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Messaggi di Ottobre 2022

Vite seconde.

Post n°2284 pubblicato il 24 Ottobre 2022 da fedechiara
 

Second lifes. 24 ottobre 2020

Ho una seconda vita. No, non la movida notturna, che avete capito, bensì sogni, molti e diversi e realistici nei quali risveglio persone del mio passato e le agito di una 'vita nova', ma dove non vale quasi mai il credo diffuso che 'i sogni son desideri' della nota canzone.
Più spesso sono rimproveri per 'ciò che poteva e non fu' e mestizie da capogiro per la mia inadeguatezza lunga una vita. Chi non ne ha da rimproverarsi scagli la prima pietra.
E alcuni sono 'sogni ad occhi aperti' e 'più veri del vero', per certi aspetti.
Quello di stanotte era un sogno di viaggio. Un viaggio estremo verso est da dove il sole sorge e verso quella Cina dei nostri tormenti, malefico virus compreso, ma anche terra misteriosa da sempre, dal tempo del viaggio a piedi dei Polo, mercanti di Venezia che ci narrarono della loro 'via della seta' e superarono mille difficoltà e conobbero popoli dalle curiosi abitudini e furono ospiti del 'kahn' delle loro fortune, e le molte ricchezze riportate miracolosamente in patria, in barba ai briganti sempre in agguato.
Ma il primo balzo di quel mio 'viaggio a piedi', al modo di B. Chatwin, lo facevo in aereo e dialogavo con una hostess e il co-pilota in pausa, confidando loro i miei dubbi sul senso che ha un viaggio a piedi, di questi tempi e alla mia età, non più fresca. E dicevo loro che non sapevo una parola di cinese e mi ero fatto scrivere da uno studente dell'università su un foglietto gli ideogrammi corrispondenti alle parole 'camera', letto, mangiare', le cose essenziali per chi viaggia e il suo tetto è 'un cielo di stelle'.
E, poiché questi sogni di viaggio ricorrono – e potrebbero essere il residuo notturno di un libro di Rumiz che sto leggendo: 'La leggenda dei monti naviganti' – mi sorge il dubbio che possano nascondere ed elucubrare il timore di un 'estremo viaggio' tipo 'partire è un po' morire' e chi si é visto si é visto, tocchiamoci di sotto.
E anche in questo caso ritorna l'influsso del maledetto virus e la lacrimosa, fastidiosissima proclamazione dei telegiornalisti dell'appartenere, noi della 'gioventù accumulata', ad una fascia di esserini fragili e rinsecchiti e da proteggere costi quel che costa : 'i nostri vecchi'.
Vecchi siete voi, vecchi dentro, non rompete.
E l'idea di un viaggio a piedi alla ricerca della fonte sempre nascosta e che mai si raggiunge della luce del sole è un po' il richiamo di un 'ritorno alle origini', ne converrete, un mitico andare a 'riveder la stella' fissa che ci illumina i giorni ma, insieme, l'abbandono di 'ogni usata, amante compagnia', del poeta sommo che chiede, invano, alla Luna: '(…) che sia questo morir questo supremo scolorar del sembiante e perir della Terra '.
Beh, un finale degno non c'è. Il mio viaggio si interrompe 'alle soglie dell'alba' con la maledizione di una realtà diurna di 'lockdown' annunciati e conclamati che, a Napoli, vedono già i primi scontri per le strade, segno di una insofferenza estrema di clausure e argini al dilagare della vita piena.
Arriveremo a scontrarci coi bastoni tra i guelfi mascherinati di tutto punto e armati dei micidiali d.p.c.m. terra-aria e i 'no masks' ghibellini disarmati, ma che si fan fuggiaschi e viaggiatori nei sogni, per il momento? Chi vivrà vedrà.
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Sperdimenti.

Post n°2283 pubblicato il 23 Ottobre 2022 da fedechiara
 

Sperdimenti e vecchi imperi - 22 ottobre 2015

E da palazzo Malipiero, luogo pulito e un filo asettico e inespressivo, il padiglione dell'Iran si è trasferito in calle san Giovanni, - in uno dei luoghi desolati dell'abbandono delle attività industriali e artigianali di Venezia che bene esprime e rappresenta l'idea di conflitto e macerie e di guerra permanente che abbiamo, noi lettori dei giornali, di quelle zone dell'Asia unificate, nei secoli lontani, nell'Impero Persiano delle mitiche guerre all'Occidente e alle democrazie delle città-stato elladiche.
E, di stanza in stanza e di artista in artista, si mostra, mal filtrato dal linguaggio dell'Arte, il senso di sperdimento e di sgomento che agita le menti e i cuori dei figli (molti di loro vivono e lavorano in Occidente) di quelle terre disgraziate.
E, se all'ingresso vi accoglie un giocoso (apparentemente) cammello che 'ha fatto le valigie' e si consegna tutto intero a un suo immaginario viaggio e stralunato addio all'esotico deserto delle origini, in altra stanza è una carta geografica che disegna un subcontinente col filo spinato delle sue mille contraddizioni sociali e i conflitti di tutti contro tutti: islamici pachistani versus induisti, sunniti contro sciiti e gli alawiti e wahabiti contro chissà chi e perché e tutti confusamente contro il 'Great game' dei maledetti occidentali di turno e le loro ambizioni geo strategiche e decisioni quasi sempre folli e sbagliate nell'area mediorientale che sono continuo stimolo a disastrose guerre stupide e massacri spaventosi e gli esodi biblici conseguenti.
E chissà se quel capitello mostrato in sezione con gli eleganti caratteri arabi che si mostrano all'interno allude alle distruzioni di Palmira da parte di quei suonati integrali dell'Isis o è gioco artistico concluso nella sua bravura. O se quella foto di gruppo in un deserto di genti tutte chiuse in luttuosi abiti neri esprime un rabbioso: 'Che ci facciamo qui?'- poveri noi, esseri umani che la sorte ha castigato per nascita e condannato alle nequizie delle arabe tradizioni e culture islamiche del conflitto permanente e delle recriminazioni perpetue e inacidite contro l'odiato Occidente che ci ha rifilato Israele.
E l'unica, solare opera d'arte che unisce gioco artistico e ironia e allusioni precise e irridenti col linguaggio delle antiche stampe della tradizione islamo-indiana è un video che incanta e ti incolla davanti per tutta la sua durata e oltre e narra da par suo le trasformazioni del mito dell'araba fenice e lo sfilare degli animali della giungla d'antan coi maragià seduti in coppa agli elefanti che trasfigurano nell'attualità delle guerre dei generali e dei fucili e missili e gli f16 e le bombe 'di precisione'.
Chapeau all'artista e 'Bonjour tristesse'. Com'era bello l'Oriente del mito e dei viaggi esotici di noi viaggiatori che più non viaggiamo in quelle fornaci d'odio e di orrore terroristico.

 
 
 

Del 'farsi una camomilla'.

Post n°2282 pubblicato il 23 Ottobre 2022 da fedechiara
 

Va tutto bene. Facciamoci una camomilla (con poco zucchero). 23 ottobre 2020

Se nel 1919/20 fossero state operative le televisioni e tutto l'apparato informativo e di 'notizie' vere e/o pilotate che gli va dietro la storia dell'umanità sarebbe stata molto diversa.
Provate a immaginare che impatto avrebbe avuto la presente 'infodemia' nelle menti e nei pensieri di popoli e nazioni già stremati dalla guerra - e le famiglie decimate dai milioni di morti in battaglia e nell'infamia delle trincee.
Un continuo stillicidio di morti per la pandemia della 'spagnola', che faceva seguito allo sterminio di massa dei soldati al fronte, quali esiti di depressione e suicidi a catena avrebbe conseguito se amplificato da quella vera e propria macchina di demenza collettiva che è il presente sistema informativo/televisivo?
E, se da un lato il confronto con i nonni e i bisnonni sopravvissuti a quei lontani massacri ci conforta e ci dice che 'ce la faremo' (da sostituirsi al lacrimevole e pietoso 'andrà tutto bene'), dall'altro lato ci fa dubitare che tutto il presente battage di stampa e televisioni sia davvero necessario e utile per il nostro vivere associati e per la nostra salute mentale.
Ne abbiamo una immediata dimostrazione personale se, per qualche giorno o settimana, decidiamo di non sintonizzarci con gli ossessionanti tiggi della presente pandemia, virando in films stagionati e/o documentari di natura o sui programmi di raiscuola.
Un improvviso 'apaisement' si distende sulle nostre vite e i raffreddori in casa tornano ad essere semplici raffreddori e qualche linea di febbre una semplice influenza, metabolizzata negli anni, da curarsi con paracetamolo e vitamina C. Con qualche attenzione in più per i nonni con gli acciacchi e le malattie tipiche della senescenza.
E gli ospedali restano 'l'ultima spiaggia' – come devono essere e sono sempre stati fino a marzo scorso - per gli eventuali sintomi più gravi e le insufficienze respiratorie conclamate ed evidenti.
Ecco, facciamolo quest'esperimento. Clic. Spente le televisioni e/o sintonizzate a volume basso sui programmi del quieto vivere e uguali sintonizzazioni su internet.
E' come sui telefilm degli X-files con Molder e la Dana Scully: nel finale ci si rende conto che c'era un gran bel po' di fantasia/isteria nei fenomeni e negli eventi descritti nel corso del telefilm e che ci provocavano ansie ed angosce. Niente omini verdi e secrezioni concolori che gli escono dal collo e il mutante con la faccia di Conte che ci lancia contro i suoi micidiali d.p.c.m.
Facciamoci una camomilla, va tutto bene.
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Che la Commedia abbia inizio.

Post n°2281 pubblicato il 20 Ottobre 2022 da fedechiara
 

Che la Commedia abbia inizio!

Che sia tutta una questione di 'narrative' contrapposte ce lo dice il 'qui lo dico qui lo nego' di Silvio Berlusconi: l'attore ruba-scena che fa le sue comparsate audio-video dietro le telecamere come quei tali che vedete apparire, di quando in quando, alle spalle del telecronista dei tiggi e invano il cameraman restringe l'inquadratura per escluderli.
E Berlusconi dice quel che una maggioranza di italiani pensa sulla maledetta guerra di Ucraina - che l'Europa dei malnati Stranamore filo Nato ci spaccia oltraggiosamente quale eroica democrazia europea in guerra contro l'autocrate russo.
Dice peste e corna di Zelensky: del suo non aver mai rispettato gli 'accordi di Minsk' e della sua politica di aggressione nei confronti delle repubbliche secessioniste e russofone duranti gli otto anni di guerra 'del Donbass'.
E l'ipocrisia dei giornalisti embedded alla narrativa contraria dei filo Nato atlantisti lo oltraggia e lo contrasta perché 'o si è atlantisti bellicisti o si muore' politicamente in questo paese di folli e dementi a nugoli e stormi che calpestano la scena pubblica ed hanno approvato le sanzioni che ci impoveriscono e fatto schizzare in alto l'inflazione a due cifre e le bollette dell'energia che non sappiamo come pagarle.
E il Berlusconi a ruota libera e cuore aperto è come quei matti che un tempo venivano detti 'la voce di Dio' perché solo in quanto matti potevano dire ad alta voce le verità scomode che si negano pubblicamente ad oltranza per convenienza politica e dello s-governo che va a nascere.
E se lo s-governo della Meloni non nascerà – dicono i maledetti giornalisti embedded alla narrativa atlantista – è per colpa del Berlusconi 'putiniano' delle 'lettere dolcissime' scambiate insieme alle bottiglie di vodka e lambrusco – che ci confermano il sempiterno 'tarallucci e vino (e vodka)' delle cose nostre italiche e le contraddizioni della destra di s-governo una e trina, che pure si presenterà unita di fronte al Mattarella per chiederne l'investitura politica.
E Mattarella la concederà con solo qualche distinguo sui ministri, che vi credete? 
Mica può negarla e rimandare Draghi alle Camere senza un buon motivo; avremmo materia per un impeachment.
Beh, 'ne vedremo delle belle', raga, e le contraddizioni, lo sapete, sono da sempre 'in seno al popolo' e il Berlusconi ci ha abituato a questo suo teatro naif di tenerezze esibite: ieri con le olgettine un filo costose e questuanti appartamenti e gioielli ed abiti griffati, oggi con la romantica compagna fissa fatta eleggere a Marsala senza neanche uno straccio di comizio.
Avremo lo s-governo e il teatro delle contraddizioni politiche recitato con veemenza sul proscenio come prologo (e Letta, come Amleto, in un angolo col teschio in mano); che altro chiedere di più e di meglio? Che la la Commedia abbia inizio!

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 8 persone e testo

 
 
 

Reportages dimenticati.

Post n°2280 pubblicato il 19 Ottobre 2022 da fedechiara
 

04/10/2009 Il popolo dei sanculottes

Aubusson Limoges Angouleme
C'è un aspetto caratteristico della Francia 'citoyenne' e dei suoi quartieri più popolari che non notavo a Monaco di Baviera, neanche nelle periferie.
Sono i ritratti, i gesti, le espressioni gergali caratteristiche e sovente buffe del popolo che ha fatto 'la' rivoluzione: quella fondamentale (non la prima e, forse, neanche la più cruenta); quella che uccide un re con pubblica esecuzione e apre all'era moderna, abolisce i privilegi feudali, esalta la libertà abbinandola alla eguaglianza e alla 'fraternità' tra gli eguali e i 'citoyens' e la esporta per virtù di un popolo in armi in Europa e sparge i semi di altre rivolte e rivoluzioni e incredibili evoluzioni del quadro sociale e politico del secolo nuovo.
Non che a Monaco il popolo manchi di una sua espressività e gestualità e gergalità, anzi! forse è una questione di affinità, di 'cuginanza' e qui il pieno possesso della lingua che a Monaco, invece, mi ingessava - perchè quando in una 'Stube' ascolti i dialoghi incomprensibili in quella loro lingua dura e spigolosa ti sembrano tutti conferenzieri anche se parlano di cappelli e trine e merletti o di come si prolunga l'estate ancora calda.
Entro a bere un caffè ad Aubusson - un tempo capitale degli arazzi e della 'tapisserie' artistica - e osservo un gruppo di anziani che scambiano battute, ammiccano, ridono davanti al quartino di un buon rosso e schegge di formaggi stagionati: arguzia contadina, savoir vivre, nonchalance di un popolo che, diresti, si veste quasi per scommessa - giusto perchè andare in giro nudi non si può - e in sfregio alla loro capitale che è detta 'capitale della moda'.
Forse gli avi 'sanculottes' giravano senza mutande per una precisa scelta e coscienza di popolo, piuttosto che per l'estrema povertà che li spinse con le picche levate alla Bastille, chissà.
Nelle vetrine dei negozi di Aubusson osservo capi di vestiario orrendi e la maggioranza delle persone che mi sfilano accanto sono più ineleganti di me che vesto da viaggiatore.
Quando salgo alla cattedrale la trovo piena di popolo e, in fondo alla chiesa, il tavolo imbandito e le bottiglie di un buon brut locale di un ricevimento che si terrà in chiesa dopo la messa. Strano abbinamento: anima e corpo finalmente riuniti in una religione che sempre ha castigato i corpi e premiato le anime capaci di 'staccar l'ombra da terra' lasciandovi il corpo peccatore.
Chiedo a una signora che sorride e saluta chi entra se le chiese qui sono sempre così piene e ride e dice che no, che si tratta di un omaggio a una 'sorella' morta di recente e molto amata in città.
Franca Siberia
04/10/2009 h07.30 Franca Siberia

Il gestore è un contadino rude e di poche parole. Mi serve la colazione con gesti essenziali e se non fossi io a parlargli e chiedere e dire finirebbe con un 'adieu' stitico e amici come mai prima.
Forse è imbarazzante un tete-à-tete, per lui che in questa sala - solo un mese fa - ospitava i piccoli gruppi caciarosi delle 'randonnèes' (escursioni) tanto amate dai francesi tra i boschi e le colline e i villaggi e i 'chateaux'.
Ha silenziato la sua tivù al plasma e le immagini sono quelle che avevo negli occhi una settimana fa: le Alpi bavaresi e del Salisburghese: i masi e i castelli turriti. 'Bello', gli indico. Annuisce. Gli chiedo di Limoges, capitale del Limosino e la liquida con due parole noncuranti . 'Ce n'est pas grande chose.'
Invece, mi racconta (evviva!) di quel villaggio della guerra ormai lontana nel tempo - forse una sua memoria dolorosa e che lo tocca da vicino. Forse ci aveva un parente, in quel villaggio bruciato dai tedeschi in ritirata con tutti gli abitanti chiusi nelle case e nella chiesa - le porte sbarrate dall'esterno e chi si buttava dalle finestre in fiamme lo mitragliavano.
Un martirio, un piccolo olocausto della 'Francia profonda', un suo giorno di maledetta apocalisse e i ruderi anneriti sono ancora lì, com'erano, a memoria e monito delle future generazioni.
Una violenza 'farouche' quella dei soldati tedeschi, ripetuta in tutti i luoghi della rabbiosa ritirata dove trovavano resistenza - così si legge in una lapide apposta dentro al cortile del municipio di La Rochelle.
Gli chiedo dei suoi viaggi ad est - dei quali parlano le molte 'matriosche' esibite dentro a una vetrina e nella mia camera - e dice che sono della moglie siberiana, regione dell'Altai, e nel dirlo ammicca e, per la prima volta, sorride. 'Sapesse come l'ho conosciuta.', azzarda, ma subito si arresta, come se gli fosse sfuggito di bocca, e io non oso chiedergli altro.
Quando scendo a salutare e consegnare le chiavi, mi apre una ragazza di non più di trent'anni, magra e timida, non bella. Mi invita ad entrare e, dov'ero seduto io, sta il marito, il rude contadino. Tiene in braccio un bambino di pochi mesi e lo allatta col biberon e mi guarda severo come se avessi violato un suo segreto.
Contadini franco-siberiani crescono: il futuro ricomincia ad ogni generazione nuova e chissà che mondo uscirà dal presente 'melting pot' nascosto perfino nei borghi più segreti della Francia profonda.
Alla curva della strada che mena alla statale un baio statuario e bello dei suoi giovani muscoli e della criniera chiara e lunga mi osserva fisso. Gli altri suoi compagni non mi curano, invece, e continuano placidamente a brucare. 'Bonjour', gli dico e scendo dalla macchina per carezzarlo e in risposta risuona alto un nitrito minaccioso.
E' così intensamente verde questa Francia agricola e varia di boschi e foreste e le ghiandaie volano a ciuffi fuori dalle ramificazioni fitte delle querce che il gran secco ha già fatto ingiallire.
'Troppo secco quest'estate.' mi confermava ierisera il contadino. 'Niente girolles e chanterelles. I pochi che trova li vendono a 23 euro al mercato. Mai visto prima'.

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