Creato da pierrde il 17/12/2005

Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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JAZZ DAY BY DAY

 

 

L'agenda quotidiana di

concerti rassegne e

festival cliccando qui

 

I PODCAST DELLA RAI

Dall'immenso archivio di Radiotre č possibile scaricare i podcast di alcune trasmissioni particolarmente interessanti per gli appassionati di musica nero-americana. On line le puntate del Dottor Djembč di David Riondino e Stefano Bollani. Da poco č possibile anche scaricare le puntate di Battiti, la trasmissione notturna dedicata al jazz , alle musiche nere e a quelle colte. Il tutto cliccando  qui
 

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Messaggi di Aprile 2015

STEVE COLEMAN - SYNOVIAL JOINTS

Post n°3963 pubblicato il 16 Aprile 2015 da pierrde
 

L’orchestrazione di "Synovial Joints" è stata ispirata dall'ascolto dei suoni naturali registrati in Amazzonia. Un concetto che Steve Coleman definisce come “camouflage” e cioè una colorazione dirompente, un'idea sonora che distribuisce i suoni strumentali in modo che siano percepiti dall’ascoltatore volta per volta in primo piano, nella zona mediana, o nello sfondo.

(...) Queste premesse teoriche creano una musica complessa e stratificata che si presta a più piani di lettura, in cui gli strumenti si alternano con grande personalità a dettare linee mentre la scansione ritmica sempre in movimento è componente indispensabile nella circolarità delle situazioni.

(...) Questo è un album formidabile e, non ancora uscito (fine aprile nei negozi), sta già richiamando l’interesse dei magazine di tutto il mondo. Il numero di maggio di Down Beat gli dedica la copertina ed una lunga intervista che ha per oggetto il nuovo album. Articoli e interviste sono appena usciti o stanno per uscire anche per Wire Magazine, New York Times, Jazzwise e NPR Radio.

Leggi la recensione completa su : 

http://www.traccedijazz.it/index.php/recensioni/26-recensioni-discografiche/1046-steve-coleman-synovial-joints

 
 
 

LE REGOLE DI BASE

Post n°3962 pubblicato il 13 Aprile 2015 da pierrde

"You can read all the textbooks and listen to all the records, but you have to play with musicians that are better than you"

Stan Getz

 
 
 

AUGURI HERBIE

Post n°3961 pubblicato il 12 Aprile 2015 da pierrde

Oggi Herbie Hancock compie 75 anni. Credo che il ritratto critico che esce dalle parole di Mattew Shipp sia un interessante contributo alla comprensione del ruolo e dell'importanza del pianista. Shipp scrisse questo articolo pochi mesi fa in occasione della uscita dell'autobiografia di Hancock, Possibilities, ma non si tratta affatto di una recensione del libro bensi' di una riflessione su una figura cardine del jazz degli ultimi decenni.

The back of the book features a quotation from Miles Davis: “Herbie was the step after Bud Powell and Thelonious Monk, and I haven’t heard anybody yet who has come after him.” That was from Miles: The Autobiography, co-written with Quincy Troupe and published in 1989, two years before Davis died. With those words, Miles locates Herbie in the pantheon of geniuses like Powell and Monk, as though he’d picked up their mantle. But it seems to be a disconnected and shallow comparison, seeing as this is a book by a tech geek who really seems not to want to be seen in the light that Miles Davis painted him in. Powell and Monk were willing to die for the webs that they spun on the piano. Hancock is not, that much is obvious from this book. As brilliant a pianist as he can be, his acoustic work has none of the ultimate existential angst that theirs had. They were the piano music they played, but Hancock is not; he isn’t willing to make that ultimate sacrifice.

Leggi l'articolo completo: 

http://thetalkhouse.com/music/talks/matthew-shipp-talks-herbie-hancocks-memoir-possibilities-and-not-dying-for-your-art/

 
 
 

UNA LETTERA DA BARAK

Post n°3960 pubblicato il 12 Aprile 2015 da pierrde

The recipients of the 2015 National Endowment for the Arts (NEA) Jazz Masters

award have been announced.

For the past 32 years, the program has selected a handful of living legends every

year who have made “exceptional contribution to the advancement of jazz.” Only

136 people have been named Jazz Masters in what is widely considered to be the

highest honor that can be bestowed upon a jazz musician.

The 2015 NEA Jazz Masters are:

Keyboardist Carla Bley (Willow, New York).

Saxophonist George Coleman (Jersey City, New Jersey).

Saxophonist/Flutist Charles Lloyd (Santa Barbara, California).

Jazz presenter and club owner Joe Segal (Chicago, Illinois).

Read more: http://thejazzline.com/news/2014/06/nea-jazz-masters-2015/#ixzz3X1n2cg2u  

Follow us: @TheJazzLine on Twitter | TheJazzLine on Facebook

http://arts.gov/honors/jazz/year/2015

 
 
 

I DIVERSI DESTINI DI DUE JAZZ CLUB

Post n°3959 pubblicato il 11 Aprile 2015 da pierrde

L’ultima nota il 17 marzo. Poi, in un insolito silenzio, si sono spenti gli amplificatori e si è abbassata definitivamente la saracinesca su 34 anni vissuti da baluardo della musica dal vivo in città. Migliaia di concerti. Palco ambìto da ospiti stranieri come Laurie Anderson e Pat Metheny.  Delle Scimmie, locale culto della scena jazz (e non solo) milanese, rimane la resistenza artistica e l’homepage del sito «in ristrutturazione» che annuncia importanti comunicazioni. Sono quelle che con amarezza sintetizza il fondatore e storico direttore artistico Sergio Israel: «I costi ormai sono insostenibili, ci arrendiamo».

Fonte: 

http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/15_aprile_10/scimmie-musica-finita-addio-34-anni-jazz-citta-687131d2-df61-11e4-9755-7346caf2920e.shtml

 

Il miglior jazz in Italia si ascolta a Ferrara; per il quarto anno consecutivo, infatti, i Jazz It Awards, prestigiosi "oscar" del genere e assegnati secondo il voto degli oltre 13 mila lettori della rivista e della sua redazione, sono andati alla città estense. Oltre al primato come miglior Jazz Club italiano, quest'anno è stata, giustamente, premiata la fatica di Francesco Bettini, suo direttore artistico.

L'assegnazione del premio fa, inevitabilmente, porre qualche domanda di ordine generale. Su cosa si fonda la formula vincente del Jazz Club estense? Semplice: sulla passione e sulla dedizione con cui viene curato ogni minimo dettaglio di una serata e poco importa che sul palco ci sia un mostro sacro (e quest'anno ne sono passati diversi) o un ensamble di giovani.

A Ferrara è espunta, sembrerebbe per principio, ogni smania di megalomania a favore di un artigianato dell'accoglienza: i prezzi sono contenuti, la qualità artistica altissima e omogenea per tutta la durata della stagione, l'acustica è eccellente, le luci curate e il personale professionale, sempre pronto a rispondere alle esigenze del pubblico e, meno scontato, dei musicisti. Un posto dove il jazz si ascolta con rispetto e partecipazione, e, più o meno, con l'atmosfera dei locali parigini degli anni '50 (al netto delle nuvole di fumo a corredo della coreografia).

Roma e Milano, invece, dove sono finite? Pare quasi che il peso della politica nelle grandi città finisca anche per influenzare in modo bulimico i cartelloni musicali, più propensi a soddisfare clienti che a badare alla qualità. Anche per questo, ancora una volta, le grandi città sono state scavalcate dal Jazz Club di Ferrara e c'è poco da stare allegri per la salute complessiva di una musica tanto richiesta quanto nascosta da gare di avidità o da beghe di cortile (anche tra musicisti).

Vero è che Roma sta cercando, faticosamente, un rilancio del suo spazio vitale alla Casa del Jazz ed è ancora troppo presto per capire se la nuova direzione avrà le capacità e la possibilità di un rilancio solido. Intanto, l'idea che Ferrara possa diventare un modello esportabile su scala nazionale resta ad oggi confinata nel recinto dei buoni propositi e degli auspici.

Fonte: 

http://www.huffingtonpost.it/paolo-romano/ferrara-capitale-jazz-grandi-citta-guardare_b_7023430.html

 
 
 

L'AMORE SESSUALE

Post n°3958 pubblicato il 10 Aprile 2015 da pierrde

Il jazz infatti ebbe, come tutti i fenomeni culturali, un influsso sul costume e quindi anche sulla morale dell’epoca. Dal 1910, quando nacque la fase denominata “New Orleans” allo swing e poi il “cool jazz” (né ballabile né cantabile) fu accompagnato e stimolato il libero amore, la libertà dei costumi, il gusto dell’improvvisazione, l’emancipazione femminile, la dominanza dell’amore sessuale su quello romantico.

Dopo è venuto il rock ed è stato tutt’altra cosa perché la melodia è scomparsa del tutto e così pure la varietà del ritmo. Il ritmo è uno solo, al posto della melodia c’è il rumore, il ballo è un puro agitarsi del corpo che non fa più coppia fissa ma vaga da solo e fuggentemente insieme ad un gruppo o ad una persona non importa di quale sesso.

Anche il rock è un fenomeno culturale, riservato però ai giovani e giovanissimi. Non modifica i costumi ma è il segnale del disfacimento sociale. Forse il presagio di un’epoca nuova della quale i lineamenti sono tuttora ignoti.

Fonte: 

http://espresso.repubblica.it/opinioni/vetro-soffiato/2015/04/08/news/rivoluzione-sessuale-sulle-note-del-jazz-1.207306

Questo breve articolo di Eugenio Scalfari nella sua rubrica Opinioni sul settimanale L'Espresso ha dato il la ad una serie di commenti sulla rete, perlopiù ironici e canzonatori.

Non me la sento di unirmi al coro e di dare addosso a Scalfari: i concetti che esprime sono frutto dei gusti e della morale della sua generazione. E' vero che leggendo queste righe ci si rende facilmente conto che le rivoluzioni musicali e di costume degli ultimi 50 anni hanno inciso poco o nulla nella sua visione del mondo, ed è altrettanto vero che un articolo di simile tenore ma dedicato alla musica classica pochi mesi fa ottenne lo stesso sollevamento di scudi da parte di musicisti ed appassionati.

L'avesse scritto un pensionato colto sul giornale locale probabilmente nessuno ci avrebbe fatto nemmeno caso. Però è evidente che Scalfari che trancia giudizi pressapochistici e con l'accetta a molti fa una certa impressione.

Personalmente mi fa molta più impressione la deriva del suo giornale. Continuo a leggerlo, sopratutto per mancanza di alternative credibili, ma La Repubblica è diventato un quotidiano sempre meno leggibile e sempre più trash (mai naturalmente agli infimi livelli raggiunti dall'orrido Sallusti o  dall'impresentabile Belpietro, direttori di quotidiani involontariamente comici).

E non parlo della linea politica de La Repubblica, li si può essere in sintonia o tranquillamente dissentire, ma proprio dell'impostazione del giornale. Troppo spazio al mediocre e scontato teatrino politico italiano, poco approfondimento, poche notizie (vere) del mondo. Orribile la pagina degli spettacoli, non ho altro termine per definirla.

Continuo ad acquistare il quotidiano per le pagine culturali e per quella degli spettacoli a Milano, a patto che Scalfari non arrivi pure li a raccontare facezie sull'amore sessuale.... 

 

 
 
 

ORIENTAL WYNTON

Post n°3957 pubblicato il 09 Aprile 2015 da pierrde

La cosa veramente bella della vita è l’avere perso ogni illusione, e ciononostante fare un atto di vita, essere complici. Essere in totale contraddizione con quello che si sa. E se la vita ha qualcosa di misterioso è appunto questo, che pur sapendo ciò che si sa, si è capaci di compiere un atto che va contro il proprio sapere.

Emil Cioran

 
 
 

BILLIE VISTA DA CARL VAN VECHTEN NEL 1949

Post n°3956 pubblicato il 08 Aprile 2015 da pierrde

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel 1949, Carl Van Vechten, scrittore, pittore e fotografo americano con un profondo interesse per la musica, la letteratura e la cultura Afro-Americana (nel 1926 scrisse Negro Blues Singers per Vanity Fair), fotografò Billie Holiday nell'ambito del progetto African Americans Portraits.

Gerry Major organizzò la seduta e chiese a Billie di indossare un camice. Billie, ignorando la richiesta, si presentò con un abito grigio, ed un umore ancora più scuro. Van Vechten la convinse con pazienza ad indossare un abito di seta ed un vestito Gauguinesque.

Lavorarono tutta la notte ma con risultati insoddisfacenti, fino a che Van Vechten ebbe una idea vincente: mostrare a Billie i suoi dipinti che ritraevano Bessie Smith, uno degli idoli musicali della Holiday.

Lady Day, commossa, ammorbidi' il cattivo umore e i due presero febbrilmente a lavorare sino all'alba. Poi Billie se ne andò e quella fu l'ultima volta che Van Vechten la vide.

Queste fotografie che vedete provengono da quella notte del marzo 1949.

Altre foto della stessa seduta le trovate sul post originale che ho liberamente tradotto :

http://ehsankhoshbakht.blogspot.ca/2014/02/lady.html

 
 
 

I 100 ANNI DI BILLIE

Post n°3955 pubblicato il 07 Aprile 2015 da pierrde

Era il 1939. I cinematografi americani passavano Via col vento, storia d'amore contornata da una pacifica, onesta e rispettosa convivenza della civiltà nera con i padroni bianchi del Sud. Era il 1939. In Europa la Germania nazista invade la Polonia, scintilla che accende la seconda guerra mondiale. Era il 1939. Billie Holiday, allora ventiquattrenne, al Cafè Society di New York, intonò per la prima volta, con la sua inconfondibile voce, Strange Fruit.

Ma torniamo al 1939. Strange Fruit inizialmente era un testo per "bianchi radicali", la sua natura sotterranea, drammatica, connessa intimamente al suo vero autore, Abel Meeropol che, da membro del partito comunista americano, fu costretto a scriverla sotto falso nome, con lo pseudonimo di Lewis Allan e pubblicarla come poema sul New York Teacher e sul giornale filo-marxista New Masses.

Meeropol era un insegnante ebreo di New York che poi prenderà in adozione i figli di Ethel e Julius Rosenberg, i due che furono condannati a morte nel 1953 perchè accusati di essere spie dell'Unione Sovietica. Meeropol scrisse Strange Fruit dopo aver visto una fotografia del linciaggio di Thomas Shipp ed Abraham Smith, due neri delle piantagioni del Sud. Quella visione lo scosse a lungo.

Più che solo una canzone Strange Fruit metteva le parole ed una faccia sugli orrori che subivano gli uomini neri in America. Solo il modo di cantare così sofferto e pieno di pause della Holiday poteva spingere quella canzone a quel punto. Ma purtroppo la denuncia razziale era ancora un tabù per l'epoca. Nei decenni la canzone, che il grande critico Leonard Feather aveva chiamato "la prima significativa protesta in parole e musica, il primo lamento non tacito contro il razzismo", era scivolata nel limbo, ricordata solo dagli appassionati di jazz, dai fans della cantante e dai veterani dei diritti civili.

Strange Fruit invece è stato un momento importante, se non fondamentale, perchè combinava elementi di protesta e di resistenza al centro della cultura musicale dei neri, avviando un processo di riappropriazione delle origini africane e del culto della diaspora reso manifesto anni dopo dal be bop e soprattutto negli anni '60 dal free jazz. Pochi si erano azzardati a cantare Strange Fruit prima che la Holiday la trasformasse in palese denuncia.

Charles Mingus, un altro gigante del jazz, disse: "cambiò la mia idea su come una canzone possa raccontare una storia. Quella canzone è lì per dire ai bianchi cosa fanno di sbagliato riguardo la razza." Il giornalista Harry Levin racconta di una sera quando Billie cantò a casa di Arthur Herzog, l'autore di un'altra grande canzone della Holiday, God Bless the Child. "Noi eravamo li, storditi ed incapaci di muoverci.

Lei ci mise in contatto fisico con quella canzone. Nel mezzo della Seconda Guerra Mondiale, mentre stavamo combattendo per riportare la libertà, Billie ci stava dicendo che c'erano alcune cose incompiute con le quali l'America doveva confrontarsi." La Holiday riservava sempre la canzone per il finale dei suoi spettacoli perchè lasciava inevitabilmente il pubblico in silenzio.

"Non c'è nient'altro che possa venire dopo di essa", parola della stessa Lady Day.

(estratti da Storie di strani frutti e diritti umani in musica di Antonino Musco)

 
 
 

STRANGE FRUIT

Post n°3954 pubblicato il 07 Aprile 2015 da pierrde

Nei primi mesi del 2000, allorquando si discuteva sulla più bella canzone del novecento, provai particolare piacere nell’apprendere che il Time considerava “Strange fruit” di Billie Holiday il monumento musicale del secolo, discostandosi dall’opinione generale che aveva indicato “Imagine” di J. Lennon.

Alla base di questo brano c’è una storia, questa ci viene raccontata con dovizia di particolari da David Margolick nel libro “Billie Holiday eseguirà…strange fruit” (ed. Arcana, 2000). Corre l’anno 1939, Billie Holiday si esibisce al Cafè Society di New York, uno dei pochi locali che permette anche alla gente di colore di entrare. Un posto molto speciale dove si incontrano intellettuali e musicisti.

Nel locale di Sheridan Square, la Holiday incontra per la prima volta Abel Meeropol, poeta, scrittore, compositore e fervido attivista politico-marxista. Su un tavolo del Cafè Society, Meeropol, sotto lo pseudonimo di Lewis Allen, e la Holiday scrissero i versi di Strange Fruit.

Una canzone bellissima, drammatica, agghiacciante sui linciaggi dei neri negli Stati Uniti del Sud: “gli alberi del Sud producono uno strano frutto, sangue sulle foglie e sangue sulle radici, un corpo nero che ondeggia nella brezza del Sud, uno strano frutto che pende dai pioppi…qui c’è un frutto che i corvi possono beccare, che la pioggia inzuppa, che il vento sfianca, che il sole marcisce, che l’albero lascia cadere, qui c’è uno strano e amaro raccolto”. Gli strani frutti sono i corpi degli impiccati che penzolano dai pioppi.

Strange Fruit è una canzone durissima, le tragedie del razzismo e del Ku Klux Klan, naturalmente, allora non erano i migliori temi da mettere in musica. Un brano di denuncia sociale quando le battaglie per i diritti civili non erano neanche all’orizzonte. Nessuna casa discografica, infatti, all’inizio accetta di pubblicare il brano. La cantante, però, crede molto nel brano e continua a cantarlo.

Lentamente il brano sconfigge censure e paure. La Holiday ha la voce ideale per cantare i versi di Allen. Una voce rotta, dolente, spezzata, fortemente evocativa e fiera. Nelle sue interpretazioni sensualità e tragedia si combinano secondo un’espressione intensa che difficilmente pare obbligata ad assecondare i gusti del pubblico. Tecnicamente si ispira allo stile sassofono di Lester Young, anticipa le battute, avvolge la melodia di base con tante piccole note, sospiri o pause.

Billie Holiday fu condannata ad essere una donna ai margini infelice, prima bimba povera e molestata, dopo, da giovane cantante aveva visto i corpi neri penzolare dagli alberi; più volte, soprattutto negli Stati del Sud, le era stata negato l’uso della toilette dei locali nei quali si esibiva.

A causa del colore della sua pelle fu costretta ad abbandonare diverse orchestre. Da bambina era cresciuta come una piccola selvaggia tra le strade del quartiere nero di Baltimora, qui conobbe troppo presto gli aspetti più squallidi dell’esistenza. Dovette, infatti, subito industriarsi per guadagnare qualche centesimo: strofinava gli scalini dinanzi alle porte delle abitazioni dei bianchi e faceva piccole commissioni.

A soli dieci anni fu violentata da un inquilino della madre e giudicata corrotta fu rinchiusa in un riformatorio. Uscita ben presto dal riformatorio, Billie (il vero nome era Eleonora Fagan) divenne prostituta adolescente; qualche tempo dopo, però, fu assunta, quasi per caso, come cantante in un locale di Harlem. La sua aggressività e il risentimento furono accresciuti dalla ininterrotta serie di umiliazioni e violenze che fu costretta a subire. A complicare la sua esistenza giunge anche l’eroina.

Questa per la Holiday diviene una nuova schiavitù; parlando di questa sua dipendenza Billie scrisse: “non tardai molto a diventare una schiava tra le meglio pagate. Prendevo mille dollari alla settimana, ma quanto a libertà non ne avevo più di quanto ne potesse avere il più pidocchioso bracciante della Virginia, cento anni fa”. Ad aggravare la sua condizione si aggiunsero diverse storie d’amore difficili e disperate che la ridussero sul lastrico.

E’ inoltre una donna troppo trasgressiva per le autorità e per la società borghese. La polizia la perseguita a lungo e vuole incastrarla come spacciatrice Nessuno si meraviglia quando i giornali di tutto il mondo riportano la notizia della sua morte, avvenuta al Metropolitan Hospital di New York, il 17 luglio 1959. La polizia non la lascia in pace neanche negli ultimi momenti della sua vita, mentre è in agonia la squadra narcotici entra nella sua camera e la dichiara in arresto per la detenzione di un po’ di oppio, incautamente portatele da un amico.

La sua cupa infelicità, la sua continua ricerca di un amore che non trovò mai, si riversano nelle sue drammatiche e struggenti interpretazioni. La sua voce si è progressivamente modificata, all’inizio, infatti, è metallica, fredda, pungente, più tardi diventa acre, urtante, a volte miagolante. Strange Fruit è sicuramente il suo capolavoro.

Nel 1971 Meeropol, nel corso di un intervista, disse di aver scritto “Strange Fruit perché odio il linciaggio e odio l’ingiustizia e odio le persone che la perpetuano”. Le prime volte Billie la cantò per istinto, col tempo ne comprese il significato poetico, e non poteva più cantarla senza piangere. I versi di Meeropol e la voce di Billie immortalarono il capolavoro del secolo.

(Sergio Niger, da Netjus)

 
 
 

RADIOTRE SUITE: MARCO COLONNA UNITY

Post n°3953 pubblicato il 06 Aprile 2015 da pierrde
 

Martedì 07 Aprile 2015 ore 20.30

MARCO COLONNA UNITY

Marco Colonna sax baritono, clarinetti Danielle Di Majo sax soprano, sax contralto Claudio Martini fagotto Fabio Sartori pianoforte Stefano Cupellini batteria

Registrato il 9 marzo 2015 nella Sala A del CPRF di Roma

 
 
 

NEWSLETTER N . 21

Post n°3952 pubblicato il 06 Aprile 2015 da pierrde

Questa settimana su Tracce di Jazz:

RECENSIONE CONCERTI: - Flash of Bergamo Jazz

Da giovedì 19 a domenica 22 marzo, dopo la prima parte della rassegna dedicata ai "Jazz Movie", il cartellone di Bergamo Jazz ha dato spazio ai tradizionali concerti, che si sono tenuti al Teatro Donizetti, al Teatro Sociale, all'Auditorium Libertà ed alla nuova Domus Bergamo, e che hanno registrato una grande affluenza di pubblico. http://traccedijazz.it/index.php/recensioni/27-recensione-concerti/1028-bergamo-jazz-la-musica

RECENSIONI DISCOGRAFICHE: - Omer Klein - Fearless Friday

Il pianista Omer Klein nella sua progressione discografica si sta dimostrando un artista in continua evoluzione e difatti, con la recente uscita di questo nuovo album "Fearless Friday", pubblicato lo scorso febbraio per l'etichetta francese Plus Loin Music, probabilmente raggiunge il suo punto più elevato, mettendosi in mostra come un artista maturo anche a livello compositivo.

http://traccedijazz.it/index.php/recensioni/26-recensioni-discografiche/1025-omer-klein-fearless-friday

tutte le recensioni

NUOVE USCITE: - Curtis Nowosad - Dialectics

Il batterista, compositore e bandleader canadese, ma di stanza a New York, Curtis Nowosad ha appena pubblicato "Dialectics", una collezione di originals dinamici e carichi di swing composti dallo stesso Nowosad, cui lo stesso ha aggiunto interpretazioni di Monk (Bye-Ya), Shorter (Speak No Evil) e Johnny Mercer (I Remember You). http://traccedijazz.it/index.php/nuove-uscite/25-nuove-uscite-straniere/1029-curtis-nowosad-dialectics -

Enzo Pietropaoli e Eleonora Bianchini - DOS

Dai Led Zeppelin a Peppino Di Capri, dai Radiohead a Ornella Vanoni, da Ivan Lins a Gianni Morandi, da Chabuca Granda a Gabriella Ferri: è “DOS” l’album della cantante Eleonora Bianchini e del contrabbassista Enzo Pietropaoli, edito e prodotto da Fonè e registrato nella chiesa di un convento di Frati Cappuccini in Toscana con una acustica da canto gregoriano. http://traccedijazz.it/index.php/nuove-uscite/24-nuove-uscite-italiane/1031-enzo-pietropaoli-e-eleonora-bianchini-dos -

Nuove uscite E.C.M.

L’inizio di primavera è sempre foriero di grandi novità discografiche. La casa discografica tedesca E.C.M, in particolare, ha in uscita una serie di interessanti nuove pubblicazioni tra cui quelle di Giovanni Guidi, Paolo Fresu e Daniele di Bonaventura, Theo Bleckmann, Mathias Eick, Tim Berne, Elina Duni, oltre ad un paio di nuove uscite di Keith Jarrett. http://traccedijazz.it/index.php/nuove-uscite/25-nuove-uscite-straniere/1019-nuove-uscite-e-c-m -

Gabriele Boggio Ferraris Quartet - Penguin Village

Gabriele Boggio Ferraris ha pubblicato lo scorso 6 marzo il suo nuovo album “Penguin Village”: il disco è uscito per la UR Records, una neonata casa discografica fondata dallo stesso vibrafonista. "Penguin Village" è un viaggio attraverso mondi sonori diversi e variegati, ma legati tra loro da un filo conduttore molto forte. http://traccedijazz.it/index.php/nuove-uscite/24-nuove-uscite-italiane/1024-gabriele-boggio-ferraris-quartet-penguin-village

tutte le nuove uscite

LIBRI: - Giorgio Rimondi - Nerosubianco. Fenomenologia dell'immaginario jazzistico Dal punto di vista storico, la conoscenza della musica afroamericana si basa sull'esistenza degli archivi, siano essi sonori, bibliografici o fotografici. E se pure i diversi livelli influiscono gli uni sugli altri, determinando le coordinate della nostra ricezione, è insolito che un progetto decida di farli volutamente cortocircuitare, incrociandoli e sovrapponendoli. http://traccedijazz.it/index.php/biblioteca/1021-giorgio-rimondi-nerosubianco-fenomenologia-dell-immaginario-jazzistico

tutti i libri

TRACCE LASER: - Mirko Signorile – Soundtrack Cinema

tutte le tracce laser

VIDEO CONCERTI: - Gerry Mulligan and Art Farmer - Live in Rome 1959 http://traccedijazz.it/index.php/multimedia/20-videoteca/1022-gerry-mulligan-and-art-farmer-live-in-rome-1959

tutti i video

PODCAST AUDIO: - Jeff Ballard "Fairgrounds" - Parigi 2015 http://traccedijazz.it/index.php/multimedia/21-audioteca/1026-jeff-ballard-fairgrounds-parigi-2015

tutti i podcast

ALBUM IN STREAMING: - Enzo Pietropaoli e Eleonora Bianchini: DOS http://traccedijazz.it/index.php/multimedia/23-album-in-streaming/1030-enzo-pietropaoli-e-eleonora-bianchini-dos

tutti gli album in streaming

PLAYLIST DELLA SETTIMANA: - Zorn e dintorni http://traccedijazz.it/index.php/multimedia/43-playlist/916-zorn-e-dintorni

tutte le playlist

I PROSSIMI LIVE WEBCAST: - New York State Of Mind - 20 marzo 2015 Jazzschmiede, Düsseldorf - Paolo Fresu / Uri Caine - Cully Jazz Festival 2004 - Marco Colonna Unity - Registrato il 9 marzo 2015 nella Sala A del CPRF di Roma - Adam Baldych & Yaron Herman - Beethovenhaus Bonn, 10 febbraio 2015 - Mulatu Astatke - Pori Jazz Festival 2014 - Samuel Blaser Trio - Jazzstudio Nürnberg 13 marzo 2015 - Giovanni Mirabassi Quartet in diretta dal Sunside di Parigi - Gerald Clayton Trio - 19./20 marzo 2015, Rolf-Liebermann-Studio

vai ai live webcast

ULTIME NOTIZIE: - Addio a Giampiero Rubei, anima dell'Alexanderplatz - Jazz al Parenti, si prosegue con il Lew Tabackin Quartet - Scoppiettante Pasquetta per Happy Go Lucky Local con i vulcanici Fresh Frozen di Achille Succi e Willygroove Dj - Luis Bacalov, Stefano Bollani e Alberto Pizzo per la prima volta insieme in concerto - Udin&Jazz 2015 presenta: Caetano Veloso e Gilberto Gil: cinquant’anni di storia della musica che ha rivoluzionato il mondo - Robert Glasper al Locus Festival - Lainate Festival Jazz - Joni Mitchell in terapia intensiva a Los Angeles - Oltre 200 concerti ed eventi al Blue Note di Milano per Expo - Un concorso di idee per il doppio disco di Livio Minafra e Louis Moholo Moholo - Paradiso Jazz a Bologna tutte le notizie

Auguri a tutti di Buona Pasqua e alla prossima settimana!

 
 
 

BUONA PASQUA

Post n°3951 pubblicato il 04 Aprile 2015 da pierrde

A presto !

 
 
 

50 ANNI DI IN C

Post n°3950 pubblicato il 03 Aprile 2015 da pierrde

The basic structure of In C is simple: Someone plays a simple, droning pulse on the note C, usually on a piano or marimba, and the other performers, whose number and instrumentation Riley did not specify, have 53 melodic phrases from which to choose. The musicians select the phrases they want to play and decide how long to play them. The effect is that the phrases overlap in unpredictable ways, creating shifts in harmony, evolving polyrhythms, tonal and timbral changes and the sense that nothing is constant, even though the same note repeats insistently under the whole performance at the exact same tempo.

Fonte:

http://pitchfork.com/reviews/albums/20145-africa-express-africa-express-presents-terry-rileys-in-c-mali/

Cinquant'anni dopo la prima rappresentazione della composizione  'In C' dell'autore Terry Riley, il brano è stato ripreso e reinciso dal gruppo Africa Express . La versione di 41 minuti di In C vede un cast di musicisti provenienti dal Mali, più gli abituali componenti di Africa Express , Damon Albarn, Brian Eno e Nick Zinner degli Yeah Yeah Yeahs.

La registrazione è stata co-prodotta e mixata da Andi Toma di Mouse on Mars. Riley si è detto "sopraffatto e deliziato" dal progetto. "Non ero abbastanza preparato per un tale viaggio incredibile, sentire l'anima dell'Africa in volo gioioso su quei 53 patterns di 'In C'," ha detto. "Questo ensemble alimenta il pezzo con antichi fili di saggezza musicale e di umanità che indica a me che questo lavoro è una nave pronta per ricevere e plasmare i sentimenti spontanei ed i colori apportati da ogni musicista. Non potevo chiedere un dono più grande per il 50 ° compleanno di questa mia composizione. "

 
 
 

UN RICORDO DI PAOLO ARZANO

Post n°3949 pubblicato il 03 Aprile 2015 da pierrde

Lunedì 23 marzo al cimitero di Bergamo si è svolta la benedizione della salma di Paolo Arzano, giornalista bergamasco di lungo corso, morto a 87 anni. Una cerimonia semplice ed essenziale al termine della quale i suoi amici jazzisti hanno suonato un’ultima volta per lui. Dalla parte dell’organo si sono udite alcune note introduttive e poi ha cominciato a piangere (o forse a sorridere) un inconfondibile sax. La musica era quella What a Wonderful World di Louis Armstrong: un addio tra i più belli che ci sia capitato di vivere. Abbiamo chiesto alla moglie, Carla Pozzi, di raccontarci chi era Arzano.

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http://www.bergamopost.it/chi-e/mio-marito-paolo-arzano/

 
 
 
 

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