Studere, studere, post mortem quid valere?: l'anonimo adagio latino esprime a livello di senso comune l'interrogazione radicale che già nella cultura classica accompagna l'esperienza dello studio. Il problema si ripropone soprattutto alla chiusura del quadrimestre. Dobbiamo interrogarci di più sul fenomeno dello studio. Come viene vissuto dai nostri ragazzi? Ci presentiamo come società della conoscenza. Nei convegni strombazziamo il valore del capitale umano eppure lo studio è sempre più poco valorizzato e profondamente ridotto nel suo valore di senso. C'è lo smarrimento dei ragazzi di fronte allo studio. C'è disaffezione. L'insuccesso scolastico non è solo l'abbandono ma l'assenza di motivazione. C'è una visione fatalistica dello studio. Come promuoviamo il piacere dell'apprendere? Come generiamo un apprendimento significativo? Lo studio è un'esperienza significativa per i nostri ragazzi? Lo studio è riducibile a delle tecniche? C'è la possibilità di rilanciare lo studio come affascinante scoperta della realtà? Come comporre nello studio razionalità ed affettività, individualità e relazionalità, corporeità e volontà, teoria e prassi, creatività ed organizzazione?
Inviato da: sammmyz1981
il 20/06/2012 alle 22:24
Inviato da: angeloluciorossi
il 02/12/2010 alle 19:22
Inviato da: AmmiraglioLanglais
il 01/12/2010 alle 15:43
Inviato da: liber14
il 31/10/2010 alle 16:08
Inviato da: liber14
il 20/08/2010 alle 19:02