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HEIDI E I MINARETI

Post n°141 pubblicato il 30 Novembre 2009 da diefrogdie
 

HEIDI E I MINARETI

La Svizzera dice no ai minareti. A sorpresa, l'iniziativa per il bando dei simboli religiosi musulmani è stata accettata al referendum con il 57% dei voti. In base ai risultati ufficiali, solo quattro dei 26 cantoni che formano la Confederazione hanno respinto la proposta avanzata dal partito della destra populista dell’Udc e della destra cristiana dell’Udf. Data la maggioranza sia degli elettori che dei cantoni, il voto comporterà quindi la modifica dell’articolo 72 della Costituzione, che regola i rapporti fra lo Stato e le confessioni religiose: il divieto della costruzione dei minareti vi verrà inserito come una misura «atta a mantenere la pace fra i membri delle diverse comunità religiose.

Molto dispiaciuto si dice il controverso intellettuale islamista Tariq Ramadan, e ci mancherebbe altro considerato il suo torbido retroterra ideologico: Ramadan, infatti, è il nipote del fondatore della confraternita egiziana dei Fratelli musulmani, organizzazione dichiaratamtente fondamentalista.  

Fa strano invece,  la delusione  dimostrata dalla Conferenza dei vescovi svizzeri, secondo cui la vittoria dei sì è «un ostacolo sulla via dell'integrazione e del dialogo interreligioso nel mutuo rispetto». «Non abbiamo saputo rispondere ad alcune paure legate all'integrazione di diverse religioni e culture in Svizzera», ha ammesso il portavoce Walter Mueller. A suo avviso, ha influito sul risultato anche la situazione dei cristiani, vittime di discriminazione e oppressione, in alcuni paesi musulmani – si pensi solo alle recenti violenze perpetrate contro le inermi comunità cristiane in Iraq, a Mosul: vi sono stati nella settimana scorsa attentati contro edifici cristiani ed è stata rasa al suolo la chiesa di Sant’Efrem.

La portavoce delle donne marocchine in Italia, Souad Sbai, non si scandalizza invece per la decisione degli svizzeri. «Il popolo è sovrano e quando decide una cosa va rispettato. È bene che ci sia un controllo sulle moschee - dice - c'è un'avanzata radicale, in Europa e nel nostro paese, che ci preoccupa moltissimo e va fermata subito». A preoccupare, secondo la portavoce delle donne marocchine, «non è certamente il minareto, ma chi ci sta dentro». «È chiaro che sono contraria alla xenofobia - assicura - ma serve un controllo contro le moschee "fai da te" che hanno rovinato i nostri ragazzi: questa gente, gli estremisti religiosi, fanno diventare xenofobi pure gli arabi».

Il tema dei minareti in Europa, accanto a cattedrali e grattacieli, è comunque un tema che va affrontato, data la crescita della presenza islamica nell’Unione europea. Per p. Samir Khalil Samir, illustre islamologo, la discussione è un’occasione per aiutare l’Europa ad accogliere l’islam e per l’islam ad integrarsi nella vita della società europea. Ecco la sua opinione di esperto (da www.asianews.it):

Il 29 novembre in Svizzera si voterà un referendum per mettere al bando la costruzione dei minareti. Come affrontare questo problema? Vediamo anzitutto i fatti. All’origine dell’islam non c’era il minareto. Ci sono volute 3 generazioni per vederne spuntare qualcuno. E’ stata presa una torre di guardia per lanciare l’appello alla preghiera. La torre non doveva essere troppo alta, altrimenti la voce si disperdeva. In seguito il minareto è divenuto sempre più comune, fino a diventare un ornamento simbolico ed estetico.

Finché esso rimane un simbolo estetico, è possibile accettarlo anche in Europa. Ma se serve per chiamare alla preghiera, questo crea difficoltà: occorrerebbero microfoni e altoparlanti tenuti ben alti, superiori ai clacson delle macchine e al traffico. Poi, se davvero  si deve annunciare le ore della preghiera, occorre annunciarle tutte, anche quelle alle 4 del mattino. E l’ora io non posso cambiarla perché, in qualche modo, essa è stabilita da Dio e non dall’uomo. Ma questa è un empasse: se si accetta che i minareti abbiano microfoni e appello alla preghiera, si deve accettare che esso sia fatto anche alle 4 del mattino e alle 10 di sera. Va detto che l’Arabia saudita ha minareti, ma senza microfoni. Il motivo è che ai tempi del Profeta non c’erano questi strumenti e quindi non vanno usati nemmeno ora.

Sì dunque al segno estetico, ma non al muezzin e all’appello della preghiera. Anche perché durante l’anno, vi sono periodi come nel Ramadan, in cui si prega a lungo, leggendo il Corano.

Poi va eliminata la corsa all’altezza. Nei Paesi islamici (e in parte in Europa) si cerca ovunque di fare i minareti più alti di qualunque cosa, soprattutto delle chiese. Ma allora bisogna confessare che con la costruzione del minareto si vuole in realtà gareggiare. Ma buttarla in competizione non è una cosa buona perché rovina la convivenza, che è il motivo per cui si domanda la costruzione dei minareti. Se perciò un minareto ci deve essere, vale la pena che esso sia un segno discreto, che abbia pure l’accordo della popolazione del quartiere e dell’ambiente circostante.

Questa discussione sul minareto, sui pro e i contro, è un esempio su come pensare la vostra situazione attuale in Europa, dove sempre più vi sono comunità musulmane.

Ma è un’occasione anche per i musulmani a ripensare cosa significa vivere da noi, in una situazione di accoglienza, ma anche di minoranza. Ed essendo una minoranza, non possono comportarsi in tutto come nei Paesi islamici, dove  essi sono la maggioranza. 

 

 
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