Nebbie e dintorni

Non metterebbe conto di parlarne ancora dal momento che la questione appartiene al regno di Babele e delle sue maledette lingue confuse, ma guardare in tivù quelle facce strane e straniere dei manifestanti contro il cosiddetto 'decreto Cutro' mi ha ricordato le mie vecchie appartenenze e stolte inclinazioni sinistre e conosco bene la lingua di quella tribù di sciamannati nel pensiero: apostoli neanderthlensis di una malintesa pietas relativa alla questione dei post moderni 'migranti' e degli sciami incontrollabili delle loro migrazioni - e apostoli stolidi di quel terribile grimaldello di cui quei manifestanti sono parte attiva di qua del Mediterraneo per il tramite delle o.n.g. : i pretesi 'salvataggi in mare'.

Un grimaldello che riesce a scardinare ogni auspicata visione d'ordine e la legalità repubblicana per intero e alimenta l'atroce commercio di vite umane e gli annegamenti in mare a migliaia che ne conseguono.

E, come gli apostoli di quel Cristo armato del suo astratto Verbo di bontà universale si scagliano contro i templi degli dei pagani e, una volta divenuti religione di Stato (il 'Buonismo', malattia senile di un preteso Cristianesimo in declino), esercitano con pugno di ferro il potere di condizionamento (la magistratura amica che sempre li manda assolti) ed esigono a gran voce le condanne politiche dei 'pagani' infedeli.

Pagani che oggi, però, sono al potere (il loro sentire politico è larga maggioranza nel paese) e hanno i numeri in parlamento per approvare le sensate leggi che si provano ad arginare, coordinare, reprimere ove necessario, in una parola 'ordinare' tutto il complesso sistema dell'accoglienza e le sue distorsioni – quali sono durate fin qua a guida politica pd e sciamannati 'no borders' annessi.

E la frase che meglio li mostra nella loro insania organizzata ed esibita impietosamente nelle piazze (c'è del metodo in quella loro follia) è quel versetto evangelico satanico (urge una fatwa di condanna in effetti) che:

'Le colonne dei poveri non possono essere fermati alle frontiere'.

Il che, dati i numeri degli arrembaggi quotidiani sulle nostre coste e quelli di chi filtra tra i boschi alle frontiere con la Slovenia (o all'est: in Ungheria e Polonia, Romania e altrove di quella fragile e mostruosa Europa in perenne affanno di legalità negata che abbiamo costruito) corrisponde a un bollettino di guerra, una emergenza perenne di campi profughi allestiti in fretta in ogni dove: il più grande campo profughi diffuso di Europa, la grande madre colpevolmente assente.

E quel loro spacciarsi per buoni samaritani dell'accoglienza universale nasconde l'insania di chi non racconta quel che segue dopo gli arrembaggi e le invasioni – l'insania di chi non vuol vedere i fenomeni correlati dei campi profughi di Calais e di Ventimiglia (di cui alle cronache di infamia sociale e gli interventi di polizia per gli sgomberi iterati) e la microcriminalità e lo spaccio e le occupazioni abusive.

E tacciono anche di quel che accade nella luminosa democrazia americana (il loro riferimento politico) alla frontiera con il Messico: di colonne di pretesi profughi della Mesoamerica che vengono respinti con fermezza ('tornate a casa' disse loro Kamala Harris) perché non si dà ordinata accoglienza con le invasioni e le occupazioni abusive e la miseria conseguente di mendichi fuori dai supermercati che si disputano le postazioni.

Ma anche questa è, ahinoi, lingua di Babele e urgono i decreti ordinativi (severi q.b.) e 'noi speriamo che ce la caviamo' in questa lotta di Titani che abbiamo ingaggiato con gli insani apostoli 'no borders' clamanti nelle piazze.