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Felice 2009 a tutti voi

Post n°37 pubblicato il 29 Dicembre 2008 da perestico

Il vecchio anno…

faticoso, impegnativo, maturo, ricco di cambiamenti,

già finito.

Il nuovo anno...

buoni propositi, ricerca della serenità, voglia di arrivare, di conquistare, di cambiare, migliorare.

Il tempo scorre e ogni passaggio dal vecchio al nuovo lascia qualcosa di prezioso e ci prospetta qualcosa di sconosciuto ma,

nella speranza,

sempre migliore rispetto al passato.

Si corre sempre e per ogni cosa, quanti visi sorridenti o tristi, di amici e conoscenti scorrono nella mia mente. 

Tante fusioni e tante scissioni . . . tutto si trasforma?...niente si distrugge?

Inizierò l’inizio di un non inizio,

il nuovo anno,

con i dubbi, alcuni che mi porto dietro da sempre, altri nuovi, appena nati J. E nel passare degli anni mi soffermo un attimo per chiedermi quanto sono cambiato, in cosa sono diverso e in cosa uguale, in cosa mi sono trasformato e cosa di me non ho distrutto.  Mi chiederò anche chi mi ha aiutato a cambiare o a non cambiare e chi non mi ha aiutato…ma soprattutto mi chiederò chi io ho aiutato. 

Felice 2009 a tutti voi

 
 
 
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Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi? 

 

Sonavan le quiete
stanze, e le vie d'intorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all'opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno. 

 

Io gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d’in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch’io sentiva in seno. 

 

Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi? 

 

Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dì festivi
ragionavan d’amore. 

 

Anche perìa fra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negaro i fati
la giovinezza. Ahi come,
come passata sei,
cara compagna dell’età mia nova,
mia lacrimata speme!
Questo è il mondo? questi
i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi,
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte delle umane genti?
All’apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.

 

 
 
 

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