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NOI DENTISTI bellie bravi...ma sempre attenti a quello che facciamo, a chi lo facciamo e come lo facciamo...cartella clinica

Post n°752 pubblicato il 28 Luglio 2011 da dottorbaristo
 

Il degrado della bocca non giustifica la negligenza del dentista
Corte di cassazione - Sezione III civile - Sentenza 16 giugno-21 luglio 2011 n. 15993
22 luglio 2011

Né il cattivo stato della bocca del paziente né l’impiego di tecniche innovative giustificano il dentista che sbaglia per negligenza. La Corte di cassazione, sezione III ciivile, con la sentenza 16 giugno-21 luglio 2011 n. 15993 ha ribadito un fondamentale principio in materia di responsabilità professionale.

Una “brutta bocca”  - I giudici della Suprema Corte ricordano che il medico deve avere una preparazione tale da metterlo nella condizioni di affrontare anche situazioni complesse. La terza sezione di piazza Cavour dà così soddisfazione al cliente di un professionista a cui i giudici di primo grado avevano respinto la richiesta di avere i danni per una lesione al nervo facciale provocata dall’ incauto intervento del suo odontoiatra. Il no dei giudici di merito era basato su una doppia considerazione: la “situazione degradata dell’apparato dentario” e la novità delle terapie applicate rese rischiose da inesistenza di procedure e tecniche rese univoche e consolidate dall’esperienza. Appigli che i magistrati contestano, come aveva già fatto la Corte d’appello, dando credito al perito d’ufficio che aveva  riscontrato degli errori di progettazione da parte del medico. Sbagli che fanno scattare l’ipotesi di colpa grave per un professionista che deve comunque – insiste la Cassazione - avere la preparazione richiesta anche per affrontare situazioni molto più complesse  di quelle analizzate nel ricorso.

L’onere della prova - Gli "ermellini" ricordano che spetta al medico l’onere di provare la sua diligenza o che “pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non ha avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno”. Più facile il compito del paziente scontento che può limitarsi a contestare l’inesattezza dell’adempimento, per violazione ad esempio dei doveri di informazione, o per la mancata osservanza del compito di diligenza, aspettando che l”incolpato” fornisca la prova contraria.

 
 
 
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