Creato da Marvelius il 21/08/2012

Marvelius

Elrond lands :dove il mito e la fiaba, la realtà e la fantasia si incontrano al crocicchio del vento

 

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L' ULTIMO VOLO ...

Post n°81 pubblicato il 09 Febbraio 2014 da Marvelius
 


 




Passeggiava sulla scogliera tra il ruggito delle onde

e la spuma di mare come veli di sposa sugli irti

pinnacoli di roccia.

Al vento consegnava i suoi pensieri e le domande

pescate in fondo al cuore, mentre

col viso stanco si immergeva nelle profondità scure

delle acque.

Chiuso nel suo giaccone scorreva i suoi passi come grani

di un rosario senza fine.

 

 

Al largo una barca duellava con le grandi onde ferruginose

e il cielo baturlante tempesta,  così,  tra la pioggia sferzante

e il vento teso si sedette su uno scoglio poggiando i suoi

stivali  su un  masso bianco e  traslucido.

Si tolse il cappello e con le mani ne accarezzò la tesa scura

 imbibita di pioggia e salsedine, poi sorrise e alzandosi con

una composta flemma si pose sul ciglio della scogliera

tenendo il suo cappello tra le dita, poi strinse il braccio

verso il petto per poi allargarlo di colpo con un rovescio

lanciando il cappello  nel grigiore del cielo .

Restò immobile fino a che il suo cappello non approdò

sulle acque, lo guardò sparire e riemergere tra le

onde sfrigolanti, una piccola macchia scura tra flutti

di verdemare e piombo liquido e rabbioso.

Poi si volse verso il declivio della montagna

e con gli occhi lacrimanti per il troppo vento si mosse,

lasciandosi alle spalle quell’oceano di vita pulsante.

Si inerpicò lungo il sentiero brullo e roccioso che

portava alla sommità della scogliera col capo chino

sui suoi passi e i pensieri pesanti come macigni e nel

muto incedere lasciò che il suo cuore gli parlasse.

Sono stanco … stanco di questo tuo non dimenticare,

stanco del tuo darti pena, dei tuoi capricci che tolgono

il sereno lasciando nubi ai tuoi orizzonti, onde maestose

al tuo animo e tempeste nel fondo del tuo spirito.

Sono stanco del tuo peregrinare, del tuo non saper

attendere nell’oasi dei tuoi simili, del tuo astenerti

dal desinare oltre i morsi frugali privi di sale,

stanco dell’ insonne ristoro delle tue membra
”.

Si fermò sul ciglio del dirupo e con le mani in tasca

si sporse fin quasi a spiccare il volo tra l’aria rarefatta

sopra il rigurgito delle acque, tra gli scogli affioranti

la baia angusta del litorale.

Poi si sedette nuovamente accarezzando ciuffi di achillea

coi palmi delle mani e con serenità rispose al suo cuore …

Ho attraversato strade polverose di vecchie città dirute e

danzato sui grandi lastroni di marmo di palazzi sfarzosi,

ho posato i piedi nudi nella rena umida del mare

e nelle roventi sabbie dei deserti.

Ho diviso il mio viaggio con stranieri come divide il fuoco

 le sue lingue, condiviso gioie e dolori con chi del mio fianco

teneva dolce premura sperando in certezze e protezione.

Ma non ho cessato di andare avanti, di cercare di

afferrare l’ombra dei miei passi quando il sole mi scaldava

la schiena e la notte mi ammantava con le sue tenebre.

Il mio destino è un libro bianco mio fidato amico, pagine sciolte

su cui intingere il pennino delle nostre scelte, la mia fame

è un insaziabile torre che svetta verso il cielo e i miei

occhi hanno il colore che tutti li possiede .

Così mi immergo nelle trasparenze del vento come

nelle oscurità degli abissi che tu hai imparato a percorrere

insieme a me
“.

Si distese sull’erba sparuta tra piccole sporgenze di roccia e

terra e si lasciò rapire lo sguardo dall’’ampio squarcio di

azzurro tra dense colonne di piombo.

Una lama di luce di un rosso perlato si incuneava ora

 tra lembi di cirri biancastri e i carri di nuvole pesanti  che

inghiottivano le cime più alte dei monti.

Poi fu ancora il suo cuore che parlò e sarebbe stata l’ultima

volta che lo avrebbe fatto, e lo fece con la voce tenera di un

bambino ...


 

 

Sono triste … e tu sai perché …

Avrei voluto darti altri rintocchi che come tuoni

potessero echeggiare tra le gole dei monti  e ben altro

calore al tuo petto per incendiare le notti al chiaror di

stelle o quando la tormenta ghiacciava le tue membra.

Avrei voluto avere un altro cuore vicino a me affinché

come una pariglia di brenne potessimo correre e battere

le ore della veglia, avresti dovuto avere un altro Me …

Un cuore più adatto al tuo cammino, piu forte e profondo

con cui immergerti nei pozzi oscuri e nella luce

vermiglia dei tuoi soli.

Ma qui ci sono io  e io soltanto e sono stanco …

Stanco per non poterti seguire e  dare cio che tu cerchi

e in questa mia incapacità mi consumo come

stoppia affastellata al calore di carboni ardenti.

Fumo nero sale tra volute storte lungo i muri della tua dimora,

ne annerisco le pietre nobili e i cocci cinabri e come sangue

rappreso cedo la mia linfa a fatica per darti le ultime ore

di sollievo che segnano la mia incapacità e la mia melanconica

resa.

Dirti addio è un ponte sospeso su un abisso tra due monti ,

l’uno mi è di conforto per la mia pace dopo molte battaglie,

l’altro è il calco indegno del mio fallimento
”.

 

 

Egli restò immobile steso a terra, ma i suoi occhi ora erano

serrati, lo sguardo sereno, il viso disteso nei suo tratti regolari.

Solo i capelli ricadenti sulla fronte si muovevano agitati dal

vento, i profumi di fiori selvatici gli giungevano alle narici

e l’odore della salsedine gli riempiva i polmoni di gioia.

Sognava l’immensità del mare e la forza eterna delle onde

e iniziò a viaggiare con la mente verso la sua meta tra le stelle

e il cosmo siderale.

 Si lasciava cullare dal vento che lo innalzava sopra le

cime imbiancate dei monti, lo librava come una piuma tra i

boschi resinose e finì a planare sulle acque tortuose dei fiumi

 o quelle placide dei laghi di foreste antiche e mormoranti.

Le caule filute gli narravano la storia di quella terra

e le camme dei gigli gli bisbigliavano ciò che avrebbe sempre

voluto conoscere, che non c’è dolore oltre quel momento di

mutamento e che il suo viaggio era appena iniziato e non

importa quale strada si percorre perche uno è il viaggio,

una la meta a cui si giunge.

Poi quando un pettirosso si fermò sul suo petto aprì gli occhi

e li immerse in quelli della piccola creatura, ora anche il suo

cuore sanguinava ma non c’era dolore, solo un piccolo peso

che lo faceva sentire ancora vivo …

 

 

Mi hai servito bene invece”

disse con voce calma, poi aggiunse con dolcezza

“Mi hai dato ciò che in fondo ho sempre desiderato e in quei

desideri mi sei sempre stato accanto, battendo all’unisono

con la mia anima …

Hai pianto con me quando eravamo colmi di dolore e hai riso

quando traboccavamo di felicità.

Ci siamo stretti per mano nelle giornate di solitudine e

camminato fianco a fianco nelle ore in cui ogni cosa

sembrava smarrirsi nelle ombre, mi hai parlato con

voce profonda quando scelte importanti serravano le

forze e con voce dura quando caparbia e testarda

l'anima mia avrebbe voluto incendiare il cielo e le

profondità della terra.

Hai levigato i mie spigoli e lenito le mie ferite e hai

saputo scandagliare abissi, portando luce e sentimento

negli angoli più sperduti del mio spirito inquieto.

Non ho nulla da chiederti oltre, nulla da rimproverarti,

niente che tu non mi abbia dato negli anni, nei giorni e in

                          in ogni attimo in cui mi sei stato accanto ...

non addio dunque ma arrivederci”.

E dicendo queste ultime parole chiuse gli occhi e si lasciò

trasportare nel vento dalle ali di un piccolo pettirosso.

 

 
MARVELIUS

 
Rispondi al commento:
lulunonmolla
lulunonmolla il 17/02/14 alle 16:50 via WEB
Marvelius un sorriso da lulu' ^_^
 
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