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I forti e i diversamente forti.

Post n°2389 pubblicato il 04 Gennaio 2023 da fedechiara
 

Partenze e (improbabili) ritorni. - 04 gennaio 2016
Mi è sempre sembrato alieno e incomprensibile quel verso del Foscolo che i professori di italiano di una volta ci facevano 'mandare a memoria' : ' A egregie cose il forte animo accendono le urne dei forti...' Che è bello e marmoreo come le sculture a cui si riferisce, per carità, non nego, e volentieri lo rimembro quale 'alta poesia' da ascoltare e recitare più e più volte.
A me le urne dei forti e meno forti ('diversamente forti' recita il politically correct post moderno) ispirano solo il silenzio del nulla che tutti quei nostri concittadini recenti e gli antichi ha inghiottito - e non un fiato, che non provenga dalle suggestioni/immaginazioni delle nostre menti condizionate dalle leggende religiose (ogni popolo ha la sua), rompe l'assordante silenzio nel corso delle nostre scarse visite cimiteriali.
E tutto quel marmo variamente scolpito e le foto sulle lapidi (quasi mai le migliori del nostro pur vasto archivio, mannaggia) e i fiori e i lumini sono solo feticci freddi e inespressivi di un pathos che facilmente sappiamo suscitare in noi sol che lo si voglia: rimembrando i visi e le parole e le risa e gli sguardi amorosi delle persone care che ci hanno lasciato.
A egregie cose gli animi (dei forti e dei diversamente forti) accendono i ricordi che abbiamo in noi e che vogliamo coltivare, se lo vogliamo.
E potremmo risparmiare un sacco di soldi legati al business del 'caro estinto' e lasciare la terra ai vivi, disperdendo poeticamente le ceneri al vento. Perché siamo vento di memorie e al vento sarebbe bello che ritornassimo, rifiutando l'abbraccio gelido e lentamente corruttivo (troppo lentamente) di madre terra.
E la cosa buffa che ho imparato nei mesi recenti in cui ho accompagnato due persone care nel loro ultimo viaggio è che la Chiesa santa e romana, che nel corso dei riti funebri promette resurrezioni e ritorni tanto consolatori quanto immaginifici, nel suo strampalato procedere per assiomi e tentoni concettuali, pare non riconosca legittimità evangelica alla dispersione delle ceneri e abbia accettato obtorto collo l'incinerazione perché è legata (la Chiesa) a quelle immagini medioevali del tutti risorgere a Giosafatte, uscendo dalle tombe colle membra intatte e i sorrisi e la pienezza delle forze di chi molto ha dormito e si alza bello e riposato e si dà una veloce ripulitina ed è subito pronto alla lunga marcia verso l'eternità e la meta di una supposta Gioia Infinita e tanta, tanta Luce. Solo chi se lo merita, ca va sans dire. Tutti quegli altri dritti filati tra le fiamme cocenti e i forconi dei diavoloni che testano costantemente la cottura.
E forse aveva ragione quel poeta tedesco di lucidissima mente che, in punto di morte, implorava 'luce, fate luce' perché, se dobbiamo stare alle leggende religiose del nostro medioevo cristiano, brancoliamo nel buio più fitto delle improbabili cose del nostro mitico Aldilà - e sono migliori, forse, le fantasie e i reportages dall'Ade ombroso quali ci illustravano i poeti antichi mandandoci in visita, con garanzia di ritorno, i loro Eroi sublimi.

 
 
 
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