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Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)
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Post n°2306 pubblicato il 30 Giugno 2012 da pierrde
Il titolo del brano (La Vita Cambia) che Falzone e Arsene Duevi suonano nel post precedente mi ha dato la stura ad una serie di riflessioni e ricordi di natura musicale. Nel 1968 avevo quindici anni, ascoltavo non senza difficoltà di reperibilità di materiali i Jefferson Airplane, Grateful Dead, Jimy Hendrix. Avevo già visto in concerto i Van Der Graaf, i Genesis, i Soft Machine. Ero attratto e incuriosito dal jazz pur senza averne nessuna esperienza diretta. Negli ultimi anni delle superiori mi capitò di vedere nell'arco di una settimana due guppi di jazz: il trio di Romano Mussolini, che suonando standards a me sconosciuti mi annoiò non poco. Ovviamente ero io a non avere gli strumenti per decifrare e comprendere quella musica, mentre un effetto galvanizzante e pienamente coinvolgente mi fece il gruppo di Nunzio Rotondo. Era da poco uscito l'album Bitches Brew di Miles Davis e il quintetto di Rotondo si ispirava apertamente a quell'incrocio di rock e jazz. Mi entusiasmai, grazie anche all'approccio semplice e diretto di Rotondo verso noi studenti, e mi lanciai alla ricerca di quell'album dal titolo impronunciabile tanto consigliato dal trombettista italiano. Le difficoltà iniziarono quando finalmente riuscii ad acquistare il doppio vinile: mi sembrava musica difficilissima, astrusa, impenetrabile. Per mesi riprovai a metterlo sul giradischi (era poco più che un elettrodomestico, altro che hi-fi...): sconsolato e sconfitto, ogni volta rinunciavo dopo un pò. Passarono alcuni anni, e mi capito di ascoltare e vedere molti jazz, sia in concerto che su vinile. Un giorno misi sul piatto Bitches Brew, senza aspettative e per pura assonanza ad un articolo che stavo leggendo su Miles: miracolo, mi sembrò una musica del paradiso, un torrente di energia e di bellezza... La maggior parte degli amici di quei tempi però è rimasta ostinatamente attaccata a quello che di più leggero allora si ascoltava. Ancora oggi impavidi 50-60enni si pavoneggiano con l'impianto hi-fi di casa ascoltando (nel caso dei più evoluti) Pink Floyd e Led Zeppelin. Devo confessare di avere un problema irrisolvibile: non riesco assolutamente a sopportare tutti quegli album che per anni ho letteralmente consumato. Non so cosa mi scatti in testa ma dopo un paio di minuti di qualsiasi disco rock anni 60-70, pur dei migliori, la noia ed il deja-vu mi rendono inascoltabile musica che pure ho amato profondamente. E' il caso ad esempio del blues degli Zeppelin che posto (senza farlo partire per i motivi di cui sopra): allora per me era meglio di Ilona Staller, adesso, nonostante sia ancora un pezzo trascinante e bellissimo lo posso ascoltare solo per pochi minuti e solo grazie ai bei ricordi. Mi è capitato anche, alcuni anni fa, di essere a Lugano ad Estival Jazz in attesa della esibizione del trio di Pat Metheny. Concerto di apertura, ahimè, degli Yes, gruppo britannico che nei primi 70' non mi dispiaceva affatto. Vedere arrivare in scena degli ultrasessantenni vestiti da adolescenti, con improbabili chiome cotonate e prodighi di mossettine pericolose per l'artrite e le giunture logorate dal tempo mi ha messo di buon umore. La musica era (per me) assolutamente inascoltabile, vecchia non di decenni ma di secoli, sparata ad un volume alle soglie del dolore fisico, senza nessuna speranza di essere non dico attuale ma nemmeno appetibile per dei dinosauri sopravvisuti. Ovviamente grande successo e grandi applausi, e allora, tornando al titolo del brano di Dueve e Falzone, La vita cambia, la controdomanda è : per chi ? Per pochi credo, almeno musicalmente, visto che nelle maggiori rassegne jazz si trovano molti dei nomi del rock di decenni fa. Ma la famiglia Marley, Sting, Jack Bruce, che cosa hanno da raccontare di nuovo e di stimolante oggi ? Se qualcuno lo sa mi faccia sapere, sono proprio curioso. |
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