Creato da pastacoefasule il 20/04/2011
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Queste ricette non vogliono essere la "verità assoluta" ma, solo un qualcosa che aiuta coloro che hanno poco tempo a disposizione e vogliono cucinare in modo semplice.

Per quanto riguarda me, che propino queste ricette, è solo per il piacere di farlo.

 

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RAGU’ ALLA NAPOLITANA

Post n°33 pubblicato il 22 Maggio 2011 da pastacoefasule
 

Il ragù napoletano è un piatto tipicamente festivo, anche a causa della quantità di tempo necessaria alla sua preparazione, e consiste in diversi tipi di carne, bovina e suina, cotti in una salsa di pomodoro a fuoco molto lento.

La leggenda legata al famoso ragù napoletano, decantato anche dal grande de Filippo in una sua poesia dal titolo appunto " 'o rrau' " (vedi piè di pagina): a Napoli alla fine del 1300 esisteva la Compagnia dei Bianchi di giustizia che percorreva la città a piedi invocando "misericordia e pace". La compagnia giunse presso il "Palazzo dell'Imperatore" tuttora esistente in via Tribunali, che fu dimora di Carlo imperatore di Costantinopoli e di Maria di Valois figlia di re Carlo d'Angiò. All'epoca il palazzo era abitato da un signore che era nemico di tutti, tanto scortese quanto crudele e, che tutti cercavano di evitare. La predicazione della compagnia convinse la popolazione a rappacificarsi con i propri nemici, ma solo il nobile che risiedeva nel "Palazzo dell'Imperatore" decise di non accettare l'invito dei bianchi nutrendo da sempre antichi e tenaci rancori. Non cedette neanche quando il figliolo di tre mesi, in braccio alla balia sfilò le manine dalle fasce ed incrociandole gridò tre volte: "Misericordia e pace". Il nobile era accecato dall'ira, serbava rancore e vendetta, ed un giorno la sua donna, per intenerirlo gli preparò un piatto di maccheroni. La provvidenza riempì il piatto di una salsa piena di sangue. Finalmente commosso dal prodigio, l'ostinato signore, si rappacificò con i suoi nemici e vestì il bianco saio della Compagnia. Sua moglie in seguito all'inaspettata decisione, preparò di nuovo i maccheroni, che anche quella volta come per magia divennero rossi. Ma quel misterioso intingolo aveva uno strano ed invitante profumo, molto buono ed il signore nell'assaggiarla trovò che era veramente buona e saporita. La chiamò cosi' " rau' " lo stesso nome del suo bambino.

Originariamente costituiva il piatto unico della domenica, in quanto il sugo veniva utilizzato per condire la pasta, e la carne consumata come seconda portata.

I tipi di carne impiegati nella preparazione del ragù sono numerosi, e possono variare anche da quartiere a quartiere, ed inoltre, questa non è macinata ma è cotta a pezzi grossi, da 500 gr. fino a un kg., tagliati a mo' di grossa bistecca (braciola), farcita con ingredienti vari (uvetta, pinoli, formaggio, salame o lardo, noce moscata, prezzemolo) e lagata con uno spago.

Generalmente viene utilizzato un misto di carne di manzo (tagli anteriori e poco pregiati, che necessitano di lunga cottura) e di maiale. Ma si trova anche con muscolo di manzo (gamboncello o piccione), le spuntature di maiale (tracchie), l'involtino di cotenna (cotica), la polpetta e la “braciola” (termine che viene usato però per indicare un involtino di carne di manzo ripieno con aglio, prezzemolo, pinoli, uva passa e dadini di formaggio).

Tradizionalmente, la preparazione del ragù inizia di buon mattino o addirittura il giorno prima (anticamente), in quanto la salsa deve addensarsi molto, cuocendo a fuoco lento, fino a diventare di una consistenza molto cremosa, prima di poter condire degnamente una buona pastasciutta.

In molte varianti del ragù napoletano viene impiegato anche un cucchiaio di concentrato di pomodoro.

Il ragù non è la carne "ca' pummarola" come recita la poesia di Eduardo. Non è di facile realizzazione ed inoltre per essere saporito come quello della mamma del de Filippo richiede una lunghissima cottura.

Oggigiorno si usa chiamare ragù un sugo di pomodoro nel quale si è cotta della carne.

Il ragù, come recita Eduardo,veniva cotto su di una fornacella a carbone e doveva cuocere per almeno sei ore.

La pentola in cui si dovrebbe cuocere è un tegame di coccio largo e basso, e per rimestarlo occorre la classica “cucchiarella” di legno.

INGREDIENTI:

- 1 kg. di spezzatino di vitello,

- 2 cipolle medie,

- 2 litri di passata di pomodoro,

- un cucchiaio di concentrato di pomodoro,

- 200 g. di olio d'oliva,

- 6 “tracchiulelle” (costine di maiale),

- 1/4 di litro di vino rosso preferibilmente di Gragnano,

- basilico, -

sale q.b.

E' consigliabile prepararlo il giorno prima mettendo la carne nel tegame, unitamente alle cipolle affettate sottilmente e all'olio. Carne e cipolla dovranno rosolare insieme: la prima facendo la sua crosta scura, le seconde dovranno man mano appassire senza bruciare. Per ottenere questo risultato, bisogna rimanere ai fornelli, pronti a rimestare con la cucchiarella di legno,e bagnare con il vino, appena il sugo si sarà asciugato: le cipolle si dovranno consumare, fino quasi a squagliarsi.

Quando la carne sarà diventata di un bel colore dorato, sciogliete il cucchiaio di conserva nel tegame e aggiungete la passata di pomodoro (preferibilmente di pomodoro pelato San Marzano).

Regolate di sale e mettete a cuocere a fuoco bassissimo, il ragù dovrà, come si dice a Napoli, “pippiare” parola onomatopeica che ben descrive il suono del ragù: cioè dovrà sobbollire a malapena.

A quel punto coprirete con un coperchio sul tegame, senza chiuderlo del tutto (mettere la cucchiarella tra il coccio e il coperchio).

Il ragù adesso dovrà cuocere per almeno tre ore, di tanto in tanto rimestarlo facendo attenzione che non si attacchi sul fondo.

A cottura ultimata condire la pasta "zite spezzate" con il sugo e buon appetito. E’ d’obbligo la scarpetta!

'O 'rraù, la poesia di Eduardo Eduardo De Filippo rende omaggio, con una sua poesia al ragù napoletano nella sua commedia Sabato, domenica e lunedì.

'O 'rraù

'O rraù ca me piace a me m' 'o ffaceva sulo mammà.

A che m'aggio spusato a te, ne parlammo pè ne parlà. Io nun songo difficultuso; ma luvàmmel' 'a miezo st'uso  sì, va buono: cumme vuò tu.

Mò ce avéssem' appiccecà? Tu che dice? Chest' 'è rraù? E io m' 'o mmagno pè m' 'o mangià...

M' 'a faja dicere na parola?... Chesta è carne c' ' a pummarola

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