x eluana (questo è un pezzo di molti anni fa...) che è sempre molto carina con me , anke se è un po' permalosa...

Post n°12 pubblicato il 29 Settembre 2005 da robertmerivel

"passai a casa di Giuseppe, verso le sei e mezza di sera, il ventinove dicembre. L'idea era nata un po' per caso, ma sempre dettata da mille ragionamenti e intuizioni, come ci accade sempre in circostanze del genere. La decisione di passare il capodanno a G. l'avevamo presa insieme, ma se dal canto mio era esclusivamente nostalgica sapevo fin troppo bene il grado di eccitazione del mio compagno di viaggio per quella tappa. Così, con una prenotazione a suo nome e il mio totale apporto morale al progetto, ci ritrovammo alla stazione con una borsa leggera a testa, sei pacchetti di morbide comprate dal vicino tabaccaio, un biglietto chilometrico e tanti propositi. I luoghi dove, di fatto, s’inizia un’avventura della quale non sai assolutamente nulla assumono sempre, nell’immaginazione dei protagonisti, sembianze fantastiche. Come dimenticarsi di quelle mura tutt’intorno a noi che sembravano non avere fine, le decine di treni in attesa d’un qualsiasi fischio, e le centinaia di persone che aspettavano con trepidazione vicine partenze?

Non avevamo ancora cenato, quindi decidemmo di prepararci al tragitto, ben seicentocinquanta chilometri di treno, con qualche hamburger del vicino fast-food. Tutti e due avevamo portato una scorta alimentare di emergenza, , ma preferimmo tenerci quei "viveri" per occasioni più appropriate di un semplice pasto preparatorio.

In tal modo, con Giuseppe che decantava i suoi guanti di pelle ed io, alla ricerca di batterie per il mio discman, iniziava l'attesa di più di mezz'ora del treno. Dopo poco riuscii a trovare le batterie, Giuseppe e i guanti permettendo, per poi avviarmi verso il bagno della stazione, dopo aver controllato il binario di partenza. All'uscita del bagno, però, Giuseppe apre bocca: - A Fe’, porca puttana non trovo più un guanto... –

ed io, con la tipica espressione "viaggio iniziato sotto una cattiva stella" rispondo: - dai, non è possibile, controlla meglio –

Le ricerche del mio compagno, però, non trovarono fine migliore della sua disperazione per la perdita di metà del suo patrimonio in pelle, così iniziammo a vagare per la stazione, percorrendo in lungo e in largo i posti dove eravamo passati, alla ricerca di un fottuto guanto... Dopo dieci minuti mi rassegnai all'idea che una qualsiasi persona, proprietaria dello stesso guanto che aveva Giuseppe, avesse ritrovato, dopo lunghi mesi di ricerca, la metà mancante.

Intanto il treno arrivava e noi, per non farci prendere di sorpresa, cercavamo di salire il più in fretta possibile, pur conoscendo fin troppo bene la mitica ressa all'arrivo di un espresso. Il mondo, tra le altre cose, si divide in due grandi categorie: la prima formata da quelli che non trovano posto su un treno, la seconda dai pionieri della locomotiva, noi non potevamo che appartenere al primo gruppo.

Dopo la perdita del guanto, che per Giuseppe era un figlio adottivo, il viaggio sembrava prospettarsi ancora peggio, con noi due seduti sui bagagli, senza un posto a sedere trovato in un qualsiasi scomparto. Così, per passare il tempo, cominciammo a parlare, tra le altre cose, di musica.

- si sta parlando di Guccini? –

- e sì... –

- beh, Guccini lo approvo! –

- vorrei vedere – disse Giuseppe rivolto a quello dei due che aveva parlato, mostrando un sorriso a mezza bocca, e continuammo così per una quindicina di minuti...

Erano entrati in scena Matteo e Gabriele, due amici dell'ashish di Roma, destinazione un rave a R. Il primo a parlare era stato Matteo, pantaloni larghi sotto una ghefia bianca e grigia, capelli lunghi ondulati legati all’indietro e incisivi sporgenti, come l'alce con l'aeroplano dei cartoni animati. Gabriele era completamente diverso, ovvero grassottello, capelli rasati quasi a zero e con un bongo al seguito... Non so come nacque di preciso la discussione sui Led Zeppelin, ma posso giurare che il bongo sul quale Gabriele era seduto e le canne che vi passavate a turno nel bagno abbiano facilitato la conversazione. A quel punto decisi di farmi un giro d’ispezione con Matteo, tanto per vedere se in tutto quel trambusto ci fossero rimasti posti liberi. Quando le speranze, mie e del futuro obbiettore di coscienza, stavano per arrivare allo stremo, riuscii a trovare uno scomparto con ben quattro posti liberi, giusti giusti per il caso nostro. Quindi, con fare affaccendato e svelto puntammo in direzione degli altri due componenti, per appropriarci definitivamente dei posti, ormai a nostro nome. Devo ammettere che quando arrivammo lì in quattro, convincere i due passegeri già nello scomparto a cedere il passo fu alquanto più facile del sistemare quattro borse piene, una valigetta e un bongo sopra le nostre teste."

 
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Miller . Tropico del Cancro

Post n°10 pubblicato il 22 Settembre 2005 da robertmerivel
Foto di robertmerivel

"Il mondo di Matisse è bello alla maniera di una camera da letto fuor di moda. Non c’è in mostra un cuscinetto a sfere, non un pezzo di lamiera, non una chiave inglese. E’ lo stesso vecchio mondo che andava gaio al Bois, ai tempi pastorali del vino e della fornificazione. Mi lenisce e mi ristora muovermi fra queste creature con vivi pori spiranti dal fondo solido e stabile come la luce medesima. Lo sento acutamente mentre passeggio per il boulevard de la Madeleine e le puttane frusciano accanto a me, quando appena uno sguardo a esse mi fa tremare. Perché sono esotiche, perché ben nutrite? No, è raro trovare una bella donna lungo il boulevard de la Madeleine. Ma in Matisse, nell’esplorazione del suo pennello, c’è lo scintillio tremulo che chiede soltanto la presenza della femmina per cristallizzare le più fuggevoli aspirazioni. Incontrare una donna che s’offre fuor d’un pisciatoio, dove c’è la réclame delle cartine per sigarette, del rum, degli acrobati, delle corse di cavalli, dove la chioma pesante degli alberi rompe la massa pesante dei muri e dei tetti, è un’esperienza che comincia dove cedono i confini del mondo conosciuto. A sera, di tanto in tanto, sfiorando i muri del cimitero, inciampo nelle fantomatiche odalische di Matisse legate agli alberi, le criniere attorte inzuppate della loro linfa. A pochi palmi, ma distante incalcolabili ere temporali, giace lo spettro prono di Baudelaire, avvolto in bende come una mummia: un mondo intero che non rutterà più. Negli angoli oscuri dei caffè uomini e donne con le mani strette, i lombi maculati; accanto il garçon con il grembiule pieno di soldi, che aspetta paziente l’entr’acte per montare addosso alla moglie e infilzarla. Anche mentre il mondo va a pezzi, la Parigi che appartiene a Matisse vibra di chiari, ansanti orgasmi, l’aria medesima è densa di sperma stagnante, gli alberi arruffati come capelli. Sull’asse vacillante la ruota precipita a fondo valle; non ci sono freni, né cuscinetti a sfere, né pneumatici. La ruota si spezza, ma la rivoluzione continua immutata..."

 
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Saramago . Una terra chiamata Alentejo

Post n°9 pubblicato il 21 Settembre 2005 da robertmerivel

"La grande e decisiva arma è l’ignoranza. E’ bene, diceva Sigisberto alla cena per il suo compleanno, che loro non sappiano nulla, né leggere né scrivere, né far di conto né pensare, che credino e accettino che il mondo non si può cambiare, che questo mondo è l’unico possibile, così com’è, che solo dopo morti ci sarà il paradiso, padre Agamedes ce lo può spiegare meglio, e che solo il lavoro dà dignità e quattrini, ma non devono pensare chi io guadagni più di loro, la terra è mia, quando arriva il giorno di pagare imposte e contributi, non vado mica a chiederli a loro i soldi in prestito, e del resto è sempre stato così, e lo sarà, se non ci fossi io a dargli lavoro, chi glielo darebbe, io e loro, io sono la terra, loro sono il lavoro, quello che sarà bene per me, per loro è bene, è stato Dio a volere così le cose, padre Agamedes ce lo può spiegare meglio, con parole semplici che non aggiungano confusione alla confusione che hanno in testa, e se quel prete non sarà sufficiente, chiederemo a quella guardia lì di fare un giro per i paesi, solo per farsi vedere, è un messaggio che loro capiscono senza difficoltà, Ma ditemi, madre mia, forse che la guardia picchia anche i padroni del latifondo, Mi sa che a questo bimbo non gli funziona bene la testa, dove si è mai vista una cosa simile, la guardia, figlio mio, la si è creata e mantenuta per picchiare il popolo, Com'è possibile, mamma, volete dire che si crea una guardia solo per picchiare il popolo, ma che cosa fa il popolo, Il popolo non ha nessuno che piccchi il padrone del latifondo che ordina di picchiare il popolo, Ma io penso che il popolo potrebbe chiedere alla guardia di picchiare il padrone del latifondo, Te lo dico io, Maria, questo bambino è fuori di senno, non mandarlo in giro a dire certe cose, ci mancherebbe che avessimo problemi con la guardia.

Il popolo lo si è creato perché viva sporco e affamato. Un popolo che si lava è un popolo che non lavora, forse nelle città, insomma, non ddico di no, ma qui nel latifondo viene ingaggiato per tre o quattro settimane lontano da casa, e magari per mesi, se ad Alberto gli conviene, ed è un punto d’onore e di maschio cche non si lavi né faccia né mani, né si tagli la barba per tutto il tempo dell’ingaggio. E se lo fa, ipotesi ingenua tanto è improbabile, può essere certo dello scherno dei padroni, e perfino dei compagni. E’ questo il lusso dell’epoca, che i sofferenti si vantino della loro sofferenza, gli schiavi della schiavitù. E’ necessario che questo animale terrestre sia davvero un animale, che la mattina aggiunga la cispa della notte alla cispa delle notti, che lo sporco delle mani, della faccia, delle ascelle, dei genitali, dei piedi, del buco del corpo, sia l’alone glorioso del lavoro nel latifondo, perché l’animale, per pulirsi, si lecca, è necessario che l’uomo si degradi perché non rispetti più se stesso né il suo prossimo.

E c’è dell’altro. Si vantano i lavoratori delle fitte che hanno avuto con la vanga. Ciascuna è una medaglia per vanaglorie da osteria, tra il sughero e il bicchiere, Ho già avuto tot fitte a vangare per Berto o Umberto. Erano questi i lavoratori buoni, quelli che, al tempo della frusta, avrebbero mostrato insuperbiti le nerbate violacee, e meglio ancora se sanguinanti, vanesi tali e quali la feccia cittadina, che pensava fosse tanto maggiore la virilità quante più creste di gallo o cancri molli avessero beccato nel commercio del letto. Ah, popolo mantenuto nello strutto o nel miele dell’ignoranza, non ti è certo mancato chi ti ha offeso. E lavora, ammazzati a lavorare, schiatta se necessario, così lascerai un buon ricordo nel fattore e nel padrone, povero te se ti fai la fama e del briccone, non ci sarà più nessuno che ti voglia. Puoi andare a piazzarti sulla soglia dell’osteria insieme ai tuoi compagni di sventura, anche loro finiranno per disprezzarti, e il fattore, o il padrone, nel caso se ne accorga, ti guarderà con schifo, e tu rimarrai da solo senza lavoro, così imparerai. Ché gli altri l’hanno mandata a memoria la lezione, vanno ad ammazzarsi tutti i giorni nel latifondo, e quando tu arriverai a casa, se questa è una casa, con quale faccia dirai che non hai trovato lavoro, mentre gli altri sì, ma tu no. Corregiti, se sei ancora in tempo, giura di aver già avuto venti fitte, crocifiggiti, tendi il braccio alle sanguisughe, apri le vene e ripeti, Questo è il mio sangue, bevetelo, questa è la mia carne, mangiatela, questa è la mia vita, prendetela, con la benedizione della chiesa, l’attenti alla bandiera, la sfilata dell’esercito, la consegna delle credenziali, il diploma dell’università, siano fatte in me le vostre volontà, così in terra come in cielo."

 
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Mallarmé . La sua fossa è scavata!...

Post n°8 pubblicato il 19 Settembre 2005 da robertmerivel
Foto di robertmerivel

Sarà detto, Signore, che con le spighe d’oro ella avrà visto cadere la sua fronte, dove l’aureola che di anno in anno impallidisce sfavillava ancora! Che prima di sera la mano ha chiuso la sua corolla!

Sarà detto che un giorno, geloso della sua beltà, tu lanciasti sul suo letto l’arcangelo dall’ala nera! Che tu spezzassi la sua coppa prima che ella vi potesse bere: che ella aveva diciassette anni, che ella ha l’eternità!

Sarà detto – sventura! – che, fiorita sotto la tua serra la culla, fragile speranza, fu la sua bara un giorno, senza avere veduto nell’ombra vagare un nome d’amore! Sarà detto che disonorato tu custodisci il tuo tuono!

No! – la rosa che nasce su una treccia bionda al ballo, quando il cuore sogna, e l’orizzonte è bello, non deve sfiorire domani in una tomba! Che la tua rugiada, dal cielo, e non di pianti, l’inondi!

No! – la mia Harriet sorride allorché i canti alati, che la sera al suo cuore mormora con la brezza sussurrano: amore... speranza... e mille parole velate! No! – la sua guancia è di fiamma e il suo seno si gonfia!

Il suo sguardo da una stella ha preso la scintilla, che brilla, astro della sera, su un modo di azzurro la cui stanchezza sola, sfiorandola con l’ala, ha, fino all’altra aurora, circondato il suo occhio puro!

Madre, dormi! Inumidito l’occhio non conta le ore... – perché la tua fanciulla ti fa curvare il ginocchio un celeste riflesso splende sulla tua fronte, tu piangi... – chissà? Forse un angelo può smarrirsi tra noi.

Può... ma, o Signore, perché io che consolo sento sotto la palpebra una lacrima scivolare? Adorni la sua fronte affinché essa dilegui? Depone ella qui ciò che vi deve lasciare?

Il tuo giglio prende l’oro del cielo prima che tu lo colga! Sì, il corpo giorno per giorno vede fuggire nella sua estate ciò che ha di mortale, come un albero le sue foglie! Si diviene un fanciullo per l’immortalità!

Ciascun tocco di orologio è un addio funebre! O lutto! Giorno verrà che sarà il suo rintocco! Ora per ora scivola un passo nelle tenebre: è il piede della morte, che non indietreggia mai!

Quando l’occhio sognante vede, nell’azzurro che indora, alzarsi il sole dietro una montagna nevosa, il suo cuore batte: ella è triste, e grida in lacrime ai cieli ieri, ieri, ieri, restituitemi la sua aurora

Ieri! – ieri! È ben lontano! Il tempo ha soffiato sulla sua vela... no! Ieri a questo giorno è congiunto solo per la caduta di una stella!

Ieri! Spettro che noi preghiamo in ginocchio, - e di cui ridiamo! Astro che nella notte immensa si spegne, cupo di ricordo, esso, che brillava tanto di speranza! – ieri non può ritornare!

Ieri, il fiore pallido!... ieri, la roccia tetra che, gigante, si alzava, e che ha corroso il flutto! Ieri, un sole morto! Una gloria nell’ombra! Ieri!... che fu mia vita, ed è solo una parola!...

Oh! Male traditore e crudo!... la vergine si fa angelo per abbagliare i nostri occhi, prima di andare a Dio! Noi vogliamo ammirarla, - amarla!... un’ala terribile sotto i nostri baci imbianchisce – poi un giorno dice addio!

Sua madre nel suo lenzuolo vorrà dormire con lei – "sua madre, essa non è, caduta un giorno dal cielo!" – ma una donna infine le diede la sua mammella, la cullò lunghe sere, la benedisse a Natale!

Ma le sorelle, ogni giorno, la vedono lasciare la terra! Le tre sorelle che la sua testa – come una spiga d’oro regna sulla messe – domina nella preghiera! "sua sorella è l’angelo, al cielo prende il volo."

Ma i suoi fratelli che crescono non vedendo più nell’ombra della cameretta infantile brillare il suo bianco bagliore, domanderanno la sera al loro padre, fronte triste, nel pianto solo ridenti: " dov’è dunque nostra sorella?"

E i poveri diranno: "ecco l’inverno che ghiaccia!..." i fiori canteranno sotto la brezza: "Dies Irae" giorno di collera... eh! No! Per Dio senza pianti trascorre! – e io, io maledirò!

Dio, il tuo piacere geloso è di spezzare i cuori! Batti con i tuoi venti il flutto dove ti specchi! Oh, per fare, Signore, uno solo dei tuoi sorrisi quanti ne occorrono dunque dei nostri pianti!

Lo so è un po' lunghetta ma non ce l'ho fatta a tagliarla! non l'ho messa in versi perché in definitiva si legge meglio scorrevolmente, senza interruzioni, tant'è che i versi ccomunque sarebbero rimati in francese, in italiano no, così è un'altra cosa... fatemi sapere che ne pensate!

ciao ciao R.M.

 
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Shakespeare . Sonetto

Post n°5 pubblicato il 16 Settembre 2005 da robertmerivel
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Prendi tutti i miei amori, amore, sì, prendili tutti,

e cosa avrai di più di quanto avevi prima?

Nessun amore, amor mio, che tu possa chiamare amore vero:

tutto il mio era tuo prima che tu avessi questo in più.

Se per amor mio, dunque, tu ricevi il mio amore,

non posso biasimarti perché fai uso del mio amore;

ma sii biasimato se inganni te stesso, assaggiando

con ostinata voglia quel che tu stesso rifiuti.

Ti perdono il tuo furto, ladro gentile,

anche se tu mi rubi tutto il mio povero avere:

eppure amore sa com’è più grande pena sopportare

il torto dell’amore che non l’atteso insulto dell’odio.

Grazia lasciva, dove ogni male si mostra bene,

uccidimi di spregi, ma noi non dobbiamo essere nemici.

mi sembrava carino...

R.M.

 
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Saramago . Il vangelo secondo Gesù

Post n°4 pubblicato il 07 Settembre 2005 da robertmerivel
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"Solo uno, che pescatore di mestiere non è, benché tra i pescatori vivi e lavori, si affaccia alla porta di casa come per accertarsi che il suo giorno sia oggi e, guardando il cielo opaco, dice rivolto all'interno, Vado al lago. Alle sue spalle, Maria di Magdala ha domandato, Devi proprio andare, e Gesù ha risposto, Era ora, Non mangi, Gli occhi sono a digiuno quando si aprono al mattino."

"Come proveniente dalla gola di un uccello invisibile, si udì un fischio nell'aria, avrebbe potuto anche essere il segnale di un pastore, ma non a quell'ora, quando il bestiame sta dormendo e solo i cani vegliano. Però la notte, tranquilla e distante, estranea agli esseri e alle cose, con quella suprema indifferenza che immaginiamo all'universo, o quell'altra, assoluta, l'indifferenza del vuoto che rimarrà, ammesso che il vuoto possa essere qualcosa, quando il fine ultimo di tutto si sarà compiuto, la notte, dicevamo,ignorava il significato e l'ordine plausibile che sembrano governare questo mondo nei momenti in cui crediamo ancora che esso sia stato creato per accoglierci, noi e la nostra follia."

"A quel punto Chua non piangeva più, ma i suoi occhi non sarebbero mai più stati asciutti, per quel pianto cui non c'è rimedio, per quel fuoco perenne che brucia le lacrime ancor prima che spuntino e scivolino sulle guance."

"Gesù si addormentò con la testa sulla spalla di Maria, respirando sul suo seno. Lei rimase sveglia per tutta la notte. Il suo cuore era addolorato perché il mattino ben presto li avrebbe separati, ma la sua anima poteva dirsi serena. L'uomo che riposava al suo fianco era, lo sapeva, colui che aveva atteso per tutta la vita, quel corpo che le apparteneva e a cui il suo spettava, vergine quello di lui, usato e sporco quello di lei, ma era iniziato il mondo, per quel che significa iniziare, da otto giorni appena, e solo quella notte si era consolidato, otto giorni non sono niente a paragone con un futuro per così dire integro, tanto più che è così giovane questo gesù, e io, Maria di Magdala, eccomi qui, a letto con un uomo, come molte altre volte, ma adesso innamorata e senza età."

Pura poesia: José Saramago.

R.M.

 
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Gide . L'immoralista

Post n°3 pubblicato il 06 Settembre 2005 da robertmerivel
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"Ho sempre creduto che i grandi artisti fossero quelli che osano dare diritto di bellezza a cose tanto naturali che fanno dire, a chi le vede: - come ho fatto a non capire fino ad ora che questo è bello... –"

Ho sempre pensato che spesso gli autori scrivono libri per giustificare due o tre frasi all'interno di essi... beh uno di questi casi lampanti è proprio qui sopra... ne' L'immoralista cerchi per centinaia di pagine un lampo di luce nell'oscurità, quando hai quasi perso le speranze.... tac: lampadina accesa! per il resto il romanzo è un pochino pesante, ma questa frase mi ha colpito molto.

R.M.

 
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Baudelaire . Una carogna

Post n°2 pubblicato il 06 Settembre 2005 da robertmerivel
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"Ricordi, anima mia, quel che vedemmo / un bel mattino dolce d'estate / dietro quel sentiero? una carogna infame, / su un letto sparso di sassi:

zampe all'aria, come una laida donna, / ardente e trasudante veleni, / spalancava il ventre indifferente e cinico / tra tante esalazioni.

Batteva il sole su quel putridume / come per cuocerlo a puntino, / e ridare così centuplicato alla Natura / quel che lei aveva messo insieme.

E il cielo guardava quella gran carcassa / che si dilatava come un fiore. / Che fetore immondo! temevi / di svenire là sull'erba.

Come ronzavano le mosche su quel putrido ventre! / e come sbucavano a battaglioni / nere larve! colavano come denso liquido / lungo quei brandelli vivi.

Scendevano e salivano come un’onda, / o brulicando s’avventavano; / sembrava che quel corpo, gonfiato da un respiro vago, / si moltiplicasse in tante vite.

Di lì sorgeva una strana musica / come l’acqua corrente e il vento, / o il grano che agita e rigira ritmicamente / nel suo ventilabro chi lo vaglia.

Dietro le rocce una inquieta cagna / ci guardava con irato occhio, / spiando il momento di riprendere allo scheletro / i brandelli che erano rimasti.

-E tu? Anche tu un giorno sarai quel letamaio, / quella peste orrenda, / stella dei miei occhi, sole della mia natura, / tu, mio angelo e mia passione!

Sì, anche tu sarai così, regina delle grazie, / dopo gli estremi sacramenti, / quando sotto l’erba e le piante grasse / ammuffirai tra le ossa.

E allora, mia bellezza, di’ pure ai vermi, / che ti mangeranno di baci, / che ho conservato la forma e la divina essenza / dei miei amori decomposti!"

Questa è la poesia di Baudelaire che più mi ha affascinato, oltretutto credo che leggendola si possa capire l'essenza di questo grandissimo poeta. A presto!

R.M.

 
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Presentazione

Post n°1 pubblicato il 30 Agosto 2005 da robertmerivel

Questa è solo il primo di una lunga (spero...) serie di messaggi che scriverò... Ho deciso di sfruttare il mio spazio blog dopo aver parlato in chat con un amico che ne aveva uno e che in quel momento stava modificandolo aggiungendoci qualcosa. Ho intenzione di inserire qui dentro frasi che estrapolerò da libri che ho letto e che man mano leggerò, per incuriosire chi ama leggere e magari consigliare a qualcuno che libro leggere in caso non abbia la minima idea di cosa comperare in libreria o prendere in prestito in biblioteca. Magari approfitterò dello spazio per scrivere anche qualcosa di mio e col tempo... magari cambiare il contenuto del blog in base alle richieste di quelli che lo leggeranno più spesso (speriamo ci sarà qualcuno che lo farà).

Non so cos'altro scrivere per il momento, penso che la descrizione del blog sia più che sufficiente, visto che nn c'è migliore modo di descriverlo che farvi leggere qualcosa al più presto starò attento ad aggiungere nei prossimi giorni qualcosa che valga la pena di essere letto. Ciao a tutti...

Robert Merivel

 
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