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« Felice 2009 a tutti voiGRRRRRRRRRRRRRRR »

Traffico

Post n°38 pubblicato il 11 Marzo 2009 da perestico

 

Come tutte le mattine, anche oggi, mentre ero seduto nella mia auto in procinto di raggiungere lo studio,  è accaduto qualcosa di imprevedibile .  Infastidito dal traffico disorientante e dal quasi inesistente manto stradale . . . No! Così non ci siamo!!! 

Ogni volta che mi metto alla guida, penso.  Ovviamente il livello dei pensieri non va mai oltre il perché piove o perché le strade sono piene di buche (ahahhaha), ma oggi no!

Mentre mi incavolavo con tutti perché andavano lenti come rotolini di ciccia in una superficie piana,  ho visto una cosa che mi ha bloccato, anzi, mi ha proprio trasformato la giornata. Ad un certo punto mi si affianca un’auto, io ovviamente ho dato pochissima attenzione al fatto, se non fosse stato per quel bambino.  Mi guardava, mi guardava e rideva, sorrideva, e pure felice. Inizialmente non capivo.  Poi ho osservato meglio.  Teneva fuori dal finestrino della portiera un nastro che con il vento ed il procedere dell’auto, svolazzava.  Era felice, felice per un nastrino di stoffa che svolazzava.  Incredibile.  Voleva condividere con me questo momento di gioia, come se fosse la scoperta della sua vita. 

Mi ha fatto pensare.

Da grandi si condivide ben poco.  Da grandi si è presi dal traffico, dal manto stradale dissestato e non ci rendiamo conto dei pezzettini di stoffa che svolazzano, e anche quando ce ne rendiamo conto, non riusciamo a cogliere l’entusiasmo, e se lo cogliamo non riusciamo più a condividerlo.  Forse quel nastrino, in mezzo a tutte quelle macchine, in mezzo a tutto quel traffico, in mezzo alla città confusa, in mezzo alla routine ed ai problemi era la cosa più importante.

 

 
 
 
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Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi? 

 

Sonavan le quiete
stanze, e le vie d'intorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all'opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno. 

 

Io gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d’in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch’io sentiva in seno. 

 

Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi? 

 

Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dì festivi
ragionavan d’amore. 

 

Anche perìa fra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negaro i fati
la giovinezza. Ahi come,
come passata sei,
cara compagna dell’età mia nova,
mia lacrimata speme!
Questo è il mondo? questi
i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi,
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte delle umane genti?
All’apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.

 

 
 
 

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