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Costituzione violata, articolo 1

Post n°276 pubblicato il 30 Gennaio 2011 da Nuta
 

La situazione in Italia è la seguente: i lavoratori privati con regolare contratto a tempo indeterminato che riscuotono uno stipendio fisso mensile stabilito dal contratto cui fanno parte e regolato dal CCNL sono una categoria in via d'estinzione, come i panda.

Perché dico questo? Perché ormai la scelta che la maggior parte delle aziende sta facendo, anche (ma non solo) a causa della crisi che stiamo vivendo, è quella di liberarsi di un fardello di costi troppo pesante, quando i servizi che i dipendenti prestano possono essere forniti a prezzi molto più bassi dai famosi "service" o servizi esterni - consulenti, commercialisti, terzisti.

Il servizio presso terzi sta dunque soppiantando il lavoro interno.

Nei casi in cui le aziende non decidano di guardare la propria convenienza "tattica", ma facciano un ragionamento di tipo più umano, siamo comunque in presenza di una minoranza di lavoratori che un giorno cesseranno in ogni caso il loro rapporto di lavoro, mentre di nuove assunzioni non se ne vedono praticamente più.

Non esistono o esistono solo in piccolissima parte realtà che stanno cercando di incrementare il proprio organico attraverso regolari assunzioni a tempo indeterminato.

Questo avviene perché non si guarda più la convenienza "strategica", quella secondo la quale dare lavoro è una sorta di dovere sociale che alla lunga ripaga perché si crea un sistema in cui il benessere è diffuso e la domanda rimane sempre alta.

Non si guarda più la qualità del lavoro e ce ne freghiamo se il servizio esterno viene svolto spesso con metodi standardizzati e spesso superficiali.

Non esiste più la volontà di creare quel sistema di cui parlavo prima perché non esiste più la volontà di credere ad uno stato sociale nel quale riconoscersi pienamente e nel quale sentirsi parte.

Posto tutto questo, quale situazione sta per crearsi in Italia? Se togliamo i lavoratori pubblici (che peraltro in piccola parte risentono anch'essi di un ridimensionamento generalizzato), tra poco non esisterà più la figura di "lavoratore dipendente".

A questo punto mi sorgono spontanee alcune domande: a cosa servono i sindacati? Quali categorie si appresteranno a difendere? E già oggi stanno facendo gli interessi di quali categorie? Non è forse il caso di mollare tutte quelle strutture di diritti da difendere, capire che stiamo vivendo una situazione di radicale cambiamento, imporsi di costruire le difese su basi totalmente diverse? Non è forse il caso di rivedere la situazione e discutere con calma di come poter ricostruire un mondo del lavoro che sta diventando ogni giorno sempre più diverso da quello virtuale che i sindacati e la sinistra continuano a propinarci?

C'è poi un problema ancora più grave di cui discutere: in un Paese come il nostro che in realtà non è un Paese perché nessuno di noi si sente parte attiva di una casa comune e nessuno di noi si prodiga per contribuire alla collettività, e anzi tutti noi cerchiamo di fregare il prossimo perché se non facciamo così siamo noi a rimanerne fregati, com'è possibile continuare a mantenere i conti al di qua di quella linea dopo la quale c'è il baratro chiamato "default"? Chi contribuirà alla "cassa comune" dopo che gli unici (o quasi) che lo stanno facendo perché costretti, cioè i lavoratori dipendenti, tra poco non esisteranno più?

Ma come se ne esce da qui? Io un'idea ce l'avrei: dobbiamo tornare a restituire la convenienza - anche "tattica" - alle aziende ad assumere persone a tempo indeterminato.

Dobbiamo eliminare tutte quelle puttanate del lavoro precario, la legge Biagi e tutte le cazzate che ci sono state propinate.

Togliere ogni istituto diverso dal lavoro a tempo indeterminato, l'unico che può dare dignità e speranza di un futuro alle persone, eliminando gli assurdi costi di lavoro che le aziende sono costrette a pagare (e che infatti nessuno vuol pagare e paga più).

Via i costi contributivi, tutti o quasi tutti, ogni nuovo assunto non avrà diritto alla pensione (ma perché io che ne ho diritto la vedrò mai?), chi vuole se la costruisce da solo (cosa odiosa, ma al momento inevitabile).

Via le tasse, vanno ridotte al lumicino (l'Erario ne soffrirebbe? Certo, ma tanto cosa cambia? Almeno si può sperare in una ripresa dell'economia, nella fase iniziale, sperando che i flussi delle entrate tornino copiose dopo un po' di tempo).

Dare poi un incentivo forte alle aziende per ogni nuova assunzione.

Togliere l'IRAP, imposta assurda che è tanto più alta quanto più alto è il costo del lavoro.

Insomma una rivoluzione.

Stronzate? Parliamone...

 
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