncia
l’arrivo di un esercito a falcidiare ogni cosa al suo passo
non scardinasse i miei fragili cancelli ,
che le torri del mio maniero non si sgretolassero
sotto i colpi di maglio del suo indagare,
che le barriere della mia mente non cedessero sotto il peso
del suo ariete che indugiava sopra di esse mentre
come una talpa instancabile scavava gallerie profonde per farle
cedere o cercando crepe e fessure dove penetrare con i rami e
le radici della sua mala pianta.
Quando riaprii gli occhi la porta della carrozza era aperta
e dei due uomini non c’era più traccia.
Solo un vento ghiaccio intorno a me e una leggera nebbia
che dalla terra si levava verso l’alto celando il terreno brullo
e umido raggelando le ossa e il respiro mozzo.
Dentro di me qualcosa si stava spezzando, il cuore smise di
correre senza più controllo e arrancò come un orologio senza
più carica, il fiato divenne corto e serrato e i miei occhi, prima
fissi e spalancati sul buio, ora si rincorrevano come in cerca
di una salvezza che sapevo non mi avrebbe rapito ad una fine
scolpita nell’orrore di quella notte.
Ogni muscolo sembrò irrigidirsi come un pezzo di carne battuta,
i tendini si stirarono come funi e stralli di vele tese dal vento forte
mentre intorno alla mia aura una cappa di terrore mi avvolse
lasciandomi senza forze e privo d’ogni speranza.
Avvertii la presenza di un essenza opprimente,
il peso di uno sguardo possente,
il respiro di una bestia infernale e mille occhi che come
tizzoni ardenti presero a bruciarmi la carne prima ancora
di infingersi dentro la mia anima per scrutarne ogni
singola postilla di fede.
Il buio mi stava inghiottendo e con lui qualcosa di inestinguibile,
di eterno e abissale mi portava via con sé trascinando
la mia volontà con la Sua infinitamente più potente.
Chiusi gli occhi e precipitai nel mio inverno in attesa
che mani nerborute mi afferrassero, che artigli laceranti
mi penetrassero la carne e un ruggito di una belva oscura
risuonasse nella radura prima di affondare le sue zanne
sul mio collo.
Sentivo i miei denti battere gli uni contro gli altri,
il freddo delle ossa raggiungere il midollo di ogni singola vertebra
e risalire l’ungo la schiena imprigionandola nell’arco rigido
della sua paura.
Poi successe … proprio quando l’ombra deforme della notte
mi aveva avvolto nel suo cubicolo d’ingorda e famelica disperazione
… accadde …
Le mie gambe sentirono fluire di nuovo il sangue
che prima si era raggelato nelle vene, i muscoli pulsarono
come valvole spalancate al flusso della sua rossa linfa,
e i tendini tesi e bloccati dalle catene della codardia scattarono
come corde di un arco d’Itaca e fui ombra tra le ombre,
fui freccia di vento e dardo di grandine nella cupa boscaglia.
Corsi come un felino braccato da un demone vorace,
volai come un falco che sfida il vento d’ostro
e nuotai tra i corsi d’acqua come un pesce che non conosce
requie al suo guizzare.
E quando il cuore cedette, quando le gambe piegarono
come giunchi spezzati dalla tempesta, quando i piedi si
storsero giunti al culmine del loro consunto mulinare
crollai a terra … e tanto fu il fragore tra la polvere
infitta nella carne, tanto il ruzzolare tra l’ erba tagliente
e le frustate di spine arginati tra la cartilagine e i nervi
sfilacciati che mi risollevai a fatica grondante di sangue
nei lacerti pulsanti .
I palmi delle mani spogliati della pelle bruciavano
come cosparsi di aceto e sale rovente sulla sua carne viva,
il petto flagellato da cuspidi di aculei e serti d’ortica
spillava linfa e rivoli di sangue e il viso tumido e gonfio
non doveva essere molto diverso da tutta quella rovina.
Quando riuscii a rimettermi sulle ginocchia volsi lo sguardo
verso ciò che mi divideva dalla mia salvezza … il fiume …
oltre al quale avrei trovato la stradina che conduceva alla chiesa
Aprii gli occhi tumefatti e gonfi per capire dove dirigere i
miei passi.
Avevo poco tempo e quel poco forse non sarebbe bastato ,
ma il fiume non c’era dinnanzi a me, sentii il fluire della corrente,
il gorgogliare delle sue acque tra le anse e il greto ciottoloso
ma davanti a me c’era solo il nero della notte,
il buio minaccioso e abissale oltre il quale solo e ancora tenebre .
Socchiusi le palpebre doloranti ma nulla di diverso mi apparve ,
solo un immenso sudario di inchiostro fino a quanto
su quel lenzuolo d’ombra si aprirono due spilli di un cinabro
vivo e sfolgorante, due rubini profondi come fiamme d’inferno
e quel buio impalpabile divenne un animato spettacolo di carne
e tenebra.
“Avete molta fretta Milord …
Correte nel buio di una notte
senza luna e senza stelle …
Nel folto di una foresta molto pericolosa e in una direzione
senza uscita , di certo vi sarete perduto tra questi alberi
cosi simili da inghiottire ogni orizzonte".
La sua voce era come un tuono,
la sua figura maestosa e infissa nella terra come
una quercia in mezzo alla radura.
I suoi occhi di fuoco liquido arroventavano l'aria
catturando la mia attenzione e la mia paura come
un gorgo in mezzo al mare...
Poi Egli con modi gentili aggiunse
"Ma la fortuna vi arride Milord…
avete incontrato Colui che di queste terre è l’indegno
Custode.
Venite … stanotte sarete mio ospite.
Il mio Castello non’è molto distante da qui
e bisogna curare
le vostre molte e profonde ferite,
perdete molto del vostro prezioso sangue
vi rimetterete in viaggio quando sarete guarito.
Immagino abbiate una certa premura
di giungere alle rive del vostro corso”.
Disse queste parole inchiodando i suoi occhi nei miei
ed io non ebbi ne la forza ne la una minima possibilità di rifiutare
… Non sarebbe servito , non sarebbe bastato …
Mi sentii afferrare da dietro da due mani possenti
che con agilità e con un apparente mancanza di sforzo
mi sollevarono da terra e mi posero come una fascina di legna
sulle spalle dell’uomo che avevo visto prima condurre la carrozza.
Quando volsi lo sguardo sull’entità che mi aveva parlato
non scorsi che un grigio cilindro che svaniva nelle tenebre
e un odore dolcissimo di viole …
Marvelius era dunque tornato ed io ero perduto
forse per sempre …
MARVELIUS
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REGOLE DI CIVILE CONVIVENZA
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R.B alias Marvelius