C'è il divieto di cibarsi di sangue. Un
divieto che Dio impose già a Noè: “Soltanto non mangerete la carne che
ha in sé il suo sangue” (Genesi 9,4). Il rosso liquido veniva
identificato con il principio vitale dell’animale e come tale doveva
essere versato sull’altare del sacrificio. Esso doveva tornare a Dio e
la mancata osservanza di questa norma veniva assimilata al reato di
assassinio.
Il divieto di sangue implica, con quello zelo così
caratteristico della tradizione ebraica, una serie di operazioni da
svolgersi prima di poter consumare la carne. La consuetudine stabilisce
due metodi per l’eliminazione completa del sangue: la salatura e
l’arrostitura. Il primo è un processo che comprende tre fasi: un primo
lavaggio che consiste nell’immersione della carne in acqua per un certo
lasso di tempo ed ha la funzione di eliminare le tracce più rilevanti
di sangue e di ammorbidire la carne per rendere più efficace l’azione
del sale; segue la salatura vera e propria, che di solito dura per
almeno un’ora per permettere al sale che ricopre la carne di il più
profondamente possibile; infine si esegue la sciacquatura finale sotto
l’acqua corrente, possibilmente ripetuta più volte.
Un altro metodo
per eliminare il sangue consiste nel far cuocere la carne (dopo averla
accuratamente sciacquata) a contatto con il fuoco, a patto che il
liquido che viene disperso non sia raccolto dal recipiente che la
contiene.
Bisogna infine ricordare che, a causa di questo divieto,
anche la macellazione rituale (la schechitah) viene regolata in maniera
minuziosa anche per permettere il massimo dissanguamento dell’animale,
oltre che per renderne la morte la meno dolorosa possibile.
Inviato da: Rebuffa17
il 28/05/2012 alle 10:56
Inviato da: luce776
il 24/01/2012 alle 15:55
Inviato da: chiaracarboni90
il 10/10/2011 alle 15:33
Inviato da: bimbayoko
il 18/09/2011 alle 10:14
Inviato da: Sky_Eagle
il 01/09/2011 alle 17:17