Creato da michelas46 il 24/03/2008

Napoletanità....

Cultura,tradizioni,folklore,storia,arte,musica.......

 

 

FRASE

Post n°182 pubblicato il 20 Marzo 2009 da michelas46
 

Napoli è l'unica città dove le persone

ti salutano ancora con il "buongiorno"

e non con un laconico "notte" o "giorno".

Christian De Sica

 
 
 

Funiculì,funiculà..

Post n°181 pubblicato il 17 Marzo 2009 da michelas46
 
Tag: Canzoni

La canzone fu scritta dal giornalista Peppino Turco e fu musicata da Luigi Denza

nel lontano 1880.

 L’evento che ne ispirò la nascita fu l’inaugurazione della prima funicolare del

Vesuvio, sempre nel 1880, e servì ad avvicinare i turisti e gli stessi napoletani alla

funicolare.

Gli autori impiegarono solo

poche ore per comporre

 Funiculì funiculà, ma

nonostante ciò la canzone fu

un successo.

La celebre melodia fu cantata

per la prima volta nei saloni

dell’Albergo Quisisana di

Castellammare di Stabia.

Turco e Denza ebbero

l’occasione di presentarla alla

festa di Piedigrotta dello

stesso anno, e la canzone

risultò essere la più cantata

ed ottenne il risultato sperato.

Il successo riscosso contribuì a diffondere la canzone napoletana nel mondo, ed a

richiamare flotte di turisti provenienti da tutto il mondo.

 
 
 

Napule, ammore mio

Post n°180 pubblicato il 14 Marzo 2009 da michelas46
 
Tag: Poesia



Avite voglia ‘e dicere,
avite voglia ‘e parlà…
Napule, è ‘a cchiù bella città!
‘O munno s’è cagnato?
ma Napule no!
Ccà se parla sempe ‘e Totò,
‘e Enrico Caruso, Viviani,
gente c'ha saputo dà,
Eduardo, Peppino, Massimo…ccà
sò comme San Gennaro:
nun ce putite tuccà.

Pe’ nu parlà ‘e Maradona
Ca è ‘o re d’ ‘o pallone…
e che ‘o ddicite a fa?

caà tenimmo ‘a Onna Sofia
tene bellezze e qualità…
na figlia degna ‘e chesta città.

Napule ammore mio…
‘e te sò fiero e orgoglioso,
io campo cu ‘o poco
nun sò ne ricco e ne putente…
ma campo onestamente,
e sulo sapenno ca sò ficlio a te…
me sento cchiù felice ‘e nu re!

MASSENZIO CARAVITA



 
 
 

‘A primmavera

Post n°179 pubblicato il 11 Marzo 2009 da michelas46
 
Tag: Poesia



Stammatina ‘o sole ha lassato
‘o posto a na nuvola tutta nera,
me pare nu quadro appriprato
criato apposta p’ ‘a primavera:

Chest’è na nuvola ‘e passaggio
e mentre ‘o sole trase e ghiesce…
schezzechea, accussì: p’arraggio…
po’ dint’a n’attemo fernesce.

Siente pe’ dint’ ‘all’aria rinfrescata
n’addore ‘e turreno mprufumato,
nu raggio ‘e sole scenne curiuso
e brilla ncoppe ‘a na rosa nfosa.

‘E rrondine svolazzano cantanno..
na mamma c’ ‘a criatura s’arrecreja,
pecchè dint’ ‘o turreno sta pazzianno
cu na maruzza mano ca scapuzzeja.

‘A nenna cu ‘e mmane sporche ‘e turreno
Aiza ‘a capa,guarda ‘ncielo e dice tutta allera:
“Uh, mammà guarda ce stà ll’arcobaleno!
E ‘a mamma :“Nennè chest’è ‘a primmavera!”


MASSENZIO CARAVITA

 
 
 

La leggenda di Castel dell'Ovo

Post n°178 pubblicato il 11 Marzo 2009 da michelas46
 
Tag: Mito

Il discorso sull'esoterismo a Napoli si fa molto interessante nel Medioevo normanno e angioino, quando si sviluppò, e vi trovò enorme credito, la teoria di Virgilio il Mago.

 I rapporti del grande poeta latino con Neapolis sono moltissimi; la città che ancora ne onora la tomba nel parco di Fuorigrotta che porta il suo nome, presenta due diverse direttrici "d'amore": quella colta che riguarda la sua prestigiosa opera letteraria, e quella popolare che lo venera quale Mago- Salvatore della città stessa; il "Liberatore" da varie iatture come, ad esempio, invasione di insetti o serpenti, con l'ausilio di particolari "incantesimi".

 La testimonianza più affascinante di questa "credenza" resta il nome di "Castel dell'Ovo" alla turrita struttura dell'isolotto di S. Salvatore, la greca Megaride, unita in seguito alla costa (artificialmente) dal Borgo Marinaro.

 In effetti l'origine del nome resta alquanto misteriosa se non si analizza bene il "nome" stesso. Per prima cosa gli studiosi di alchimia sanno che il termine uovo o meglio uovo filosofico è il nome "esoterico" dell' Athanor, il piccolo forno chiuso, il matraccio di metallo o di un particolare vetro nel quale avveniva la lenta trasmutazione degli elementi primari - zolfo e mercurio - in metallo "prezioso", L'oro alchemico. Operazione iniziatica che definiva, in effetti, una profonda mutazione dello spirito e dell'intelligenza dell'operatore. A Napoli, nel periodo medioevale, fiorisce una grande scuola ermetica che si occupa di alchimia. I processi di "liquefazione", "soluzione" e "calcinazione" sono favoriti da una particolare terra vulcanica offerta dal Vesuvio mentre la distillazione dell'acqua marina era ritenuta l'unico surrogato alla rugiada raccolta nella notte - l'acqua degli alchimisti - che doveva possedere un grado altissimo di "purezza cosmica".

 Megaride divenne presto, già nell'età classica, rifugio di eremiti che occuparono le piccole grotte naturali ed i ruderi delle costruzioni romane della grande domus luculliana che dalle pendici di Pizzofalcone giungeva all'isolotto di Megaride. I monaci Basiliani riutilizzarono poi le possenti colonne romane per ornare la sala del loro "cenobio", come ancora si può notare visitando Castel dell'Ovo. E' noto che molte ricerche alchemiche avvenivano celate ai più proprio nel segreto di alcuni monasteri medievali ed è confermata la presenza sull'isolotto di monaci alchimisti. In un antico documento, si legge di un antico amanuense che aveva speso tutta la sua esistenza "... nello studio e nella trascrizione di Virgilio...".

E le continue e appassionate ricerche operate da studiosi hanno testimoniato più volte la profonda "cultura virgiliana" della classe colta e religiosa napoletana tra il Medioevo angioino e il Rinascimento aragonese. Infatti si è già accennato a quell'amore particolare dei napoletani per il poeta mantovano. Virgilio, narrano molte cronache medioevali napoletane, entrò nel castello di Megaride e vi pose un uovo chiuso in una gabbietta che fece murare in una nicchia delle fondamenta, avvisando che alla rottura dell'uovo tutta la città sarebbe crollata. Altre versioni parlano di un uovo sigillato in una "caraffa" di cristallo sempre murata in un luogo segreto del castello con la stessa raccomandazione.

 Così nasce il nome di "Castel dell'Ovo" che l'isolotto ha sempre conservato, e lo si evince sia dagli scritti antichi che da una radicata tradizione orale. L'ipotesi che ne deriva è questa: Virgilio apprende il metodo di "distillazione" da un seguace dei misteri orfici ancora operante nella campagna napoletana e si procura un recipiente adatto per distillare ed operare nel segreto di "laboratori" ospitati in ville patrizie di nobili che, ottemperando al volere di Mecenate Ottaviano, renderanno al Mantovano del tutto sereno il soggiorno napoletano.

Virgilio, che ha studiato proprio a Napoli alla scuola del epicureo Sirone ed ha nel cuore Esiodo e Lucrezio, si addentra sempre di più nella conoscenza segreta della natura iniziandosi ai culti di Cerere e Proserpina allora vivissimi a Neapolis. Ma allora Virgilio è veramente un "mago" pre-alchimi- sta?

Perché Dante Alighieri, il più "iniziato" dei nostri poeti, affiliato per sua stessa ammissione alla setta dei Fedeli d'Amore a Firenze, iscritto alla corporazione de' medici e speziali che ha lasciato il più eccelso ed inquietante libro "esoterico" nella immortale Commedia, ha voluto come "guida" proprio Virgilio?

 Di certo Napoli l'amò moltissimo, e lo ritenne prima di S. Gennaro protettore a tutto tondo.

Tant'è che morto a Brindisi nel 19 a.C., onora da sempre la "tomba" napoletana. 

 
 
 

LEGGENDA

Post n°177 pubblicato il 10 Marzo 2009 da michelas46
 
Tag: Mito

 Si narra di un ricco signore chiamato Sebeto, che abitava in una campagna presso Napoli, in un palazzo tutto di marmo.

Egli per amore aveva menato in moglie una donna chiamata Megera che lo ricambiava con egual tenerezza.

Egli teneva cara questa sua moglie sopra tutte le cose e profondeva per lei tutte le sue ricchezze: accadde che in un giorno ella volle andare a diporto sopra una feluca pel golfo di Napoli.
Verso la riva Platamonia, dove il mare è sempre tempestoso, mentre i marinari volevano far forza contro il vento, la feluca si capovolse e Megera si annegò diventando uno scoglio.

Alla orribile nuova Sebeto sentì spezzarsi il cuore e per molto tempo si sciolse in amarissime lagrime in modo che tutta la sua vita si disfece in acqua, correndo a gettarsi nel mare dove Megera era morta.

E tutte le fontane di Napoli sono lagrime: quella di Monteoliveto è formata dalle lagrime di una pia monachella che pianse senza fine sulla Passione di Gesù; quella dei Serpi sono le lagrime di Belloccia, una serva fedele innamorata del suo signore; quella degli Specchi è fatta delle lagrime di Corbussone, cuoco di palazzo e folle di amore per la regina cui cucinava gli intingoli; quella del Leone è il pianto di un principe napoletano, cui unico e buon amico era rimasto un leone che gli morì miseramente; e quella di fontana Medina sono le lagrime di Nettuno, innamorato di una bella statua cui non arrivò a dar vita.

Matilde Serao

 
 
 

'O munaciello

Post n°176 pubblicato il 04 Marzo 2009 da michelas46
 

O munaciello, in napoletano, significa il piccolo monaco.

È uno spiritello leggendario che pare abbia le fattezze fisiche di un ragazzino deforme (o di una persona di bassa statura), abbigliato con un saio e fibbie argentate sulle scarpe; sarebbe anche dispettoso (ma non sempre) e tenderebbe ad esprimersi (nei confronti degli abitanti della casa dove si appalesa) con tipiche manifestazioni:

  • di simpatia (lasciando monete e soldi nascosti dentro l'abitazione, oppure facendo scherzi innocui che possono essere trasformati in numeri da giocare al lotto);
  • di antipatia (nascondendo oggetti, rompendo piatti e altre stoviglie, soffiando nelle orecchie dei dormienti);
  • di apprezzamento (sfiorando con palpeggiamenti le belle donne).

Un proverbio napoletano recita: «‘o munaciello : a chi arricchisce e a chi appezzentisce», significando che il 'munaciello o arricchisce o manda in miseria.


In nessuno dei tre casi suddetti bisogna però rivelare la presenza del munaciello: pare che vi siano numerose testimonianze di come possono capitare disgrazie e sfortuna a chi rivela una visita del munaciello.

 

 
 
 

Chi è ll'ommo

Post n°175 pubblicato il 03 Marzo 2009 da michelas46
 
Tag: Poesia

Nun songo nu grand'ommo
nun songo nu scienziato.
'A scola nun sò gghiuto
nisciuno m'ha mannato.
S' i' songo intelliggente?
e m' 'o spiate a mme?
I' songo nato a Napule,
che ne pozzo sapè?!
Appartengo alla massa...
a chella folla 'e ggente
ca nun capisce proprio 'o riesto 'e niente.
Però ve pozzo dicere na cosa:
campanno notte e ghiuomo a stu paese
pur i' me sò 'mparato quacche cosa,
quaccosa ca se chiamma umanità.
Senza sapè nè leggere e nè scrivere,
da onesto cittadino anarfabbeta,
ve pozzo parlà 'ncopp' a n' argomento
ca certamente ve pò interessà: chi è ll'ommo.
Ll'ommo è nu pupazzo 'e carne
cu sango e cu cervello
ca primma 'e venì al mondo
(cioè 'ncopp' a sta terra)
madre natura, ca è sempre priviggente,
l'ha miso 'nfunno 'a ll'anema,
cusuto dint'o core, na vurzella
cu dinto tante e tante pupazzielle
che saccio: 'o mariuncello,
na strega 'e Beneviento,
nu scienziatiello atomico
cu a faccia indisponente,
nu bello Capo 'e Stato
vestuto 'a Pulcinella;
curtielle, accette, strummolo
e quacche sciabbulella.
Penzanno ca 'o pupazzo
nu juomo se fa ommo,
si se vò divertì,
chesto 'o ppò fà. E comme?
Sceglienno 'a dint' 'o mazzo
ca tene dint' 'a vurzella,
chello ca cchiù lle piace
fra tutte 'e pazzielle.
Si po' sentite 'e dicere:
"'0 tale hanno arrestato!
Era uno senza scrupolo:
pazziava al peculato.
E trene nun camminano?
'A posta s'he fermata?".
Chi tene 'mmano 'o strummolo,
pazzianno s'he spassato.
'0 scienziatiello atomico
ch' 'a bomba 'a tena stretta
"Madonna! - tremma 'o popolo-
E si mo chisto 'a jetta?".
Guardate che disgrazia
si 'a sciabbulella afferra
nu capo ca è lunatico:
te fa scuppià na guerra.
Senza penzà ca 'o popolo:
mamme, mugliere e figlie,
chiagneno a tante 'e lacreme.
Distrutte sò 'e famiglie!
A sti pupazze 'e carne affocaggente
l'avessame educà cu 'o manganiello,
oppure, la natura priviggente,
avess' 'a fa turnà nu Masaniello.
Ma 'e ccose no... nun cagnano
e v' 'o dich'i' 'o pecchè:
nuie simme tanta pecure...
facimmo sempe "mbee".

TOTO'

 
 
 

A PIZZA

Post n°174 pubblicato il 01 Marzo 2009 da michelas46
 
Tag: Poesia



‘A pizza napulitana quant’è nata?
“Beneditto chi l’ha ‘nventata!”
‘A “fritta” cu ‘e cicule, provola e ricotta...
se magna ‘a matina… verso ‘e ll’otto.

A muglierma lle piace ‘a “marenara”
è fatta c’ arecheta, aglio e uoglio,
ca dint’ ‘a pizza tutto se squaglia…
si nun se sta accorta se sporca ‘a maglia!

‘E figlie mieje,vanno ampazzì
p’ ‘o cazone, pecchè è fatto accussì:
“Salame, ricotta,funghe...che saccio...
muzzarella, prusutto e furmaggio...

dinto, tutto chello ca ce miette...
quatte muorze…e subbéto ll’ arriciette!
‘A margherita…è ‘a cchiù bella…
c’‘a pummarola, vasinicola. e ‘a muzzarella!

Mmo ‘a fanno pure a metro: uno, duje, tre…
ca te fà senti sazzio… cchiù felice ‘e nu re!
‘A pizza, è na cosa sfezziosa è prelibata...
p’‘e tutt’‘o munno va p’ ‘a nummenata!

Però, nun ce stà niente ‘a fà… può girà…
pe’ tutta ‘a terra, pe’ tante paise e città,
ma si tu veramente te vuò cunzulà
‘a vera pizza sulo a Napule t’‘a può magnà!

MASSENZIO CARAVITA




 
 
 
 



 
 
 

IL CORNO

Post n°173 pubblicato il 27 Febbraio 2009 da michelas46
 


Il corno, rigorosamente rosso e preferibilmente di corallo e fatto a mano (anche se oggi si trova soprattutto in plastica e prodotto industrialmente).


Il corno perché sembra che fin dall’epoca neolitica era simbolo di potenza e di fertilità e quindi era di buon augurio per chi lo possedeva.

 In corallo, perché la mentalità popolare considerava il corallo una pietra preziosa col potere di scacciare malocchi e proteggere le donne incinte.

Rosso perché è un colore che viene associato spesso, e in molte culture, alla fortuna.

Fatto a mano perché acquista poteri benefici dalle mani che lo realizzano.


Il corno non si compra: si regala, in caso di necessità - se vediamo uno iettatore, se un gatto nero ci attraversa la strada, se passiamo distrattamente sotto una scala - dobbiamo sfregarlo energicamente tra le dita.

 
 
 

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