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« Giorni indecisiLa bestia e l'innocenza »

Il metodo della follia.

Post n°738 pubblicato il 03 Gennaio 2019 da fedechiara
 

 

Non ho visto il Mattarella in tivù, la sera di san Silvestro. Troppo prevedibili le sue esternazioni e le reprimende e le geremiadi di rito del pane azzimo di una sinistra che si prepara al lungo esilio e alla fuga in Egitto decisa dal vittimismo che la possiede e la scuote come un inarrestabile sintomo di Parkinson. Leggetevi il delirio organizzato di Flores D'Arcais su Micromega e le sue predizioni per il 2019 e vi sarà chiaro che c'è del metodo nella follia sinistra che dà fuoco alla pira su cui brucerà il suo corpo semi agonico.
E la stampa e le televisioni amiche (tutte, tutte!) ci dicono, invece, che dieci milioni di italiani pendevano dalle sue labbra – e non è chiaro se fosse curiosità di gente che si interrogava su cosa possa dire un prigioniero politico in terra di occupazione giallo/verde o se torna la voglia di melassa buonista e quei dessi, la sinistra dei barconi e dei porti spalancati e tappeto rosso alle amatissime o.n.g., torneranno a vincere alle prossime europee, chi vivrà vedrà.

E se Mattarella è il palo costituzionale messo nella vigna italica da Renzi al tempo dei suoi effimeri trionfi, giova sottolineare che quella vigna vigilata a vista e manu militari dalla 'libera stampa' e 'libere televisioni' (sic) ha dato uve asprigne nell'ultimo raccolto, che mal sopportano una vigilanza occhiuta e il malanimo berciante delle Opposizioni Riunite – che ogni provvedimento governativo osteggiano a prescindere ed escono dal parlamento schifate prima dei voti di fiducia.

Ed è quel loro stolido Aventino l'unico avvenimento storico che ci ricorda, da lontano, il fascismo delle origini, ma è suggestione indotta da loro stessi, autogol clamoroso di un partita persa per abbandono del campo e chi è causa del suo mal pianga se stesso. E non c'è verso di immaginare un rinsavimento dell'ultim'ora tra squadre politiche che parlano lingue diversissime dentro al cantiere della Torre di Babele tutt'ora aperto e che si avvita in effimere altezze nell'attesa del suo prevedibile crollo.

 
 
 
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