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Mondo Jazz

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OPINIONI

Post n°2683 pubblicato il 27 Marzo 2013 da pierrde

                               GIOVANNI  GUIDI QUINTET

 

Giovane pianista di Foligno, Guidi ha cominciato ad acquisire notorietà nel quintetto di Enrico Rava. La consacrazione ufficiale l’ha avuta con l’album Late Blue, pubblicato dalla ECM di Manfred Eichner.

Ero perciò curioso di ascoltarlo con il suo quintetto con, appunto, Kinzelmann al sax e al clarinetto, Shane Endsley alla tromba, Thomas Morgan al contrabbasso e Gerald Cleaver alla batteria. Questi due ultimi nomi sono considerati una delle sezioni ritmiche più forti e affidabili sulla scena musicale non solo americana. Devo dire di avere avuto un’impressione complessiva molto buona.

Si sente che Guidi è influenzato da Jarret. Ma quale pianista, mi si dirà, non è influenzato al grande pianista di Allentown? Per spiegarmi meglio, direi che Guidi cerca le sfumature musicali, il colore delle note. Questo non gli impedisce di essere il pianista di un quintetto con tromba e sax e cioè di essere anche accompagnatore e base ritmica. Lirismo e cantabilità, due qualità musicali prettamente italiane, sono le caratteristiche principali del suo stile solistico

Fonte: http://www.jazzmilano.it/

 

Tornando alla serata, bello il concerto del quintetto di Giovanni Guidi. Il giovane pianista umbro si muove in modo elegante tra un lirismo asciutto e quasi filigranato e una coralità innodica che porta a densi momenti di insieme. È una musica che definirei “fluttuante”, che sembra a volte indugiare sui confini della libertà, che esplora dettagli, ma resta incantata e incatenata dalla forza espressiva del canto. Nel fare questo, cosa anche piuttosto rischiosa in alcuni momenti, specie quelli più lenti e amniotici, Guidi può contare su voci precise come quelle del sax di Dan Kinzelman e della tromba di Shane Endsley, ma soprattutto sul fondamentale apporto della coppia ritmica formata da Thomas Morgan al basso e da Gerald Cleaver alla batteria, musicisti di sensibilità straordinaria, in grado di ridefinire continuamente il gioco ritmico e dinamico della musica. Guidi suona in modo accurato, prediligendo traiettorie semplici nella parte centrale della tastiera, ma non disdegnando accessi più convulsi, attento anche a straniare con piccole interpunzioni inquiete i momenti più lirici.
 Fonte: http://www.giornaledellamusica.it/blog/?b=366

 

Giovanni Guidi, al piano, San Kinzelman, sax tenore e clarinetto, Shane Endsley, tromba, Thomas Moragan, contrabbasso, e Gerald Cleaver, batteria, hanno presentato un progetto che va alla ricerca di nuovi linguaggi. Un ricco e studiato interplay dove emergono le qualità espressive di Kinzaelman non bastano alla completa realizzazione sonora dell'idea.

Fonte: http://www.bergamonews.it/cultura-e-spettacolo/bergamo-jazz-%E2%80%9Cpascoal-pochi-spunti-creativi-una-serata-deludente%E2%80%9D-172510

Il quintetto di Guidi mi ha destato impressioni ambivalenti: sezione ritmica da sogno, una front line di tutto rispetto e temi accattivanti ma complessivamente non mi è parso decollare come ci si sarebbe potuti aspettare.

Fonte: Mondo Jazz

 

                              HERMETO PASCOAL GROUP

 

Dispiace ma stavolta Hermeto Pascoal ci ha deluso, così come non ci ha convinto fino il fondo il progetto del quintetto di Giovanni Guidi. Una serata non fa primavera, del resto festival e rassegne sono pieni di concerti che lasciano perplessi.

Eppure sul palcoscenico del Donizetti Hermeto e il suo gruppo, peraltro ricco di forti individualità come il pianista Andrès Marques e il sassofonista Vinicius Dorin, hanno sciorinato, uno dietro l'altro, brani ben congeniati ma senza anima. Come dire, uguali, senza originalità. Anzi in alcuni momenti sembrava di ascoltare la colonna sonora dei cosiddetti film polizieschi in voga negli anni '70 (tipo "Milano calibro 9", "la polizia ringrazia"). E nello svolgersi della performance Hermetto Pascoal è apparso ai margini, senza spunti creativi, solo un immaginifico "profeta" della sua musica proposta da altri, oppure solo "O Bruxo" , lo stregone come lo hanno chiamato in Brasile.

Fonte: http://www.bergamonews.it/cultura-e-spettacolo/bergamo-jazz-%E2%80%9Cpascoal-pochi-spunti-creativi-una-serata-deludente%E2%80%9D-172510

 

Abbastanza indigeribile invece il set del non più giovane Hermeto Pascoal, come già si sapeva dalle sue ultime apparizioni nella penisola. Il polistrumentista brasiliano propone una sorta di fusion “tropical-freak” dalla sonorità molto datata e a tratti confusa, affidando i lunghi temi all’unisono tra il sax soprano e la deleteria presenza della voce della più giovane compagna Aline Morena. Una musica che se trae ispirazione, come sempre in Pascoal, dai suoni della natura, ce li restituisce con modalità davvero deludenti, che alternano senza una vera necessità momenti di strumentismo latin-muscolare che speravamo dimenticati ai consueti siparietti in cui il nostro trae suoni dagli oggetti più disparati. In altri momenti forse mi avrebbe fatto anche tenerezza, ma complice la stanchezza non riesco davvero a reggere questa celebrazione un po’ grottesca di un musicista che certamente ha avuto nei decenni passati un ruolo importante e una precisa originalità, ma che se oggi continua a essere ricordato prevalentemente per la partecipazione a Live/Evil di Miles Davis (anno di grazia 1970, pubblicazione 1971), vuol dire che qualche magia non deve avere funzionato del tutto.

Fonte: http://www.giornaledellamusica.it/blog/?b=366

Di Hermeto Pascoal, la seconda parte del concerto del Bergamo jazz, avevo solo sentito parlare.

Dico fin da subito che il concerto è stato notevole. Iniziato con l’aria della regina della notte dal Flauto magico, è proseguito su questo leit motiv: la voce umana (la cantante Alina Mortena, bravissima) che dialogo con gli strumenti (in particolare il sax di Vinicius Dorin).

Le melodie della Bossa Nova e della tradizione brasiliana costituiscono naturalmente il background riconoscibile della musica, in una varietà di sonorità, tuttavia, che le trasformano radicalmente e che fanno di ciascun musicista l’artefice di una propria interpretazione.

In questo senso, nell’essere cioè una sorte di comune dei musicisti, ho avuto l’impressione che il gruppo di Hermeto Pascoal sia testimone ed erede del meglio della cultura progressista degli anni sessanta e settanta

Fonte: http://www.jazzmilano.it/

 

Ecco qua, due concerti al Bergamo Jazz Festival e molte opinioni, a volte completamente opposte. Come dire che ognuno, in base ai propri gusti, sensibilità e preferenze, riesce a vedere lo stesso set da angolazioni opposte se non addiritura inconciliabili.

Chi ha ragione ? Tutti, credo, nella misura in cui il gusto personale non è opinabile. Come dato di fatto oggettivo rimane la constatazione che le parabole artistiche di Hermeto e di Giovanni sono inversamente proporzionali, e non potrebbe essere diversamente.

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Franco Milizia il 27/03/13 alle 18:56 via WEB
Paragonare Hermeto Pascoal a Giovanni Guidi è roba da chiodi. Il tono un po' snob dei recensori ci può stare ma il passato di Pascoal mi pare sulla carta molto più brillante del futuro di Guidi. Anche senza la sudditanza verso la ECM. Pare che non vi siano altre etichette di cui parlare. Sudditanza o semplice ignoranza?
 
 
pierrde
pierrde il 27/03/13 alle 19:05 via WEB
Non mi pare di aver usato chiodi e nemmeno martelli, mi sono limitato ad una semplice constatazione: la carriera di Pascoal ha avuto il picco qualche decennio fa, quella di Guidi ancora non lo sappiamo. Nessun paragone, del resto impossibile, tra i due e nemmeno nessun giudizio (snob) sul futuro di chicchesia.Quindi, a parte la sudditanza, dov'è il problema ?
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Franco Milizia il 27/03/13 alle 19:53 via WEB
Siete proprio tanto sicuriche un musicista come Pascoal sia stato veramente capito? Vorrei sapere cosa ne sapete della musica di Pascoal veramente, quanti dischi e concerti suoi avete ascoltato perché la citazione di Live-Evil è veramente poco. Mi viene da chiedermi: Su quali criteri si fanno paragoni da fricchettoni annoiati? Il recensore del Giornale della Musica ha il tono (il toner...) del vitellone che vuol far credere di essere abituato a New York e Berlino anche se si spinge di rado oltre i sobborghi di Topolò. Ma sembrano tutti così sicuri della loro cultura!! Non sarà che Internet crea l'illusione in troppi di avere il diritto di calare dissenterie di giudizi su carriere decennali, magari certificandone il declino con troppa facilità? L'articolessa del Giornale della Musica con i suoi commenti masturbatori sulle "sciure" puteva di cipria mentale, con superba lucidatura di calzature per il direttore artistico e suoi pupilli e relativi agganci.è chiaro che l'articolista si sente un rivoluzionario, il Trotsky di Viggiù. Di queste combriccole non se ne può più, ci vorrebbero i grillini anche nel jazz!!!
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 28/03/13 alle 13:21 via WEB
per me il problema rimane di fondo e di principio, ossia legato al fatto che è a mio avviso una scelta discutibile quella di attribuire la direzione artistica ad un musicista in attività. Personalmente non la condivido minimamente. Si possono creare i presupposti del conflitto di interressi, indipendentemente dalle qualità indviduali delle persone coinvolte che certo non metto in discussione, problema che sarebbe meglio evitare a monte di tutto in modo da assicurare la massima credibilità sia nelle scelte di cartellone che nelle critiche o commenti sui vari protagonisti.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
loopdimare il 28/03/13 alle 14:26 via WEB
polemizzare sull'inciso che richiamava Guidi mi sembra eccessivo. e Pascoal in una serata fa cose strabianti e cose noiosissime, dipende. quanto ai conflitti d'interesse, ovvio che un musicista ne possa avere, ma anche un critico o un giornalista. cerchiamo di non fare i grillini anche nella musica...
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
daniele il 28/03/13 alle 15:49 via WEB
Il conflitto di interessi non ce l'hanno soli i musicisti. Conosco un direttore artistico (non musicista) che viene invitato a tenere dei seminari in un festival diretto da un musicista , che a sua volta viene invitato a suonare nel festival diretto dall'altro. Come si vede è l'italica arte di arrangiarsi....Secondo me un musicista, se attento a quello che accade oggi nel mondo del jazz, ha molto più carte in regola di qualsiasi altro. Ma questa è una mia opinione. Non mi sembra poi che Rava abbia fatto chissà quale nefandezze nell'allestire il cartellone di Bergamo Jazz. Allestire un festival è un pò come fare l'allenatore della nazionale, ognuno lo farebbe in modo diverso
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 29/03/13 alle 10:34 via WEB
Quanto scritto da daniele risulta anche a me (che certo non ho l'anello al naso in materia) e certo il problema è generalmente diffuso, ma la faccenda non giustifica il fatto che la cosa non debba essere trattata come per gli appalti pubblici in altri settori (e di fatto almeno i festival organizzati con i soldi dei cittadini rientrano a mio avviso nel discorso abbastanza bene) che sono peraltro regolati per legge e di fatto impediscono che l'appaltatore possa avere rapporti diretti o indiretti con la committenza. Dopo di che, se in questo paese fatta una legge si trova l'inganno, ciò è purtroppo un comportamento sociale diffuso e storicamente consolidato che comunque non costituisce giustificazione ad essere tollerato o più o meno implicitamente accettato. L'approccio preventivo (senza cioè bisogno di mettere in dubbio l' etica dei singoli) è a mio avviso indispensabile per correggere certe distorsioni comportamentali a monte. Dite quel che volete ma mettere un musicista direttore artistico è sconveniente e può creare problemi come ben sanno molti degli stessi musicisti che si propongono alle manifestazioni. Cominciamo a mettere dei seri paletti lì, per favore. Per il resto non mi pare che il problema del paese sia il grillismo, semmai è una conseguenza, non la causa del problema e i problemi vanno affrontati alla radice, non ragionando solo sulle conseguenze, demonizzandole come è consuetudine in questo paese ormai in stato confusionale, pateticamente sceso al ridicolo più che al paradossale, su questioni come il conflitto di interessi (e molto altro), sulle quali in altri paesi ben più civili ed evoluti del nostro, nemmeno si starebbe a pedere tempo in discussioni, in quanto già perfettamente affrontate in termini giuridici e civilmente rispettate dai più, con il fine pragmatico (e quindi non esclusivamente morale) di migliorare qualità dei servizi, produttività e competitivita, che poi sono la carenza ormai certificata del ns paese, ma tant'è, lasciamo tutto così e W L'Italia!
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
loopdimare il 29/03/13 alle 11:16 via WEB
meglio un organizzatore abile ma con conflitti d'interesse o un onesto incapace? aldilà della battuta, ogni direttore artistico è criticabile, perchè spesso vuole imporre i suoi "amori artistici" ed in questo i musicisti sono più sensibili di altre categorie. rimane il fatto che un po' ce la stiamo menando su questo problema. un qualsiasi operatore culturale ha, tra amici, interessi e collaborazioni, occassione di imbattersi in conflitti d'interesse. detto questo, valutiamo i risultati.
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 29/03/13 alle 12:35 via WEB
ma un disinteressato e competente in Italia che possa occuparsi del ruolo proprio non esiste? Per voi altri è proprio merce rara da trovarsi, ne prendo atto, ma io non la penso così. Oggi assistiamo, specie in Italia ha musicisti che si occupano di troppe cose e di troppi ruoli: organizzatori, manager, divulgatori etc. Io penso che se pensassero a fare bene il proprio mestiere che è assai difficile ed impegantivio ai masimi livelli ne guadagnerebbe e di molto la Musica. Se poi vogliamo valutare i risultati in generale rilevo lamentele continue sulla qualità dei cartelloni italici, quanto al cartellone di Bergamo Jazz raramente mi ha convinto in questi anni di direzione artistica assegnata ai musicisti (con forse l'eccezione dello scorso anno che presentava nomi interessanti) anche qualitativamente, ma come detto se siete tutti soddisfatti avrò torto io e andiamo avanti così. W noi!
 
   
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 29/03/13 alle 12:38 via WEB
mi scuso per l'ha con l'acca...capita.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
daniele il 29/03/13 alle 12:14 via WEB
concordo al 100% con loop. se non ci va un musicista (che almeno sa di cosa si parla) ci va l'amico del sindaco o dell'assessore. Poi ovviamente c'è musicista e musicista: Rava chiama Peter Evans, Hermeto, ecc. Bosso al suo piccolo festival ci ha chiamato Nina Zilli.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Gianni M. Gualberto il 29/03/13 alle 14:51 via WEB
Concordo interamente con Riccardo. Certamente esistono in italia operatori onesti, non legati ad agenzie, musicisti e altro. Non sono molti ma esistono e se la passano male. Quanto al programma di Bergamo, sento grida di ammirazione per Caine, Bennink e altri, come se non fossero mai venuti in Italia... è proprio vero che su Internet è possibile dare la stura a qualsiasi cosa; come diceva George Bernard Shaw: "Beware of false knowledge; it is more dangerous than ignorance". Detto questo, non giudico la programmazione di altri. Si tratta, nel migliore dei casi, di narrare una storia. Ognuno, naturalmente, la narra come può e come vuole.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
daniele il 29/03/13 alle 15:08 via WEB
Beh non basta esser venuti mai in Italia per essere considerati grandi.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Gianni M. Gualberto il 29/03/13 alle 16:27 via WEB
Infatti, nessuno lo ha detto. Ogni tanto si dovrebbe prestare attenzione a quello che dicono o scrivono gli altri, in modo da risparmiare a se stesso e ad altri delle inani tautologie.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
daniele il 29/03/13 alle 20:40 via WEB
Lei ha scritto quanto segue:" Quanto al programma di Bergamo, sento grida di ammirazione per Caine, Bennink e altri, come se non fossero mai venuti in Italia..." Ed io ho stoltamente capito ,facendo mostra di inane tautologia , che il pubblico non avrebbe dovuto entusiasmarsi, visto che non era la prima volta che artisti come Uri Caine e Han Bennink si esibivano in Italia. Non solo, ma mi sono stoltamente entusiasmato nei mesi scorsi a Milano anche per Archie Shepp, Dave Douglas ed altri ,nonostante la loro non sporadica presenza sui palcoscenici del nostro paese.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Gianni M. Gualberto il 29/03/13 alle 22:17 via WEB
E così sia.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
loopdimare il 30/03/13 alle 11:29 via WEB
nel piccolo mondo un po' settario come quello del jazz, specie italiano, come fai sbagli: se punti sui grandi nomi ti accusano di non rischiare, se punti sui nuovi ti accusano di portare degli sconosciuti, se sei ecumenico ti accusano di mancanza d'indirizzo, se sei di tendenza di dicono che sei fanatico... Io non sono tanto fiducioso dei musicisti che fanno i direttori artistici, non perchè pensi che siano tutti intortati, ma perchè tendono a far pesare troppo i loro gusti, non sempre impeccabili. basta verificare, cambiando arte e guardando al cinema, i vincitori di Cannes e Venezia quando i capi giuria erano dei registi...
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 30/03/13 alle 13:15 via WEB
non è che forse quel che scarseggia è quell'ingrediente fondamentale per la riuscita di tutte le attività nelle quali si opera e che si chiama passione?
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
LC il 30/03/13 alle 14:46 via WEB
Scusa, loopdimare, ma è ovvio che ognuno abbia i suoi gusti. Deve per caso avere i gusti altrui?
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
loopdimare il 30/03/13 alle 18:49 via WEB
uno che organizza dei festival dovrebbe tenere a bada i suoi gusti personali, "oggettivando" le scelte.
 
   
Utente non iscritto alla Community di Libero
LC il 30/03/13 alle 22:58 via WEB
Ma neanche per sogno. Un direttore artistico porta (o dovrebbe portare) la propria storia, la propria passione, la propria competenza, che non è "oggettivabile" né intercambiabile con quella di chiunque altro. Altrimenti tanto varrebbe farsi organizzare i festival e le rassegne direttamente dalle agenzie (e purtroppo molti già lo fanno).
 
   
Utente non iscritto alla Community di Libero
Gianni M. Gualberto il 31/03/13 alle 10:09 via WEB
"Oggettivare le scelte"? Che curiosa idea? Si oggettivano le personalità, le esperienze culturali individuali, le vicende personali? E' un'idea da "Fattoria degli animali", che oltretutto condurrebbe a un'omogeneizzazione di cui proprio non si avverte il bisogno. A questo, per l'appunto, già pensano numerose agenzie musicali, con tutto il loro carico di banalità.
 
     
Utente non iscritto alla Community di Libero
negrodeath il 31/03/13 alle 11:10 via WEB
Interesserebbe un software che, sulla base di alcuni dati importanti del festivalamente passato, vi compila il cartellone ideale? Si può fare, eh...
 
     
Utente non iscritto alla Community di Libero
loopdimare il 31/03/13 alle 19:54 via WEB
fattoria degli animali? stiamo semplicemente parlando scelte di cartellone. si può proporre solo quello che si ama, oppure tentare di mediare i propri legittimi punti di vista con una visuone più pragamtica che tenga conto dei gusti del pubblico, dei trend, della storia ecc. o è meglio farsi dare la lista direttamente dalle agenzie?
 
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