Creato da fedechiara il 14/11/2014
l'indistinto e il distinto nel suo farsi
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Messaggi del 15/06/2020
'Forse s'avess'io l'ale da volar su le nubi, E noverar le stelle ad una ad una, O come il tuono errar di giogo in giogo, Più felice sarei, dolce mia greggia, più felice sarei, candida Luna... Vedete? Ce lo dice il poeta che la felicità, o qualcosa che le si avvicina, è una questione di scarsa immaginazione e di drammi che mal si rappresentano o che ci teniamo dentro. Se solo potessimo immaginare, noi spettatori muti e confusi, di avvicinarci al proscenio e recitare in coro il nostro dramma nazionale di melomani mancati, troveremmo soluzioni inaspettate che ci vengono dalla recitazione e dal canto e dai ruoli che ci siamo ritagliati ma che potremmo immaginare intercambiabili con effetti registici straordinari. Immaginate l'atto terzo scena prima della Traviata: Violetta stesa sul letto di morte che leva la Cielo la supplica di poter guarire e rivivere insieme la salute e l'amore inopinatamente ritrovato, - con l'aggiunta straziante dell'ingresso in scena di Alfredo pentito e del padre suo anch'esso penitente. Ecco, pensate all'Italia malata di pandemia come a una Violetta che piange il suo dolore atroce e più atroce irrimediabilità della sua sorte di morente, e cantiamo in coro con lei e rappresentiamo in scena, sulle struggenti note dell'orchestra, il dramma collettivo che abbiamo vissuto e il colpo di teatro della guarigione dal Covid maledetto e la ri-partenza e vita nuova che abbiamo sognato ai domiciliari e, a differenza della povera Violetta, ci è stata concessa. |
Inviato da: LewisCannon
il 15/08/2024 alle 09:09
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