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Figli di un dio minore

Post n°1454 pubblicato il 22 Dicembre 2020 da fedechiara
 

 


 

Figli di un dio minore - 22dicembre 2019
E, a ri-sfogliare il taccuino fotografico su cui mi sono appuntato le suggestioni artistiche della 58ma Biennale, saltano agli occhi i grandi ritratti che fanno tanto 'global exibitions' delle metropoli europee: di genti varie e diverse che vanno e vengono davanti a quelle icone già smantellate e riposte nei magazzini e sono esse stesse (le genti) ombre di intenzioni e azioni e 'performances' artistiche e installazioni 'site specific' e fantasmi di un tempo appena scorso e già parte dell'eternità della memoria.
E nel ricordo ancora vivido del troppo che ingombrava la mente nei padiglioni e nel chiuso dei cantieri dove si ristoppavano e rintoppavano le galere serenissime oggi rin-vengono in solare evidenza gli splendidi ritratti di Soham Gupta: di una umanità di cui non vogliamo far parte agente e partecipante, ma è parte di noi per sottrazione e deturpazione e carenza di immaginazione: di come si possa essere e dirsi umani anche a quel modo sgomentante di 'figli di un dio minore'.
Ed è un 'mettere le mani in pasta', il suo, sapientissimamente, di un mondo che tanto globale (e condiviso/ibile) non è se ancora si mostra ed è osservato fuori dai quadri da quegli occhi bianchissimi in un mare di oscurità caravaggesca da cui scaturiscono le immagini mitiche della Madre con Bambino e la Viandante e i Miserabili incredibilmente allegri (allegria di naufragi) di una Calcutta che batte dieci a zero la Parigi miserabile di Hugo - e tuttora impaura gli aspiranti visitatori che si rifugiano nelle ambasciate di pertinenza e chiedono il rimpatrio, dopo solo uno o due giorni di permanenza in terra aliena.
Perché la Miseria è in noi, visitatori occidentali, per antica sottrazione e fragile sviluppo economico (oggi insidiato dappresso dall'Asia) e obnubilata e distolta dai pensieri fino al momento della oscena Rivelazione di come si possa esistere e ridere e sorridere a quel modo e dirsi umani anche nei bassifondi di quella metropoli detestata da Ghandi che, nei suoi giri elettorali, raccomandava agli indigenti e ai mendicanti butterati il 'ritorno ai villaggi' quale panacea di quella oscenità indossata con naturalezza e che ci riporta ai quesiti fondamentali del vivere (dove e come) e del morire.

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