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Quando i populisti assediarono il Quirinale

Post n°2596 pubblicato il 25 Maggio 2023 da fedechiara
 

I plebei alla presa del palazzo d'Inverno. - 25 maggio 2018

Continua l'aspra battaglia del partigiano Sergio, asserragliato nel bunker del Quirinale con in mano il mitra costituzionale con il quale intende stendere uno alla volta tutti i ministri nominati da Conte/Di Maio/Salvini che, a suo insindacabile giudizio, non rispondono ai requisiti di fedeltà all'Europa e ai suoi burocrati - anime morte che, dall'Olimpo di Bruxelles, continuano a dirci: 'Guai a sgarrare sui conti pubblici e a dare al popolo ciò che è del popolo.'
Perché, prima, bisogna dare al dio-Europa quel che spetta agli dei austeri e vendicativi: il sacrificio di uno sviluppo possibile che otterremmo in barba alle regole dei rigidi trattati (che lo stesso Renzi e Padoan dicevano di voler ri-negoziare, ma furono ridotti a più miti consigli) – quei trattati che sono corresponsabili della lunga crisi economica dalla quale faticosissimamente proviamo ad uscire.
E quello che il partigiano Sergio si ostina a non voler capire è che la forma non è la sostanza – e i suoi minuetti istituzionali e i suoi 'poteri di indirizzo' con i quali sgrida e rampogna i rozzi parvenus e i plebei sono destinati ad infrangersi su nomi che sono consoni al contratto di governo sottoscritto da Lega e Cinque Stelle.
E se Salvini si impunterà su Savona ha la sue buone ragioni di indirizzo di un governo prossimo venturo e suo legittimo desiderio di mandare a dire a Bruxelles che 'qualcosa è cambiato' in Italia – ne prendano atto quelle anime morte olimpiche e se ne facciano una ragione di aver perso il consenso del gruppo di Visegrad, dell'Austria, della Gran Bretagna e dell'Italia, di qui a poco.
E giova ricordare, con Pitagora, che 'tutto è numero' – e sono i numeri della maggioranza di governo quelli che contano; e non si può inserire in una squadra affiatata e coesa sul programma e sul contratto stipulati un nome dissonante e gradito al Quirinale, destinato a suscitare conflitti e ad essere espulso, prima o poi, dal nuovo governo per fallo di ostruzione.
Per tutto quanto suesposto ci appare questione di lana caprina l'insistenza di Mattarella su cosa spetta a lui come potere di indirizzo e la insistente richiesta di allinearsi ai diktat dell'Europa.
Il rischio che corre è che salti tutto e si vada a un durissimo scontro in parlamento e a nuove elezioni, in barba a tutte le sottigliezze costituzionali da lui sollevate e dal suo cerchio magico di giornali e televisioni amiche e di obbedienza renziana.
E l'esito – sono facile profeta – è che questa maggioranza di plebei e di parvenus che non intendono i suoi minuetti costituzionali ne uscirebbe ulteriormente rafforzata e il cedere le armi e la resa senza condizioni diventerebbero inevitabili, in una seconda tornata di consultazioni.
Speriamo che il week end porti più saggio consiglio dentro al bunker dei resistenti.

26 maggio 2018
E adesso, pover'uomo?
E' difficile immaginare il partigiano Sergio con in mano il mitra ancora fumante con il quale ha abbattuto l'intruso Savona – e ci evoca le immagini tragiche di Allende assediato all'interno della Casa Rosada – ma qui le parti in commedia sono rovesciate e si recita una commedia degli equivoci e la Costituzione è usata dal partigiano Sergio come clava per fermare il governo dei nuovi barbari e plebei che lo assediano e semplicemente gli fanno notare che una squadra di governo coesa deve essere fatta di uomini di 'comune sentire' col programma e contratto di governo; ed è difficile fargliela capire agli italiani che chi ha ottenuto i voti non può procedere oltre per 'vizio di forma'.
Ed era facile prevedere che anche la forma costituzionale avrebbe subito uno stravolgimento sotto i colpi dell'avversa fortuna elettorale e, se si andrà al braccio di ferro in parlamento e, di nuovo, alle urne perderà chi si aggrappa a una forma vuota e foriera di conflitti istituzionali – e chissà se, alle consultazioni prossime venture con la Lega al 30 per cento e il M5S pure non avremo la ventura nuovissima di un presidente della repubblica che si dimette mitra fumante alla mano pur di 'no pasaran.'
E colui che, in una vignetta malevola – all'epoca della sua contrastata elezione - veniva raffigurato in veste di ficus beniaminum di Renzi poggiato sul balcone del Quirinale si rivela essere invece un solido palo costituzionale – di quelli che il Giusti avrebbe detto 'messo lì nella vigna' per sorreggere la fragile impalcatura costituzionale che dovremo seriamente ripensare e modificare sul punto dei leziosi minuetti che si ballano negli storici saloni condotti da chi, chi chi chi, chichiricchichi.
Tempi duri per gli ingessati presidenti in gessato quirinalizio. Chi vivrà vedrà.

 
 
 
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