Creato da pierrde il 17/12/2005

Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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I PODCAST DELLA RAI

Dall'immenso archivio di Radiotre è possibile scaricare i podcast di alcune trasmissioni particolarmente interessanti per gli appassionati di musica nero-americana. On line le puntate del Dottor Djembè di David Riondino e Stefano Bollani. Da poco è possibile anche scaricare le puntate di Battiti, la trasmissione notturna dedicata al jazz , alle musiche nere e a quelle colte. Il tutto cliccando  qui
 

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Messaggi di Giugno 2012

EUROPEI DI CALCIO: SBADIGLI E STECCHE

Post n°2291 pubblicato il 18 Giugno 2012 da pierrde

Sono un tifoso tiepido, poco propenso a dare importanza ad un torneo di calcio a fronte dei problemi veri che affannano la vita di ciascuno di noi. Tuttavia, dopo essermi abbondantemente annoiato davanti alla tivu' ho trovato una possibile spiegazione alla scialba prova degli azzurri. Eccola:

Sugli spalti dello stadio di Poznan, con tanto di bandierina tricolore sulla guancia, ad assistere alla gara fra Italia e Croazia c'era anche la cantante Nina Zilli. "Peccato per il pareggio, ci rifaremo. Domani canterò a Casa Azzurri per risollevare il morale dell'Italia"

Fonte La Repubblica.it

Una disgressione leggera, colta al volo : non sapevo chi fosse la Nillazilla in oggetto fino a che non mi sono imbattuto casualmente nella sua tragica esibizione nel Concertone del 1° maggio .

Non bastano bella presenza e buone compagnie a fronte di una serie incredibile e comica di stecche, una insanabile incapacità a mantenere l'intonazione (chissà cosa ne pensa  Bosso che ci suona pure assieme).

Dopo la sua esibizione a Casa Azzurri il problema non era più il biscotto ma il morale....... 

 
 
 

CASA CELIMONTANA O VILLA DEL JAZZ ?

Post n°2290 pubblicato il 18 Giugno 2012 da pierrde

I

ll mio post "Di Cultura e di politica" è stato ripreso dal blog Mi Piace il Jazz dove si è sviluppata una discussione che invito a leggere, purtroppo confinata ai soliti frequentatori di questi spazi.

Curiosando tra la rete ho trovato un breve video appena postato dal chitarrista Fabio Mariani che parla della situazione romana. Nulla di nuovo per chi conosce la storia della Casa del Jazz: la nomina di Giampiero Rubei da parte del sindaco Alemanno palesava da subito un evidente conflitto di interessi del nuovo direttore.

Tutti fatti largamente noti anche se solo a musicisti, addetti ai lavori e a pochi appassionati, e conosciuti sul mio blog per gli interventi del precedente direttore artistico Luciano Linzi che prontamente aveva denunciato le ambiguità nella nomina di Rubei.

Come si è evoluta la situazione dopo due anni lo si può ascoltare direttamente dalla voce di Fabio Mariani, ognuno poi tragga le conseguenze che crede giuste. Mariani le trae già nella presentazione del video:

A Roma c'è un Grande problema... il Jazz è monopolizzato da un'unica figura sia nel pubblico che nel privato... grazie ad un accordo con il Comune... Paradosso di una situazione nazionale ben piu grave, ma che nel piccolo di un micoromondo la dice lunga...

http://www.fabiomariani.it/bio.html

 
 
 

HENRY THREADGILL ZOOID - TOMORROW SUNNY/THE REVERLY (2012) PI RECORDINGS

Post n°2289 pubblicato il 16 Giugno 2012 da pierrde
 

1 A Day Off5:50 2 Tomorrow Sunny6:30 3 So Pleased, No Clue3:34 4 See The Blackbird Now9:27 5 Ambient Pressure Thereby10:34 6 Put On Keep / Frontispiece, Spp6:25

Bass Guitar – Stomu Takeishi

Cello – Christopher Hoffman

Drums – Elliot Humberto Kavee

Flute, Alto Saxophone, Composed By – Henry Threadgill

Guitar – Liberty Ellman

Trombone, Tuba – Jose Davila

“Henry Threadgill is my favorite composer hands down. Within “Tomorrow Sunny / The Revelry, Spp”, Zooid establishes a new line in the sand. They are the vanguard of counterpoint. My head nods to Threadgill just as deep as it does J Dilla. Threadgill strikes me as the most patient of improvisers: waiting for the right moment to stab a note, or send the next note sailing over the horizon. And Zooid continues to be a breathtaking vehicle for Threadgill’s terrain.” — Jason Moran

Per fortuna i più giovani musicisti americani sembrano non avere affatto dimenticato la grandezza e l'originalità del sessantottenne Threadgill, un nome che nonostante la lunga carriera non è certo di casa sulle pagine dei magazine dedicati alla musica afro-americana.

Lo scorso anno grazie a Mosaic e Cam Jazz sono usciti due cofanetti che praticamente coprono tutta l'opera del sassofonista e flautista, dal trio Air fino alle diverse formazioni in cui negli ultimi decenni Threadgill ha fatto da leader (il sestetto e Very Very Circus). L'ultima, lo Zooid di cui mi occupo quest'oggi, continua da oramai dodici anni nella linea espressiva unica e originalissima del compositore chicagoano, certo non incasellabile negli album di facile ascolto.

Come ci ha abituato negli anni e nel susseguirsi delle uscite discografiche, Threadgill percorre un suo personale sentiero e si ritaglia fin dalla formazione (un contrabbasso, un violoncello, una tuba, una chitarra, la batteria, il flauto ed il sassofono alto) un ambito espressivo ben poco battuto in precedenza in campo jazzistico, contrassegnato da un magistrale equilibrio tra forma ed improvvisazione, una attenzione notevole ai timbri e agli impasti sonori.

Lontanissima da hard-bop e free, la musica ha un beat sottile, uno swing che non fa battere il piede ma che occupa la mente con idee fresche e prepotenti. La sensazione, e non da oggi, è che il musicista percorra strade in largo anticipo rispetto ai tempi, tanto da guadagnarsi in questo senso un per me felice accostamento a Thelonious Monk in una recente intervista a Vijay Iyer.

Il compositore e l'organizzatore sonoro è grande almeno quanto lo strumentista: il suo sassofono è abrasivo e incendiario, il flauto lirico e aulico. Nella formazione spicca la chitarra di Ellman, un fedelissimo di Zooid, ma ogni musicista ha il proprio spazio per assoli pertinenti e perfettamente incastonati nella complessa scrittura dell'autore.

Se siete stanchi del post-free ripetitivo e inconcludente e, peggio ancora, delle noiose riproposizioni hard-bop, Henry Threadgill vi sorprenderà se ancora non lo conoscete. Richiede solo disponibilità ed attenzione: si tratta di proposta assolutamente diversa da tutto ciò che oggi viene spacciato come jazz.

V A L U T A Z I O N E :  *  *  *  *  * 

 

 
 
 

DI CULTURA E DI POLITICA

Post n°2288 pubblicato il 15 Giugno 2012 da pierrde

Qualche settimana fa mi sono occupato delle dimissioni di Roberto Ottaviano da Bari in Jazz, riportando la notizia e le dichiarazioni del diretto interessato.

Ora sempre sul Corriere del Mezzogiorno leggo un interessante articolo di Fabrizio Versienti, che prendendo spunto dalle dimissioni di Ottaviano allarga l'analisi al rapporto tra cultura e politica nel nostro paese.

In poche righe Versienti traccia un ritratto quanto mai azzeccato di quanto avviene nel Bel Paese con una notevole sintonia rispetto a quanto ho scritto recentemente riguardo al "conformismo" dei nostrani cartelloni jazzistici estivi rispetto ad altre realtà europee.

Posto le note più interessanti rimandando al solito al link a fine pagine per la lettura integrale.


 

....Ottaviano fa dell’altro; la «butta in politica», prendendosela con quanti - Comune, Provincia, Regione - sono stati in questi anni interlocutori distratti o prepotenti. Al di là delle ragioni delle parti in causa, quello che a noi interessa è la parte «alta» del discorso. Senza entrare nel merito delle due vicende, è evidente che entrambe sono una spia di un malessere profondo che investe i rapporti tra la cultura e la politica.

In discussione è la funzione stessa degli eventi culturali, la loro ricaduta sulla collettività in termini di costi e benefici, oltre al corretto bilanciamento tra l’autonomia degli operatori e il potere di controllo e di indirizzo dei decisori pubblici. Non sono temi di poco conto, tanto più in tempi di crisi e di tagli cone gli attuali; negli ultimi anni in tanti hanno auspicato un abbandono dello spettacolo e della cultura a se stessi, al gioco delle libere forze del mercato, e chi ha più filo da tessere vada avanti.

Tutti ricordiamo le uscite «goebbelsiane» dell’ex ministro Brunetta (e di tanti altri), ma non ci dimentichiamo che anche Baricco lanciò provocatoriamente la tesi del totale disimpegno della mano pubblica rispetto alla lirica e al teatro, al cinema e all’editoria, assumendo che si dovesse rifondare tutto a partire dai luoghi di formazione della cultura popolare, ovvero dalla scuola e dalla televisione, unici settori che il «pubblico» avrebbe dovuto sostenere, e che il resto si arrangiasse. Oggi in Italia prende sempre più piede un malinteso «darwinismo» che ci allontana sempre più dal modello culturale europeo: pensiamo a quello che accade in Francia, Germania, Olanda, nel Nord Europa, dove la cultura è sostenuta generosamente dalla mano pubblica in favore di scelte di assoluta qualità artistica e progettuale.

E’ vero, in Italia spesso si fa il contrario: il «pubblico» sostiene volentieri solo i grandi eventi di richiamo, che magari sarebbero in grado di farcela da soli, perché ritenuti più «paganti» in termini di consenso (o di «giro d’affari»), con il risultato di favorire un’idea della cultura e dello spettacolo come ininterrotti passatempi da salotto o da piazza.

In questo scenario, qual è il senso di un festival oggi? Se parliamo di un autentico festival, e non di una delle mille rassegne estive gabellate per tali e realizzate in fotocopia con quello che passano le agenzie, dovremmo pensare a un luogo d’incontro per artisti e operatori, un’occasione di stimolanti e magari anche disturbanti scoperte per il pubblico, una piccola finestra su una fetta di mondo da esplorare fuori dai sentieri più battuti: che sia il jazz, il teatro, la musica classica o altro.

.....Pensiamo anche all’Europa Jazz Festival di Noci e poi al Talos Festival di Ruvo, che ne ereditò il ruolo negli anni Novanta, fondati e diretti entrambi dal musicista Pino Minafra: laboratori del nuovo aperti nei confronti delle «periferie», dall’Est Europa al Sud Africa, e del non ortodosso. Certo, parliamo di festival non propriamente popolari, magari guardati con sospetto dai «passeggiatori» estivi.

Ma sono realtà che proprio per la loro forte originalità hanno saputo guadagnarsi un profilo internazionale, e mantenerlo per un certo periodo. Potremmo fare molti altri esempi (le eccellenze non sono mancate nella vita culturale pugliese) ma non avrebbe senso; il discorso non cambia.

Identità e progettualità forti producono festival (stagioni, rassegne, eventi) che lasciano un segno e incidono sulla vita culturale di una comunità e anche oltre, su scala nazionale o internazionale. In caso contrario, si fa solo del buon intrattenimento.

Operatori e decisori dovrebbero su questo realizzare un patto di reciproco riconoscimento: delle rispettive sfere di autonomia, e del compito assegnato agli uni e agli altri. Produrre idee, arte, cultura nel primo caso, organizzare al meglio le condizioni del loro sviluppo nel secondo. In economia questo si chiama sistema misto, l’unico che esista in natura; il mercato puro o il comunismo li hanno inseguiti in tanti, ma nessuno li ha mai visti realizzati. ....

Link: 

http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/arte_e_cultura/2012/4-giugno-2012/cultura-politica-chi-scettromal-dimissioni-puglia-201463205974.shtml

 
 
 

GLI ACCIACCHI DEI 50 ANNI SUONATI DI FRESU

Post n°2287 pubblicato il 14 Giugno 2012 da pierrde

Nonostante il miglioramento di salute Paolo continua ad annullare concerti. Notizie fresche oggi su Facebook che riporto integralmente:

Cari amici, leggo con felicità i vostri messaggi sul turbinio delle numerose cose di ora e sono felice e profondamente toccato dalla vostra attenzione e dal vostro affetto! Domani ci sarà il secondo cd di "!50" L'Espresso e tra poco meno di una settimana sarà disponibile in libreria il libro/diario sempre di "!50" edito da Feltrinelli in attesa del catalogo fotografico (con le immagini di Gianfranco Mura e il dvd a cura di Giorgio Galleano) edito dai tipo della Ilisso.

Dal punto di vista della mia salute le cose vanno meglio e il mio fisico si sta riprendendo anche se devo stare sempre attento allo stato del mio polmone, agli sforzi fisici e soprattutto agli sbalzi di temperatura e alla vera nemica: l'aria condizionata. Il mio medico mi consiglia, dalla prossima settimana, di riprendere lentamente e con concerti poco faticosi e isolati. Per questo sarà a Firenze in duo con Daniele Di Bonaventura il 18 giugno e a Forlimpopoli per due giorni il 21 e 22 in duo con Gianluca Petrella, ospite con il trio di Dino Rubino e per ricevere un premio.

Le date intermedie di Segrate (19/06) e di San Niccolò a Trebbia/Piacenza (20/06) sono costretto a malincuore ad annullarle in quanto troppo lontane e troppo fitte in rapporto agli altri due impegni. Incrocio invece le dita e confermo la data del 26 giugno a Berchidda dedicata a Fabrizio De André e Lucio Dalla con Gaetano Curreri e tutte le date successive! Paolo Fresu, 14 Giugno 2012

 

 
 
 

JOHN SURMAN - SALTASH BELLS (2012) E.C.M

Post n°2286 pubblicato il 13 Giugno 2012 da pierrde
 

John Surman soprano, tenor and baritone saxophones, alto, bass and contrabass clarinets, harmonica, synthesizer

Whistman's Wood Glass Flower On Staddon Heights Triadichorum Winter Elegy Ælfwin Saltash Bells Dark Reflections The Crooked Inn Sailing Westwards

Recorded June 2009 and March 2011

Gli album in solo sono una caratteristica di Surman fin dal primo, quel Westering Home (Island) del 1972, l'unico uscito per una etichetta diversa rispetto alla tedesca E.C.M che iniziando da Upon Reflection (1979) ha poi ospitato altri quattro dischi, Witholding Pattern nel 1984, Private City nel 1987, The Road To St. Ives nel 1990 per finire con A Biography of The Rev. Absalom Dawe, uscito nel 1994 e ultima prova in solitudine di Surman.

Sono trascorsi pertanto 18 anni dall'ultimo album in solo e questo Saltash Bells rimarca all'ascolto sia il tempo trascorso sia un approccio piuttosto differente rispetto ai suoi predecessori.

Naturalmente gli strumenti usati ed il canovaccio rimangono gli stessi: brani in cui il baritono traccia un tema (Glass Flower) e poi lentamento lo sviluppa con l'aiuto di sovraincisioni o del fidato soprano (Triadichorum) . Altri, i più elegiaci, in cui un discreto e minimale tappeto elettronico fatto di note ripetute fa da sfondo a struggenti melodie raddoppiate con il baritono e innervate da sapide improvvisazioni con il soprano (Whistman's Wood, On Staddon  Heights, Saltash Bells).

Il tempo ha levigato quelle inevitabili asprezze generate da un approccio più sperimentale e in sintonia con gli ultimi decenni del secolo scorso. Oggi ogni tema è ben delienato, e le parti di pura improvvisazione sono ben delimitate entro un tracciato prestabilito e difficilmente riconducibile ad una prospettiva tipicamente jazzistica. In questo album, ispirato dai luoghi della gioventu' e che avrebbe dovuto essere la colonna sonora di un film-documentario del regista norvegese Odd Geir Saether, si affaccia in maniera più prepotente rispetto al passato l'influenza della musica popolare accompagnata da una costante ricerca della melodia. 

Probabilmente il picco creativo Surman l'ha oltrepassato da diverso tempo, ma rimane musicista tra i più ispirati ed originali e questo album lo conferma.

V A L U T A Z I O N E :   *  *  *  *

 
 
 

ROCCELLA ASPETTA I FONDI DAL 2009......

Post n°2285 pubblicato il 13 Giugno 2012 da pierrde

E' passato un anno ed il problema non è cambiato di un millimetro. Un anno fa postai un articolo dello stesso tenore con il titolo Una Storia Italiana. Non è successo nulla, a dimostrazione che siamo una repubblica delle banane da molto tempo e senza speranza alcuna di riscatto.

La burocrazia rallenta uno degli eventi calabresi più conosciuti nel mondo: a 60 giorni dall'inizio, vanno ancora definiti i cachet degli artisti e le date del tabellone. Ogni anno si investono 300 mila euro, ma i finanziamenti regionali sono fermi. E gli organizzatori sono rassegnati.  

La burocrazia è un freno a mano tirato che rallenta la corsa del "Roccella Jazz Festival". A meno di 60 giorni dall'inizio di uno dei più importanti eventi culturali calabresi, la macchina organizzativa capitanata dall'Associazione Culturale Jonica è impantanata tra permessi e richieste di finanziamento. Sono ancora da definire i cachet degli artisti e le date da degli eventi.

E questo perché ogni si investono 300 mila euro su uno degli eventi più importanti del tabellone calabrese - citato, solo per il suo fascino e senza bisogno di investimenti pubblicitari, anche dal Wall Street Journal -, ma ancora ci sono da incassare i soldi dei finanziamenti del 2009, senza contare quelli del 2010 e del 2011. Tutto bloccato, nonostante l'assessore regionale alla Cultura, Mario Caligiuri si sia sempre dichiarato entusiasta dell'evento. Il Roccella Jazz è in difficoltà, lo dicono a mezze parole gli organizzatori, si percepisce dal tono malinconico, e rassegnato, di chi sgomita da decenni per offrire uno spaccato diverso della Locride al mondo intero.

Fonte: Pasquale Violi, IlQuotidianoCalabria.it

Link: 

http://www.roccellajazz.net/

 
 
 

OGGI ESCE UNITY BAND, IL NUOVO ALBUM DI PAT METHENY

Post n°2284 pubblicato il 12 Giugno 2012 da pierrde

 

Dopo più di trentanni dall'album 80/81 uscito nel 1980, il chitarrista Pat Metheny ha registrato un nuovo disco, Unity Band, in uscita oggi 12 giugno, che vede la partecipazione di un sassofonista tenore e che introduce un nuovo ensemble per Metheny, quello formato da Chris Potter al sax e clarinetto basso,Antonio Sanchez alla batteria e  Ben Williams al contrabbasso. L’album contiene nove nuove composizioni di Metheny.

Sto ascoltando Unity Band e lo trovo inequivocabilmente un album di Metheny, con tutti i marchi caratteristici sia compositivi che strumentali del chitarrista americano. L'innesto di Potter sposta decisamente l'equilibrio del quartetto verso un territorio più jazzistico nonostante le melodie disegnate da Metheny siano geneticamente più affini alla fusion. Non sono un fan metheniano  ma ne ho sempre apprezzato la generosità, il timbro originale e lo spirito genuino che anima da sempre il nostro. Questo album riflette tutte le caratteristiche migliori di Pat e in alcuni brani scocca la scintilla se non della imprevibilità perlomeno della bellezza (Roofdogs, New Year, Come and see) . Signals è il brano più lungo dell'album e quello che più si discosta dalle trame tipiche dell'autore, forse il più significativo e riuscito.  

 

Dice Metheny di questo vuoto trentennale dall’ultimo progetto in cui aveva collaborato con dei sassofonisti (i grandi Dewey Redman e Michael Brecker): “Per molti aspetti le mie band sono state concepite come alternativa a formazioni più convenzionali in cui avevo suonato agli inizi. Il fatto che misiano serviti 30 anni per tornare a questo punto, fa capire in un certo modo quanto siano stati impegnativi per me questi esperimenti “alternativi”.

”Continuavamo a dire tra di noi che prima o poi avremmo ripreso in mano quella band, ma ora che sia Mike che Dewey sono scomparsi, non potrà mai accadere” continua “E poi è arrivato Chris Potter. Da fan, l’ho osservato diventare uno dei più grandi musicisti del nostro tempo, e quando siamo stati entrambi invitati a suonare nell’ album d’esordio di Antonio Sanchez, ho subito notato che il nostro modo di suonare e il nostro fraseggio insieme era molto naturale, e lasciava intendere altre possibilità. Ho iniziato a pensare lì alla possibilità di costruire un progetto concreto”.

Per la sezione ritmica, spiega Metheny: “Antonio è stato in un certo senso una scelta ovvia; è stato uno dei miei più stretti collaboratori negli ultimi dieci anni e ha anche suonato in molte occasioni con Chris. E’ un musicista davvero speciale. C’era un particolare tipo di energia che sapevo io e Chris avremmo potuto ottenere e non riesco a pensare a nessun altro che avrebbe potuto aiutarci a ottenerla, a parte Antonio” continua “Qualche anno fa, Christian McBride mi ha invitato ad un evento in cui era coinvolto con alcuni studenti jazz della Juilliard. Ben Williams si esibiva in alcuni pezzi e il suo modo di suonare mi ha colpito subito.

Ho usato Ben un po’ di volte nel trio e l’ho trovato subito un musicista incredibile con cui suonare e una splendida persona. Lui e Antonio sono andati subito d’accordo”. Una volta messa insieme questa band stellare, Matheny ha scritto diverso materiale nuovo. Nel corso delle prove sono poi arrivati a selezionare i nove brani che si trovano nell’ album. “E’ divertente, ho ascoltato davvero tanti dischi chitarra/sax che sono stati chiaramente influenzati da 80/81, ma volevo fare qualcosa di diverso, anche se quel disco è stato sicuramente un punto di riferimento” dice Metheny “Antonio ha molte capacità che in un certo senso ci hanno indirizzati nella scrittura. Ma ricordiamoci che questo gruppo di musicisti può fare davvero qualsiasi cosa.”

 

 

 
 
 

VALENTINA MOVIE A ROMA

Post n°2283 pubblicato il 11 Giugno 2012 da pierrde

Guido Crepax e Valentina

 

Solo Vincenzo Mollica, fantasioso giornalista televisivo , poteva riuscire a portare una mostra ambiziosa come Valentina Movie a Roma (a Palazzo Incontro, fino al 30 settembre 2012, in collaborazione con l’Archivio Crepax), la prima mostra capitolina dedicata aValentina Rosselli, l’indimenticato personaggio nato dalla matita, dalle chine e dall’infatuazione di Guido Crepax per la diva hollywoodiana Louise Brooks, che vide la luce nel numero di luglio di Linus del 1965 e che Giampiero Mughini descrisse come: «La frangetta che sconvolse l’Italia».

In mostra 120 tavole originali scelte tra le circa 2600 che Crepax (1933 – 2003) aveva dedicato alla sua Valentina che, diciamolo subito, non è la nipote Valentina  del portale Lei Web . Di suo zio Guido, e della commedia degli equivoci legata proprio a questa omonimia, la Valentina in carne e ossa, ha scritto, proprio sul suo blog, due teneri e esilaranti ricordi che vi invito caldamente a leggere: li trovate qui e qui.

 

Ed è in concomitanza con questa mostra che i Magazzini Salani pubblicano due nuovi albi (Storie di ordinaria follia e Storie metropolitane, euro 12) con le avventure originarie di Valentina (quella di carta), in una collana che già conta altri cinque titoli (I sotterranei, Fiabe robotiche, Biografia di un personaggio, Trilogia di Baba Yaga, Relazioni pericolose) e che non solo ripercorre le storie più belle della voluttuosa fotografa, ma è anche corredata da contenuti speciali a cura della moglie di Guido Crepax,  Luisa, e del figlio Antonio che spiegano di aver voluto arricchire questa nuova edizione con una serie di note che svelano il background i segreti di ogni storia: «Come nei contenuti speciali dei film in Dvd, volevamo dare una nuova chiave di lettura delle storie di Valentina, sia per chi le aveva già lette, sia per chi non le conosceva affatto».

L’albo  Storie metropolitane  contiene il racconto Valentina nel metrò, uscito per la prima volta, come ricorda Antonio Crepax, nel 1975 in grandi pagine settimanali sul Corriere d’Informazione: la prima volta di Valentina su un quotidiano in una veste che la avvicinava alla famose Sunday pages dei grandi maestri americani del fumetto.

Il mio incontro e sodalizio professionale con Guido Crepax risale a qualche anno più tardi, al periodo in cui ero il responsabile delle pagine di cultura del neonato quotidiano Corriere Medico, costola medico-scientifica del Corriere della Sera. Il giornale decise di affidargli la realizzazione di grandi tavole legate a storie di psicanalisi, passando poi a chiedergli di illustrare articoli, racconti, reportage (solo queste illustrazioni potrebbero da sole reggere un libro) e non ultime le storie di jazz, la sua grande passione musicale.

Ricorda Valentina Crepax (quella vera), nel suo blog: «Guido ascoltava jazz, jazz e jazz e mettendosi le mani sulla bocca riusciva a imitare perfettamente una tromba con cui faceva una sorta di karaoke sulle musiche di Armstrong. Infatti la sua cariera è cominciata disegnando copertine di dischi di jazz». A questo proposito ricordo alcune epiche serate di jam session nel salotto di casa mia in cui finivano per esibirsi il jazzista Vittorio Castelli al clarino, Vincenzo Mollica alla chitarra e Guido Crepax all’imitazione della tromba. Fulvia Serra, all’epoca direttrice di Linus, dirigeva la band improvvisata. Rimpiango di non aver filmato o registrato quelle serate, ma gli iPhone non erano stati ancora inventati: per telefonare si usavano i gettoni, per le riprese si doveva possedere una 16 millimetri e relativo parco lampade se la ripresa era al chiuso, mentre al giornale erano state appena dismesse le Linotype (composizione a pimbo), faceva la sua prima apparizione la fotocomposizione e i fax erano un oggetto tecnologico d’avanguardia. Un’altra era.

Sulla scia di quelle serate, Vincenzo Mollica inaugurò una micro collana editoriale (Arcobaleno) di librettini a tiratura limitatissima dove si sono esibiti artisti come Pablo Echaurren e dove Guido Crepax raccontò, appunto, il suo amore «viscerale» per la musica jazz, pur escludendo «ogni suddivisione aprioristica», anche se ammetteva qualche «idolatria» particolare come per Jelly Roll Morton o Archie Shepp. Ma l’argomento che lo interessava era ilrapporto tra jazz e fumetto, quello che, scriveva: «costituisce ormai la parte predominante del mio lavoro. È chiaro che non voglio cercare ad ogni costo di identificare il jazz con il fumetto, ma soltanto notare che c’è qualcosa in comune tra queste forme di espressione “minori”».

«Espressioni minori»? Ecco, questo era Guido, un signore understated che si stupiva se «qualche volenterosa galleria» avesse messo in mostra tavole originali di opere a fumetti: chissà cosa avrebbe detto se avesse visto, prima l’omaggio che la Triennale di Milano gli ha tributato nel 2008, e oggi questa grande mostra romana. Oggi che molti “fumetti” sono diventati (sopratutto i suoi), opere d’arte. Senza se e senza ma, come si direbbe in gergo politichese.

 Fonte: blog.leiweb.it/claudio-castellacci

Non ho mai nutrito simpatie ne per il Mollicone ne per l'insopportabile Mughini, al contrario ho sempre amato il lavoro di Crepax e, ovviamente, Valentina. Posto questo articolo di Claudio Castellacci in memoria di un grande del fumetto e dei miei anni di gioventu', quando le avventure di Valentina erano una delle mie evasioni preferite....

 
 
 

SLEEPER: UN INEDITO DEL QUARTETTO EUROPEO DI JARRETT

Post n°2282 pubblicato il 10 Giugno 2012 da pierrde

CD 1:

Personal Mountains

Innocence

So Tender

CD 2:

Oasis

Chant Of The Soil

Prism

New Dance

È prevista per il 16 luglio 2012 la pubblicazione da parte di ECM di Sleeper, un nuovo doppio album che contiene la registrazione di un concerto del Keith Jarrett European Quartet tenutosi a Tokyo nel 1979. Questa registrazione, facente parte dello stesso tour giapponese da cui fu tratto Personal Mountains, era andata perduta, finché Manfred Eicher non l’ha trovata 8 settimane fa, spedendola subito a Jarrett per un ascolto.

Jarrett l’ha trovata eccezionale, decidendo di pubblicarla immediatamente; ciò posticiperà l’uscita del concerto di Lucerna del 2009, la cui pubblicazione dunque è programmata per il 2013, in occasione del 30° anniversario del Trio. Questo album del Quartetto pare che sia davvero incredibile, e che sorprenderà tutti i fan di Jarrett.

Fonte: www.keithjarrett.it

Tra le altre sorprese E.C.M. in uscita tra fine giugno e luglio il cofanetto su Garbarek "Dansere" che raccoglie l'album omonimo del 1975 e anche "Sart" del '71 e "Witchi-Tai-To" del '73; sempre nella stessa collezione di box-set ci sarà anche un cofanetto dedicato a Terje Rypdal.

Da non dimenticare il nuovo album dell'ensemble Dans Les arbres, "Canopée" e un doppio cd antologico di brani di e scelti da Jon Balke tra i suoi lavori con la Magnetic North Orchestra tra il 1993 ed il 2001.

E infine nello stesso periodo esce il nuovo progetto di Enrico Rava su Michael Jackson, "Rava on the dance floor" registrato live all'Auditorium Parco della Musica l'anno scorso con la Parco della Musica Jazz Lab.

Sempre per E.C.M. ma classificato come New Series voglio ricordare l'uscita di Stifters Dinge, il nuovo lavoro di Heiner Goebbels, compositore contemporaneo tra i più interessanti:

 

Suoni, rumori, voci, testi convergono in una delle più stupefacenti creazioni acustiche di uno dei più importanti compositori tedeschi viventi. Heiner Goebbels definisce la sua opera «Stifter Dinge» come una composizione per 5 pianoforti senza nessun pianista, una pièce teatrale senza attori, una performance senza esecutori, un no-man show. Il progetto è stato ispirato dallo scrittore Adalbert Stifter, che documentò meticolosamente i segni e i suoni della natura (il vento, il tuono, gli alberi, la pioggia, ...). Un lavoro di tecnologica complessità, che ha al centro 5 pianoforti azionati da un equipaggiamento per produrre suoni dall’interno e dall’esterno degli strumenti o di riprodurre e sovrapporre brani o sezioni di questi (ad esempio il Concerto Italiano di Bach) nella modalità del pianoforte meccanico. Il controllo digitale di ogni strumento e del gruppo d’insieme dei pianoforti, l’incrocio di voci recitanti in diverse lingue e di molteplici effetti sonori ripetuti ossessivamente e freneticamente giungerà in alcune fasi a un grande climax. Una strategia musicale presentata in tutto il mondo, da New York a Melbourne, di cui gli effetti sono stati definiti da più di un critico come magici.

 
 
 

FESTIVAL D'OLTRALPE

Post n°2281 pubblicato il 10 Giugno 2012 da pierrde

Anche se Musica Jazz rinvia ad uno speciale in edicola tra pochi giorni, i programmi dei festival jazz in Italia circolano oramai da diverse settimane, tanto da poter fare delle coincise osservazioni.

L'impressione generale, assolutamente non nuova, è quella di un conformismo diffuso nelle scelte e nei nomi. Fino a qualche anno fa facevano eccezione alcuni piccoli festival, di nicchia o di tendenza, ma oramai le difficoltà economiche o hanno spazzato via o hanno pesantemente ridimensionato le realtà più interessanti.

Per il resto e come al solito, i nomi che passano da Umbia Jazz vengono poi spalmati in diverse rassegne nazionali in una sequenza che è sicuramente disegnata più dalle agenzie che dai direttori artistici.

Vecchio discorso e vecchi problemi che oramai sono noiosi perfino solo  accennati: ingerenze degli sponsor e della politica che finanzia, conformismo culturale, mancanza di coraggio e di idee nuove, appiattimento sui nomi "sicuri" e di cassetta (italiani e non).

Per gli appassionati dell'Italia del nord, più vicini geograficamente, segnalo allora due festival d'oltralpe  che ben conosco avendoli frequentati quando ero più giovane: Willisau in Svizzera e Saalfelden in Austria, che si distinguono per le loro scelte.

Sono festival che hanno una lunga storia alle spalle, in due località alpine magnifiche, e dalla programmazione innovativa e coraggiosa. Certo si predilige la ricerca al mainstream, ma provate a pensare ad un festival italiano che offra l'Experimental Band di Muhal Richard Abrams (con Leo Smith, Roscoe Mitchell, Henry Threadgill, George Lewis...), il quintetto di Gerry Hemingway con Ellery Eskelin, il quintetto di Mary Halvorson,  il gruppo di Ches Smith con Tim Berne, Tony Malaby, Mary Halvorson e Andrea Parkins, Jason Moran and The Bandwagon, Bill Frisell, Angelica Niescier. 

Solo immaginare da noi un cartellone simile è pura fantasia (non solo culturale ma, temo, finanziaria). Purtroppo quest'anno i due festival si sovrappongono nelle stesse date (22-26 agosto) e con molti protagonisti in comune ma il richiamo è forte e i programmi veramente interessanti tanto da meritare il progetto di una trasferta musicale. 

http://www.jazzfestivalwillisau.ch/uebersicht/programm/hauptbuehne/ http://www.jazzsaalfelden.com/Programm.381.0.html

 
 
 

APERITIVO IN CONCERTO: LA PROSSIMA STAGIONE

Post n°2280 pubblicato il 01 Giugno 2012 da pierrde

 

Una notizia in anteprima, giunta mentre letteralmente stavo uscendo di casa con la valigia in mano, ma che ho deciso di postare immediatamente.

Nonostante il netto taglio del budget il direttore artistico Gianni Gualberto ha intessuto l'ennesimo cartellone intrigante e ricco di novità: sono diminuite numericamente ma non qualitativamente le proposte, dedicate quest'anno al tribalismo afrocentrico, in particolar modo nel mondo post-davisiano .

 

Aperitivo in Concerto 2012-2013 Teatro Manzoni - Milano

12 concerti 28 ottobre – 24 febbraio

Domenica 28 ottobre 2012 - ore 11.00 ARCHIE SHEPP & DAR GNAWA OF TANGER - PRIMA ITALIANA

Il sassofonista Archie Shepp, uno fra gli indiscussi protagonisti della musica improvvisata del Novecento, torna a Milano per un imperdibile incontro con una delle anime della tradizione africana, i Dar Gnawa. Provenienti da Tangeri, i componenti dei Dar Gnawa sono discendenti di schiavi neri dell’Africa sub-sahariana portati dagli arabi in Marocco: la loro musica fonde i ritmi africani con l’estasi delle ascensionali melodie arabe, creando un incantatorio tappeto musicale per gli incendiari arabeschi del sassofono di Shepp, che già nel 1969, alla riscoperta delle radici africane del jazz, si esibiva ad Algeri per una leggendaria edizione del Festival Panafricano. Un incontro storico e affascinante, quello con i Dar Gnawa, arricchito inoltre dalla presenza di un eccezionale batterista e percussionista come Hamid Drake.

Domenica 11 novembre 2012 - ore 11.00 IDRIS ACKAMOOR & THE PYRAMIDS - PRIMA ITALIANA

Il sassofonista Idris Ackamoor, di ritorno sulla scena europea dopo una lunga parentesi, è stato uno dei leader, negli anni Settanta, di quell’afrocentrismo che rappresentò la riscoperta dello storico legame spirituale esistente fra il jazz e il mondo africano: con il proprio gruppo, The Pyramids, Ackamoor realizzò una serie di straordinarie registrazioni musicali che ancora oggi rappresentano una potente testimonianza musicale di un’epoca. L’impasto fra jazz, libera improvvisazione, ritualità, ritmi africani e trascinanti scansioni funk, condensato in un acceso spettacolo teatrale, si è ulteriormente arricchito, negli anni, grazie alla lunga permanenza di Ackamoor e dei suoi musicisti in nazioni africane come Uganda, Etiopia, Ghana, Kenya e Marocco: non solo un concerto, dunque, ma una vera e propria performance che lascia un segno indelebile nell’immaginazione di ogni spettatore.

Domenica 18 novembre 2012 - ore 11.00 MICHAEL HENDERSON ENSEMBLE - Electric Miles - PRIMA ITALIANA

Dal 1970 al 1977, Michael Henderson, eccezionale bassista, fu una delle colonne portanti dei gruppi di Miles Davis che all’epoca, portarono a compimento la cosiddetta “svolta elettrica” del leggendario trombettista, realizzando capolavori discografici come Live-Evil, Pangæa, A Tribute to Jack Johnson, On The Corner, Get Up With It, Big Fun, Dark Magus e dando testimonianza di una nuova estetica improvvisativa, fatta di un ribollente tribalismo in cui si fondevano, esaltanti, il jazz e i ritmi incalzanti della nuova musica popolare afroamericana. A oltre trent’anni da quell’indelebile esperienza, Henderson ne ripercorre alcuni passi fondamentali e ne ripropone, senza alcun intento nostalgico, l’incancellabile e mai superata attualità, a capo di uno straordinario gruppo di strumentisti.

Domenica 25 novembre 2012 - ore 11.00 HUGH MASEKELA SEXTET - Mama Afrika - PRIMA ITALIANA

Si presenta al pubblico italiano uno fra i più grandi artisti africani, una leggenda della musica, il trombettista sudafricano Hugh Masekela, musicista straordinario, poeta inarrivabile, protagonista della lotta contro l’apartheid. Masekela, che con Abdullah Ibrahim e Miriam Makeba, ha contribuito a divulgare il patrimonio musicale sudafricano in tutto il mondo, unendolo alla pratica del jazz, ha creato un universo musicale unico per originalità, in cui confluiscono le più antiche radici della cultura africana e tutta la modernità dei più attuali vernacoli della tradizione afroamericana. Un evento imperdibile.

Domenica 2 dicembre 2012 - ore 11.00 STEVEN BERNSTEIN & MILLENIAL TERRITORY ORCHESTRA STEVEN BERNSTEIN & MTO plays SLY with Bernie Worrell PRIMA ITALIANA

Il celebre trombettista Steven Bernstein conduce da anni, assieme ad una formazione di funambolici virtuosi come la Millenial Territory Orchestra (in cui militano musicisti come Ben Allison, Ben Perowsky, Charles Burnham, Peter Apfelbaum), una ricerca dagli esiti spettacolari sulle radici del jazz contemporaneo, con particolari riferimenti alla musica improvvisata degli anni Venti e Trenta (Bernstein, fra l’altro, è stato l’applaudito arrangiatore e curatore della colonna sonora di un film come Kansas City di Robert Altman). Tale brillante connubio fra passato e contemporaneità si arricchisce di un ulteriore capitolo: una scintillante e scatenata rilettura delle musiche di Sly & The Family Stone, gruppo rock d’estrazione afroamericana che negli anni Settanta diede un contributo fondamentale allo sviluppo della musica soul, funk e psichedelica (il critico Joel Selvin, non casualmente, ha scritto: ci sono due tipi di musica nera: la musica nera prima degli Sly Stone, e la musica nera dopo gli Sly Stone). Contribuisce in modo fondamentale alla riuscita di questo entusiasmante spettacolo una leggenda del jazz, del soul e del funk come il tastierista Bernie Worrell.

Domenica 16 dicembre 2012 - ore 11.00 NICOLE MITCHELL & BLACK EARTH ENSEMBLE - Mother Earth PRIMA EUROPEA

Nicole Mitchell è, indiscutibilmente, una fra le più grandi virtuose di flauto sulla scena mondiale. Straordinaria compositrice, leader affermata, artista di originalissima creatività, nella sua musica ricupera la spiritualità africana inserendola nel contesto improvvisativo tipico della ricchissima scena di Chicago, da cui proviene. A Milano si presenta con una formazione inedita e di particolare fascino, in cui spicca la presenza di un altro appassionante virtuoso, Ballaké Sissoko alla kora. Eloquente è l’opinione del critico Peter Margasak: Un'avvincente improvvisatrice con grande spirito, carica di determinazione e formidabile talento destinata a diventare uno dei più grandi flautisti jazz viventi.

Domenica 20 gennaio 2013 - ore 11.00 PUNKT@THE MANZONI - PRIMA MONDIALE

La percussività africana e afroamericana di Hamid Drake, uno fra i più grandi e acclamati batteristi sulla scena musicale internazionale, dialoga con la nuova improvvisazione nordica. Un connubio appassionante proprio per la sua apparente improbabilità: da un lato la piena coscienza della propria eredità africana e della sua evoluzione nell’ambito della cultura afroamericana, dall’altro un’estetica che, per quanto ispirata al jazz, ha intrapreso un cammino che guarda alla tradizione europea, sia colta che popolare, di stampo ovviamente nordico. Può trovare un terreno comune un incontro fra il patrimonio musicale africano ed afroamericano e il mondo inquieto delle brume e dei fiordi, di Nielsen e Sibelius o, nel caso dei norvegesi Eivind Aarset (eccellente ed originale chitarrista, a lungo collaboratore di Ketil Bjornstad, Dhafer Youssef e Nils Petter Molvaer), Jan Bang ed Erik Honoré (maestri dell’elettronica, ideatori dell’acclamato Punkt Festival), Arve Henriksen (affascinante trombettista dalle magiche sonorità), di Grieg e Halvorsen? La risposta, nettamente affermativa, la offre proprio questo originalissimo ensemble, fatto di timbri e ritmi inusitati, di melodie dal sapore antico eppure modernissimo.

Domenica 27 gennaio 2013 - ore 11.00 ARUN GHOSH HORN E BASS QUINTET - PRIMA ITALIANA

Arun Ghosh è uno spettacoloso clarinettista indiano formatosi in Inghilterra: appassionatosi al jazz sin da giovane età, è presto diventato una star della scena musicale britannica non solo per il suo evidente virtuosismo ma anche per la naturalezza con cui sa fondere più linguaggi musicali. L’eredità afroamericana del jazz, infatti, affianca, nella sua composita e trascinante creatività musicale, i ritmi della musica rock più urbana, la disinibizione del punk e la caleidoscopica tradizione bengalese con le sue molteplici ramificazioni che giungono a toccare persino un mondo apparentemente (e solo apparentemente) lontano come quello del klezmer di matrice yiddish. Una pagina particolarmente coinvolgente fra i tanti modi con cui il jazz, attraverso le sue radici africane, ha saputo dialogare con le più complesse e diverse realtà etniche e culturali.

Domenica 3 febbraio 2013 - ore 11.00 BILL LASWELL TRIO WITH BILL LASWELL, BERNIE WORRELL & DJ KRUSH PRIMA ITALIANA

All’Africa e alla rilettura delle sue molteplici sfaccettature musicali espresse attraverso il jazz (e non solo), Bill Laswell ha dedicato non pochi momenti magici della sua arte di compositore, interprete, strumentista virtuoso e produttore. Egli fa ritorno al Teatro Manzoni, dopo il grandissimo successo riscosso nella passata stagione, con un trio di eccezionale impatto sonoro, con il quale rilegge l’eredità afrocentrica del soul e del funk alla luce di un’internazionalità manifestamente cosmopolita: se, infatti, il leggendario tastierista Bernie Worrell (esponente storico di gruppi come Parliament e Funkadelic) rappresenta l’ancoraggio alla grande tradizione afroamericana, la presenza di DJ Krush, padre dell’hip hop giapponese, si rapporta ai più contemporanei aspetti dell’ambient e del trip hop.

Domenica 10 febbraio 2013 - ore 11.00 DEE ALEXANDER EVOLUTION ENSEMBLE - Tribute to James Brown

Già acclamata al Manzoni per le sue riletture e interpretazioni delle composizioni di Jimi Hendrix, la straordinaria cantante Dee Alexander inaugura un nuovo capitolo nella sua affascinante opera di esplorazione della grande tradizione popolare afrocentrica e afroamericana. Alle dirompenti pagine di James Brown, padre e pioniere nell'evoluzione della musica gospel e rhythm and blues nonché del soul e del funk, la Alexander, accompagnata da un gruppo di strumentisti di ineccepibile valore, come la violoncellista Tomeka Reid, dedica l’intera sua performance, un’immersione teatrale, fisicamente e spiritualmente coinvolgente, totale e totalizzante nella realtà più complessa della tradizione musicale nera in America.

Domenica 17 febbraio 2013 - ore 11.00 TAYLOR HO BYNUM ENSEMBLE - Plays The Music of Prince PRIMA ITALIANA

Come scrive Ernesto Assante, Prince produce, canta, scrive e suona una musica che pur restando profondamente legata alla tradizione nera ha fatto propri elementi del rock, del funk, del pop, in una miscela urbana, elettrica, nervosa e che, sottilmente, ribadisce costantemente la sua natura nera. Figura ormai mitica della musica popolare afroamericana contemporanea, Prince trova nello straordinario trombettista, compositore e arrangiatore Taylor Ho Bynum (uno fra i protagonisti della nuova scena musicale americana, affascinante partner di artisti come Anthony Braxton, Cecil Taylor, Mary Halvorson, Jessica Pavone, Tomas Fujiwara) un interprete d’eccezione, capace di mettere in drammatica evidenza non solo il suo retaggio tradizionale d’estrazione afroamericana ma anche l’inconfondibile valenza contemporanea delle sue composizioni.

Domenica 24 febbraio 2013 - ore 11.00 DAVE DOUGLAS & SŌ PERCUSSION - PRIMA ITALIANA

Fra gli esponenti del jazz oggi più celebri e apprezzati, il geniale trombettista Dave Douglas torna a presentarsi a Milano in un contesto profondamente inusuale e stimolante, a capo di uno straordinario gruppo di virtuosi delle percussioni come il gruppo newyorkese Sō Percussion. Un mondo politonale, fatto di una riverberante molteplicità di timbri e ritmi, in cui Douglas si inserisce con appassionata ed esaltante partecipazione, riportandoci ad una misteriosa dimensione tribale che è l’essenza stessa delle radici dell’improvvisazione afroamericana. Un progetto di stupefacente bellezza e di indiscutibile originalità.

 
 
 
 

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