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108 morti, ma il “conte” Marzotto pensava ai soldi

Post n°520 pubblicato il 15 Maggio 2014 da ilpasquino.controinf
 
Foto di ilpasquino.controinf

 

Va avanti il processo alla Marlane Marzotto di Praia a mare, va avanti grazie alla coerenza e alla tenacia dello Slai cobas e di Medicina democratica, visto che i parenti delle vittime di una vera e propria strage, e gli ammalati di tumore, sono stati costretti, per una prescrizione ormai agli sgoccioli, ad accettare la miseria che l’azienda ha deciso di “donare” per chiudere la vicenda (20/30mila euro a testa).

Un processo partito male, con tempi biblici, utili alla dirigenza ed ai padroni per usufruire di quelle scappatoie che la legge italiana permette, anche difronte ad una vera e propria carneficina, anche difronte a responsabilità palesi e alla sofferenza e disperazione di una intera comunità.

Lo Slai cobas e Medicina democratica, che mirano a sanzionare quei comportamenti illegali, delle aziende italiche, che relegano la sicurezza sul lavoro a mera pratica burocratica da risolvere con mazzette o strette di mano con chi dovrebbe controllare, e mai lo fa, non avendo alcun fine economico, mirano a raggiungere una sentenza che punisca chi ha violato le norme di legge, chi se n’è fregato della vita dei propri dipendenti, chi ha taciuto e chi ha, addirittura, nascosto quanto accadeva.

Da una testimonianza di un operaio, rilasciata in esclusiva al nostro blog: “ L’azienda decise di togliere le pareti di separazione tra i reparti, forse fu allora che in molti, se non tutti, contraemmo le malattie. Io in tintoria lavoravo con i coloranti. Quando la sera mi lavavo i denti, la mia saliva aveva il colore del colorante che avevo usato durante le mie ore di lavoro. Negli ultimi anni cominciai a sentire dolori lancinanti per tutto il corpo. Durante i turni di notte andavo in laboratorio per massaggiarmi con l’alcool e avere un minimo di sollievo”.

Chi lavorava nella Marlane Marzotto di Praia a mare moriva giorno dopo giorno, davanti agli occhi di tutti, nel silenzio dei sindacati confederali presenti e delle istituzioni, che avrebbero dovuto controllare, dei dirigenti, che giravano la testa, dei padroni, che pensavano solo al profitto.

Emblematica è la deposizione resa, nel processo in corso, da Gaetano Marzotto, rampollo dell’omonima dinastia: “Noi ci occupavamo solo dei nostri soldi”, dichiara, e scarica tutte le colpe sui suoi dirigenti nascondendo le proprie responsabilità dietro una marea di “non so” o “non ricordo”.

Durissima la risposta di Mara Malavenda, dell’esecutivo nazionale dello Slai cobas: “I Marzotto, tutti, non potevano non sapere dell’eccidio in atto (108 morti e gravissimo inquinamento aziendale conseguenza delle sistematiche omissioni in materia di sicurezza e tutela dell’ambiente circostante), il fatto è che si occupavano solo di far soldi sulla pelle degli operai. Io stessa presentai, nel Febbraio 1997, una interrogazione parlamentare sulla vicenda delle decine di morti e di ammalati di cancro alla Marzotto di Praia a Mare, al presidente del Consiglio dei Ministri, all’epoca Romano Prodi, ed ai ministri competenti e tutti non potevano, già all’epoca, non sapere, figurarsi Gaetano Marzotto nonché il conte Pietro che, ancora oggi, continua a sottrarsi al disposto interrogatorio…nell’interrogazione si certificava che già anni prima risultavano presentate alla magistratura tre denunce, da parte della signora Anna Rosa Faggiano. Questi “signori” si permettono di comprare i morti ed offenderne oggi la memoria puntando alla prescrizione, grazie alle molteplici complicità e coperture istituzionali, politiche e sindacali, non è un caso che l’unico sindacato rimasto costituito parte civile sia lo Slai cobas e che Medicina Democratica non si sia tirata indietro. Stiano certi i Marzotto ed i loro complici, noi non molliamo !”

 
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