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RICORDI

 

 

He had a dream..

Apollo11,Luglio 1969

  

Attenti a quei due!

 

    Quel nostro caro angelo

 

 

DUE DI TUTTO

C'é sempre un due di tutto:
il buio e la luce,
l'acqua e il fuoco,
il bianco e il nero,
il riso e il pianto,
il bene e il male,
la vita e la morte,
l'uomo e la donna.
Due di tutto,
forme opposte
di uno stesso destino,
simmetrici essenziali,
complementari dissonanti
che corrono inseguendosi, 
l'uno davanti all'altro,
per ritrovarsi in terre di nessuno.
Asintotici respiri
di un due di tutto.

Paenelopees

 

 La Corde Sensible, Renè Magritte, 1960

 

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Post N° 7

Post n°7 pubblicato il 03 Luglio 2006 da Paenelopees

 

PeNeLoPePeNsIeRi

-in preparazione-

 
 
 

Post N° 6

Post n°6 pubblicato il 22 Giugno 2006 da Paenelopees

 

L'ISOLA

DI 

"AGAPE"

---------------

Il rumore sordo delle rive d'una terra ignota
mi ha sorpresa alle prime luci dell'alba.
Forse dormivo o forse ero nell'estasi
d'una stanchezza
 accasciata ma ancora lucida.
Il corpo disteso a prua, quasi esanime,
nell'attesa di affrontare un altro giorno sospeso tra cielo e terra.
Il viso bronzeo scolpito dal sole
eppure tenero ancora di regalità,
segnato dal rude guanciale di legno,
è solcato dalle rughe della notte
che si tendono con le prime abluzioni mattutine.
Non c'è acqua di mare o di cielo che non possa tergere la mia pelle.
Se oggi dovrò morire,
voglio farlo odorosa d'alghe o di cieli arrabbiati.


D'un tratto la barca ondeggia,
frena come trattenuta da un corno eburneo.
Uno scoglio? Una barriera?
Schizzo rapida,quasi colpita da una saetta,
e corro a controllare la chiglia della barca:
quale diavoleria interrompe superba il mio riposo?
Temo una barca arenata e danneggiata peggio dei vortici di Cariddi,
so che mi troverei in grave difficolta, da sola, senza l'aiuto di un dio.
Il fondale è basso e, di tanto in tanto,
emergono rocce aspre di forma tondeggiante.
Sistemo le vele e procedo guardinga
come il nemico sul campo di battaglia.


Adopero il timone con leggerezza e decisione,
piegandolo al mio volere con maestria tutta femminile,
ora a destra, ora a sinistra,
con l'arte del fuso che tende un filo d'oro.
Scanso ad una ad una quelle forme dure che preannunciano la terra,
avverto lo spirito del grande Genovese che mi guida
verso la meta solida fatta di sassi, alberi e acqua sorgiva, forse.
Lo spero con tutte le mie forze,
desidero più d'ogni altra cosa l'acqua madre dolce
che laverà il mio corpo, i miei capelli e i miei ricordi.


Dopo due ore di navigazione dentro il labirinto del Minotauro,
la vedo finalmente!
E' un'isola piccolissima ma straordinariamente bella,
sicuro dono del dio Apollo,
memore dei canti in suo onore con la mia cythara
quando, al sorgere del sole,
mi recavo sulle sponde d'Itaca per implorare notizie felici d'Ulisse.
Lascio cadere l'àncora in mare che affonda
dentro una melma sabbiosa,
mi tuffo in acqua e procedo a nuoto incurante della mia incredulità.
Ma volo nonostante il mare freni la mia corsa,
il cuore è in gola,
Le vene scoppiano, è terra!
Terra! Capisci, Ulisse? T-E-R-R-A!!
La mia prima terra dopo giorni d'una dimensione quasi eterea.

Cado sulla rena chiara e luminosa,
piccoli diamanti luccicano dentro alle pupille sgranate,
quasi m'accecano per bellezza e purezza.
E grigio, e verde, e azzurro cielo, e azzurro mare,
e ancora verde d'arbusti, e di alberi, e verde di palme piegate al vento
che scompiglia le mie previsioni,
che soffia sulla speranza,
che mi sfinisce in un sonno ristoratore
su quel suolo provvidenziale e salvatore.
Ho conosciuto lì, su quell'isola, Crusoe, compagno di sogni infiniti.


Mi risveglio nel primo meriggio bagnata dalla marea che sale,
fresca marea che mi ricordi d'esser viva sopra una nuova terra!
Sono padre e madre di me stessa,
è ora che prepari il mio giaciglio per la notte
e sfami il mio ventre digiuno da tanto.
Non c'è ombra d'uomo su quest'isola
ma sento il canto d'uccelli indigeni,
e guizza pesce a volontà nelle acque cristalline.
Li catturo con la mia tunica,
accendo un fuoco e mangio a sazietà quei sapori freschi di vita.


Più in là, dove sorgono le alture rocciose,
dal muro verdeggiante d'una macchia,
scopro una sorgente d'acqua freschissima
che si raccoglie in una vasca scavata nella pietra da mani divine.
L'hai scavata per me, Apollo,vero?
Tu che m'hai amata sempre d'un amore speciale, ne sono certa.
M'immergo quasi fossi la venere formosa di Botticelli,
e danzo sinuosa come Anita Ekberg ne" La dolce vita".
Godo a lungo del bagno soprannaturale,
annusando e raccogliendo i miei capelli
che sanno finalmente di frescura boscosa.
Sopra una palma nana, 
ondeggia al vento il mio peplos lavato da poco,
é la bandiera della mia sopravvivenza,
un inno sfacciato alla libertà sofferta
e per questo ancora più inebriante.


Ho portato con me una piccola ampolla
colma d'olio persiano profumato,
ne ho sparso un po' sul mio corpo
come in un rito d'iniziazione,
voglio essere profumata solo per me,
voglio amarmi come non fece né Ulisse,
né uomo d'altro nome.

Dentro la piccola capanna d'arbusti e foglie fresche
ho disposto tutto quello che di più caro ho rapito dalla mia casa:
una foto di Telemaco,
una vecchia tunica ricamata di mia madre,
un anello d'oro con un grosso rubino che mio padre mi donò appena giovinetta.
"Un giorno sarai regina, figlia, porta quest'anello,
ti darà forza e ti propizierà l'aiuto degli dei."
Stesa sul pagliericcio naturale,
ascolto la mia canzone preferita
e le note  di Battiato diffondono energia nel mio piccolo universo
dove c'è calma nell'animo e nelle membra ristorate.



" Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,
dalle ossessioni delle tue manie.
E guarirai da tutte le malattie,
perchè sei un essere speciale
ed io avrò cura di te."
( "La cura" di F. Battiato)

Sai, Ulisse,ho capito una cosa nel mio viaggio.
Non c'è mago o sciamano che possa guarire le nostre ferite interiori,
e nessun intruglio d'erbe di nutrice,
e nessuna amante giovane e bella;
nessuna notte amorosa con l'odalisca di turno,
nessuna guerra vinta
e nessuna corona regale.
C'è solo una grande medicina:
il perdono e l'amore per sé.
"Perchè siamo esseri speciali
e noi avremo cura di noi."

"Voglio trovare un nome a quest'isola.
Non è Ogigia e non è Scheria,
non vi sono stregoni ammaliatori
e principi illusionisti,
e il suo nome sarà dolce come il miele.
Da questo momento, sarà chiamata "Agape".
Agape significa "amore".
Questa è l'isola dell'amore per me, solo per me,
perchè sono un essere speciale
ed io avrò cura di me.
Così dissi e così sarà."

Paenelopees



 
 
 

Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 10 Giugno 2006 da Paenelopees

 

Il Segreto di Penelope

I segreti  si trovano nel cuore del mare

Io, Penelope,
figlia di Icario e di Peribea,
moglie fuggitiva di Ulisse,
figlio di Laerte e di Anticlea,
me ne frego di tutte le oblazioni al dio Ares,
e di tutti i cerimoniali di corte,
e degli ambasciatori di Epiro e Tessaglia e Macedonia,
me ne frego di tutto e di tutti,
e qui, davanti al popolo del mare,
alle meduse e oloturie,
ai pesci d’ogni invenzione e forma,
urlo e grido nelle fauci di Eolo,
il segreto celato nel forziere dell’animo mio,
dove né occhio umano né ombra divina
osò entrare con intrugli e inganni d’ogni sorta.
Ti amai, o Nesios, amico fedele d’Ulisse,
ti amai senza proferir cenno e parola,
senza emettere gemiti, lamenti o sussurri,
senza gesti lascivi e fughe mal celate.
T’amai come non amai Ulisse,
nelle notti in cui le mani,
erose dalla seta del vello filato,
sanguinavano tempo perduto
e stessevano il telo funebre di Laerte.
Tu, amico consolatore,
di cui mi fu cara la voce notturna,
mentre il mio orecchio
porgeva cembali alle tue parole,
declamavi  l’italico Saba al mio cuore,
parole soavi d’altri tempi,
fidente che la mia tristezza
volgesse in speranza.

“..giovane, ancora
sei bella.
I segni degli anni,
quelli del dolore,
legano l’anime nostre,
una ne fanno.
E dietro i capelli nerissimi
che avvolgo alle mie dita,
più non temo il piccolo
bianco puntuto orecchio demoniaco.”

E Catullo, e Neruda,
Eluard, Petrarca,
e Yeats,e Goethe,
Archiloco, Byron e Asclepiade,
e i tuoi versi nati dall’impeto d’un lampo,
mentre riamavi i miei sguardi nero lucenti
e baciavi come nuvola rada
le piaghe delle mie attese senza fine.
M’incitavi sicuro
" Tornerà,amica mia, tornerà,
e il tuo letto d’ulivo sarà colmo di nuove delizie.
Abbi fede negli dei che
propiziarono il tuo matrimonio, Penelope.”
Ma io t’amai, Nesios,
t’amai asciugando di vergogna
le mie guancie rosse di segreto,
sperando che colui che doveva tornare
non tornasse indietro,
dimentico d’aver patria,
e moglie e figlio.
T’amai fino a questo punto,
senza mai baciar le labbra tue
ch’io adoravo ancor prima che
il suono dei tuoi passi
riempisse di te il mio cospetto.

“ Cos’è questa pergamena, Aphia?
Te la invia Nesios, padrona.”
Lessi d’un fiato il tuo commiato.
Partivi, sparivi, andavi lontano,
terra di nessuno,
m’abbandonavi al mio amore occulto.
Sapevi, forse?Immaginavi?
Fuggivi? Sfuggivi?
Non lo saprò mai
nell’odio del mio amore.

Lasciai Aphia al mio telaio,
al mio posto,
alla mia ombra,
e in preda al mio dolore
cercai il mare.

“ O Zeus,  re infedele dell’Olimpo,
dio dalle mille passioni senz’amore,
Latona, e Dione, e Temi,e Mnemosine, e Hera,
 non bastarono a farti comprendere
quanto importasse a me di Nesios?
Perché?
Perché consentisti ch’egli salpasse?
Perché non fermasti i suoi calzari?
Riprenditi ora, qui,
su queste sponde d’Ithaki,
il mio spirito,
e fanne una conchiglia di mare
che ne adorni il fondo
prima del ratto d’un
pescatore furtivo.”

Ma Zeus non intese il mio grido, o popolo del mare,
e voi tutti, oggi, udite il mio segreto,
l’amore vuoto d’un paguro morto,
la rete rotta d’un vecchio pescatore,
lo sguardo muto d’un pesce preso all’amo.

“T’odio perché t’amo,
amor mio mai nato,
e t’amero solo
quando avrò smesso d’amarti.
Così dissi, io, Penelope,
al vento.”

 Paenelopees

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

Post N° 4

Post n°4 pubblicato il 01 Giugno 2006 da Paenelopees

KINESIS

Zefiro gonfia le vele, sospende per un attimo col suo alito fresco
i pensieri in perenne kínesis.
Nel turbinio delle cose da fare su questa barca
c’è un attimo di tregua solitaria,
tutto va da sé.
Il mio péplos è finalmente asciutto.
Dopo giorni di umidità appiccicata al ventre,
riesco persino a sorridere di me stessa
che sono l’ombra della regina d’Itaca.
La sinusoide del mare,
che accompagna morbida un boccone  di kataifi
assaporato per consolare il mio spirito stanco,
mi lascia immagini di pace dinamica.
Tutto è in movimento
eppure tutto è fermo.
Sono l’onda spumeggiante che si frange
sullo scoglio d’una nuova terra,
sono uno stormo di gabbiani che razzola rumoroso
sopra i pesci spiaggiati dalla tempesta,
sono l’urlo dei pescatori di Sìfnos
che al tramonto tornano dalla bianca schiuma.

 

RACCONTO

“ Ero una regina triste,
Lady D. mi avrebbe compresa.
Durante il bagno purificatore delle nozze,
le mie ancelle mi sorridevano.
- Sarete la sposa d’un uomo forte e potente, padrona -
sussurravano vergognose al mio orecchio,
immaginando la prima notte,
mentre ungevano i miei capelli d’oli profumati ,
e  spalmavano veli di minio  e nerofumo sopra il viso.
Anticlea e Laerte ci attendevano solenni per la benedizione,
avanzavo suprema nel corteo nuziale,
giovane e bellissima,
innamorata e inconsapevole.
Un matrimonio regale naufraga
come la zattera d’un disperso, Ulisse.
Non è stata la tua assenza, mio re,
ad ammaliare la noia con  il canto delle  sirene,
è stata l’assenza di kínesis.
In tutto ci vuole kinesis, ulisse caro,
ci vuole l’onda che s’infrange in mille schizzi
per bagnare l’arido scoglio del tempo che passa,
e dell’amore che si spegne al soffio di Meltemi.”

 

Sono vicina alla terra.
lattine di Coca Cola e vecchie ciabatte
galleggiano sulle spume
come fossero trofei di civiltà.
Odori di frittura mista nell’aria,
niente resine di pinus pinaster.
Sta per iniziare una nuova storia, Ulisse.
Lo sento.

Paenelopees

 

 
 
 

Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 28 Maggio 2006 da Paenelopees
Foto di Paenelopees

**** CERCANDO POLARIS ****

Ulisse, Ulisse, Ulisse e ancora Ulisse.
Come si fa a dimenticare il tuo nome?
Come si sfilano al telaio sei lettere
per inventare nuovi sentieri?
Ulesis o Selius o Liseus, forse?
A tutto ero preparata
ma non al buio della notte sopra una distesa di mare.
“Insostenibile pesantezza dell’essere”avrebbe scritto Kundera.
Ero pronta a dominare maestra e mezzana,
placare con audacia i morsi della fame
mordendone la cima,
sorseggiare con avarizia l’acqua degli dei,
ammaestrare il guizzo dei pesci nell’ordito delle reti,
ma non ero preparata alle ombre di Poseidone.
Selene non ne penetra la foschia
e non bastano tutte le fiaccole del tempio di Artemide
per lumeggiare questo buio secondo solo all’Erebo.
Nel fumo della notte,
i ricordi spalancano la porta degli inferi,
Persefone danza al suono di una cetra
e Morfeo non dispiega le ali per rapire i miei sogni.
Tutto ronza ossessivo dentro la mia testa,
sotto i riccioli corvini aspri di salsedine.
Dove sono le mie ancelle  
che al tramonto di Helios
spargevano profumi sul mio corpo?
E il canto di Ericlea
che cullava Telemaco per placarne il pianto?
E’ un uomo, Telemaco,
forgiato con il fuoco dei Titani,
ma il suo cuore fanciullo
reggerà all’esilio d’una madre amorosa?
Saprà comprendere le mie ragioni?
Saprà libare sidro sopra il suo dolore,
davanti ai miei telai orfani d’amore?
Il rumore sordo delle armi interiori
soffoca cupo le lacrime invisibili,
mi tendo come il tuo arco, Ulisse,
per decidere di vivere o morire.
Basterebbe ruotare la barra del timone,
farmi una ragione di rassegnazione,
invocare Atena per resistere all’indifferenza,
invertire la rotta e tornare ad Itaca.
Polaris brilla, ne percepisco appena la luce,
lacera il velo del tempio,
fende la mia incertezza,
mi sospinge avanti.
Proseguo.
Ho virato di 20°,
ora vedo Polaris con la coda dell’occhio destro,
direzione nord-ovest, verso le sponde italiche.
Cerco la mia Itaca, Ulisse.
 

Paenelopees

" Se cerchi Polaris non guardare il cielo,
guarda te stesso."

 

 
 
 

Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 19 Maggio 2006 da Paenelopees
Foto di Paenelopees

 AL LARGO DI PENELOPE

Alto mare.
Dondolo sinuosamente, la grande madre è un po’ nervosa oggi,
vorrei che Sigmund la calmasse col canto delle sirene.
Sono al largo.
Al largo dalla terra,
al largo dalla gente,
al largo dalle capre,
al largo persino da me stessa.
E’ strano come in una grande distesa d’infinito bidimensionale
si veda come vedono i suoi occhi,
si oda come ode il suo orecchio,
si perda la propria forma
per possedere spigoli altrui,
l’eterno fluire d’un moto perpetuo d’acqua, o di foresta, o di deserto.
E’ questa stramaledetta barca a vela
che mi riporta sul confine netto tra l’ade e l’umano sentire.
Questa notte ho avuto problemi a governare la barca, Ulisse.
Sono stremata.
Sarei ipocrita col tuo spirito rozzo e condottiero
se dicessi che non ho avuto paura.
La condizione della mia solitudine è come quella della tua battaglia.
Sì, se tu, Ulisse caro, fossi stato qui,
avresti risolto tutto con l’astuzia di Minerva,
lo so, sei pratico di barche, e navi e zattere,tu.
Ma non eri qui, ho virato d’inganno, Ulisse,
e sono dispersa nell’occhio dormiente
d’una madre liquida avara di dolcezze.

Sto imparando a parlare coi delfini, mi fanno compagnia nella deriva consapevole.

..........§§§§§§...........

Delfini:  Asdfccgchch!! Cjioiug sftg  dgff dewqqehjfh, fgytkuykghjh?
( B-u-o-n-g-i-o-r-n-o! Ha  b-i-s-o-g-n-o  di q-u-a-l-c-o-s-a,  S-i-g-n-o-r-a?) 

Penelope:   Edfggfhff gjhgkgkgk dsf unfgf cohghhhbh.
( Avrei bisogno di una coccola..)

Delfini :  Chfg fdg umgbn cdhgf dhhggmnbmn?
( Cos’è una c-o-c-c-o-l-a, S-i-g-n-o-r-a?)

Penelope:  Ukjjh chjvjhk  fghj uk sfjhjk n.116 di Shakespeare.
( Una coccola è il sonetto n.116 di Shakespeare.*)

Delfini:  Dgh khkj Shakespeare, gjhgkhkhkh?
( Chi è S-h-a-k-e-s-p-e-a-r-e, S-i-g-n-o-r-a?)

Penelope:  Fgv jhjh fhjbmnb a  kjhh gfkkhk dhfjggknmn dfhbjd dfdfw anmndjs gahgshgahg.
( E’ un’anima a forma di delfino che deve ancora nascere.)

Paenelopees

 

* Sonetto n.116

Non sarà che al matrimonio di animi costanti io ponga impedimenti.
Non è amore quell’amore che muta quando scopre mutamenti
o  tende a ritirarsi, se l’altro si ritira
oh, no, esso è un faro per sempre fisso
che guarda alle tempeste e mai ne è scosso.
È la stella polare per ogni nave errante
e  il suo valore resta ignoto
anche se l’altezza ne sia presa.
L’amore non è lo zimbello del tempo
anche se rosee labbra e guance
cadono sotto il compasso della sua falce ricurva;
l’amore non muta con le sue brevi ore o settimane
ma resiste fino all’orlo del giudizio.
Se questo è errore, e mi sia provato,
io non ho mai scritto
e nessuno ha mai amato.

W. Shakespeare

 

 
 
 

Post n°1 pubblicato il 09 Maggio 2006 da Paenelopees
Foto di Paenelopees

ODE ( SENZA LODE) A ULISSE

Venti anni, appena venti anni.
Con la scusa della guerra di Troia
mi hai detto:“ Cara, vado e torno, aspettami.
Sarò in tempo per festeggiare
il compleanno di Telemaco, non dubitare”.
Dieci compleanni senza di te.
E senza il modellino “Lego” del cavallo di Troia
che gli avevi promesso.
(Gli ho dovuto regalare la” Playstation”
per tenerlo tranquillo tutto questo tempo.)
Hai rotto le scatole a mezzo Olimpo
con il carattere rissoso che ti ritrovi
e ti hanno esiliato per altri dieci anni.
(Dieci+dieci  fanno venti, mon cher.)
Col pretesto dell’ira degli dei
sei finito tra le braccia della bella ninfa,
hai  brindato con la maga fascinosa,
e ti sei lasciato intrigare dalla principessa dei Feaci.
E io qui, sola, a mandare avanti la baracca,
combattere con la Telecom,
le bollette di luce, gas, acqua,
far quadrare il bilancio con l’euro,
scusare le zuffe di Telemaco coi compagni di scuola,
( e tu sai quanto ti somigli)
sopportare Argo che abbaiava ogni notte
dietro l’uscio pensando che fossi tu,
cucinare tre pasti al dì per un esercito di Proci,
tessere tele ogni santo giorno,
disfare le stesse tele ogni santa notte,
col rischio di beccarmi l’esaurimento nervoso.
E tu, in giro per le isole del Mediterraneo,
con la “Costa Crociere”
a farti insaponare la schiena dalla bella di turno.
Poi, un giorno,dopo appena venti anni,
( potevi almeno fare una telefonata di preavviso)
ti sei presentato a corte sotto mentite spoglie
senza neanche aver fatto la doccia e rasato la barba.
Al tuo cospetto, le capre di Itaca erano profumate.
Hai fatto una carneficina di quei poveracci,
non se n’è salvato uno,
neanche uno, dico,
e ho dovuto ripulire tutti gli schizzi di sangue
dai divanetti del salotto con il “ Centogradi”.
( Lo sai che detesto la violenza, vero?
E lo sai quanto mi sono costate
quelle comode poltrone sofà,
arrivate direttamente da Parigi?
Un patrimonio, Ulisse, un patrimonio!)
E come se niente fosse, hai esclamato:"Mia adorata,
adesso ritiriamoci nel nostro talamo nuziale,
avrei una collezione di farfalle da mostrarti!”
Lo ammetto, è stato bello,
non lo facevamo da una vita
(te la cavi ancora bene  nonostante l’età)
ma al mattino,
mentre russavi beatamente,
ti ho guardato a lungo
e non ti ho riconosciuto.
Chi sei tu,
tu che dopo vent’anni
hai osato carezzare le mie forme?
Non lo so, Ulisse,non lo so più.
(Mi sono persa venti anni dietro quelle dannate tele.)
E mentre Rita Levi Montalcini prendeva il Nobel,
io mungevo capre per fare formaggio fresco.
Ho bisogno di una vacanza, Ulisse,
una lunga vacanza di riflessione.
Una vacanza lunga quanto mi rimane da vivere.
Ho preso una delle tue barche a vela
( non ti arrabbierai, spero)
vi ho messo dentro il minimo indispensabile
e sono partita all’alba.
Unknown destination.
Telemaco è al campo scout e tornerà tra un mese,
digli che lo rintraccerò al cellulare e gli spiegherò tutto.
Ti ho lasciato il pollo con le patatine in frigo,
ne avrai a sufficienza per tre giorni,
se ti serve altro rivolgiti pure alle mie vecchie ancelle,
ti serviranno fedelmente.
E se hai bisogno di una “ spazzolata”,
puoi assumerne di più giovani e belle,
sei pur sempre il Re di Itaca, no?
( Contratto sindacale, però.)
Parto per il Nord,
e che Zeus mi perdoni
ma vorrei incontrare Odino sulla mia rotta.
Mi piacciono i tipi biondi con le trecce e gli occhi azzurri.
Non mi aspettare, Ulisse, forse tornerò e forse no.
Mettiti tranquillo ad attendere la pensione,
doveva andare così tra noi.
L’amore per te si è consumato
come una tela sfilacciata.

 Tua ex moglie PENELOPE

" I tempi cambiano..e Penelope pure.
    Preferisco l'Eneide."

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: Paenelopees
Data di creazione: 09/05/2006
 
 

AFORISMI & PINZELLACCHERE

" Gli umani si dividono in due categorie:

quelli che non sanno ma credono di sapere

e quelli che credono di sapere ma non sanno.

Distinguerli è impossibile,

entrambi portano sempre un paio di scarpe."

Paenelopees

 

  

Barbara Boretti, L'anima e lo spirito, olio1994 

 

"Ducunt fata volentem,

nolentem trahunt."

Seneca

[...L'antropologa Margaret Mead chiese scherzando quale fosse la differenza tra un russo e un americano. L'americano, disse, ha la tendenza a fingere un mal di testa quando vuol sottrarsi discretamente a uno sgradito impegno in società; il russo, invece, deve avere davvero il mal di testa.]

Tratto da " Istruzioni per rendersi infelici" di Paul Watzlawick, Feltrinelli

 

IL FASCINO E LA BELLEZZA

- Sympathy in black -

            - Voce e charme -

   

 - Il "bello"della diretta -

 

- Intramontabile Jane -

 

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