Quello del tabù della carne suina è uno dei tratti più conosciuti della
religione islamica. Eppure esso rappresenta anche uno dei tanti punti
di contatto la realtà dell’Islam e quella dell’ebraismo. Un divieto
davvero forte, se si considera che l’unico animale espressamente
vietato dal Corano (II,173; V,3; XVI,115) è proprio il maiale. Si
tratta però di un tabù che ha le sue radici nella Torah ebraica (in
particolare Levitico 11, 1-7 e Deuteronomio 14,3-8) dove il maiale
compare assieme ad altri animali non consentiti. Nessuno dei due testi
sacri, tuttavia, azzarda una spiegazione di tale divieto.
Di solito,
esso viene giustificato con motivazioni di carattere igienico e
sanitario. Si afferma, ad esempio, che la carne di maiale, in
determinate circostanze, può trasmettere la trichinosi. Ma con ciò non
si capisce perchè la carne di altri animali, altrettanto pericolosa,
sia invece lecita. Oltre al fatto che in tal modo si attribuiscono alle
antiche popolazioni del Medio Oriente conoscenze mediche e scientifiche
che non potevano avere.
Agli ebrei il maiale poteva apparire
particolarmente inviso perchè “ibrido” e quindi difficilmente
inseribile nella complessa precettistica alimentare della Torah, che
qui non è il caso di affrontare. Diciamo soltanto che esso non rumina,
pur essendo fornito di uno zoccolo bipartito e che, pur essendo
erbivoro, non disdegna la carne. Questa constatazione può essere una
prima spiegazione della formazione del tabù.
Si è affermato anche
che il divieto nasconda in realtà una proibizione di antiche pratiche
pagane ed idolatriche. Oppure che il suo consumo potesse avere una
valenza “simbolica” o “totemica”, nel senso che mangiarne le carni di
un animale poteva voler dire acquisirne le qualità (e nel caso del
porco, ciò era decisamente disdicevole).
Si è sostenuto anche che la
proibizione avesse avuto motivazioni di tipo più squisitamente
economico, nel senso che l’allevamento del maiale era incompatibile con
un contesto arido e caldo come quello palestinese ed arabo e quindi
senz’altro da evitare.
Concludendo, come si può ben vedere, nessuna
spiegazione è completamente soddisfacente. Ma non dobbiamo comunque
dimenticare il carattere “educativo” dei precetti alimentari. Anche
perchè, attraversi di essi, il credente viene stimolato a riflettere
anche sul suo rapporto col mondo circostante e sul fatto di non poterne
disporre in modo arbitrario ed egoistico; un mondo che, in definitiva,
non gli appartiene.
Inviato da: Rebuffa17
il 28/05/2012 alle 10:56
Inviato da: luce776
il 24/01/2012 alle 15:55
Inviato da: chiaracarboni90
il 10/10/2011 alle 15:33
Inviato da: bimbayoko
il 18/09/2011 alle 10:14
Inviato da: Sky_Eagle
il 01/09/2011 alle 17:17