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Post n°537 pubblicato il 31 Maggio 2010 da mjkacat
La Scienza è ammalata, gravemente. |
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Lo scienziato crede nella scienza, difficilmente in un paradiso ultraterreno. Immagina che essa sia la via per giostrare il cosmo a suo gradimento e magari anche per sconfiggere la morte; una possibilità di dominio futuro. Perciò, parla di migliorare la qualità della vita, anche se nel produrre le sostanze a tal fine, inevitabilmente crea quelle scorie della lavorazione che rimangono nel suo stesso spazio.
Questo avviene perché ciò che intendiamo con il concetto di "migliorare" è sempre riferito ad un rapporto con qualcos'altro all'interno di un'unità.
La trasformazione della sostanza è a favore di un lato solo in apparenza poiché nel rapporto, che non sarà mai eliminato poiché è una legge cosmica, la differenza, a conti fatti, deve restituire sempre zero:
Mentre la scienza vanta di aver creato i farmaci e di proteggere l'umanità per tanti motivi e, a riprova di questo, si fa forte di una popolazione straordinariamente aumentata e più longeva (obnubilando l'aumentato numero di malati e malattie da inquinamento), quel rapporto con l'altro lato dell'unità si rivela in un minor spazio e risorse sempre meno disponibili.
Come riempiendo una bottiglia di acqua si riduce automaticamente l'aria all'interno. È una legge logica universale in cui un lato dell'unità è sempre dipendente dall'altro.
Poi immagina, percependo questo risultato inevitabile, di colonizzare altri pianeti e magari ripetere, anche là, lo stesso processo.
Dove vuole arrivare la scienza?
Qual é l'idea più profonda che alberga nella psiche dello scienziato?
Lo scienziato che è morto con quelle idee, riponeva in esse una speranza futura per l'umanità nella quale egli s’identifica. Nella sua psicologia rientrano sempre gli stessi concetti di una religione monoteistica: credere, sperare, fede in questo caso nella scienza.
Il suo paradiso è posto nel futuro come vittoria su di una natura in cui la morte è interpretata come un virus da sconfiggere, un errore genetico e non, per esempio, una trasformazione necessaria come stadio evolutivo da una struttura ad un'altra. La morte, poi, avviene anche al di là del codice genetico, per un semplice trauma.
Non si rendono conto della contraddizione insita nella loro ideologia:
1. Da un lato desiderando l'immortalità nella vita reale, considerano di conseguenza la morte il fallimento per eccellenza. 2. Dall'altro, nella coscienza della propria mortalità, ripongono la speranza nel futuro dell'umanità grazie alla scienza e, in quel futuro, immaginano di parteciparvi proiettandosi come fosse il loro paradiso desiderato.
Rinnegano un paradiso ma lo desiderano inconsciamente ponendo un merito del loro travaglio nel futuro
Il paradiso è sempre presente nell'immaginario umano, che sia nella realtà oppure oltre la morte, è sempre nel futuro ma, quando non si accetta la realtà presente, genera psicopatologie.
Ciò che cambia è solo l'idea di sfondo che può diventare sempre più l'origine di un circolo di dannazione.
La scienza, spesso si contrappone alla visione spirituale anche all’interno della stessa psiche di un uomo, ma, in verità, è anch’essa un Dio che ha assoggettato la psiche.
Io non abbraccio nessuna religione, ma non sono nemmeno ateo. Anche se si dice che solo gli stupidi non cambiano mai idea, non ho paura di dire che son certo dell’esistenza dello spirito. Posso avere dubbi su ciò che vedo o che tocco e chiedermi se esiste, poiché potrei essere in preda ad allucinazioni dei sensi, ma sono certo delle mie emozioni e dei miei stati d’animo. Io coincido col mio stato d’animo prima ancora che col mio Io. Il mio stato d’animo mi coinvolge appieno: Corpo e psiche.
La spiritualità, cioè quell’anima comune con la quale l’anima singola comunica, secondo lo scienziato ateo o l’ateo che crede ciecamente nella scienza, sarebbe spiegata molto probabilmente come un flusso di corrente elettrica che percorre una data area del cervello, oppure l’eccesso o il difetto di una sostanza chimica nel corpo. Essi non riescono a vedere oltre il meccanismo, del meccanismo, del meccanismo, come due specchi contrapposti che all’infinito rivelano la stessa immagine che compone quelle che la contiene. Sono imprigionati in esso.
Per loro gli stati d’animo sono aberrazioni di un cosmo che dovrebbe possedere solo funzioni logiche, sola materia. Credono nel concetto di energia, anche se poi non sono capaci di spiegarlo se non con altri meccanismi che richiedono altri sotto-meccanismi; come dovessero spiegare a parole il significato di una parola e poi quello di ogni parola di quel discorso espresso. Non si rendono conto che già la loro indagine è una domanda di senso del loro stato d’animo. In realtà l’anima si serve dei meccanismi, qualsiasi essi siano, sia che si tratti di parole o di oggetti fisici, per comporre una forma capace di modificare quello stato d’animo che è il punto d’arrivo privo di meccanismi. L’anima comprende l’anima altrui e l’altrove e, per attuare ciò, si esprime mediante quella logica entro la quale l’ateo si è perso. L’ateo non riconosce il punto di arrivo che già possiede, ma lo cerca all’interno del meccanismo che l’anima attua illusa dal Dio della scienza.
Ogni domanda, scientifica o no, sorge dal dubbio sul mistero che le cose hanno in quanto sono poste al di la dell’io.
Il dubbio esiste in quanto esiste il mistero di quella funzione di dipendenza espressa nel precedente post “Esiste un Dio”. Esso è figlio delle paure che sorgono dal non conoscere mai la forma del dipendere futuro che per questo inaugura una speranza in contrapposizione a una potenziale minaccia (questo è il dubbio nei suoi più profondi recessi).
Di fronte al dubbio, ogni passo verso quell’esterno che non è diventato ancora esperienza è anticipato da un “credere” che quella che si vuol percorrere sia la strada giusta. Solo in seguito sarà appurata una verità dalla prova empirica. Credere è fiducia, fede. La scienza è quindi anch'essa costituita da una fede, perciò illumina come un Dio.
L’ateo, che sminuisce l’uomo spirituale, non sa di credere in un Dio, e crede che la scienza lo porterà verso un sapere assoluto; a comprendere l’origine e il fine dell’universo, ma non si rende conto che i suoi studi sono in vista di una gloria e di un posto di lavoro che richiede fondi economici offerti solo secondo altri interessi, quelli di un altro Dio: Il Dio denaro che ha creato la forma dell’uomo capitalista.
Senza il denaro offerto dal capitalista per i propri fini ricurvi su se stessi, la scienza potrebbe essere “solo” ( per lui ) filosofia: quell’indagine contemplativa che estasiava gli antichi filosofi. Ogni visione monoteistica, di potere economico, di potere scientifico ecc. s’isola dal discorso politeistico che governa tutte le forme interne a quella funzione di dipendenza che coinvolge tutto il cosmo.
Lo squilibrio è inevitabile.
Nell’anima cominciano a comparire gli effetti degli Dei repressi, dall’esaltazione di un unico Dio antagonista, che nel frattempo sono divenuti una massa oscura, un’ombra immensa pronta a scatenarsi. L’imporsi di una realtà monoteistica, come ad es. quella tecnico-scientifica, svuota l’animo spirituale del mondo, che è il discorso variopinto degli Dei, creandovi la buia voragine entro la quale l’uomo non riesce più a identificare che freddi meccanismi. Perciò, alle richieste degli Dei interiori di trovare quell’antico piacere nel mondo, esperito nell’infanzia, che un meccanismo non può dare, assume le sostanze per l’oblio del presente nel tentativo di far rientrare in comunicazione la sua anima con lo spirito. Oppure l’ombra oscura prende forma nelle piazze contro il Dio del capitalismo quando questo ha rivelato, inevitabilmente nel tempo, i suoi veri intenti.